Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 10 febbraio 2016, n. 5488
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente
Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovan – rel. Consigliere
Dott. RAGO Geppino – Consigliere
Dott. CERVADORO Mirella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M. presso il Tribunale di Pescara;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara in data 23 luglio 2015;
Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. DIOTALLEVI Giovanni;
sentite le conclusioni del P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale BALDI Fulvio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
P.M. presso il Tribunale di Pescara ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara in data 23 luglio 2015 con la quale e’ stato revocato il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12 sexies del GP del Tribunale di Pescara in data 22 giugno 2015, e con il quale sono stati sottoposti a sequestro i conti correnti e i libretti di deposito con i saldi attivi ritenuti profitto illecito del reato di cui agli articoli 81 e 644 c.p..
A sostegno dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:
a) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 321 c.p.p., Legge n. 356 del 1992, articolo 12 sexies.
Il P.M. ricorrente ha impugnato il provvedimento in esame lamentando che il provvedimento sia stato revocato nonostante lo stesso Tribunale abbia dato atto che sui conti correnti siano transitati flussi di denaro, come evidenziato dalle indagini effettuate, flussi di denaro, assolutamente ingiustificabili rispetto alle capacita’ reddituali della famiglia; a tal fine non avrebbe alcuna rilevanza, come ritenuto invece dal Tribunale, che le somme attualmente depositate sui libretti siano assolutamente compatibili con i redditi familiari leciti prodotti dalla famiglia dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. Nel merito occorre sottolineare che, nel caso di specie, il ricorso puo’ essere proposto esclusivamente per violazione di legge che puo’ essere rilevata anche la’ dove la motivazione sia assolutamente assente, ovvero contraddittoria in modo tale da inficiare dalla fondamenta il ragionamento del TDL.
2.1. Nel caso in esame P.M. ricorrente ha evidenziato con chiarezza e precisione i termini della questione e le ragioni sottostanti alla necessita’ della apposizione del vincolo del sequestro preventivo per equivalente, prodromico e strumentale alla successiva confisca del denaro depositato nei conti correnti, dei libretti postali, della carta postpay e delle due automobili anche per evitare, in ogni caso che il reato, in base agli accertamenti effettuati, venga portato ad ulteriori conseguenze. Peraltro nel caso in esame l’esistenza del fumus commissi delicti, che, peraltro, non deve investire la concreta fondatezza della pretesa punitiva, ma limitarsi all’astratta possibilita’ di sussumere il fatto attribuito ad un determinato soggetto in una specifica ipotesi di reato (Cass., 22 marzo 2007, n. 13639) discende dal fatto che il sequestro e’ stato disposto dal GIP su elementi indiziari non contestati neppure dallo stesso TDL, circostanza che supera ampiamente lo spazio di valutazione concesso al giudice nella valutazione del fumus. Al contrario, nel caso in esame la valutazione in ordine al fumus e’ stata operata su una valutazione della consistenza dei depositi e del valore degli altri beni acquisiti al momento della confisca e non al momento in cui gli stessi sono entrati nella disponibilita’ dell’indagato, e, in misura assolutamente superiore e sproporzionata in relazione ai redditi del (OMISSIS), rispetto alla consistenza accertata al momento dell’esecuzione del sequestro. In questo senso
devono ritenersi ininfluenti le vicende economiche successive che hanno inciso sull’entita’ dei beni. Erroneamente dunque il Tribunale ha distinto le somme, esigue, rimaste sui conti e i libretti e fatte oggetto di sequestro, dall’insieme della movimentazione finanziaria sproporzionata e ingiustificata, documentata in atti, dovendosi ritenere al contrario che la prima costituisce una parte di tutto il denaro documentato e trasferito molto verosimilmente in altra sede, al riparo dagli interventi, presumibili, dell’A.G..
3. Pertanto la proporzione tra la capacita’ reddituale dell’indagato e dei suoi familiari rispetto ai redditi sequestrati allo stato non rileva sulla fondatezza del sequestro preventivo per equivalente che protegge l’interesse a recuperare i beni che costituiscono il profitto del reato, ivi compresi gli interessi usurari eventualmente pagati.
4. Alla luce delle suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato annullato con rinvio al Tribunale di Pescara per nuovo esame alla luce del principio di diritto sopraenunciato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Pescara per nuovo esame.
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