La massima

Ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità previsto dall’art. 54 c.p., rientrano nel concetto di “danno grave alla persona” non solo la lesione della vita o dell’integrità fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona, secondo la previsione contenuta nell’art. 2 Cost.; e pertanto rientrano in tale previsione anche quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrità fisica del soggetto in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, fra i quali deve essere ricompreso il diritto all’abitazione in quanto l’esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II PENALE

sentenza 22 giugno 2011, n. 24987

Osserva

Con sentenza del 19.05.2008 il Tribunale di Milano condannava L. G. concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di mesi tre di reclusione, avendola ritenuta responsabile del reato di occupazione abusiva di immobile di proprietà comunale. Con sentenza del 3.11.2009 la Corte di Appello di Milano confermava la decisione impugnata.

Avverso tale sentenza la difesa dell’imputata propone ricorso per cassazione lamentando la manifesta illogicità della sentenza che ha negato il riconoscimento della scriminante dello stato di necessità di cui all’art.54 c.p. in relazione alla contestata occupazione di immobile, senza svolgere alcuna indagine specifica in ordine alle effettive condizioni dell’imputata, alla esigenza di tutela dei due tigli entrambi minore, all’essere ella stessa disoccupata ed ex detenuta. In particolare rileva la ricorrente che la Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato la sussistenza dello stato di necessità, rilevante non solo con riferimento al diritto all’abitazione ma anche con riferimento al diritto alla salvaguardia della salute dei figlioletti , diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione, non potendosi omettere di evidenziare che lo stato di pericolo per la ricorrente e per il proprio figlio non era imputabile ad una condotta alla stessa riferibile e non era altrimenti evitabile non avendo I’interessata alcuna possibilità di rivolgersi al mercato libero degli alloggi, e che il fatto commesso era proporzionato al pericolo che lo stesso era destinato scongiurare.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Va innanzitutto evidenziato che, ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità previsto dall’art. 54 c.p., rientrano nel concetto di “danno grave alla persona” non solo la lesione della vita o dell’integrità fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona, secondo la previsione contenuta nell’art. 2 Cost.; e pertanto rientrano in tale previsione anche quelle situazioni che minacciano solo indirettamente I’integrità fisica del soggetto in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, fra i quali deve essere ricompresso il diritto all’abitazione in quanto l’esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona. Tale interpretazione estensiva del concetto di danno grave alla persona fa sì peraltro, come già evidenziato da questa Corte (Cass. sez. II 19.3.2003 n. 24290), che “più attenta e penetrante deve essere l’indagine giudiziaria diretta a circoscrivere la sfera di azione dell’esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli elementi costitutivi della stessa – necessità e inevitabilità – non potendo i diritti dei terzi essere compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate”.

Nel caso in esame, la Corte di merito ha escluso la sussistenza di detta esimente sulla base di corretta e logica motivazione e di un’attenta indagine “diretta a circoscrivere la sfera di azione dell’esimente di cui all’art. 54 c.p., ai soli casi in cui siano indiscutibilmente presenti gli altri elementi costitutivi della stessa, quali i requisiti della necessità e della inevitabilità del pericolo”, in aderenza alla giurisprudenza della Suprema Corte in materia (Cass. n.24290/03).

In particolare i giudici dell’appello hanno evidenziato che “nella specie non risulta alcunché in ordine alla situazione reddituale della L. ed alle condizioni economico patrimoniali del marito, asseritamene detenuto, mentre della documentazione acquisita al”udienza del 19.05.2009 su accordo delle parti risulta che essa, pur avendo riferito agli operanti, nel carso della prima verifica eseguita il 12.12.2005, che aveva occupato abusivamente l’alloggio solo da una decina di giorni e che si sarebbe organizzata in tempi brevi per liberarlo, lo occupava ancora senza titolo alla. data del 09.01.2006, intendendo evidentemente stabilizzare una situazione abitativa che, sottraendosi alle procedure amministrative di verifica dei requisiti necessari per fruire di un alloggio di edilizia popolare pubblica, veniva per ciò stesso a pregiudicare il diritto pozione di coloro che avendone diritto, avrebbero potuto soddisfare lo stesso diritto primario di abitazione nel rispetto delle norme dello stato di diritto. Manca, in definitiva, la prova. del carattere contingente ed insuperabile della necessità di risolvere con l’abuso il disagio abitativo e soprattutto il carattere non volontario ed inevitabile della condizione generativa del pericolo di danno…” sicché nessun dato di fatto concreto era stato offerto alla valutazione del giudicante per giustificare l’erroneo convincimento, in capo all’ imputata, di trovarsi in uno stato di necessità.

Tale valutazione in fatto, perché adeguatamente motivata, non è censurabile.

Il ricorso ,pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art.616 c.p.p., al rigetto consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *