Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 15 settembre 2014, n. 19406
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29186-2008 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale in atti e memoria difensiva
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 377/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 19/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per la ricorrente, che si riporta agli atti e alle conclusioni assunte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che conclude per l’accoglimento del ricorso.
Deduceva che il legale non aveva effettuato tutte le prestazione indicate nel ricorso e che la somma pretesa a titolo di compenso era eccessiva. Secondo la lettera d’incarico il professionista doveva predisporre una convenzione urbanistica integrativa, finalizzata alla stipula della convenzione urbanistica con il Comune di (OMISSIS) per l’ultimazione della lottizzazione Cala (OMISSIS).
2. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 326/05, accoglieva l’opposizione. Stabiliva che il compenso richiesto non doveva essere calcolato su un valore di tre miliardi, ma sull’effettivo valore dell’oggetto della convenzione. La convenzione integrativa aveva come oggetto della prestazione solo “la proroga dei tempi di attuazione delle opere di urbanizzazione, delle relative garanzie fideiussorie e delle cessioni sugli standards su richiesta dell’amministrazione comunale, e delle opere di urbanizzazione secondaria, con valore delle opere residue pari a lire 342.761.000”. Di qui la liquidazione della somma di euro 7.398,25.
3. Avverso tale decisione proponeva appello l’Avv. (OMISSIS), rilevando che il corrispettivo della prestazione doveva essere commisurato al valore complessivo delle opere e cioe’ a 3.000.000.000 (tre miliardi) di lire come risultava dal lettera di conferimento dell’incarico datata 2 agosto 1994.
4. La Corte d’Appello di Cagliari accoglieva l’impugnazione, rigettando l’opposizione. Osservava la Corte che il compenso doveva essere liquidato in base alle tariffe inderogabili e sulla base del valore convenzionale dell’affare, che risultava chiaramente indicato nella lettera di incarico del 2 agosto 1994, accettata dal professionista. Le valutazioni operate dal giudice di primo grado per individuare il valore “reale” dell’affare risultavano irrilevanti a fronte della determinazione del valore convenzionalmente operata dalle parti.
5. Avverso detta sentenza propone impugnazione la societa’ (OMISSIS) con tre motivi. Resiste con controricorso l’intimato, che ha depositato memoria.
1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce: “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 in relazione all’articolo 115 c.p.c., articolo 2697 c.c. e articolo 24 Cost., nonche’ in relazione all’articolo 2233 c.c. e articolo 115 c.p.c.”.
La Corte di Appello di Cagliari non aveva condiviso l’individuazione dell’oggetto, cosi’ come ricostruito attraverso l’istruttoria svolta davanti del Tribunale; non aveva ritenuto di svolgere istruttoria, reputando sufficiente e necessaria la sola prospettazione della “lettera d’incarico del 2 agosto 1994” (valore convenzionale dell’affare).
Osserva la ricorrente che “nella lettera d’incarico, il valore di 3 miliardi di lire e’ menzionato unicamente nell’oggetto della stessa lettera, solo per identificare la lottizzazione: la lettera prosegue con estrema chiarezza, indicando in dettaglio il lavoro … nell’ambito della ultimazione della Lottizzazione Cala (OMISSIS)”.
Osserva ancora che “la ultimazione della Lottizzazione consistette … nella Redazione contratto convenzione urbanistica integrativa…”, cosi’ come da “Relazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS), portata a termine due mesi prima, nella quale veniva specificato dallo stesso Comune quali fossero le richieste e le incombente ulteriori relativamente al residuo stato di consistenza della Lottizzazione”.
Il vero nodo della questione era rappresentato dall’individuazione dell’oggetto della prestazione, e, al riguardo, la (OMISSIS) S.r.l. “aveva provveduto a fornire ogni elemento probatorio utile ai sensi dell’articolo 2697 c.c., allegando documenti sufficienti e rilevanti per la prova della riduzione della prestazione espletata dall’Avv. (OMISSIS)” (relazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS) e Convenzione integrativa).
Secondo parte ricorrente, la Corte d’Appello, “violando l’articolo 115 c.p.c., unitamente all’articolo 2697 c.c., ha completamente omesso di motivare il perche’ ha ritenuto di non utilizzare ne’ l’istruttoria di primo grado, ne’ i documenti allegati, ne’ di procedere ad ulteriore istruttoria, … pronunciandosi, pertanto, in totale contrasto con le prove acquisite, male applicando l’articolo 115 ed omettendo di statuire sulla contestazione principale, cioe’ il reale oggetto della prestazione”.
Ancora secondo parte ricorrente, il vizio di motivazione deve essere individuato nell’assenza di un iter logico e in una serie di carenze, incongruenze ed incoerenze logiche.
Viene formulato il seguente quesito: “Puo’ il Giudice di secondo grado, nel fondamentale suo ruolo di eventuale ultimo giudice del merito, allorquando non espliciti affatto la propria motivazione ovvero utilizzi in essa argomentazioni carenti, superficiali ed incongruenti, disattenderne tutti gli elementi proba tori di una delle parti, senza cosi’ incorrere in vizio di motivazione e ledendo gravemente i potenziali diritti di difesa della parte stessa”.
