cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza del 18 luglio 2014 n. 31785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAMPETTI Umberto – rel. Presidente –
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Consigliere –
Dott. CASSANO Margherita – Consigliere –
Dott. CASA Filippo – Consigliere –
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.E. – nato a (OMISSIS);
Avverso l’ordinanza n. 278/2014 del Tribunale del riesame di Milano
in data 06.03.2014;
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso;
Sentita la relazione fatta dal Presidente Dott. Umberto ZAMPETTI;
Udite le conclusioni del P.G. Dott. RIELLO Luigi che ha richiesto il
rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. LACCHIN Marco che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 06.03.2014 il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame ex art. 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 17.02.2014 dal Gip del Tribunale di Varese a carico di C.E., indagato per il delitto di omicidio premeditato e ulteriormente aggravato dal motivo abietto e dal profittamento della invalidità della vittima, commesso in danno di Co.Ro., nella notte tra il (OMISSIS), e per i connessi reati di detenzione e di porto illegali di arma comune da sparo.

I giudici del merito cautelare hanno accertato sul piano della gravità indiziaria quanto segue:

– il movente del fatto di sangue è da rinvenire dalla ritorsione di C., coltivatore di droga, per il furto di un chilogrammo di marijuana da lui attribuito alla vittima;

– il C. compì l’omicidio in luogo non ancora individuato, colpendo la vittima con due colpi di pistola, al capo ed all’emitorace destro; analoga sorte riservò al cane del Co., abbattuto con un altro colpo di pistola alla testa;

– egli trasportò, quindi, il cadavere del Co. e la carcassa del cane nelle campagne di (OMISSIS) per occultarli.

La carogna dell’animale, accuratamente sepolta, fu rinvenuta il (OMISSIS).

Sei giorni dopo, nella stessa zona, fu scoperto il cadavere di Co., collocato in un dirupo.

Nel frattempo il C. era stato arrestato, il (OMISSIS), nella flagranza del delitto di coltivazione di sostanze stupefacenti.

Il Collegio del riesame, con riferimento alle deduzioni difensive ed in relazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, ha motivato nei termini seguenti (qui esposti in necessaria sintesi):

a) devono essere disattese le censure in rito dell’indagato: le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da B.A., non verbalizzate (per il rifiuto del dichiarante) e trasfuse nella annotazione di servizio, sono utilizzabili in questa fase; salvo invero il divieto della testimonianza in sede dibattimentale, la documentazione operata dalla polizia giudiziaria delle informazioni ricevute dalla fonte orale non è proibita dal alcuna disposizione; sicchè non ricorre l’ipotesi della inutilizzabilità c.d. patologica; inoltre le dichiarazioni di B. agli investigatori hanno formato oggetto di intercettazione della conversazione tra costoro, intercorsa nella sala di attesa del caserma della Compagnia dei Carabinieri di (OMISSIS), sicchè in alternativa è perfettamente utilizzabile la trascrizione del colloquio;

b) l’omessa considerazione da parte del giudice per le indagini preliminari, nella ordinanza coercitiva oggetto del riesame, delle sommarie informazioni testimoniali assunte da Ba.Or. e G.S. (reputate favorevoli alla difesa, ma, peraltro, non dedotte dal difensore nell’udienza di convalida del fermo in esito alla quale fu emessa l’ordinanza di custodia cautelare in carcere), non comporta l’annullamento dell’ordinanza coercitiva; non ricorre il caso della totale mancanza dell’analisi critica degli elementi a carico ed a discarico dell’indagato, la quale comporta la nullità del provvedimento genetico; la carenza motivazionale in cui è incorso il giudice della coercizione può essere invero integrata dal giudice del riesame. Orbene, la Ba. aveva riferito di aver incontrato, in (OMISSIS), persona successivamente riconosciuta per la vittima, attraverso la fotografia di Co. pubblicata sui giornali. G. aveva operato consimile avvistamento lungo via (OMISSIS) addirittura il (OMISSIS), quando C. (arrestato il giorno prima per droga) era ristretto in carcere. Sebbene corrispondano alcuni dettagli (la camminata claudicante, la postura del volto per la cecità dell’occhio destro) i testimoni – riteneva il Tribunale del riesame – erano incorsi certamente in errore nell’individuazione operata del Co.. Entrambi i testimoni non avevano prestato particolare attenzione al passante intravisto: G. ha riferito che il soggetto non era assieme ad alcun cane, e tanto vale a escludere Co.. La Ba. ha sostenuto che la persona, riconosciuta per Co., indossava pantaloni di tipo mimetico e conduceva il cane con una corda bianca; mentre i calzoni rinvenuti sul cadavere della vittima erano di colore blu e di colore rosso era il guinzaglio della bestia.

c) Non meritano accoglimento le deduzioni difensive sul merito della gravità indiziaria. Al di là degli ulteriori elementi considerati dal giudice per le indagini preliminari – ed oggetto della contestazione del ricorrente – riteneva il Collegio del riesame come fosse decisiva la considerazione degli indizi costituiti:

a) dal possesso da parte di C. di una pistola, peraltro non rinvenuta (testimonianze F., Z., D. e Bo.);

b) dalla riscontrata traccia olfattiva della custodia dell’arma nel comò della camera da letto dell’indagato;

c) dalla pregressa esternazione, da parte del C., di propositi omicidi, accompagnati dalla ostensione della pistola, nei confronti dell’autore del furto della partita di marijuana, perpetrato a suo danno (annotazione dichiarazioni B., intercettazione del colloqui di costui con i Carabinieri di (OMISSIS), testimonianza de relato Z., testimonianze F.);

d) dalla mendace comunicazione via s.m.s. dell’indagato al comune conoscente P.S. di aver tentato di contattare telefonicamente Co. il mattino del (OMISSIS), a dispetto della negativa evidenza del tabulato del traffico telefonico della vittima (priva di pregio è la tesi difensiva della inattendibilità del tabulato sotto il profilo che neppure sarebbe stata registrata la telefonata che la zia di Co., M.V., ricorda di aver fatto al nipote il (OMISSIS); per vero è da ritenersi che la donna sia incorsa in errore nel collocare temporalmente l’ultima conversazione telefonica col congiunto; infatti, nella denunzia della scomparsa del Co., la sorella di costui S., aveva precisato che la zia le aveva detto di non aver più avuto contatto col nipote dal (OMISSIS));

e) dallo stato di forte turbamento emotivo in cui, alle ore 8.30 del (OMISSIS), versava C. per come ebbe a notare il teste Za., il quale lo aveva incontrato mentre si recava a casa di Co. per portargli alcune bevande e sigarette;

f) dall’ulteriore mendacio dell’indagato, il quale offrendosi di consegnare la merce a Co. in vece dello Za., aveva detto a costui che la vittima si era recata in ospedale per una visita;

g) dall’implicita ammissione della commissione dell’omicidio nel corso del colloquio con F.E.G., gestore del bar (OMISSIS) (fonte di sicura attendibilità, essendo le informazioni fornite confermate dalle intercettazioni delle conversazioni intercorse tra il teste, la fidanzata Mo.

L. e l’amico Z.A.); al F. il C. aveva, in precedenza, manifestato il proposito omicida nutrito nei confronti dell’autore del furto della marijuana, ingenerando nell’interlocutore la convinzione che alludesse proprio a Co.;

orbene, dopo la scomparsa della vittima, F. gli aveva chiesto cosa mai fosse accaduto a Co., e l’indagato aveva risposto, confidando al testimone: “Ho fatto la minchiata”.

2. L’indagato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, mediante atto in data 28.04.2014, col quale sviluppa tre motivi di impugnazione.

a) Con il primo motivo il difensore denunzia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione all’art. 292 c.p.p., comma 2 ter, deducendo che l’omessa considerazione da parte del giudice per le indagini preliminari degli elementi a favore del C., costituiti delle sommarie informazioni testimoniali rese, il 1 ottobre 2013, da Bl.Or. e, il 3 ottobre 2013, da G.S., comporta la nullità non sanabile dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

b) Con il secondo motivo il difensore denunzia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione all’art. 195 c.p.p., comma 4, e art. 357 c.p.p., comma 2, in relazione all’annotazione di polizia giudiziaria 11.02.2014 relativa alle dichiarazioni non verbalizzate di B.A.; pur nel contrasto tra gli arresti di legittimità, in ordine alla utilizzabilità in sede cautelare delle dichiarazioni accusatorie non verbalizzate e raccolte in una informativa della polizia giudiziaria, è da ritenersi operante la generale sanzione di inutilizzabilità per effetto dell’inosservanza dell’obbligo della verbalizzazione prescritto dall’art. 357 c.p.p., comma 2, lett. b) e c), tenuto conto del correlato divieto di testimonianza per gli agenti e per gli ufficiali di polizia giudiziaria, stabilito dall’art. 195 c.p.p., comma 4.

