Cassazione 10

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 29 ottobre 2015, n. 22107

Ritenuto in fatto

Con atto di citazione notificato il 6-10-2001 D.P.G. esponeva che aveva commissionato alla Marseglia Center s.p.a. un pavimento di marca Marazzi di prima scelta di mq. 90,88, pagando un importo di Euro 7.415,37; che la mercé era stata consegnata il 9-2-2001; che dopo un mese, all’atto della posa in opera, e dopo la pulitura, egli si era avveduto di un disomogeneo tono del colore delle piastrelle; che aveva denunciato al venditore i vizi della mercé con raccomandata del 14-3-1001, senza, tuttavia, avere alcun riscontro. Tanto premesso, l’attore conveniva in giudizio la Marseglia. Center s.p.a., chiedendo, previo accertamento dei vizi descritti, la sua condanna alla riduzione del prezzo e al risarcimento dei danni connessi alla necessità di provvedere alla rimozione della pavimentazione ed alla realizzazione di un nuovo massetto e pavimento.
Nel costituirsi, la convenuta chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa della Marazzi s.p.a., produttrice del materiale oggetto di causa; eccepiva la decadenza dell’attore dalla garanzia di legge, per essere stati i vizi denunciati il 14-3-2001, ben oltre il termine di otto giorni dalla consegna, avvenuta il 9-2-2001; contestava, comunque, di essere tenuta alla garanzia per vizi della cosa, avendo, quale venditore, il solo compito di favorire e promuovere la vendita secondo le istruzioni del fabbricante.
Autorizzata la chiamata in causa della Marazzi s.p.a., quest’ultima si costituiva sollevando preliminarmente l’eccezione di decadenza ex art. 1495 c.c. nei confronti della società Maeseglia, alla quale aveva consegnato il materiale sin dal 22-1-2001, senza che la stessa muovesse riserve o contestazioni. Nel merito, la terza chiamata contestava la fondatezza della domanda del D.P. , al quale riteneva addebitabile un difetto di vigilanza nel verificare, subito e a mezzo di un posatore professionale, la qualità delle piastrelle.
Con sentenza in data 21-4-2004 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Carinola, rigettava la domanda attrice; rigettava, per l’effetto, la domanda proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata; compensava le spese di giudizio.
Il D.P. proponeva appello avverso la predetta sentenza, deducendo l’insussistenza di un vizio apparente e la presenza di un vizio occulto, la conseguente inapplicabilità dell’art. 1511 c.c. e l’insussistenza della decadenza per avvenuto riconoscimento del vizio.
Si costituiva solo la società Marazzi, mentre la società Marseglia rimaneva contumace.
A seguito dell’espletamento della prova orale articolata dall’appellante, con sentenza in data 8-11-2010 la Corte di Appello di Napoli dichiarava inammissibile la domanda proposta dal D.P. nei confronti della società Marazzi con l’atto di appello; in accoglimento per quanto di ragione della domanda proposta dall’attore nei confronti della Marseglia s.p.a., condannava detta società a pagare al D.P. la somma di Euro 3.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al saldo effettivo; dichiarava interamente compensate le spese di doppio grado nei confronti della terza chiamata; condannava la convenuta alla rifusione delle spese di doppio grado in favore dell’attore.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Marseglia Center s.p.a., sulla base di tre motivi.
D.P.G. non ha svolto alcuna attività difensiva

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità dell’atto di appello proposto dal D.P. e la conseguente nullità del procedimento e della sentenza di secondo grado, non contenendo il predetto atto l’avvertimento secondo cui la convenuta, in caso di mancata costituzione nei termini, sarebbe decaduta dalla facoltà di proporre appello incidentale.

Il motivo è infondato.

Come è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte a composizione di un contrasto sorto sulla questione, infatti,, l’art. 342 c.p.c. – che, nel testo (applicabile ratione temporis nel presente giudizio) quale sostituito dall’art. 50 legge 26 novembre 1990, n. 353, e prima dell’ulteriore modifica di cui all’art. 54, comma 1, lett. a, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede che l’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione, ‘nonché le indicazioni prescritte nell’art. 163 c.p.c.’ – non richiede altresì che, in ragione del richiamo di tale ultima disposizione, l’atto di appello contenga anche lo specifico avvertimento, prescritto dal n. 7 del terzo comma dell’art. 163 c.p.c., che la costituzione oltre i termini di legge implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., atteso che queste ultime si riferiscono solo al regime delle decadenze nel giudizio di primo grado e non è possibile, in mancanza di un’espressa previsione di legge, estendere la prescrizione di tale avvertimento alle decadenze che in appello comporta la mancata tempestiva costituzione della parte appellata (Cass. Sez. Un.. 18-4-2013 n. 9407).

2) Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1491, 1495, 1511 c.c., nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene che nella specie si è in presenza di un vizio apparente, atteso che la denunziata disomogeneità del tono e del colore delle piastrelle era notevole e diffusa e, quindi, immediatamente percepibile alla vista. Deduce, pertanto, che l’acquirente era tenuto alla denuncia dei vizi entro il termine di otto giorni dal momento in cui era stato in grado di esaminare la mercé, e cioè dalla sua consegna; e che appare insufficiente e contraddittoria l’affermazione della Corte di Appello, secondo cui la scoperta del vizio presupponeva la posa in opera delle piastrelle.

Il motivo è privo di fondamento.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine breve di otto giorni per la denuncia, solo per il ‘vizio apparente’, che è quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando una diligenza inferiore a quella ordinaria, il ‘dies a quo’ decorre dal giorno del ricevimento della mercé, mentre per gli altri vizi il termine decorre dal momento della ‘scoperta’, la quale si ha allorquando il compratore abbia acquistato ‘certezza’ (e non semplice sospetto) che il vizio sussista (Cass. 30-1-1995 n. 1082; Cass. 30-8-2000 n. 11452; Cass. 6-6-2002 n. 8183).

È vero, pertanto, che, in tema di vendita di cose mobili da trasportare da un luogo ad un altro, l’art. 1511 c.c., facendo decorrere il termine per la denuncia dei vizi dal ricevimento, impone un onere di diligenza a carico del compratore, consistente nel dovere di esaminare con tempestività la cosa, ponendosi così in grado di rilevarne i difetti eventuali anche, se del caso, con una indagine a campione (Cass. 10-4-2000 n. 4496).

La disposizione in esame, tuttavia, si riferisce ai soli vizi apparenti (cfr. Cass. 5-1-1996 n. 49; Cass. 26-8-1993 n. 9008), mentre per i vizi non apparenti il termine per la denuncia, in base alla regola generale posta dall’art. 1495 c.c., decorre dal momento della loro scoperta, e cioè dal giorno in cui l’acquirente abbia acquisito la certezza della loro esistenza.

Stabilire, poi, in quale momento tale certezza oggettiva sia stata acquisita dal compratore è questione di fatto, rimessa al giudice di merito (Cass. 6-6-2002 n. 8183).

Nella specie, il giudice di appello, con motivazione immune da vizi logici e con apprezzamento in fatto sottratto al sindacato di questa Corte, ha accertato che il vizio denunciato dall’attore non era riconoscibile al momento della consegna ed era, pertanto, da qualificare come vizio ‘occulto’. Nel rilevare, infatti, che tale vizio si concretizzava in un disomogeneo tono del colore delle piastrelle, essa ha osservato che la scoperta di tale vizio presupponeva la posa in opera delle piastrelle medesime, atteso che soltanto a seguito della posa in opera è stato possibile, per il D.P. , acquisire la certezza e non il semplice sospetto della sussistenza del vizio: solo in tale momento, invero, accostando le piastrelle le une alle altre, è stato possibile notare la disomogeneità dei toni.

Essendosi, pertanto, in presenza di un vizio non apparente, la sentenza impugnata, nel far decorrere il termine della denuncia dalla data della scoperta di tale vizio, ha fatto buon governo dei principi di diritto che regolano la materia.

3) Con il terzo motivo la società Marseglia si duole della contraddittoria motivazione, in relazione all’affermazione secondo cui il teste C.A. aveva riferito che un rappresentante della società Marseglia, portatosi sul posto con un rappresentante della Marazzi, aveva riconosciuto l’esistenza dei difetti. Deduce che il predetto teste si è limitato a riferire di aver appreso dal D.P. che un rappresentante della ‘Marazzi o della Marseglia’ si era recato sul posto ed aveva affermato ‘che le cose potevano andare’; che la circostanza non costituisce riconoscimento del vizio ed è comunque irrilevante, attesa la conoscenza de relato dei fatti affermati; che i vizi riconosciuti dalla Marazzi non sono ascrivibili anche alla Marseglia.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di Appello, pur avendo dato atto che l’accoglimento del primo motivo di gravame aveva ‘con ogni evidenza carattere assorbente in relazione al secondo’, con il quale il D.P. aveva dedotto ‘l’insussistenza della decadenza per avvenuto riconoscimento del vizio’, ha rilevato, tuttavia, ‘ancorché per mera completezza espositiva’, che anche tale motivo era fondato, e ha illustrato le ragioni del proprio convincimento.

Le argomentazioni esposte al riguardo dal giudice del gravame sono state, all’evidenza, svolte ad abundantiam e non incidono, pertanto, sull’effettiva ratio della decisione, costituita dalla ritenuta esistenza di un vizio non apparente e dalla conseguente tempestività della relativa denuncia.

Orbene, costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri una argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e non costituente, pertanto, una ratio decidendi della medesima (tra le tante v. Cass. 22-11-2010 n. 23635; Cass. 5-6-2007 n. 13068; Cass. 23-11-2005 n. 24591).

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

Poiché l’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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