Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 7 luglio 2015, n. 28827
Motivi della decisione
A.A., imputato della violazione dell’art. 416 bis c.p., in atti sottoposto al regime della carcerazione preventiva, tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 9.10.2014 con la quale il Tribunale di Catanzaro, giudicando in fase di appello ex art. 3 10 c.p.p., ha rigettato la richiesta di rimessione in liberta, per decorrenza massima dei termini di carcerazione preventiva prevista dall’art. 304 c.p.p.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti motivi così riassunti ex art. 173 disp. At.. c.p.p.
§L) ex art. 606 I^ comma lett. B) c.p.p. erronea applicazione di norme penali, nonché manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 I^ comma lett. e) c.p.p. in relazione agli artt. 303 e 304 c.p.p.
La difesa sostiene che in data 21.1.2013 l’A. è stato rinviato a giudizio in stato di detenzione, e afferma che il termine di carcerazione preventiva di fase è spirato il 21.7.2014 ex art. 303 I^ comma lett. 3 bis c.p.p. La difesa si duole del fatto che il Tribunale del riesame abbia escluso che alla suddetta data fossero decorsi i termini di carcerazione preventiva, avendo preso in considerazione anche i periodi di sospensione dei suddetti termini dichiarata per l’adesione dei difensori all’astensione dall’attività di udienza in ossequio a quanto disposto dagli organi rappresentativi della categoria forense. La difesa si duole del fatto che il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’approdo cui è pervenuta la VI sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1167/2014 ove si afferma che: “….qualora vi sia stata astensione disposta dagli organi sindacali di categoria e non risultano violati i codici di autoregolamentazione o altre regole si è in presenza di un rinvio costituente diritto del difensore, di cui non deve tenersi conto nel calcolo dei termini di fase… ” [v. pag. 2 del ricorso].
Ritenuto in fatto
Dalla lettura dei ricorso e della decisione impugnata si evince che:
– l’imputato è sottoposto a procedimento penale per la violazione dell’art. 416 bis cod. pen.
– l’imputato è stato rinviato a giudizio in data 21.1.2013 per rispondere del suddetto reato avanti il Tribunale di Vibo Valentia
– in data 15.7.2013 e in data 17.9.2013, con due diverse ordinanze il Tribunale di Vibo Valentia ha disposto (ex art. 304 I^ comma lett. b) cod. proc. pen.) la sospensione dei termini di custodia cautelare determinati dall’adesione del difensore all’esercizio del diritto di astensione dalla partecipazione all’udienza, indetta dalle organizzazioni professionali di categoria
– La difesa ha sostenuto che, alla data del 15.7.2014, la misura cautelare in atto aveva perso efficacia essendo decorsi i termini di carcerazione
– Con ordinanza 13.9.2014 il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato l’istanza della difesa.
– Con atto di appello ex art. 3 10 cod.proc.pen. la difesa ha impugnato la suddetta ordinanza, denunciando la violazione di legge e invocando l’applicazione dell’arresto giurisprudenziale di Cass. sez. VI n. 36208/2014.
– Il Tribunale del riesame di Catanzaro, con provvedimento del 9.10.2014, ha rigettato l’appello condannando l’impugnante al pagamento delle spese processuali, affermando che ai fini della determinazione della durata dei termini di carcerazione preventiva si doveva tenere conto anche delle sospensioni disposte con le ordinanze del Tribunale di Vibo Valentia a seguito dell’esercizio del diritto dei difensori di astenersi dall’attività di udienza per adesione alle iniziative degli organi professionali di categoria, vigente il limite del doppio dei termini di fase.
– La difesa impugna in questa sede la suddetta decisione per le ragioni indicate nelle premesse di questa decisione.
Ritenuto in diritto
La questione devoluta in questa sede va risolta alla luce di una corretta lettura della sentenza richiamata (Cass. Sez. VI n. 36208/2014) dalla stessa difesa ricorrente e che risulta massimata, ufficialmente nei seguenti termini: “In tema di durata della custodia cautelare, l’astensione dei difensori dalle udienze, proclamato in conformità del codice di autoregolamentazione e prontamente comunicato al giudice, costituendo un esercizio di un diritto di libertà, determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma primo, lett. a) cod. proc. pen., con la conseguenza che nel computo del limite temporale massimo, pari al doppio dei termini di fase, deve tenersi conto anche del periodo relativo al rinvio della udienza” Dalla suddetta decisione si desumono i seguenti principi:
a) L’astensione del difensore dalle udienze, in adesione a disposizione indette dalle organizzazioni professionali di categoria, non è riconducibile nell’ambito dell’istituto del legittimo impedimento, perché è espressione dell’esercizio di un diritto di libertà il cui corretto esercizio, attuato in ottemperanza a tutte le prescrizione formali e sostanziali indicate dalla pluralità delle fonti regolatrici, impone il rinvio dell’udienza (anche delle udienze camerali) [in tal senso, oltre alla decisione in esame v. Cass. 1826/2013]
b) L’astensione del difensore dall’attività di udienza quale condotta susseguente all’adesione alle iniziative di categoria professionale ed in quanto esercizio di un diritto, rientra fra le ipotesi di cui all’art. 304 I^ comma lett. a) c.p.p.
a) L’ipotesi di cui all’art. 304 I^ comma lett. a) cod.proc.pen. prevede la sospensione dei termini di custodia cautelare, con il limite massimo previsto dal VI comma del doppio dei termini di fase.
Per effetto della lettura dell’art. 304 I^ comma lett. A) e VI comma c.p.p., alla luce dell’interpretazione data dalla Suprema Corte nella sentenza richiamata (e qui condivisa), va affermato che la decisione impugnata in questa sede è corretta in diritto e la censura mossa dalla difesa (irrilevanza del rinvio costituente un diritto del difensore ai fini del calcolo dei termini di carcerazione) è manifestamente infondata, perchè quanto sostenuto dal ricorrente si pone in contrasto con l’arresto giurisprudenziale invocato e in primis con il dato letterale dell’art. 304 cod. proc. pen. che nella descrizione delle ipotesi di cui alle lettere a) e b) non prevede eccezioni.
Nel caso in esame rileva (solo su un piano puramente formale) che nella sua ordinanza il Tribunale di Vibo Valentia, richiamando la giurisprudenza antecedente alla pronuncia di Cass. n. 36208/2014, ha ricondotto l’ipotesi dell’astensione dall’attività da parte degli esercenti la professione legale, alla fattispecie di cui all’art. 304 I^ comma lett. b) cod. proc. pen., mentre il Tribunale di Catanzaro, seguendo il più recente arresto di legittimità, riconduce la medesima ipotesi alla diversa ipotesi di cui all’art. 304 I^ comma lett. a) cod. proc. pen. Il diverso inquadramento giuridico individuato dai due collegi di merito (alla luce: delle ordinanze con le quali il Tribunale ha dichiarato la sospensione della decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, e della prospettazione della questione come formulata dalla difesa) non ha comunque conseguenze incidenti sulle conseguenze derivanti dalla fattispecie concreta sottoposta alla valutazione di questo collegio, sicchè il ricorso deve essere rigettato; conseguentemente il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali; la sentenza va comunicata all’Autorità competente ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso è condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si comunichi ai sensi dell’ari. 94 disp. att. cod. proc. pen.
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