c) Con il terzo motivo il difensore denunzia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione degli indizi; il ricorrente oppone:

immotivata è la svalutazione delle dichiarazioni di G. e della Ba., laddove il giudice del riesame non ha dimostrato l’esistenza di altra persona “con le particolarissime caratteristiche fisiche di Co.Ro.” tale da ingenerare il preteso errore di persona dei ridetti testimoni; in mancanza dell’accertamento della precisa data della morte, è affatto irrilevante la differenza dell’abbigliamento (quanto al colore dei pantaloni) tra la persona avvistata dalla Ba. e il cadavere della vittima; pretestuoso è il riferimento al colore del guinzaglio, a dispetto del riconoscimento fotografico del Co. da parte della testimone;

l’inaffidabilità dei tabulati telefonici (comprovata dalla telefonata delle ore 8.30 – 8.45 del 24.09.2013 tra la vittima e la zia, non risultante dalla stampa del traffico telefonico) rende privo di valenza indiziaria il messaggio inviato da C. a P.; inoltre tale telefonata contraddice la tempistica del fatto di sangue collocato dai giudici di merito tra le 21.06 del (OMISSIS) e le 8.30 del (OMISSIS); in carenza della dimostrazione che i colpi mortali furono esplosi dalla pistola dell’indagato, la detenzione dell’arma da parte del C. è del tutto ininfluente; infine la ricostruzione operata è confutata dalla pratica impossibilità che una sola persona possa aver perpetrato l’omicidio, in considerazione del trasporto del cadavere e della carogna del cane, attraverso sentieri di montagna impervi, fino ai luoghi delle sepolture.

In definitiva si chiede annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, infondato, deve essere rigettato.

2. Vale premettere che la gravità degli indizi, richiesta ex art. 273 c.p.p., ben può derivare da elementi avente carattere indiziario, pur che questi, come pretende la disciplina di cui all’art. 192 c.p.p., comma 2, siano gravi, precisi e concordanti.

Tali elementi, peraltro, com’è pacifico nell’insegnamento di questa Corte di legittimità, devono essere soggetti ad un duplice vaglio:

dapprima devono essere esaminati singolarmente nella loro sussistenza e poi valutati congiuntamente, nella valenza complessiva, essendo errata e manchevole una valutazione atomistica che non conduca anche il necessario esame unitario delle risultanze.

Orbene, ciò posto, è evidente dapprima come la difesa del ricorrente tenti di ridurre l’esame della vicenda all’analisi dei singoli elementi, mancando la valutazione globale del loro valore indiziario. Di contro, appare corretta, logica e coerente la motivazione del Tribunale che ha fondato il rigetto della domanda di riesame su elementi che, singolarmente e congiuntamente valutati, ben fondano la qualificata probabilità di colpevolezza che sorregge il provvedimento restrittivo. Si tratta di esiti di indagine, tutti ben utilizzabili, che o non trovano controdeduzione nel ricorso, o ben resistono alle critiche formulate.

Ed invero:

a) il C. ha reso vera e propria confessione stragiudiziale, raccolta e riferita dal teste F. (alla domanda su che cosa fosse accaduto al Co., il C. ebbe a rispondere “ho fatto la minchiata”) in deposizione la cui attendibilità trova significativa conferma nelle intercettazioni dei colloqui del teste con la sua fidanzata Mo.Le. e con l’amico Z. A.;

b) il delitto è stato commesso con una pistola e l’indagato ne possedeva una, come riferito da plurimi testi (sopra citati), e tracce della stessa sono state trovate nel comò della sua camera da letto;

c) il C. aveva un movente (il furto della marijuana da lui attribuito alla vittima); l’intenzione omicidiaria era stata già manifestata a varie persone, le cui deposizioni sono state ritualmente acquisite ( F. e Z., al di là quindi della contestazione difensiva sul B., sulla quale peraltro v. infra, nonchè Ma.An., riferito al 23 Settembre, secondo cui il C. aveva detto “lo faccio fuori, lo uccido, ho deciso, lo faccio fuori….domani mi vedrai sul giornale”);

d) l’indagato ha tenuto, successivamente al delitto, una serie di comportamenti strani (tali colti da plurimi testimoni) ed ha posto in essere atteggiamenti mendaci che non trovano spiegazione se non con la commissione dell’omicidio e si spiegano solo con il suo tentativo di coprire, o ritardare la scoperta, del fatto commesso (già la mattina del (OMISSIS) egli appariva stravolto; ha impedito allo Za. con una scusa di recarsi a casa del Co.; ha mentito sulla telefonata che assume di aver fatto alla vittima il giorno (OMISSIS); ha indotto i carabinieri, in perlustrazione nella zona ove poi venne ritrovato il cadavere, a proseguire oltre).

