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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III

SENTENZA 27 gennaio 2015, n. 1453

 

Svolgimento del processo

1. L.F.P. , C.G. e N.S. convennero in giudizio La.Sa. e An.Ma. e chiesero il pagamento, in solido, del compenso residuo (pari a Euro 38.734,27), essendo le convenute obbligate quali debitrici solidali. Esposero: – di essere stati componenti del collegio arbitrale in un procedimento (irrituale) relativo a una controversia tra le convenute e la sorella E. , nella quale la stessa era restata soccombente; – che il collegio arbitrale aveva liquidato in loro favore il doppio della somma, comprensiva del compenso per il segretario, e che la soccombente El. aveva corrisposto la metà dell’importo totale.
Ai fini che ancora rilevano, le convenute La. sostennero che, avendo l’attore liberato El. da qualsiasi ulteriore onere dopo il pagamento della metà, non avendola citata in giudizio, doveva ravvisarsi una remissione di debito ex art. 1301 cod. civ. nei confronti della stessa, estesa alle obbligate solidali per mancanza di riserva nei loro confronti.
Gli attori, unitamente alla memoria ex art. 183 cod. civ., depositarono un documento a propria firma nel quale dichiaravano di aver ricevuto la metà della somma da El. e di liberare la stessa da qualsiasi onere e si riservavano il recupero del residuo nei confronti delle coobbligate in solido. Le convenute contestarono la data del documento.
Il Tribunale di Lucca accolse la domanda.
La Corte di appello di Firenze, in totale riforma, rigettò la domanda.
Ritenne l’obbligazione estinta ex art. 1301, per intervenuta remissione del residuo debito nei confronti di un condebitore solidale, liberatoria anche nei confronti degli altri in mancanza di riserva del diritto nei loro confronti; compensò interamente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio (sentenza del 13 ottobre 2010).
2. Avverso suddetta sentenza, gli arbitri propongono ricorso affidato a quattro motivi, esplicati da memoria.
Resistono con unico controricorso La.Sa. e An.Ma. , che propongono ricorso incidentale in riferimento alla compensazione delle spese processuali operata dalla sentenza impugnata.
La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti proposti avverso la stessa sentenza.

