Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 18 giugno 2014, n. 13885
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 7 giugno 1995 D.E.V. ed M.A. , quali proprietari di unità immobiliari site nel fabbricato di (omissis) (n. 3 appartamenti, n. 2 locali a piano terra ed un locale seminterrato adibito a video-pub-bar e paninoteca), evocavano, dinanzi al Tribunale di Salerno, il Condominio del medesimo stabile esponendo che l’assemblea condominiale in data 7.4.1995 (verbale comunicato l’8.5.1995) aveva approvato il rendiconto delle spese ordinarie e straordinarie al 30.9.1994 senza che agli attori, per deliberato ostruzionismo, fosse stato consentito di prendere visione della documentazione a supporto dei costi di bilancio e pur dichiarando di riservare ulteriori e più puntuali contestazioni all’esito dell’esibizione in giudizio degli atti invano richiesti, deducevano che non erano da loro dovute le spese legali indicate in L. 6.196.150, perché maturare nella vertenza promossa contro di loro, relative ad acconti all’avv.to Bruno Russo De Luca, nonché le spese legali dell’avv.to Mascolo, indicate in L. 4.403.790, e le spese legali versate all’ing. V. , in quanto pagamenti oggetto di precedente impugnativa, delle quali era già stato investito il Tribunale di Salerno; aggiungevano i Condomini che nella medesima adunanza il Condominio aveva approvato il bilancio di previsione con un aumento del 10% rispetto alla precedente previsione di spesa, autorizzando l’amministratore ad applicare le tabelle correnti, salvo che per la spesa di manutenzione del depuratore che aveva suddiviso per l’85% a carico di tutti i condomini da ripartirsi secondo la tabella “A” ed il restante 15% unicamente a carico del locale “paninoteca” di proprietà degli attori, criterio che doveva ritenersi arbitrario, in quanto sprovvisto di motivazione, non creando peraltro alcun aggravio all’impianto l’attività svolta dagli attori; proseguivano che quanto ai punti 5) e 8) dell’o.d.g. – pagamento alla ditta Ediltre ed alla ditta Edilsenatore – dette voci avevano già costituito oggetto di impugnazione avanti al medesimo ufficio (con atti di citazione notificati il 1.8.1994 ed il 16.3.1995) e conseguentemente, nel riportarsi alle difese ivi esposte, chiedevano la riunione del giudizio a quelli già pendenti tra le stesse parti per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva; infine, concludevano chiedendo l’annullamento della delibera del 7.4.1995 e per l’effetto dichiarare che gli attori non erano tenuti alla contribuzione della spesa relativa alle competenze professionali dell’avv.to Mascolo, dell’ing. V. e dell’avv.to Bruno Russo De Luca, disponendo la modifica in tal senso del bilancio consuntivo; dichiarare illegittimo il criterio di ripartizione della spesa per la manutenzione dell’impianto di depurazione ed indicare, se del caso, quello corretto; accogliere le richieste di cui agli atti di citazione notificati il 1.8.1994 ed il 16.3.1995.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del Condominio, il giudice adito, accoglieva la domanda attorea per quanto di ragione e per l’effetto annullava la delibera assembleare del 7.4.1995 in ordine al rendiconto ed al preventivo approvati nei limiti specificati in motivazione. In virtù di rituale appello interposto dal Condominio, con il quale censurava la sentenza di primo grado sotto molteplici profili, la Corte di appello di Salerno, nella resistenza degli appellati, comunicato all’udienza di precisazione delle conclusioni dal difensore di questi ultimi che era stato definitivamente rimosso l’impianto fognario per cui era controversia, essendo stato creato un allaccio diretto alla fogna comunale, dichiarava cessata la materia del contendere quanto al riparto dei costi di manutenzione del depuratore, accoglieva il gravame per il resto e per l’effetto rigettava le domande proposte dai coniugi D.E. e M. con citazione del 7.6.1995.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che quanto alla spesa di L. 6.196.150 di cui alle fatture emesse dall’avv.to Bruno Russo de Luca, la n. 46/93 per L. 1.467.000 atteneva al ricorso al TAR da parte del Condominio contro il Comune di Cava de’ Tirreni avverso l’ordinanza di sospensione ad horas della immissione dei liquami condominiali nel torrente (…), la n. 15/94 per L. 1.003.500 riguardava spese generali e competenze del professionista quale amministratore, la n. 44/94 per L. 1.821.100 concerneva la copertura di spese generali e le funzioni di amministratore per il primo semestre 1994 e la n. 61/94 per L. 1.905.000 riguardava il giudizio definito avanti alla Corte di appello con sentenza n. 98/94, nel quale il Condominio aveva agito contro l’assicurazione Milano che non intendeva garantire il Condominio per il crollo di un muro condominiale, che aveva danneggiato l’autovettura dei D.E. ; la somma corrisposta all’avv.to Mascolo di L. 4.405.000 era relativa alle spese liquidate dalla sentenza predetta, nella quale era stato ribadito che non era operante la copertura assicurativa del Condominio per il danno pagato al veicolo degli attori; la somma di L. 2.850.900 atteneva al compenso dovuto all’ing. V. per l’espletato accertamento tecnico preventivo depositato nel giudizio avanti al TAR. Tanto illustrato, concludeva che si trattava di costi che attenevano alla cosa comune, di cui erano comproprietari anche gli attori, per cui gravavano anche sugli stessi.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Salerno agisce il D.E. , sulla base di otto motivi (seppure diversamente numerati), non sviluppate difese dagli intimati Condominio e M. .
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non essere stato specificato che tutti i costi condominiali esposti con riferimento al giudizio definito con la sentenza n. 98/1994 della Corte di appello di Salerno attenevano a controversia introdotta dallo stesso condomino ricorrente, tant’è che anche nel grado di appello, proposto dall’assicurazione evocata, il D.E. si è costituito come parte processuale autonoma e distinta dal Condominio intimato.
Il secondo motivo, con il quale è dedotta la violazione dell’art. 1132 c.c., pone il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se il principio di diritto ricavato dall’art. 1132 c.c. -secondo cui le spese sostenute dal Condominio in un giudizio promosso da un condomino, o nei confronti di un condomino, non possono essere ripartite “pro quota” anche tra il suddetto condomino – operi anche per le spese sostenute dal Condominio in grado di appello per resistere al gravame proposto dal terzo chiamato in causa per negare di essere tenuto a prestare la garanzia invocata da detto Condominio”.
Con il terzo motivo è denunciata contraddittoria ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare con riferimento alla somma pagata dal Condominio per l’avv. Mascolo, difensore dell’assicurazione nel giudizio indicato alle censure 1 e 2, nonostante per quanto attiene l’appellato D.E. le spese del grado fossero state compensate.
Con il quarto motivo è lamentata la violazione degli artt. 1132 c.c. e 92 c.p.c, giacché argomentando come ha fatto il giudice del gravame quanto alle spese processuali liquidate in favore dell’assicurazione, il Condominio verrebbe a ripetere nei confronti del condomino antagonista le spese dovute al terzo chiamato in garanzia nel medesimo giudizio. A conclusione della censura viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se, nel giudizio per risarcimento dei danni promosso da un condomino nei confronti del Condominio, il Condominio convenuto – qualora abbia chiamato in garanzia il proprio assicuratore e, dopo essersi visto accogliere dal primo giudice la domanda di garanzia, abbia subito l’appello dell’assicuratore, l’accoglimento del gravame da questo proposto e la condanna al pagamento delle spese del doppio grado in favore dell’appellante – possa poi ripetere le spese pagate al procuratore dell’assicuratore, pro quota, nei confronti del condomino antagonista, nonostante la compensazione giudiziale delle spese, operata dal giudice di secondo grado, tra il detto condomino e l’assicuratore”.
I motivi da uno a quattro del ricorso sono da trattare congiuntamente, in quanto tutti attengono alle spese processuali, pretese dal Condominio per onorari corrisposti a due difensori, in riferimento al medesimo giudizio introdotto dal ricorrente e conclusosi avanti alla Corte di appello di Salerno. Essi sono fondati.
Secondo risalente orientamento di questa Corte, cui il Collegio ritiene di dare continuità, nella specie di lite tra Condominio e condomino non trova applicazione, nemmeno in via analogica, la disposizione dell’art. 1132 c.c., che disciplina la materia delle spese processuali del condomino che abbia ritualmente dissentito dalla deliberazione di promuovere una lite o di resistere ad una domanda rispetto ad un terzo estraneo e neppure l’art. 1101 c.c., richiamato dall’art. 1139 c.c. (così Cass. 25 marzo 1970 n. 801). Prosegue la pronuncia nel ritenere che “nell’ipotesi di controversia tra condomini, l’unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al Condominio in contrasto tra loro, con la conseguenza che il giudice, nel dirimere la controversia provvedere anche definitivamente sulle spese del giudizio, determinando, secondo i principi di diritto processuale, quale delle due parti in contrasto debba sopportare, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, sia stato rappresentato dall’amministratore”.
In altri termini, la ripartizione delle spese legali, affrontate per una causa che si è persa, o per la quale il giudice ha deciso di compensare le spese affrontate, ha criteri propri rispetto al motivo della causa stessa.
Ne consegue che non avendo fatto la sentenza impugnata applicazione di detto principio, non invalidando la delibera assembleare che ha posto a carico del condomino D.E. le spese processuali dal Condominio sopportate per il compenso del proprio difensore nel giudizio introdotto dal primo, la relativa statuizione va cassata.
Eguali considerazioni valgono per quanto attiene alle spese di lite che il CONDOMINIO ha rifuso all’assicurazione, dal medesimo chiamata in garanzia (nel predetto giudizio), che per espressa previsione di cui alla sentenza invocata, sono state compensate fra il condomino D.E. e l’assicurazione.
