Cassazione toga rossa

suprema Corte di Cassazione

sesione II

sentenza 14 luglio 2014, n. 30890

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARMENINI Secondo Libero – Presidente
Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere
Dott. CERVADORO Mirella – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. ALMA Marco Mar – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1057/13 in data 24/10/2013 della Corte di Appello di Catanzaro;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GALLI Massimo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputata, Avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso dei quali ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24/10/2013, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Lamezia Terme in data 15/12/2009 con la quale l’imputata (OMISSIS) era stata condannata alla pena di giorni 40 di reclusione per il reato di cui all’articolo 633 c.p. per avere arbitrariamente invaso, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto, un immobile sito in (OMISSIS) di proprieta’ dell’ (OMISSIS) S.p.a..
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza l’imputata personalmente deducendo:
1. Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) per mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto di cui all’articolo 2 c.p.p., comma 3, e Legge Regionale n. 8 del 1995, avendo l’imputata formalizzato in data 28/2/2009 una richiesta di regolarizzazione del rapporto locatizio il che – a detta della ricorrente – avrebbe fatto venir meno, per la sua efficacia scriminante, il requisito oggettivo dell’arbitrarieta’ della condotta.
2. Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) per mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per avere omesso la Corte territoriale di ritenere la sussistenza dell’esimente dello stato di necessita’ di cui all’articolo 54 c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. Deve, al riguardo, essere immediatamente evidenziato che l’introduzione nell’immobile altrui al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto e’ sufficiente per integrare il reato previsto dall’articolo 633 c.p.. Si tratta sostanzialmente di un reato istantaneo che, allorche’ l’occupazione si protragga nel tempo, assume la caratteristica di reato permanente giacche la situazione realizzata (inerente alla violazione del diritto altrui mediante l’abusivo insediamento nell’immobile altrui) permane fino a quando l’agente abbandoni l’immobile, non gia’ come semplice effetto di un comportamento antigiuridico iniziale, ma come permanente violazione della legge penale, nella sua manifestazione tipica, inscindibilmente legata alla condotta dell’agente.
Come ha condivisibilmente motivato la Corte territoriale nella sentenza impugnata, il fatto che la ricorrente abbia, in epoca successiva ai fatti ed in forza di una legge regionale, regolarizzato il rapporto locatizio relativo all’immobile abusivamente occupato non scrimina l’azione compiuta a fronte di una querela presentata da Ente diverso rispetto al quale e’ intervenuta la regolarizzazione del rapporto medesimo.
A cio’ si deve aggiungere che questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare in casi che possono essere assimilati a quello che in questa sede ci occupa, che “l’occupazione “sine titulo” di un alloggio in proprieta’ dell’Istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione arbitraria di edifici anche nell’ipotesi in cui l’occupante abbia presentato una regolare istanza di assegnazione dell’immobile ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito” (Cass. Sez. 2, sent. n. 12752 del 8/3/2011, dep. 9/3/2011, rv. 250050) e persino nel caso in cui “l’occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione” (Cass. Sez. 2, sent. n. 37139 del 25/9/2007, dep. 9/10/2007, rv. 237357) cio’ in quanto i predetti alloggi sono destinati al perseguimento di finalita’ di interesse pubblico e devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto, che vanno individuati secondo i criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati attraverso idonee procedure, non derogabili neanche per provvedere a situazioni di estremo bisogno di terzi non aventi diritto.
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, anch’esso risulta infondato.
Il mero stato di indigenza della ricorrente desumibile dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e dalla composizione del nucleo familiare della stessa (marito e due figli minori) in assenza di ulteriori concrete allegazioni volte a provare la sussistenza di quelle condizioni di assoluta necessita’ della condotta e di inevitabilita’ del pericolo non consentono di ritenere la sussistenza della scriminante di cui all’articolo 54 c.p..