1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1346 e 1349 c.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3.”.
La Corte d’Appello di Cagliari ha anche errato nella delimitazione dell’oggetto della prestazione, omettendo completamente l’analisi sull’oggetto della prestazione, senza tener conto della cronologia dei fatti ed in particolare della relazione del Capo dell’Ufficio tecnico del Comune (3 maggio 1994), la quale quantificava il residuo delle opere da realizzare pari a lire 174.101.000.
Pertanto, secondo parte ricorrente, “alla data della lettera d’incarico, il cui oggetto era la convenzione integrativa, la sorte sulla quale si sarebbero basati i compensi del professionista era rappresentata da quest’ultima cifra e non, dalla lettera d’incarico del 2 agosto 1994”, sia perche’ successiva alla relazione comunale e sia perche’ “in palese contrasto con il reale stato di avanzamento delle opere. … Si trattava di redigere la convenzione integrativa col Comune, integrativa perche’ il piu’ del lavoro era gia’ stato svolto”. In piu’, dall’articolo 5 della convenzione integrativa, risultava che il complessivo valore era pari a lire 342.761.000.
Conclusivamente, la ricorrente chiede che si dia risposta negativa al seguente quesito di diritto: “In forza degli articoli 1346 e 1349 del codice civile, nell’ambito della necessaria ricostruzione dell’oggetto della prestazione professionale ai fini della determinazione del relativo compenso stragiudiziale, puo’ il Giudice non tener in alcun conto le prove scritte documentali e non svolgere istruttoria, basandosi unicamente sul proprio convincimento discrezionale?”.
1.3. Col terzo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 n. 5 della Tariffa Stragiudiziale Forense, Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
L’errore della Corte d’Appello e’ anche consistito nell’aver violato l’articolo 5 della Tariffa Stragiudiziale Forense, posto che “l’interesse sostanziale del cliente”, di cui all’articolo 5, e’ agevolmente riscontrabile, nell’ottenimento della convenzione integrativa per l’ultimazione della Lottizzazione Cala (OMISSIS).
Viene formulato il seguente quesito: “A norma dell’articolo 5, n. 5, tariffa stragiudiziale, ai fimi dell’individuazione dello scaglione tariffario per le prestazioni relative a pratiche amministrative, deve il valore essere ricercato anche tenendo conto dell’interesse sostanziale del cliente e non solo il presunto valore della controversia che potrebbe, al contrario, ledere il diritto di difesa ex articolo 24 Cost.?”.
2. Il ricorso e’ fondato e va accolto per quanto di seguito si chiarisce.
2.1 I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente perche’ strettamente tra loro connessi, avendo riguardo, nella sostanza, alla valutazione, ed alla relativa motivazione, data dalla Corte territoriale all’individuazione dell’oggetto della prestazione professionale stragiudiziale richiesta al professionista.
Al riguardo, la Corte territoriale, a fronte dell’ampio materiale probatorio acquisito e delle risultanze del giudizio di primo grado, si e’ limitata ad affermare che “contrariamente a quanto affermato nella motivazione in esame, nella lettera di incarico e indicato espressamente il valore dell’affare in tre miliardi di lire: per cui, in applicazione del disposto dell’articolo 2233 c.c., al professionista e dovuto un compenso in base alle tariffe professionali inderogabili, ma comunque sempre sulla base del valore convenzionale dell’affare”, ulteriormente rilevando che “In tale situazione e’ evidente che il Giudice non potesse disattendere la richiesta dell’odierno appellante se non sulla base di un accertamento della violazione dei limiti massimi fissati nella previsione normativa ovvero ritenendo, sulla base di una motivata argomentazione, che il compenso richiesto dovesse essere determinato in misura minore di quanto richiesto, naturalmente sempre nell’ambito della differenza tra il minimo ed il massimo previsti per legge per lo scaglione di valore”.
In definitiva, la Corte territoriale non ha in alcun modo affrontato la questione posta circa la determinazione del valore dell’oggetto dell’incarico, essendosi limitata a considerare che la sola indicazione dell’importo di tre miliardi contenuta nell’oggetto della lettera d’incarico riguardasse il valore convenzionale attribuito all’oggetto del contratto, prescindendo da ogni ulteriore valutazione in ordine alla situazione nella quale si trovava la lottizzazione e al relativo iter, cosi’ da poter meglio definire quale fosse l’effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l’incarico rispetto al risultato dello stesso. Ne’ alcuna motivazione la Corte territoriale fornisce sul perche’ il valore dell’incarico si dovesse ricavare dal solo richiamo effettuato nell’oggetto a tale importo, piuttosto che considerare che tale importo potesse servire alla maggiore specificazione (ed individuazione) della lottizzazione.
3. In conclusione, il ricorso va accolto per le carenze motivazionali indicate. La sentenza impugnata va cassata e rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari, che rivalutera’ la questione posta in relazione alla individuazione del valore dell’oggetto dell’incarico conferito in relazione alla specificita’ dello stesso e, all’esito, pronuncera’ anche sulle spese del giudizio.
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