La massima

L’autorità del giudicato sostanziale opera solo entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone appunto che tra il primo giudizio e quello successivo vi sia identità di soggetti, di causa petendi e di petitum.

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 15 novembre 2012, n. 20003

 Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20-4-1994 D.M. , Ar..D’. e M.G. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la s.r.l. OMISSIS (all’epoca in concordato preventivo) chiedendo accertarsi l’avvenuto trasferimento in loro favore della proprietà di una palazzina ad uso abitativo in (omissis) , nonché dell’annesso terreno; in subordine gli attori chiedevano l’emissione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.; in entrambe le ipotesi mettevano a disposizione il prezzo pattuito di lire 659.000.000; chiedevano inoltre la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.

Gli attori a fondamento della loro pretesa assumevano che, quali dipendenti ed ex dipendenti nonché conduttori della suddetta palazzina, ne avevano proposto l’acquisto, unitamente al terreno confinante, al Commissario Giudiziale della OMISSIS in amministrazione controllata con comunicazione del 2-12-1992; aggiungevano che, determinato il valore dell’immobile dal consulente nominato dal Giudice Delegato, ne era stata autorizzata la vendita, previo parere del Commissario Stragiudiziale, con provvedimento dello stesso Giudice Delegato del 19-4-1993; tale volontà era stata comunicata agli esponenti, con contestuale diffida alla stipula, a mezzo lettera raccomandata del 24-9-1993, ma, nonostante le successive diffide e fa convocazione per la stipula dinanzi al notaio Caravaglios di Napoli per il 19-10-1993, la OMISSIS era rimasta inerte.

Costituendosi in giudizio la convenuta contestava ogni pretesa attrice rilevando che non era stato compiuto nessun atto volitivo con efficacia esterna, ed osservando che la OMISSIS, precedentemente in amministrazione controllata, si trovava in concordato preventivo, e che conseguentemente gli atti posti in essere nella precedente fase dovevano ritenersi inefficaci in relazione al mutato “status” della società.

Il Tribunale adito con sentenza del 17-1-2003 in accoglimento della domanda attrice dichiarava trasferita per il prezzo di euro 349.345,09 la piena proprietà “pro indiviso” della palazzina predetta in favore del D. , del D’. e della M. subordinatamente al pagamento del prezzo suddetto, da effettuarsi nel termine di giorni 30 dal passaggio in giudicato della sentenza stessa.

Proposta impugnazione da parte della OMISSIS resistevano in giudizio il D. ed il D’. ; interrotto il processo a seguito della dichiarazione del difensore di parte appellata dell’avvenuto decesso di G..M. in data 7-7-1997, la società appellante riassumeva il processo stesso con atto notificato, oltre che al D. ed al D’. , anche agli eredi della M.G.C. , Gi..Ca. e M..C. ; questi ultimi restavano contumaci.

La Corte di Appello di Napoli con sentenza del 26-5-2008 ha rigettato il gravame, avendo ritenuto fondata l’eccezione di giudicato esterno sollevata dagli appellati relativamente ad una sentenza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato una domanda proposta dalla società OMISSIS nei confronti del D. con la quale si chiedeva che, accertata la provenienza da parte di quest’ultimo della lettera del 24-9-1993 sopra richiamata e la mancanza dei poteri del convenuto per dichiarare la volontà interna della società predetta, fosse dichiarata la illegittimità e/o la illiceità del suo comportamento e, per l’effetto, il D. fosse condannato al risarcimento dei danni subiti dall’attrice da quantificarsi in separate sede.

Per la cassazione di tale sentenza la s.r.l. OMISSIS ha proposto un ricorso articolato in quattordici motivi cui il D. ed il D’. hanno resistito con controricorso; C.G. , Ca.Gi. e M..C. non hanno svolto attività difensiva in questa sede; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 300 c.p.c. e 2932 c.c., premesso che G.M. era deceduta in data 7-7-1997 nel corso del giudizio di primo grado, assume che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto tale evento irrilevante ai fini della validità della sentenza costitutiva emessa successivamente al decesso, non essendo stata data notizia della morte della Marchese nell’ambito del procedimento; infatti la pronuncia ex art. 2932 c.c. con efficacia “ex nunc” deve intervenire tra le parti direttamente destinatane degli effetti del negozio ovvero dell’atto che ne tiene luogo; pertanto gli eredi della “de cuius” avrebbero dovuto intervenire nel processo e dichiarare, comprovandola, la loro qualità di eredi ed il conseguente diritto a succedere anche nel diritto controverso.

La censura è infondata.

