Corte di Cassazione – Sezione II – sentenza 14.10.2011, n. 37016. In materia di reato impossibile, l’inidoneità della azione va valutata in relazione alla condotta originaria dell’agente, la quale, per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato e indipendentemente da cause estranee ed estrinseche, deve essere priva in modo assoluto di determinazione causale nella produzione dell’evento.

Il testo integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Sentenza 14 ottobre 2011, n. 37016

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 18 giugno 2010, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato dal Tribunale della medesima città il 7 marzo 2008, con la quale Z. R., I.S. e T.V.B. erano stati dichiarati responsabili del delitto di cui al D.L. 3 maggio 1991, n. 143, art. 12, convertito con modificazioni dalla L. 5 luglio 1991, n. 197, e condannati il T. alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 800 di multa e l’ I. e lo Z. alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 600 di multa ciascuno.

Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli imputati suddetti. Nel ricorso proposto nell’interesse dello Z., rinnovandosi questione già dedotta in appello e disattesa da quei giudici, si deduce la sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 49 c.p. in quanto nella specie l’imputato aveva ricevuto carte di credito che solo apparentemente erano tali, trattandosi di supporti di carte precedentemente donate.

Inoltre, contrariamente a quanto deducono i giudici a quibus, il fatto che le carte fossero state “bloccate” dai titolari, rendeva impossibile la realizzazione del reato. Si lamenta, poi, nel secondo motivo, che la indebita utilizzazione di più carte di credito, per come si esprime la norma, possa integrare – come ritenuto dai giudici del merito – una pluralità di violazioni della stessa disposizione di legge, legate dal vincolo della continuazione. Gli stessi rilievi sono stati successivamente svolti in una memoria difensiva. Nel ricorso proposto nell’interesse dell’ I. parimenti si deduce la sussistenza della ipotesi del reato impossibile, in quanto si trattava nella specie di carte di credito tutte disattivate e quindi mancanti del requisito per poter essere definite come tali. Si contestano, poi, gli elementi in base ai quali l’imputato sarebbe stato ritenuto corresponsabile, posto che le affermazioni dello Z. sarebbero state una dichiarazione di intenti, mentre il tentativo di dileguarsi ben potrebbe spiegarsi con la condizione dell’imputato, già destinatario di due provvedimenti di espulsione.

Si lamenta, infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche. Anche il T. lamenta, nel suo unico motivo, la mancata concessione delle attenuanti generiche.

I ricorsi sono tutti destituiti di fondamento giuridico.

A proposito, infatti, della rinnovata questione relativa alla applicabilità, nella specie, della causa di non punibilità prevista dall’art. 49 c.p., questa Corte ha, come è noto, in più occasioni puntualizzato che, in materia di reato impossibile, l’inidoneità della azione va valutata in relazione alla condotta originaria dell’agente, la quale, per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato e indipendentemente da cause estranee ed estrinseche, deve essere priva in modo assoluto di determinazione causale nella produzione dell’evento. Ed è significativo che tali principi siano stati affermati anche in riferimento ad una ipotesi in cui è stato ritenuto sussistente proprio il reato di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12, riferita al caso di utilizzo di una tessera per il pagamento del pedaggio autostradale “donata”, sul rilievo che non fosse sufficiente per escludere la sussistenza del reato l’esistenza di dispositivi di controllo presso il casello autostradale, in considerazione proprio della natura di reato di pericolo della fattispecie criminosa in esame, la quale non prevede la verificazione di un evento in senso naturalistico, nè il concreto raggiungimento del fine di profitto perseguito (Cass., Sez. 2, 22 settembre 2005, P.G. in proc. Balestrazi. V. anche sul tema del reato impossibile, Cass., Sez. 4, 14 marzo 2008, Varutti). D’altra parte, ai fini della integrazione della fattispecie contestata, basta il semplice possesso delle carte “donate”, a prescindere anche dal loro concreto utilizzo: caratteristiche strutturali, quelle accennate, che sono rimaste immutate anche nel reato di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 290, art. 55, comma 9, che ha “sostituito” il reato di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12, abrogato, a decorrere dal 30 aprile 2008, dal D.Lgs. n. 290 del 2007, art. 64. Per di più, e come è stato puntualmente messo in luce nella sentenza di primo grado, nella specie alcune transazioni sono andate a buon fine, per un importo di circa 3.000 Euro, con la conseguenza di determinare il “blocco” delle relative provviste. Quanto, poi, alla sussistenza della continuazione, la stessa è giustificata dalla pluralità dei fatti materiali ascritti agli imputati, ciascuno dei quali idoneo ad integrare autonoma violazione della fattispecie contestata.

Le restanti censure in punto di responsabilità svolte in particolare dall’ I., sono palesemente inammissibili perchè rivolte a sollecitare un riesame del merito più che adeguatamente condotto nei pertinenti gradi di giudizio e sostenuto da una motivazione del tutto congrua e coerente. Le doglianze, infine, relative alla mancata concessione delle attenuanti generiche, prospettate tanto dall’ I. che – quale unico motivo dal T. – si rivelano, oltre che prive del requisito della specificità, palesemente inconsistenti, avendo entrambe le sentenze di merito ampiamente giustificato la scelta operata, facendo corretta applicazione dei parametri legali, a tal fine puntualmente evocati.

Va dunque rigettato il ricorso dello Z. e dichiarati inammissibili quelli dell’ I. e del T.. Tutti i ricorrenti vanno perciò condannati al pagamento delle spese processuali, e l’ I. ed il T. anche al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso di Z.R. e dichiara inammissibili i ricorsi di I.S. e T.V.B.. Condanna tutti i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e gli ultimi due altresì della somma di Euro 1.000,00, ciascuno, alla Cassa delle ammende.

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