Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 18 aprile 2014, n. 17350
Fatto e diritto
-1- G.R. , già condannato dal tribunale di Rossano in data 2.2.2007 alla pena Euro seicento di multa per i delitti, in continuazione, di ingiuria aggravata e di minaccia, in tal modo qualificata l’originaria imputazione di tentativo di estorsione, ricorre, tramite difensore, avvero la sentenza della corte di appello di Catanzaro in data 29.4/13.5.2013 che , in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in ordine a tutti i reati configurati perché estinti per prescrizione, confermando la sentenza correlata alle statuizioni civili.
-2- In breve i fatti come pacificamente ricostruiti dai giudici di merito. Nel contesto di una situazione che rappresentava l’imputato convenuto in una procedura esecutiva promossa da tale M.B. , difeso dai fratelli, avvocati Z.G. ed E. e, ancora , nel contesto di un rapporto professionale tra l’avv. Z.G. e l’imputato, nel cui interesse il primo aveva redatto, nell’attualità della prima situazione, un atto di querela nell’interesse del secondo, il G. indirizzava una lettera all’avv. Z.G. caratterizzata ,come rilevano i giudici di merito, dalle seguenti espressioni riferite al destinatario della missiva: di essere “raro esempio di deontologia professionale”, di “aver pensato solo ai soldi”, di aver rifiutato “l’assegno e pretendendo contanti”, di “aver agito per me e contro di me”, minacciando poi entrambi i fratelli infine di “rivolgersi alla Guardia di Finanza ed all’Ordine forense oltre che alla stampa”. Ebbene tali contenuti avrebbero leso l’onorabilità e la dignità del primo professionista per tradursi le espressioni sopra menzionate in una critica incontinente, ed avrebbero leso la tranquilittà dei due avvocati per non rinvenirsi alcuna giustificazione alle minacce nella lettera contenute.
-3- Tre le ragioni di doglianza promosse dal difensore del ricorrente che richiama vizi di motivazione e violazione di legge sostanziale e processuale – gli artt. 594, 612 c.p., 538 codice di rito:
a) contraddittoria la motivazione nella parte in cui i giudici riconoscono che la missiva integrerebbe un maldestro ed ingiustificato sfogo dell’imputato, peraltro contenuto nei limiti della continenza, tanto da non ravvisarsi, per i limiti connaturati alla critica, offesa alcuna al bene giuridico tutelato;
b) insussistenza dell’ingiustizia del danno nel minacciare di rivolgersi al Consiglio dell’ordine, alla Guardia di Finanza e alla stampa, al fine legittimo di verificare la correttezza della condotta dei professionisti;
c) carenza assoluta di motivazione in ordine alla liquidazione del danno morale patrimoniale e morale per la non indicazione dei criteri di ragione utilizzati e per l’omessa indicazione degli elementi indispensabili per la quantificazione;
Il ricorrente chiede ai sensi dell’art. 612 c.p.p. la sospensione della esecuzione della condanna civile con riferimento al danno determinato in cinquemila Euro e alla rifusione delle spese processuali quantificate in Euro 2000,00.
-4- Il ricorso non è fondato per debordare la critica verso l’attività dei professionisti dai limiti di esercizio del diritto di manifestazione del pensiero.
Preliminarmente occorre analizzare e definire la correttezza della premessa maggiore costituiva della prima tappa del sillogismo giudiziale correlato al delitto di ingiuria come contestato. La giurisprudenza attraverso i limiti dell’interesse sociale, della verità dei fatti narrati o posti a base delle proprie opinioni, della continenza,della correttezza del linguaggio ha individuato le manifestazioni di pensiero che, oltrepassando quei limiti, si pongono in distonia con l’esigenza costituzionale, calandosi a pieno nelle previsioni incriminatrici a tutela degli interessi penalmente tutelati, nel caso di specie dell’onorabilità della persona, l’avv. Z.G. . Detto altrimenti, e con maggiore attenzione alla esigenza della tassatività: ogni qual volta la manifestazione di pensiero viene ad incidere sulla dimensione esponenziale od esposizionale che dir si voglia della persona umana, nei limiti, si intende, logici, spaziali e temporali delimitativi dell’attività esponenziale, è possibile la verifica cronicistica o critica dell’operato del soggetto allorché questi si pone a contatto con l’ambito operativo di altri soggetti. Le limitazioni cioè all’esercizio del diritto di critica derivano dall’esterno allorché la norma costituzionale viene messa in contatto con altre realtà normative rivendicanti opposte esigenze. Per il caso di specie viene in gioco la tutela dell’onorabilità e della dignità delle persone imposta dall’art. 3 Cost.. Il criterio della dimensione esponenziale deve essere precisato mediante l’individuazione dei limiti della verità del fatto narrato e della motivazione del fatto criticato. Il primo è una naturale componente concettuale della stessa nozione di cronaca, il secondo costituisce il necessario supporto della critica legittima, la quale, qualunque sia l’iter logico lungo la quale si svolge, consente all’esterno la verifica circa la sua congruenza e la responsabile condivisione o il responsabile dissenso.
-5- Tutto ciò posto, in un tentativo di chiarificazione degli approdi giurisprudenziale sul tema, è indubbio che l’attività oggetto di critica è una attività che ha esposto gioco forza le persone offesa in una dimensione pubblica e sociale, legittimando quindi la cronaca e la critica. Ora il giudizio complessivamente negativo in merito alla condotta professionale dell’avv. Z.G. , condensato nella valutazione ironica di essere un “raro esempio di deontologia professionale”, di “pensare solo ai soldi”, di aver agito “per me e contro di me”, senza supportare tali giudizi da una motivazione congrua, in modo da dare qualche giustificazione alla manifestazione di pensiero che non sia meramente e assertivamente denigratoria, sembra proprio debordare dai limiti di una critica che si mantenga nei limiti imposti da un giudizio critico corredato da congrua motivazione. Con riferimento poi al delitto di minaccia, costituisce, per l’appunto, minaccia la manifestata intenzione di rivolgersi alla giustizia, posti i presupposti sopra evidenziati, attraverso il coinvolgimento, sulle questioni giudiziarie tra le parti, della Guardia di Finanza, del consiglio dell’ordine degli avvocati e della stampa, nella misura in cui la minaccia tende a prospettare subdolamente e assertivamente un patrimonio morale negativo inerente alla Persona.
-6- La quantificazione del danno morale rientra poi nelle valutazioni di merito del giudice del fatto e si sottrae, poste le circostanze di fatto come sopra evidenziate, ed in mancanza della esposizione di criteri di ragione congrui, a verifiche sul piano della legittimità.
-7- Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché, alle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione a favore delle parti civili Z.G. e Z.E.F. delle spese in questo grado di giudizio liquidate in complessive Euro 4.800,00 (con la maggiorazione di legge) oltre IVA,CAP e spese forfettarie.
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