Motivi della decisione

1. La Corte di merito ha rigettato la domanda seguendo, per vero in modo tortuoso, il percorso logico che può essere così sintetizzato.
Gli arbitri hanno rimesso il debito residuo ad uno dei condebitori solidali (El. ) ai sensi dell’art. 1301 cod. civ.; tanto emerge da un atto processuale, la memoria ex art. 183 cod. proc. civ., e dal documento prodotto con la stessa, costituente prova contra se nei confronti di coloro che lo hanno prodotto.
Per stabilire le conseguenze verso gli altri coobbligati dell’avvenuta remissione del debito nei confronti di un condebitore solidale, rileva il documento prodotto, atteso che in esso è contenuta la riserva nei confronti dei coobbligati, che è la condizione posta dall’art. 1301 cit. affinché la remissione del debito effettuata nei confronti di un coobbligato non si estenda nei confronti degli altri.
Non avendo il documento data certa, stante la mancanza di tutte le condizioni previste dall’art. 2704 cod. civ. affinché sia opponibile ai terzi (i coobbligati), non può ritenersi esistente la riserva nei confronti dei coobbligati che, pertanto, sono liberati dall’obbligazione per effetto della remissione. Infatti, per poter operare verso i coobbligati, la riserva deve essere espressa, contestuale alla remissione del debito e deve essere comunicata ai coobbligati, anche per il principio di correttezza dei rapporti tra creditore e debitore. In mancanza della data certa del documento che la contiene vengono a mancare tutte le condizioni che la riserva deve avere per poter operare e la remissione nei confronti di un coobbligato libera gli altri.
2. I quattro motivi del ricorso principale sono strettamente connessi.
Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 2730, 2735 e 2734 cod. civ., unitamente a vizi motivazionali per avere la Corte di appello ritenuto che il documento ha valore di prova legale quanto alla remissione ed è invece non opponibile ai coobbligati quanto alla riserva.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 1301 e 2697 cod. civ. oltre a insufficienza di motivazione.
Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli artt. 2704, 1301 e 1236 cod. civ., unitamente a vizi motivazionali, sostenendo la non applicabilità dell’art. 2704 cod. civ..
Con il quarto motivo, si deduce la violazione dell’art. 1301, dell’art. 1175, oltre a vizi motivazionali.
2.1. In estrema sintesi, i ricorrenti censurano la sentenza per aver, fermo restando il pagamento parziale di un condebitore e la relativa quietanza rilasciata dai creditori, ritenuto esistente la remissione del debito verso un coobbligato e non esistente la riserva verso gli altri coobbligati, sulla base dello stesso documento, considerando applicabile allo stesso l’art. 2704 cod. civ., e considerando necessari i requisiti della riserva verso i coobbligati solidali, quali il carattere espresso, e non i comportamenti univoci e concludenti, la comunicazione ai coobbligati, oltre che la contestualità alla avvenuta remissione; caratteristiche tutte che non sarebbero ricavabili dal documento prodotto perché non opponibile ai coobbligati. Aggiungono che sarebbe stato onere probatorio dei coobbligati, che fanno valere un fatto estintivo, provare la remissione del debito e la riserva.
2.2. I motivi vanno accolti per quanto di ragione. Con il ricorso, fermo il pagamento parziale di un condebitore e la relativa quietanza rilasciata dai creditori, si mette in discussione l’esistenza stessa della remissione del debito a favore di uno dei coobbligati, che è il presupposto essenziale per l’applicabilità dell’art. 1301 cod. civ. e della riserva ivi prevista, idonea ad impedire l’estensione della remissione del debito agli altri coobbligati. Tanto consente alla Corte di procedere ad una diversa qualificazione in diritto dei fatti, come accertati nel merito ed emersi nel ricorso per cassazione.
3. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità – in riferimento ai poteri della Cassazione, individuati in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge – quello secondo cui “Nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di Cassazione può dare al rapporto una qualificazione giuridica diversa da quella accolta dal giudice di merito, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve configgere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto. (Cass. n. 9143 del 2007; n. 6935 del 2007).
Nella specie, i fatti, quali accertati nel merito e esposti nel ricorso sono questi: La.El. era soccombente sulla base del lodo arbitrale; il collegio arbitrale aveva determinato il compenso degli arbitri; El. aveva versato agli arbitri la metà delle somme determinate dalla ordinanza arbitrale; questi avevano rilasciato quietanza e avevano dichiarato di liberarla da qualunque ulteriore onere relativo alle spese arbitrali; nello stesso documento gli arbitri si erano riservati di agire per il residuo loro dovuto nei confronti degli altri obbligati in solido; nello stesso documento erano fatti salvi i diritti di questi altri obbligati verso El. ; gli arbitri hanno agito verso i coobbligati in solido per la parte residua del loro credito.
