Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 29 novembre 2013, n. 47433
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 3.5.2013, il Tribunale della Libertà di Benevento rigettava l’istanza di riesame proposta da M.S. contro il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal locale ufficio gip nell’ambito del procedimento penale a carico dello stesso istante per il reato di truffa aggravata.
2. Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe conseguito l’indennità di accompagnamento di cui alla l. 18/1980, dichiarando falsamente la propria impossibilità di deambulare autonomamente. Il provvedimento cautelare era stato adottato a seguito di indagini di pg che avrebbero accertato l’inesistenza delle condizioni per l’attribuzione al M. del beneficio assistenziale in questione, essendo stato lo stesso sorpreso dai verbalizzanti in una situazione rivelatrice della sua capacità di deambulare senza particolari problemi.
3. Ha proposto ricorso il M., deducendo l’assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato, e il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 125 co 3 c.p.p., tanto in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti che al requisito del periculum in mora.
3.1. Quanto al primo aspetto, premesse ampie dissertazioni dogmatiche sull’obbligo di motivazione del giudice rispetto alle misure di cautela reale, il ricorrente afferma che nella specie le indagini di PG non avrebbero accertato alcuna discordanza tra le sue effettive condizioni fisiche e quelle risultanti dai provvedimenti di concessione del contestato beneficio assistenziale, essendo emerso soltanto che il ricorrente “si regge anche senza l’uso delle stampelle”. Peraltro, l’indennità di accompagnamento non presuppone, secondo il ricorrente, che l’invalido sia costretto alla totale immobilità ed inefficienza, essendo funzionale all’ausilio di soggetti menomati in qualunque momento della giornata ciò possa occorrere. In questo, senso, l’accertamento di pg posto a base dei provvedimento di sequestro sarebbe troppo isolato per offrire valide indicazioni sulle effettive condizioni del ricorrente.
3.2. In ordine alla presunta carenza di motivazione sull’esistenza del periculum in mora e sulla funzionalità del provvedimento di sequestro alla confisca per equivalente, deduce tra l’altro che la misura cautelare avrebbe colpito indistintamente prestazioni previdenziali e assistenziali legittimamente conseguite dal ricorrente, e non avrebbe tenuto conto delle necessarie detrazioni per oneri fiscali e ritenute di legge. Inoltre, la misura sarebbe stata adottata senza il rispetto dei principi di adeguatezza e gradualità insiti nella previsione dell’art. 321 c.p.p.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1. Riguardo al fumus commissi delicti, i parametri di legittimità invocati dal ricorrente travestono appena la forte connotazione di merito delle argomentazioni in concreto sviluppate, che si risolvono, in sostanza, nell’assertiva considerazione secondo cui le indagini non avrebbero accertato alcuna discordanza tra le condizioni fisiche dell’indagato e quelle risultanti dai provvedimenti di concessione del contestato beneficio assistenziale; i giudici territoriali, però, sottolineano che i ricorrente fu notato aggirarsi senza alcun supporto e senza particolari difficoltà su un terreno di campagna accidentato, traendone non illogicamente la conclusione che il ricorrente non possa considerarsi affetto da un’apprezzabile limitazione nei movimenti.
1.1. La giurisprudenza citata in ricorso si riferisce poi a casi di menomazione psichica, per i quali è perfettamente ammissibile una valutazione “articolata” della capacità dei soggetto di condursi in modo adeguato ed autonomo nelle necessità quotidiane; alquanto più difficile è che taluno possa essere impedito nella deambulazione solo a tratti, a tratti potendo invece liberamente passeggiare su terreni accidentati.
1.2. In ogni caso, le circostanze di fatto sottolineate dai giudici del riesame, forniscono un supporto adeguato all’impianto motivazionale del provvedimento, che non potrebbe ritenersi talmente carente da ricondurre i pretesi vizi di motivazione al vizio di violazione di legge, alla stregua del limite di impugnabilità dei provvedimenti in materia di sequestro stabiliti dall’art. 325 c.p.p.
2. Quanto agli altri presupposti della misura cautelare, lo stesso ricorrente riconosce che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non richiede l’esistenza di un nesso di pertinenzialità del bene rispetto al reato contestato (ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 46500 del 19/09/201.1, Lampugnani); Il periculum in mora, poi, coincide con la confiscabilità dei beni (Cass Sez. 1, Sentenza n. 16207 del 11/02/2010, Vendemini e altri; Cass. sez. 2, 25.9.2013 Loizzi), mentre i principi di adeguatezza e di proporzionalità della misura debbono essere apprezzati con esclusivo riferimento alla corrispondenza dei valori sequestrati ai valori confiscabili. Anche sotto questo profilo, le confuse e assertive considerazioni del ricorrente sui beni che sarebbero stati assoggettati alla misura cautelare non meritano particolare considerazione.
Allo stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, cori la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
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