Questa Corte ha, infatti, gia’ avuto modo di precisare (con argomentazioni condivise dall’odierno Collegio) che in tema di cause di giustificazione, la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all’applicazione di un’esimente, non accompagnata dall’allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l’accertamento del giudice, non puo’ legittimare la pronuncia assolutoria ex articolo 530 cpv. c.p.p.. (Cass. Sez. 6 , sent. n. 28115 del 05/07/2012, dep. 13/07/2012, Rv. 253036) e, ancora, che il dettato dell’articolo 54 c.p., nella parte in cui stabilisce che, per la configurabilita’ dello stato di necessita’ (la cui prova spetta all’imputato che lo invoca), occorre che il pericolo sia “attuale”, presuppone che, nel momento in cui l’agente agisce contra ius – al fine di evitare “un danno grave alla persona” – il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio. L’attualita’ del pericolo, per argumentum a contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicita’ essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo.
Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilita’ dello stato di necessita’, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell’attualita’ del pericolo con quello della permanenza, alterando cosi’ il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto.
Invero, il pericolo non sarebbe piu’ attuale (rectius: imminente) bensi’ permanente proprio perche’ l’esigenza abitativa – ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessita’ “di salvare se’ od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona” – necessariamente e’ destinata a prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprieta’, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 54 c.p., alla luce dell’articolo 42 Cost., non puo’ che pervenire ad una nozione che concili l’attualita’ del pericolo con l’esigenza di tutela del diritto di proprieta’ del terzo che non puo’ essere compresso in permanenza perche’, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un’ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque, un’alterazione della destinazione della proprieta’ al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale (Cass. Sez. 2A, sent. n. 19147 del 16/04/2013, dep. 03/05/2013, rv. 255412).
A cio’ si aggiunge il fatto che se e’ ben vero, da un lato, che ai fini dell’esimente dello stato di necessita’, nel concetto di danno grave alla persona, secondo la formulazione dell’articolo 54 c.p., rientrano talune situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrita’ fisica ovvero che attentano, in via ancor piu’ generale, alla complessa sfera dei beni attinenti alla personalita’ morale del soggetto e tra questi beni si deve ricomprendere anche quello connesso all’esigenza di un alloggio, che e’ uno dei bisogni primari della persona, in conformita’ dei principi costituzionali che riguardano la persona umana ed i diritti a questa inerenti, e’ altrettanto vero, dall’altro, che nel momento in cui si giustifica tale interpretazione estensiva del danno grave alla persona come riguardante tutti i diritti inviolabili della persona umana, nel contempo piu’ attenta, analitica e penetrante deve mostrarsi l’indagine giudiziaria diretta a circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli altri elementi costitutivi della stessa, in particolare la necessita’ e l’inevitabilita’, tenuto conto delle complesse esigenze di tutela dei beni dei terzi, che, coinvolti involontariamente dallo stato di necessita’, non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate; in sostanza, ai fini della configurabilita’ della esimente dello stato di necessita’, di cui all’articolo 54 c.p., occorre che l’esigenza di evitare il danno grave alla persona sia imperiosa e cogente, tanto da non lasciare altra scelta se non quella di ledere il diritto altrui.
Non puo’ al riguardo ritenersi sufficiente a provocare la ricorrenza della predetta scriminante la situazione di una generica situazione di indigenza dell’imputata, salvo che si voglia sostenere che il solo fatto di vertere in una situazione di difficolta’ economica (peraltro in questi tempi assai diffusa) sia condizione legittimante la consumazione di un delitto che si risolve nel contemporaneo danno di altrettante persone che chiedendo l’assegnazione di un alloggio popolare o di edilizia convenzionata si trovano indubbiamente anch’esse in situazioni di difficolta’ (economica o personale). Se cosi’ fosse si farebbero prevalere le posizioni di chi agisce in via di fatto rispetto ai diritti di quelli che attendono in condizioni di legittimita’ l’assegnazione di un alloggio di edilizia popolare o convenzionata.
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *