Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 2 settembre 2013, n. 20110
Svolgimento del processo
1.- La ditta Tommasi-Maronese s.r.l. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la ICI Italia s.r.l. – Divisione National Starch & Chemical chiedendo la risoluzione di un contratto di fornitura di 750 Kg di un collante per legno risultato difettoso con condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva la convenuta che contestava la domanda di controparte, della quale chiedeva il rigetto.
Con sentenza del 1 giugno 2004 il Tribunale rigettava la domanda.
Con sentenza dep. il 23 aprile 2007 la Corte di appello di Milano rigettava l’impugnazione proposta dalla Tommasi-Maronese s.r.l..
Nel confermare la decisione di primo grado, i Giudici osservavano che, seppure era circostanza pacifica che i prodotti forniti non avessero sortito l’effetto voluto ovvero l’incollaggio, non era stata accertata la relativa causa, posto che non era da escludere l’intervento di fattori di alterazione non dipendenti dalla natura del collante fornito.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Tommasi-Maronese s.r.l. sulla base di unico motivo. Resiste con controricorso l’intimata, depositando memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1.1. – L’unico motivo, dopo avere premesso che l’acquirente aveva fornito la prova dell’esistenza del vizio del bene vendutole dalla convenuta, censura la sentenza impugnata che aveva erroneamente posto a carico della ricorrente l’onere di dimostrare che il difetto riscontrato non fosse stata determinato da fattori intervenuti successivamente all’acquisto, quando il compratore ha solo l’onere di dimostrare la sussistenza dei vizi che rendono la cosa inidonea all’uso cui è destinata, le eventuali conseguenze dannose del nesso causale fra i primi e le seconde, mentre è il venditore che deve offrire la prova liberatoria.
1.2. – Il motivo va accolto.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per inadeguatezza del quesito e per difetto di autosufficienza, formulata dalla resistente, atteso che con il motivo e il correlativo quesito formulato ex art. 366 bis cod. proc. civ. la Corte è stata correttamente investita della questione di diritto – che era evidentemente decisiva per la risoluzione della presente controversia – concernente la distribuzione dell’onere della prova in tema di garanzia per vizi della cosa compravenduta.
a) L’attore ha chiesto la risoluzione del contratto invocando l’inidoneità della fornitura; b) la sentenza impugnata ha respinto la domanda sul rilievo che, pur essendo stata accertata l’inidoneità del bene all’uso, l’attore non aveva assolto l’onere di provare che l’inconveniente lamentato fosse attribuibile a un difetto intrinseco del prodotto.
La decisione si è rivelata erronea, non avendo i giudici fatto corretta applicazione dei principi in materia di distribuzione dell’onere probatorio in materia di inadempimento contrattuale stabiliti dalla sentenza delle Sezioni unite n. 13331 del 2001, secondo cui il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.
In particolare, occorre osservare che in tema di compravendita, l’obbligazione (di dare) posta a carico del venditore è di risultato, in quanto l’interesse perseguito dall’acquirente è soddisfatto con la consegna di un bene in grado di realizzare le utilità alle quali, secondo quanto pattuito, la prestazione sia preordinata.
Ne consegue che all’acquirente (creditore) sarà sufficiente allegare l’inesatto adempimento ovvero denunciare la presenza di vizi o di difetti che rendano la cosa inidonea all’uso alla quale è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, essendo a carico del venditore (debitore), in virtù del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di avere consegnato una cosa che sia conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ove sia stata fornita tale prova, sarà allora onere del compratore dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa, ascrivibile al venditore.
Pertanto, il ricorso va accolto; la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
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