Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 3 marzo 2016, n. 4198

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 9-10-2003 C.A., G.P., G.C.I. e B.L., premesso di essere comproprietari, in Suisio, della strada di accesso ai mappali di rispettiva proprietà, nonché titolari di servitù attiva di passo carrale e pedonale su detta strada, insistente sui mappali 1100\c e 182\c, lamentavano che nei trascorsi mesi estivi G. P., il quale in precedenza non aveva mai utilizzato il tratto di strada insistente sul mappale 182\c, aveva ricavato dal suo immobile alcune autorimesse, con notevole aggravamento dell’esercizio del diritto di passo dei ricorrenti. Denunciavano, inoltre, che il vicino aveva aperto sulla stessa strada delle finestre munite di persiane a bandiera, che impedivano il passaggio di furgoni telonati. Tanto premesso, i ricorrenti chiedevano la condanna del G. all’immediata chiusura delle autorimesse e delle vedute o, in subordine, alla eliminazione delle ante a bandiera,cosi reintegrando o mantenendo i ricorrenti stessi nel possesso del transito lungo il tratto di strada insistente sui mappali 1100\c e 182\c.
Il G. sì costituiva sostenendo di essere proprietario esclusivo della strada insistente sul mappale 182\c e negando, comunque, di aver procurato, mediante la realizzazione di autorimesse, alcun pregiudizio al possesso del passaggio in capo ai ricorrenti; quanto alle vedute e ai sistemi di chiusura, eccepiva la decadenza per lo spirare dei termine annuale.



Con sentenza in data 7-2-2006 il Tribunale di Bergamo rigettava la domanda. Il giudice rilevava che dalle testimonianze raccolte si evinceva che le vedute e le ante a bandiera erano state realizzate oltre un anno prima del ricorso, di modo che risultava fondata l’eccezione di decadenza formulata dal resistente. Quanto alla realizzazione delle autorimesse, escludeva che tale comportamento avesse arrecato un pregiudizio all’esercizio del diritto di transito vantato dai ricorrenti sulla strada; aggiungeva che il G. risultava comproprietario della strada e che, pertanto, la valutazione dell’estensione del possesso e dei modi di suo esercizio avrebbe dovuto compiersi tenendo conto dei titoli vantati dai compossessori e secondo criteri di contemperamento suggeriti dalle esigenze della civile convivenza e dei rapporti di buon vicinato.
Avverso la predetta decisione proponevano appello i soccombenti.
Con sentenza in data 17-2-2009 la Corte di Appello di Brescia, in accoglimento del gravame, inibiva a G. P. di transitare e di autorizzare a terzi il transito della strada di cui al mappale 182\c per raggiungere la sua proprietà; condannava, inoltre, l’appellato al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione delle spese di doppio grado.
La Corte territoriale, nel dare atto che, prima della realizzazione delle autorimesse, il G. non aveva mai esercitato alcun passaggio sul ristretto sedime stradale di cui si discute, riteneva che il comportamento tenuto dall’appellato, consistente nel transito sul mappale 82\c, con persone e mezzi alla volta della sua proprietà, comportava una sensibile limitazione e, quindi, una molestia del possesso esercitato in modo pieno sulla stessa particella dagli appellanti, ai quali, pertanto, doveva essere accordata tutela manutentiva.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso G. P., sulla base di un unico motivo.
C.A., G.P., G.C.I. e B.L. hanno resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1140 e 1102 c.c.
Nel premettere che è pacifico che il G. è comproprietario dei tratto di strada di cui al mappale 182\c, sostiene che, avendo i ricorrenti allegato la comproprietà del bene e il possesso pieno ed esclusivo dello stesso, sarebbe stato loro onere fornire la prova di tale situazione di fatto, e non già onere dei resistente dimostrare il proprio compossesso. I ricorrenti, pertanto, avrebbero dovuto dare la prova rigorosa di avere attratto il sedime nella loro sfera di materiale ed esclusiva disponibilità, esercitando un possesso esclusivo ed animo domini incompatibile con il permanere di quello del G. ed impedendo a quest’ultimo materialmente e durevolmente il ripristino del corpus.

Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha rilevato che, secondo la prospettazione contenuta nel ricorso introduttivo, i ricorrenti assumevano di esercitare, sul tratto di strada per cui è causa, il possesso pieno e indisturbato, in quanto G. P., prima della realizzazione delle autorimesse, non aveva mai preteso di transitarvi. Ha ritenuto fondato tale assunto, rilevando che dalle fotografie prodotte dall’appellato risultava che effettivamente la facciata dell’immobile del G., prima della ristrutturazione, non presentava alcuna apertura sul mappale 182\c (ad eccezione di alcune finestre); e che, pertanto, risultava dimostrato che il G. non aveva alcuna utilità a transitare su quel tratto di strada. Sulla base di tali rilievi, ha ritenuto certo che, prima della realizzazione delle aperture di accesso alle tre autorimesse, sul mappale 182\c non vi era alcun passaggio di persone o di mezzi per accedere o recedere dall’edificio nella disponibilità dei G..
Così statuendo, la sentenza impugnata non è incorsa nelle denunciate violazioni di legge.



Non vi è stata violazione del principio dell’onere della prova, in quanto la Corte di Appello non ha addossato al G. un onere probatorio su lui non gravante, ma ha ritenuto certo, in punto di fatto, sulla base delle risultanze documentali in atti (rilievi fotografici) e di elementi presuntivi, il possesso esclusivo del tratto di strada in questione in capo agli odierni resistenti e il mancato esercizio di ogni forma di passaggio da parte del G..
Si tratta di un apprezzamento di fatto che nel presente giudizio di legittimità avrebbe potuto essere censurato solo sotto il profilo del vizio della motivazione, nella specie non dedotto.
In tema di ripartizione dell’onere della prova, infatti, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarà soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 2-12-1993 n. 11949; Cass. 14-2-2001 n. 2155; Cass. 5-9-2006 n. 19064).
Allo stesso modo, costituisce accertamento di merito, non sindacabile in questa sede se non sotto il profilo del vizio della motivazione, nella specie non dedotto, l’affermazione -sorretta da argomenti di ordine logico- secondo cui la situazione possessoria relativa al tratto di strada de quo è stata alterata in modo consistente a seguito delle opere realizzate dall’appellato e del conseguente transito verso le nuove autorimesse: secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice del gravame, tale transito, prima inesistente, ha limitato sensibilmente il possesso precedentemente esercitato dagli appellanti, in considerazione del rilievo che, su un ristretto sedime stradale qual è quello di cui si discute (sul punto sono state richiamate le fotografie in atti), possono avere la presenza, il transito e la manovra dei veicoli ospitati in tre autorimesse.
Correttamente, d’altro canto, la Corte di Appello ha ritenuto irrilevanti le deduzioni svolte dall’appellato riguardo al suo diritto di utilizzare la strada in questione, in base al suo titolo di proprietà.



Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, infatti, nel giudizio possessorio l’eccezione feci sed iure feci non è ammissibile quando tenda a fare valere non già lo ius possessionis, cioè l’esistenza di un possesso nello spogliatore, ma lo ius possidendi, e cioè il diritto di possedere dello spogliatore medesimo. Di conseguenza, deve escludersi che in sede possessoria la prova del possesso possa desumersi dal regime -legale o convenzionale- del diritto reale corrispondente, occorrendo invece che venga dimostrato l’esercizio di fatto del vantato possesso, indipendentemente dal titolo (Cass. 24-5-2002 n. 7621; Cass. 22-6­ 1995 n. 7067).
Nella specie, come si è rilevato, la sentenza impugnata ha accertato, in punto di fatto, il possesso degli appellanti e la mancanza di un possesso attuale del ricorrente, il quale, con l’apertura delle tre autorimesse e il conseguente transito sul tratto di strada in questione, ha arrecato molestia al possesso esercitato dai primi.
Nessun rilievo, pertanto, può assumere la circostanza che il G. abbia agito in forza del suo titolo di proprietà, in quanto ciò equivarrebbe a far valere il suo diritto reale, irrilevante nella presente controversia possessoria.
2) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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