Con il quinto motivo viene denunciata omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare per avere il giudice del gravame addossato al condomino le spese dell’A.T.P. nonostante la stessa fosse stata espletata con riferimento a giudizio risarcitorio introdotto dal Condominio nei confronti del ricorrente, mentre l’utilizzazione postuma di detto atto avanti al TAR non aveva comportato alcuna spesa aggiuntiva per il Condominio.
Il sesto motivo – con cui è dedotta la violazione degli artt. 1132 c.c., 91, 92 e 696 c.p.c., con riferimento all’esborso enunciato nel quinto mezzo – pone il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se il principio di diritto ricavato dall’art. 1132 c.c. – secondo cui le spese sostenute dal Condominio in un giudizio contro condomino non possono essere ripartite pro quota anche tra il suddetto condomino – operi anche per le spese di accertamento tecnico preventivo sostenute dal Condominio in funzione di un eventuale successivo giudizio contro detto condomino”.
Anche detti motivi – che per la evidente connessione che li astringe vanno esaminati congiuntamente – sono meritevoli di accoglimento.
Premesso che va riaffermato il principio secondo il quale tra le spese che devono esser regolate in seguito alla definizione del processo sono ricomprese quelle che la parte abbia sostenuto anteriormente all’inizio del medesimo e ad esso collegate da un nesso di pertinenza e rilevanza, tra cui quelle, di ufficio e di parte, sostenute nella fase di accertamento tecnico preventivo, acquisito al processo di merito (cfr Cass. n. 1690 del 2000), emerge che anche con riferimento a detto esborso – incontestato che sia stato sostenuto con riferimento a giudizio in cui il condomino era controparte – trova applicazione il criterio di ripartizione sopra riportato con riguardo alla soccombenza, con la conseguenza che è da ritenere erronea la statuizione che ne confermato la regolazione prevedendo una quota anche in capo al D.E. .
I motivi sette ed otto – con cui viene denunciata l’omessa e contraddittoria motivazione (n. 7), nonché la violazione dell’art. 100 c.p.c. (8) quanto alla erronea dichiarazione di cessazione della materia del contendere – pongono a conclusione il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se il principio l’eliminazione dell’impianto di un servizio condominiale alcuni mesi prima dell’11.10.2007 sia idonea a far cessare la materia del contendere, all’impugnazione dei criteri di ripartizione di costo di quel servizio deliberati il 7.4.1995 ed applicati fino al momento della dismissione dell’impianto”.
È insegnamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongono conclusioni conformi in tal senso al giudice (Cass. SS.UU. n. 13969 del 2004), potendo al più residuare un contrasto solo sulla spesa di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. n. 14775 del 2004).
Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto che si assuma suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere sia allegato da una sola parte e l’altra non aderisca a tale prospettiva, il suo apprezzamento, ove naturalmente esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, bensì ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dall’attore, in una valutazione alla luce del criterio cui l’ordinamento ancora la possibilità di adire la tutela giurisdizionale, cioè alla stregua dell’interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto di accoglimento della domanda) o di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa (salva la valutazione sulle spese giudiziali, che deve tenere conto della circostanza che l’attore è stato costretto al giudizio dal disconoscimento del suo diritto da parte del convenuto, venuto meno solo durante il suo svolgimento e, dunque, della sostanziale esistenza di una soccombenza del convenuto quantomeno in ordine al profilo inerente l’accertamento della sussistenza della situazione giuridica fatta valere, che la pronuncia del giudice, in quanto attestante un difetto di interesse ad agire soltanto sopravvenuto, sostanzialmente riconosce). Ove, invece, si sia sostanziato nel riconoscimento da parte dell’attore della infondatezza del diritto da lui azionato, in una pronuncia da parte del giudice sul merito dell’azione nel senso della declaratoria della sua infondatezza, con il relativo potere di statuizione sulle spese secondo le normali regole.
Ora, nella specie, la circostanza dell’intervenuta rimozione dell’impianto di depurazione nel corso dell’anno 2007, ritenuta significativa per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, allegata dalla medesima parte ricorrente, deve ritenersi del tutto erronea, non essendo le parti d’accordo nel dare al fatto del rilascio il significato predetto. Tale circostanza -incontestata fra le parti sia nella sua oggettività sia nelle sue modalità, cioè nel tempo dell’allaccio diretto alla fogna comunale, fatto questo allegato espressamente e rimasto del tutto incontestato dall’appellato Condominio – avrebbe semmai dovuto essere considerata, in sede di decisione sul merito, per il caso di ritenuta infondatezza della domanda di annullamento della delibera assembleare quanto ai criteri di ripartizione delle spese di manutenzione del depuratore, quale circostanza satisfattiva della pretesa attorea per effetto della cessazione del servizio che tali spese comportava, sì da doversi escludere la persistenza dell’interesse ad agire relativamente all’annullamento di detto punto della delibera, ma avrebbe dovuto indurre la Corte di appello comunque ad accertare il quando ed il come delle spese di manutenzione del servizio fino alla sua cessazione.
Conclusivamente in accoglimento del ricorso per quanto di ragione nei termini sopra precisati, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, che si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati e regolerà anche le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso;
cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Napoli.
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