Correttamente la Corte territoriale ha affermato che, qualora la morte colpisca la parte costituita a mezzo di procuratore nel corso de giudizio di merito, prima della chiusura della discussione, essa, per produrre effetti nell’ambito processuale, deve essere dichiarata in udienza o notificata alle altre parti, mentre in caso contrario il processo prosegue nei confronti delle parti originarie; invero per il disposto dell’art. 300 c.p.c. la morte nel corso del giudizio di merito della parte costituita a mezzo di procuratore non determina l’interruzione del processo, in difetto di dichiarazione o di notificazione di detto evento da parte del procuratore (vedi “ex multis” Cass. 2-12-1994 n. 030; Cass. 4-7-2000 n. 8930); né d’altra parte sono fondate le argomentazioni espresse dalla ricorrente con specifico riferimento alla pretesa necessità di pronunciare la sentenza ex art. 2932 c.c. nei confronti degli eredi della parte deceduta nel corso del giudizio, proprio perché, quando il fatto interruttivo del processo non sia stato dichiarato in udienza o non sia stato notificato, il rapporto processuale continua a svolgersi nei confronti delle pari originarie, e spiega la sua efficacia nei confronti dei successori a titolo universale della parte deceduta (Cass. 27-3-1996 n. 2708).

Con il secondo motivo la società OMISSIS, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver affermato che nel presente giudizio fosse intervenuto un giudicato esterno costituito dalla sentenza del Tribunale di Napoli del 17-8-2006; invero non vi era identità tra i due giudizi, in quanto la presente controversia aveva ad oggetto una domanda di esecuzione specifica di un obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c., mentre il giudizio in cui si sarebbe formato l’asserito giudicato aveva ad oggetto una pretesa di risarcimento danni proposta dall’esponente società nei confronti del D. per la sua illecita iniziativa di sostituirsi arbitrariamente agli organi sociali cui competeva il potere di esternare ai promittenti acquirenti l’eventuale volontà della società di accettazione della proposta, nel frattempo superata da un’altra prospettiva di vendita ad un prezzo di circa il 25% superiore; la presente controversia invece verte sulla contestazione sotto diversi profili della validità della pretesa vendita dell’immobile per cui è causa.

Preliminarmente deve esaminata l’eccezione dei controricorrenti di inammissibilità del motivo per non avere la ricorrente prodotto copia autentica della sentenza del Tribunale di Napoli passata in giudicato che secondo il giudice di appello avrebbe efficacia di giudicato esterno nel presente giudizio, e per non averne neppure trascritto il contenuto, essendosi limitata a riprodurre parte del dispositivo ed a sintetizzare, con personali e soggettive valutazioni, le argomentazioni del giudicante.

Premesso che nella fattispecie la sentenza del Tribunale di Napoli del 17-8-2006 è stata ritualmente prodotta nel giudizio di appello dagli appellati, e risulta inserita nel loro fascicolo di parte, è opportuno richiamare il recente orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale, quando con il ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. S.U. 22-5-2012 n. 8077); l’eccezione deve quindi essere disattesa.

Tanto premesso, il motivo è fondato.

Dall’esame diretto della menzionata sentenza del Tribunale di Napoli risulta anzitutto che la società OMISSIS convenne in quel giudizio il solo D. , e non anche il D’. e la M. che sono invece parti nel presente giudizio, cosicché tra i due giudizi non sussiste identità totale di soggetti.

Nel giudizio che ha dato luogo alla richiamata sentenza risulta poi che la OMISSIS aveva introdotto una domanda di risarcimento danni nei confronti del D. deducendo un comportamento illecito di quest’ultimo nel sostituirsi agli organi sociali della suddetta società ai quali soltanto era attribuito il potere di esternare l’eventuale volontà della OMISSIS di accettare la proposta di acquisto dell’immobile fatta dal D. , dal D’. e dalla M. ; la OMISSIS quindi aveva fatto valere, come espressamente ritenuto dal giudicante, una responsabilità di natura extracontrattuale del convenuto.

Nel presente giudizio, invece, il D. , il D’. e la M. hanno formulato nei confronti della OMISSIS una domanda di declaratoria dell’avvenuto trasferimento in loro favore della proprietà dell’immobile della suddetta società, o, in subordine, una domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c., in entrambe le ipotesi quindi facendo valere una responsabilità contrattuale della convenuta.

È dunque evidente che tra i due giudizi sussiste una identità solo parziale di soggetti, e che non vi è alcuna identità né di “causa petendi” né di “petitum”, e che pertanto non ricorre nella fattispecie alcun giudicato esterno, posto che, come è noto, l’autorità del giudicato sostanziale opera solo entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione, e presuppone appunto che tra il primo giudizio e quello successivo vi sia identità di soggetti, “causa petendi” e “petitum”; erroneamente quindi la Corte territoriale ha ritenuto sussistente nella fattispecie un giudicato esterno nei termini sopra enunciati, esprimendo così un convincimento che costituisce la “ratio decidendi” della sentenza impugnata.

Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., aggiunge che l’insussistenza del preteso giudicato è fondata anche sull’ulteriore considerazione che la menzionata sentenza del Tribunale di Napoli passata in giudicato aveva espressamente escluso qualsiasi effetto preclusivo, facendo anzi espressamente salvo l’esito del presente giudizio.

Con il quarto motivo la OMISSIS, denunciando violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., rileva che, anche volendo condividere la tesi della formazione del giudicato nei presente giudizio a seguito della menzionata sentenza del Tribunale di Napoli, tale effetto preclusivo avrebbe dovuto essere limitato solo al D. , non potendosi estendere anche agli altri conduttori dell’immobile, ritenuti promissari acquirenti, che non avevano partecipato al giudizio poi concluso con la suddetta sentenza passata in giudicato.

