Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 12 novembre 2012, n. 43750
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 22.12.2006, il G.U.P. del Tribunale di Forlì, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarò C.M. e G.A. responsabili del reato di porto di strumento atto ad offendere e nonché C. di evasione unificati per C. sotto il vincolo della continuazione e – ritenuta la recidiva contestata, con la diminuente per il rito – condannò C. alla pena di mesi 4 di reclusione e G. alla pena di mesi 2 di arresto. Gli imputati furono assolti dalle imputazioni di tentata rapina aggravata e tentato furto perché il fatto non sussiste.
Avverso tale pronunzia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì ed il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale proponevano ricorso per cassazione, poi convertito in appello da questa Corte con sentenza n. 3959 del 24.9.2009.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 21.6.2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarò gli imputati responsabili del delitto di tentata rapina aggravata e ritenuta la continuazione con i reati per i quali era intervenuta condanna in primo grado, con la diminuente per il rito e la recidiva, determinò la pena per C. in anni 1 mesi 8 di reclusione ed Euro 320,00 di multa e per G. in anni 1 mesi 6 di reclusione ed Euro 300,00 di multa.
Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti di contenuto sostanzialmente simile (anche se esposti in modo più esteso per G. ) deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta, da parte della Corte d’appello, idoneità degli atti ad integrare il tentativo di rapina e la sussistenza di un elemento che avrebbe interrotto il previsto sviluppo causale dell’azione idonea nella mera inerzia dell’impiegata dell’ufficio postale, Gi.Lo. , la quale non aprì la porta di servizio dopo che uno degli imputati, travisato e munito di arma impropria, aveva suonato.
Correttamente il primo giudice aveva ritenuto la inidoneità della condotta e quindi escluso la sussistenza del fatto.
Considerato in diritto
I ricorsi sono manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
La Corte territoriale ha fondato l’affermazione di responsabilità sulla considerazione che gli imputati posero in essere atti univocamente diretti a penetrare nell’ufficio postale al fine di compiere una rapina. Infatti C. si era avvicinato all’ingresso di servizio dell’ufficio postale travisato e armato di un pesante attrezzo, mentre G. lo attendeva a bordo dell’auto pronto alla fuga e l’intento di rapinare tale ufficio era stato ammesso da entrambi. In punto di idoneità degli atti la stessa è stata ravvisata sulla base della considerazione che avendo suonato alla porta di servizio in orario di arrivo degli impiegati, ben poteva la porta venire aperta se l’impiegata Gi. non si fosse accorta della presenza di una persona travisata.
Si tratta di valutazione di merito motivata in modo non manifestamente illogico e come tale non sindacabile in questa sede.
Neppure vi è alcuna violazione di legge poiché il tentativo è configurabile anche quando non sia compiuto almeno un frammento della condotta tipica, sempre che gli atti posti in essere siano idonei e inequivocamente diretti alla commissione del delitto. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17988 del 19.1.2010 dep. 12.5.2010 rv 247617).
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
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