E’ del tutto evidente la piena sufficienza indiziaria – allo stato ed a questi fini – di tali elementi: la confessione stragiudiziale, ove verificata nel duplice aspetto (di chi la riferisce e di chi l’ebbe a fare) è di per sè piena prova; orbene, va preso atto che il Tribunale di Milano da un lato ha considerato seria e veritiera la fonte informativa (il F.) perchè riscontrata dai non sospetti esiti captativi, dall’altro spontaneo e veritiero il confidente (l’indagato) perchè confermato dalla manifestazione anticipata del proposito e portatore di un adeguato movente, nonchè svelato dai suoi atteggiamenti a dalle sue indirizzate menzogne.

Il controllo di legittimità, sul costrutto argomentativo dell’impugnato provvedimento, è dunque positivo.

Del resto il complesso di tali elementi, pur visti in chiave di globale congruenza indiziaria, non può che portare alla stessa conclusione, trattandosi di elementi gravi, precisi e concordanti:

anticipata manifestazione del proposito, confessione stragiudiziale, movente adeguato, possesso di un’arma idonea, condotte ulteriori confluenti, tutto ciò deve ragionevolmente far escludere ipotesi alternative non configurabili allo stato delle indagini.

Ciò posto, vanno comunque disattese le non fondate deduzioni del ricorrente.

Quanto alle annotazioni di polizia sulle dichiarazioni del B., le stesse sono ben utilizzabili in fase di indagini preliminari, anche al fine di fondarvi misura cautelare, coma da pacifica giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr. da ultimo, Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 5777 del 17.01.2014, Rv. 258916, P.M. in proc. Prosperi: “Sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, anche ai fini dell’adozione delle misure cautelari, e per il rinvio a giudizio dell’imputato, le dichiarazioni informalmente rese alla P.G. da persone che possono riferire circostanze utili per le investigazioni ed annotate nella notizia di reato, qualora sia comunque possibile l’individuazione della fonte dichiarativa, in quanto l’obbligo di verbalizzazione degli atti indicati nell’art. 357 c.p.p., comma 2 non è prescritto a pena di nullità“.

Le deduzioni in ordine agli avvistamenti della vittima (testi Ba. e G.) in momenti successivi a quello della morte come stimato dagli inquirenti non hanno pregio. In proposito vale confermare la correttezza della motivazione dell’impugnata ordinanza laddove rileva che, avendo l’ordinanza genetica dato ampia ricostruzione al fatto, con motivazione in sè coerente, la mancata valutazione di tali testimonianze, utili alla difesa, non comporta nullità, ma solo lacuna che ben può essere integrata dall’ordinanza del riesame che – com’è pacifico – si salda con l’ordinanza genetica in un unicum logico giuridico (cfr., sul punto, da ultimo, Cass. Pen. Sez. 6, n. 3742 del 09.01.2013, Rv. 254216, Ioio: “L’art. 292 c.p.p., comma 2 ter, non impone al giudice del riesame la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l’obbligo motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori e non anche di deduzioni dirette a proporre ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo degli elementi di indagine posti a fondamento delle decisioni cautelari”). Nella fattispecie, il Tribunale del riesame ha ben dato giustificazione, logica e coerente e comunque non implausibile, della inattendibilità di ipotesi alternative (anche a prescindere dalle positive valutazioni sugli elementi di colpevolezza a carico dell’indagato) sul rilievo da un lato che vi erano argomenti seri per escludere un allontanamento volontario e prolungato del Co. (che doveva assumere farmaci quotidianamente), dall’altro che gli avvistamenti per vari motivi, ampiamente esplicati, non fornivano margini sufficienti di attendibilità.

Anche sul punto, dunque, su cui la difesa incentra gran parte delle proprie considerazioni critiche, non vi possono essere spazi di apprezzabilità.

Di ben poca rilevanza gli ultimi rilievi difensivi: – il mancato ritrovamento della pistola e la conseguente mancata prova balistica scolorano fino all’insignificanza a fronte della confessione stragiudiziale, una volta ritenuta quest’ultima – come ritenuto dai giudici del merito cautelare – pienamente attendibile; – le prospettate difficoltà operative nell’esecuzione del delitto (fino ad ipotizzare l’ausilio di terzi soggetti) parimenti non pongono insuperabili difficoltà, posto che non si hanno dati sicuri sul luogo dell’esecuzione, di certo non potendosi escludere l’uso di un veicolo e l’esecuzione delle operazioni in più fasi.

3. In definitiva il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere respinto. Al completo rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Deve seguire altresì la comunicazione prevista dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2014

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