Con il quinto motivo la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 1326 e seguenti e 1387 e seguenti c.c., assume che erroneamente è stato ritenuta l’esistenza di una dichiarazione della società di accettazione della proposta formulata dai conduttori aspiranti acquirenti, atteso che la delibera assembleare con cui la OMISSIS si era determinata a contrarre era un atto a rilevanza interna alla sfera di una delle parti, che non aveva alcun valore di proposta o accettazione della proposta dell’altro contraente.

Con il sesto motivo la OMISSIS, deducendo violazione degli artt. 1394-1395 c.c., sostiene che il giudice di appello è incorso in un grave errore di diritto per non aver annullato il contratto per cui è causa in quanto la persona che ne aveva concluso il procedimento di formazione con la pretesa accettazione versava in una situazione di palese conflitto di interessi.

Con il settimo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1325-1326-1349 e 1473 c.c., rileva che la sentenza impugnata non si è espressa sulle censure svolte dall’esponente circa l’idoneità dell’originaria proposta di acquisto a valere come tale, considerato che alla comunicazione inviata dai conduttori il 2-12-1992, priva dell’indicazione del prezzo d’acquisto, non poteva riconoscersi alcun valore negoziale.

Con l’ottavo motivo la OMISSIS deduce difetto assoluto di motivazione sulle ragioni che hanno indotto la Corte territoriale a ritenere valida una proposta di acquisto di un immobile senza l’indicazione del prezzo, rimettendone la determinazione al venditore o comunque ad organo della procedura concorsuale cui spettava il potere di disposizione del bene.

Con il nono motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1208 e 1209 c.c., rileva che la convocazione dell’esponente da parte dei conduttori alla stipula del rogito risultava viziata in quanto sottoscritta soltanto da alcuni dei pretesi promissari acquirenti, e non anche dalla M. , che neppure era comparsa dinanzi al notaio nel giorno stabilito per la stipula.

Con il decimo motivo la OMISSIS deduce difetto assoluto di motivazione sulla questione di diritto sollevata con il motivo precedente.

Con l’undicesimo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1208-2209 e 2932 c.c., sostiene che, anche a ritenere valida l’offerta di pagamento formulata da parte di due soltanto dei tre promissari acquirenti dinanzi al notaio prescelto, è evidente che nessuna valida offerta era stata avanzata dalla M. , cosicché la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre proposta dagli originari attori avrebbe potuto trovare accoglimento solo con riferimento al D. ed al D’. , e non anche alla M. .

Con il dodicesimo motivo la OMISSIS, denunciando violazione degli artt. 163-167-168-169 e 182 della L. 267/1942, afferma che la decisione di vendere l’immobile ai conduttori era stata assunta allorché la società era in amministrazione controllata; successivamente la società era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo senza che vi fosse alcuna traccia di un contratto, di cessione immobiliare; pertanto da ciò derivava l’invalidità della supposta accettazione d’acquisto, deliberata dagli organi sociali in presenza della procedura di amministrazione controllata ma comunicata ai proponenti allorché la OMISSIS aveva già proposto la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con “cessio bonorum”, ed era conseguentemente iniziata la nuova procedura la quale, proprio perché diversa rispetto all’amministrazione controllata, richiedeva che la vendita fosse nuovamente deliberata ed autorizzata; orbene il giudice di appello, sostenendo che amministrazione controllata e concordato preventivo costituiscono due fasi di un unico procedimento, non ha considerato che in realtà l’amministrazione controllata è una procedura con finalità conservative dell’impresa, mentre il concordato preventivo con “cessio honorum” è una procedura che persegue esattamente lo scopo opposto, vale a dire la liquidazione dell’impresa stessa in luogo della sua conservazione.

Con il tredicesimo motivo la ricorrente, deducendo vizio di motivazione, rileva che la sentenza impugnata non ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto valida, anche ai fini della vendita da parte di una società ammessa al concordato preventivo con “cessio bonorum”, la valutazione di convenienza espressa dagli organi della precedente procedura di amministrazione controllata, senza tener conto delle diverse finalità delle due procedure.

Con il quattordicesimo motivo la OMISSIS, denunciando violazione degli artt. 163-167-168-169 e 182 della L. 267/1942, afferma che ben prima che il D. “autoaccettasse” la sua stessa offerta, all’esponente era pervenuta una diversa proposta di acquisto dell’immobile ad un prezzo di lire 850.000.000, sensibilmente superiore a quello offerto dai conduttori, che la società non aveva alcun motivo di rifiutare, visto che l’unico obbiettivo della nuova procedura era quello di garantire il massimo soddisfacimento possibile dei creditori; il supposto rapporto negoziale instaurato dalla società era quindi invalido per violazione in particolare dell’art. 182 della L. 267/1942, ai sensi del quale le vendite di beni immobili, oltre che dal Giudice Delegato, “devono essere autorizzate dal comitato dei creditori”.

Tutti gli enunciati motivi restano assorbiti all’esito della ritenuta fondatezza del secondo motivo di ricorso.

In definitiva in seguito all’accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbiti tutti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia fa causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *