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La massima

In tema di legato modale, l’adempimento dell’onere non si configura come condizione sospensiva dell’efficacia della disposizione testamentaria del “de cuius” in favore dell’onerato. L’impossibilità dell’onere, che, ai sensi dell’art. 647 cod. civ., rende nullo il legato al quale sia apposto un onere, ove l’onere stesso ne abbia costituito l’unico motivo determinante, è soltanto l’impossibilità originaria, ossia già esistente al momento dell’apertura della successione e non quella sopravvenuta.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 16 maggio 2013, n.11906

 

Svolgimento del processo

Con citazione del 12/9/1995 G.M. conveniva in giudizio D.G. , vedova di D.L.E. e M.M. , quale esecutore testamentario, per sentire dichiarare aperta la successione testamentaria del defunto D.L.E. e perché fosse devoluta a favore della stessa attrice la quota disponibile in conformità a quanto disposto dal de cuius con testamento olografo.
L’attrice esponeva:
– che il D.L.E. le aveva devoluto con testamento l’intera quota disponibile e, con una seconda scheda testamentaria, le aveva imposto l’onere di assistere e curare vita natural durante lui e sua moglie G..D. ;
– che il M. era stato nominato esecutore testamentario con il compito di controllare l’esecuzione dell’onere imposto;
– che due mesi dopo la pubblicazione del testamento la vedova, senza alcuna giustificazione, le aveva comunicato di non volere più usufruire della sua assistenza rendendo impossibile l’adempimento dell’onere nonostante che l’esecutore testamentario avesse diffidato la vedova a non persistere nel rifiuto di ricevere l’assistenza;
– che pertanto la condizione imposta doveva essere dichiarata nulla o doveva essere annullata per genericità e impossibilità di essere adempiuta. La convenuta chiedeva il rigetto della domanda per il mancato avveramento della condizione sospensiva della disposizione testamentaria.
L’esecutore testamentario restava contumace. Con sentenza del 18/5/1999 il Tribunale di Roma rigettava le domande dell’attrice la quale proponeva appello.
La Corte di Appello di Roma con sentenza dell’11/4/2006 rigettava l’appello osservando:
– che la clausola testamentaria che prevedeva l’assistenza vita natural durante al testatore e a sua moglie doveva essere qualificata come onere a carico dell’erede e non come condizione perché non era prevista una sospensione dell’efficacia della disposizione, ma una immediata attribuzione patrimoniale con obbligo di facere;
– che l’onere costituiva il motivo unico e determinante della disposizione testamentaria;
– che ai sensi dell’art. 647 c.c. l’impossibilità dell’onere rende nulla la disposizione testamentaria se l’onere ne ha costituito il solo motivo determinante;
– che l’art. 647 c.c. non distingue tra impossibilità sopravvenuta e impossibilità originaria e non attribuisce rilievo al fatto (compreso il rifiuto della vedova) che ha reso impossibile l’adempimento dell’onerato, perché lo scopo della norma è quello di garantire il rispetto della volontà del testatore.
G.M. propone ricorso affidato a tre motivi e deposita memoria.
Resiste con controricorso D.G. e deposita memoria nella quale si sviluppano censure sull’inammissibilità del ricorso per omessa indicazione dei motivi di cassazione, irrituale formulazione dei quesiti di diritto e violazione del principio di autosufficienza.
L’esecutore testamentario è risultato deceduto.

Motivi della decisione

Preliminarmente si osserva che le censure di inammissibilità del ricorso per omessa indicazione dei motivi di cassazione, irrituale formulazione dei quesiti di diritto e violazione del principio di autosufficienza sono infondate quanto al primo motivo risultando, dalla mera lettura dei motivi e dei quesiti la completezza e pertinenza delle censure e del relativo quesito di diritto; gli altri due motivi, come si dirà, restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione delle norme in tema di inadempimento dell’obbligazione (artt. 1256 – 1173 c.c.) e del modus testamentario in particolare e la mancata individuazione degli elementi costitutivi della domanda proposta, nonché l’omessa motivazione.

La ricorrente sostiene che la Corte di merito ha ritenuto che la disposizione testamentaria determinasse l’immediata attribuzione patrimoniale e non ha considerato che, rispetto a tale attribuzione, nessuna domanda di risoluzione era stata formulata dalla convenuta che si era limitata a controdedurre un inadempimento; la ricorrente sostiene inoltre che la Corte territoriale ha negato l’applicazione dei principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni senza alcuna valutazione sull’inadempimento e omettendo ogni valutazione sulla pur dedotta natura obbligazionaria dell’onere; avrebbe infine errato, la Corte territoriale, nel ritenere applicabile l’art. 647 c.c. in quanto secondo la dottrina e la giurisprudenza è possibile estendere al modus i principi che regolano la risoluzione del contratto.

La ricorrente, formulando il quesito di diritto, chiede se, in presenza di un legato condizionato, la valutazione sull’efficacia della disposizione testamentaria in presenza di inadempimento del modus debba tenere conto delle norme che disciplinato la mancata esecuzione delle obbligazioni e, in particolare, il principio per cui l’obbligazione si estingue quando per causa non imputabile al debitore la prestazione diventa impossibile.

1.1 Il primo motivo, con riferimento dell’art. 647 comma 3 c.c. e alla violazione delle norme in materia di inadempimento delle obbligazioni risulta fondato per le seguenti ragioni.

In materia di risoluzione della disposizione testamentaria per inadempimento del ‘modus’ trovano applicazione le norme che disciplinano il rimedio previsto, in via generale, dagli articoli 1453 e seguenti c.c. per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali (Cass. 9/6/1997 n. 5124; vedi in motivazione anche Cass. 18/3/1999 n. 2487); consegue da tale rilievo anche l’applicazione della regola generale secondo la quale incombe sul debitore la prova liberatoria della non imputabilità dell’inadempimento (Cass. 27/6/1974 n. 1921).

La Corte territoriale ha invece disapplicato le norme sull’inadempimento delle obbligazioni per ragioni che non trovano fondamento alcuno in diritto, ossia rilevando che il terzo comma dell’art. 647 c.c., secondo il quale l’impossibilità di adempimento dell’onere, quando questo è stato il motivo determinante la disposizione testamentaria, rende nulla la disposizione, si possa applicare anche nelle ipotesi in cui la (ritenuta) impossibilità non sia originaria, ma, come nella fattispecie, sopravvenuta.

La ragione per la quale la Corte ha ritenuto di applicare la richiamata norma, ossia l’assenza, nella norma, di una distinzione tra impossibilità originaria e impossibilità sopravvenuta non è conforme ai principi di diritto in quanto nel nostro ordinamento la ‘nullità’, prevista come conseguenza dell’impossibilità dell’onere tanto dall’art. 794 c.c. quanto dall’art. 647 c.c., attiene esclusivamente al momento genetico e mai a quello funzionale, del negozio, sicché non è concepibile che un accordo o una disposizione divengano nulli in forza di un evento successivo al loro perfezionamento; questi principi sono stati applicati da questa Corte sia con riferimento all’art. 794 c.c. (cfr. Cass. 17/4/1993 n. 4560) sia con riferimento all’art. 647 c.c. e all’onere apposto al legato (cfr. Cass. 15/10/1954 n. 3741 con l’affermazione che per la sussistenza dei requisiti di validità del negozio giuridico, in genere, e del negozio testamentario in particolare occorre, di regola, avere riguardo al tempo in cui il negozio stesso si costituisce).

Il legato modale, come riconosciuto dalla Corte di Appello (che non ne ha tratto le necessarie conseguenze), aveva determinato l’immediata attribuzione patrimoniale sin dall’apertura della successione, come del resto previsto dall’art. 649 c.c. (con ciò differenziandosi dal legato condizionato per effetto del quale gli effetti bensì retroagiscono al momento dell’apertura della successione, ma solo se la condizione si verifica).

Pertanto la disposizione testamentaria si era perfezionata ed era divenuta efficace sin dall’apertura della successione così che non poteva configurarsi una nullità per fatti genetici con la conseguenza che restava esclusa la possibilità di applicare l’art. 647 comma 3 c.c., mentre la successiva impossibilità dell’adempimento dell’onere doveva trovare la sua disciplina nei principi generali della risoluzione o dell’estinzione dell’obbligazione (ivi compresa l’eventuale liberazione del debitore della prestazione a seguito di costituzione in mora) come dedotto dalla ricorrente nel primo motivo.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione delle norme in tema di negozio condizionato e in particolare in tema di condizione apposta alla clausola contrattuale e al suo avveramento, da ritenersi applicabili al legato condizionato e conseguente errata motivazione. La ricorrente formulando il quesito, chiede se l’onere apposto al legato debba essere interpretato come condizione in senso proprio e se conseguentemente sia applicabile l’art. 1359 c.c. in tema di avveramento della condizione e se la sua applicazione sia preliminare e assorbente rispetto alla previsione dell’art. 647 comma 3 c.c. in tema di motivo determinante dell’onere.

2.1 Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo che priva di interesse la problematica dedotta nel motivo, posto che la questione deve essere risolta prescindendo dai principi (art. 1359 c.c.) sull’avveramento della condizione.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di intervento dell’esecutore testamentario rispetto all’adempimento del modus apposto al legato e l’omessa motivazione.

La ricorrente sostiene che l’invito rivolto all’erede testamentaria ad astenersi dal persistente rifiuto di consentire l’adempimento dell’onere doveva ritenersi interpretazione autentica della volontà del testatore, da valutarsi quale prova dell’impossibilità di adempiere per causa non imputabile all’onerata.

La ricorrente, formulando il quesito chiede se l’intimazione dell’esecutore testamentario a consentire l’esecuzione dell’onere in caso di rifiuto dell’erede di ricevere l’adempimento, abbia valore di accertamento di inadempimento incolpevole dell’onerato, considerando l’ufficio e i poteri dell’esecutore testamentario.

3.1 Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

Infatti, risultando inapplicabile alla fattispecie la regola iuris di cui all’art. 647 comma 3 c.c., ed essendo invece applicabili le regole generali in materia di imputabilità dell’inadempimento e di liberazione dell’onerato per rifiuto di ricevere la prestazione, tutti gli accertamenti di merito sono devoluti al giudice del rinvio al quale compete anche la valutazione degli elementi probatori.

4. In conclusione, deve accogliersi il primo motivo di ricorso, restando assorbiti gli altri motivi.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma che si atterrà ai seguenti principi di diritto:

in tema di legato modale l’adempimento dell’onere non si configura come condizione sospensiva dell’efficacia della disposizione testamentaria del ‘de cuius’ in favore dell’onerato;

l’impossibilità dell’onere, che, ai sensi dell’art. 647 cod. civ., rende nullo il legato al quale sia apposto un onere, ove l’onere stesso ne abbia costituito l’unico motivo determinante, è soltanto l’impossibilità originaria, ossia già esistente al momento dell’apertura della successione e non quella sopravvenuta.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

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