Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 dicembre 2013, n. 27290[1]
Per i giudici è la pretesa che il valore della causa dovesse essere individuato con riferimento al valore della causa, determinato ai sensi del codice di rito civile, e non, come l’art. 6 d.m. n. 127 del 2004 consente di fare, in relazione al valore effettivo della controversia, discostandosi questo da quello determinato secondo le ordinarie regole codicistiche”. A tal proposito, precisano i magistrati – richiamando un altro orientamento – che “la Corte ha, anche di recente, affermato che «ai fini della liquidazione degli onorari dovuti all’avvocato per la difesa del proprio cliente, l’individuazione dello scaglione applicabile deve avvenire in base al criterio dell’effettivo valore della controversia, desumibile dal decisum (Cass. n. 226 del 2011; Cass. n. 3996 del 2010).
In conclusione, con specifico riferimento alla ipotesi in cui la controversia si sia conclusa con una transazione, si è precisato, in via generale, che «nella determinazione degli onorari dell’avvocato in una lite conclusasi con transazione, poiché per la sussistenza delle reciproche concessioni ciascuna parte non è vincitrice ne’ perdente, e a nulla rileva che il pagamento sia a carico del cliente o dell’avversario, il giudice deve fare riferimento agli ampi criteri dell’art. 9 della legge 13 giugno 1942 n. 794 così da ricondurre a giustizia concreta l’ammontare dell’onorario» (Cass. n. 3804 del 1991).
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