Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 30 ottobre 2015, n. 22294

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16930-2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, IN PERSONA DEL SINDACO IN CARICA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS)/AVV (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10133/2009 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 11/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l’inammissibilita’, o in subordine,il rigetto del ricorso.

 

CONSIDERATO IN FATTO

 

Con sentenza n 39869/2006 il Giudice di Pace di Roma rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) per l’annullamento della cartella esattoriale n. (OMISSIS).

Avverso l’anzidetta decisione interponeva appello, con atto notificato il 31 ottobre 2006, il medesimo (OMISSIS).

Resisteva al proposto gravame il Comune di Roma.

Con sentenza n. 10133/2009 il Tribunale di Roma rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio.

Per la cassazione della suddetta decisione d’appello ricorre l’ (OMISSIS) con atto fondato su due articolati ordini di motivi.

Resiste con controricorso l’intimato Comune.

Ha depositato memoria, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., l’ (OMISSIS).

 

RITENUTO IN DIRITTO

 

1.- Con il primo ordine di motivi si denuncia il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 139 c.p.c. e Legge n. 689 del 1981, articoli 22 e 23 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo e’ corredato dalla formulazione, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., di apposito quesito.

Quest’ultimo e’ posto, in sostanza, al fine di conoscere se, nella fattispecie, era necessaria la spedizione (e la relativa prova) della raccomandata al destinatario del verbale di accertamento ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., commi 3 e 4.

Orbene il previsto onere, ai fini della validita’ della notifica (v.: Cass. civ., Sez. Seconda , Sent. 19 gennaio 2007, n. 1258), della spedizione della suddetta raccomandata e’ conseguente alla modifica legislativa introdotta quanto alle notifiche – come quella de qua – a mezzo del servizio postale dal Decreto Legge n. 248 del 2007 e Legge n. 31 del 2008 e, quindi, dall’entrata in vigore di tale modifica.

In proposito va rammentato, come gia’ questa Corte ha avuto modo di precisare che per la notificazione dei detti atti processuali la nullita’ della notifica al portiere non seguita dalla notizia al destinatario a mezzo di raccomandata e’ “applicabile ratione temporis (solo) alla notifica eseguita dopo l’entrata in vigore della (suddetta) legge di conversione” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 4 dicembre 2012, n. 21725).

Poiche’ la notifica del verbale in questione risale al 25 marzo 2001 e’ evidente che la succitata norma, cosi’ come novellata, non si applicava all’epoca.

Tale considerazione rende del tutto infondato il motivo in esame.

2.- Con il secondo motivo si deduce la “falsa applicazione dell’articolo 139 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 5 con riferimento all’addotto “onere dell’agente notificatore di attestare anche senza “formule sacramentali” l’assenza del destinatario e degli altri soggetti previsti dall’articolo 139 c.p.c.”. Come puo’ evincersi dalla relata di notifica e (soprattutto, per quanto qui interessa, atteso il vizio denunciato) dalla motivazione della sentenza gravata emerge con chiarezza il motivo della regolarita’, in punto, della effettuata notifica.

Infatti, proprio l’invocato principio che la relata di effettuazione della notifica non necessita di particolari formule sacramentali (Cass. SS. UU., Sent. 20 aprile 2015, n. 8214) comporta la regolarita’, in ipotesi, dell’effettuata attestazione.

Nella fattispecie, infatti, la notifica – come gia’ motivatamente evidenziato nella gravata decisione – attesta l’effettuazione a seguito della “assenza dei soggetti” indicati dalla legge ed, inequivocamente, dallo stesso modulo prestampato e, quindi, la consegna – come per legge – del plico al portiere identificato, senza peraltro contestazione alcuna in atti, sulla identita’ personale di quest’ultimo.

Per di piu’ la parte ricorrente nulla adduce, in violazione del principio di autosufficienza, quanto all’aspetto residuale della mossa censura relativa alla questione della mancata attestazione delle “vane ricerche delle persone indicate in ordine di preferenza tra loro e rispetto al portiere”.

Infatti la censura, in punto, appare come formulata in questo grado del giudizio e, quindi, nuova; ne’ vi e’ allegazione atta a dimostrarne la pregressa formulazione. In ogni caso va evidenziato che, nel mentre in fattispecie differenti da quella in esame (ove vi e’ l’indicazione dell’assenza), e’ nulla la notificazione nelle mani del portiere che non contenga una “specifica attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate” dall’articolo 13 c.p.c., comma 2 (Cass. civ., SS.UU. 20 aprile 2005, n. 8214), nessun altro onere e’ richiesto per l’attestazione, postulata dal ricorrente, della specificita’ anche delle vane ricerche di quelle stesse persone.

Il secondo motivo esaminato e’, pertanto, anch’esso infondato.

3.- L’infondatezza dei motivi comporta il rigetto del proposto ricorso.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano cosi’ come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in euro 700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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