Ritiene il Collegio che, sulla base dei fatti accertati e della domanda proposta, la fattispecie trovi regolazione nella previsione legislativa dell’art. 1311, n. 1, cod. civ., trattandosi di una ipotesi tipica di rinunzia alla solidarietà e non di remissione del debito verso uno dei coobbligati.
3.1. Non è in discussione il carattere solidale dell’obbligo dei contendenti del procedimento arbitrale nei confronti degli arbitri, relativamente al compenso dovuto per la prestazione d’opera intellettuale; né, nella specie, è rilevante come l’obbligazione in solido si divide nei rapporti interni tra i diversi debitori (l’essere El. l’unica obbligata nei rapporti interni sulla base della soccombenza dichiarata dal lodo), avendo i creditori agito in solido per il recupero del residuo credito. Si discute, invece, sul se l’adempimento parziale della prestazione oggetto dell’obbligazione da parte di uno dei coobbligati mediante il pagamento della metà del compenso dovuto, con relativa quietanza rilasciata dai creditori, abbia comportato la remissione del debito residuo da parte degli arbitri verso lo stesso obbligato parzialmente adempiente, e la conseguente estensione, o meno, della remissione del residuo debito agli altri, a seconda che si valuti come non esistente o esistente la riserva verso i coobbligati, contenuta nella stessa quietanza.
3.2. La particolarità della specie è data dalla circostanza che i convenuti abbiano prospettato, e il
giudice, sulla base della loro prospettazione, abbia ritenuto che oggetto della remissione sia stato il debito residuato dopo l’adempimento parziale e a favore dello stesso soggetto che aveva effettuato un adempimento parziale dell’obbligazione, essendo stato questi liberato da ogni ulteriore onere rispetto alle spese, inquadrando la fattispecie nella previsione codicistica dell’art. 1301 cit..
Ma, nella remissione di obbligazioni solidali regolata dall’art. 1301 il debitore a favore del quale essa opera è liberato verso il creditore remittente per la propria quota – che gli è stata rimessa e si estingue per ragioni diverse dall’adempimento – e non di quanto residua rispetto all’obbligazione solidale cui era tenuto per l’intero sulla base del vincolo di solidarietà. E, nel caso di riserva verso gli altri coobbligati, questi saranno tenuti non per l’intera prestazione, ma solo per il residuo una volta detratta la parte del debitore a favore del quale è avvenuta la remissione per ragioni diverse dall’adempimento. Tanto, in virtù di una regola di fondo della solidarietà per la quale il condebitore non è tenuto per le parti di debito inesistenti o estinte. Mentre, se la riserva non è stata formulata, il legislatore presume, secondo il principio della estensione ai condebitori solidali degli effetti vantaggiosi proprio delle obbligazioni solidali, che la remissione, per ragioni diverse dall’adempimento, compiuta a favore di un debitore in solido si estenda all’intero debito e quindi, alle quote degli altri coobbligati. In definitiva, presupposto per l’applicabilità dell’art. 1301 cod. civ. è la liberazione dalla prestazione della propria quota e l’estinzione di tale obbligazione per ragioni diverse dall’adempimento della stessa, quale modo non satisfattivo di estinzione dell’obbligazione, a favore del beneficiario della remissione. Non è la liberazione di colui che ha adempiuto una parte dell’obbligazione solidale dalla esigibilità del residuo, che è, invece, il presupposto di fatto della specie all’attenzione della Corte.
3.3. Questa diversa ipotesi è quella regolata dall’art. 1311, n. 1 cod. civ., quale rinuncia alla solidarietà.
In generale, il creditore – salvo che la solidarietà non sia prevista dalla legge per motivi di ordine pubblico – può rinunciare all’effetto principale della solidarietà, cioè alla possibilità di agire per l’intero verso ogni debitore, essendo la solidarietà passiva prevista nell’esclusivo suo vantaggio con la funzione di rafforzare il credito; mentre, per il debitore potrà derivare solo un vantaggio dall’essere tenuto verso il creditore esclusivamente per la propria quota, con conseguente sufficienza della sola volontà del creditore, anche in atto unilaterale. E, la rinuncia alla solidarietà può essere limitata solo ad alcuno dei condebitori, con la conseguenza che il creditore conserva l’azione solidale verso gli atri per l’intero credito, sostanziandosi la rinuncia alla solidarietà quale beneficium divisionis comportante solo la rinuncia all’effetto principale della solidarietà di poter agire per intero verso ciascun condebitore e restando ferme le regole della solidarietà per altri effetti, come nel caso, previsto dall’art. 1313 cod. civ., dell’insolvenza di un condebitore (Cass. n. 16125 del 2006).
Ai nostri fini, rispetto alle differenze tra l’art. 1311 e l’art. 1301, basta rilevare che, nel primo caso gli altri debitori continueranno a rispondere per l’intero nei rapporti esterni con il creditore, mentre, nel secondo, la previsione legislativa è che – sempre che vi sia stata riserva nei loro confronti – non dovranno adempiere la quota del debitore liberato, proprio perché nel primo caso si tratta della rinuncia ad un effetto della solidarietà, cioè della rinuncia a pretendere l’intero dal coobbligato, e nel secondo si tratta della rinuncia alla prestazione.
3.3.1. In alcuni casi la legge presume che vi sia stata rinuncia alla solidarietà. Ed esiste tale presunzione a norma di legge quando il creditore rilascia ad uno dei condebitori quietanza “per la parte di lui” ricevuta senza alcuna riserva (art. 1311, n. 1); cioè rilascia quietanza a chi adempie parzialmente la prestazione dovuta, senza riservarsi di agire nei suoi confronti per il residuo. A rilevare ai fini della operatività della presunzione, non è la corrispondenza della quota ricevuta con la quota interna gravante sull’adempiente, ma il rilascio della quietanza senza alcuna riserva di agire nei confronti della stessa parte; attuandosi in tal modo la rinuncia a far valere la solidarietà nei confronti di una parte.
Questa è, appunto, l’ipotesi entro cui si inquadra la specie all’attenzione della Corte, atteso che i creditori avevano rilasciato quietanza per l’importo ricevuto da uno dei coobbligati e avevano dichiarato di liberarlo, quanto al vincolo della solidarietà rilevante nei rapporti esterni, da qualunque ulteriore onere relativo alle spese arbitrali. Ed allora, la fattispecie all’esame rientra pienamente nella previsione legislativa di cui all’art. 1311, n. 1, cod. civ. di presunzione di rinuncia alla solidarietà verso uno dei condebitori. Dalla rinuncia alla solidarietà nei confronti di un coobbligato derivante dalla quietanza rilasciata nel ricevere l’adempimento parziale del proprio credito, con l’esclusione della riserva di agire verso lo stesso per il residuo, consegue la conservazione per legge dell’azione solidale verso gli altri obbligati. Pertanto, non si pone proprio il problema della estensione nei loro confronti della rimessione del debito e della eventuale esistenza della riserva per impedire l’estensione della remissione. Di conseguenza, non si pongono le questioni esaminate dal giudice quanto alle caratteristiche della riserva e alla opponibilità del documento che la contiene, poiché la conservazione dell’azione solidale verso gli altri condebitori deriva direttamente dalla legge e non dalla riserva nei confronti degli stessi nel documento di quietanza e di liberazione del debitore parzialmente adempiente da ogni onere relativo alle spese, quale rinuncia alla solidarietà.
3.4. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata sulla base del seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi di adempimento parziale dell’obbligazione da parte di uno dei coobbligati solidali, con relativa quietanza rilasciata dai creditori senza alcuna riserva di questi di agire verso lo stesso debitore per il residuo, è integrata la fattispecie di presunzione di rinuncia alla solidarietà disciplinata dall’art. 1311, n. 1 cod. civ., e conseguente conservazione dell’azione in solido verso gli altri obbligati solidali ai sensi del primo comma dello stesso articolo, non assumendo rilievo la riserva di agire verso gli altri obbligati ai sensi dell’art. 1301 cod. civ., che regola la diversa fattispecie di remissione del debito a favore di uno dei debitori solidali”.
3.4.1. Risultando la quietanza rilasciata dai creditori ad uno dei condebitori per l’adempimento parziale dell’obbligazione, senza alcuna riserva nei suoi confronti, ed avendo agito i creditori nei confronti degli altri obbligati per ottenere la condanna in solido degli stessi al residuo del credito – tanto anche nel rispetto della regola della solidarietà che il condebitore non è tenuto per le parti del debito estinte, in questo caso mediante adempimento – non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la causa può essere decisa nel merito mediante il rigetto dell’appello.
4. Dall’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata, deriva l’assorbimento del ricorso incidentale, volto ad ottenere la revisione della pronuncia di appello sulle spese processuali che erano state compensate.
5. Quanto alle spese processuali del giudizio di merito, le stesse seguono la soccombenza; trattandosi di un’attività difensiva ormai esaurita, si deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l’attività stessa è stata compiuta, e, quindi, le tariffe previste dal d.m. n. 127 del 2004 e non i parametri sopravvenuti (Cass. 18 dicembre 2012, n. 23318).
Le spese del processo di cassazione, che pure seguono la soccombenza, sono liquidate sulla base dei parametri vigenti (Sez. Un. 12 ottobre 2012, n. 17406).

P.Q.M.

La Corte di Cassazione decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello;
condanna La.Sa. e La.An.Ma. , in solido, al pagamento, in favore L.F.P. , C.G. e N.S. : delle spese processuali del giudizio di secondo grado, liquidate in Euro 400,00 per esborsi, Euro 800,00 per diritti e Euro 2.300,00 per onorari; oltre spese generali ed accessori come per legge dovuti; delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

 

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