Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 26 aprile 2017, n. 19923

La concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’ presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoche’ irrilevante: ai fini dell’accertamento della tenuita’ del danno e’, inoltre, necessario considerare, oltre al valore in se’ della cosa sottratta, anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della “res”.

Nessuna attenuante del danno di speciale tenuità per la truffa contrattuale messa in atto con la vendita via web di un cellulare apple iphone 3 (sito internet subito.it) facendo apparire seria l’offerta del telefonino a 250 euro, pagati dal compratore senza avere la merce

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 26 aprile 2017, n. 19923

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. TADDEI M. – Consigliere

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – rel. Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 06/10/2015 la Corte di Appello dí Caltanissetta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Fabio Di Pisa;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 06/10/2015 la Corte di Appello di Caltanissetta confermava la sentenza con la quale, in data 26/04/2013, il Tribunale di Gela aveva ritenuto (OMISSIS) colpevole del delitto di truffa ai danni di (OMISSIS) per avere, in concorso con (OMISSIS) giudicato separatamente, con artifici e raggiri consistiti nel fare apparire come seria l’offerta di vendita di un cellulare Apple Iphone 3 al prezzo di Euro 250,00 sul sito internet (OMISSIS), facendosi accreditare dal predetto (OMISSIS) la somma di Euro 250,00 sulla carta Posta Pay a lui intestata, indotto in errore l’acquirente, procurandosi un ingiusto profitto costituito dalla percezione della superiore somma senza provvedere alla consegna di alcuna merce.

Dalla ricostruzione dei fatti di cui alle sentenze di merito emergeva che, nel mese di (OMISSIS), (OMISSIS) aveva visto sul sito internet (OMISSIS) l’annuncio relativo alla vendita di un cellulare Apple Iphone 3 al prezzo di Euro 250,00 e, contattato l’inserzionista, aveva ricevuto la richiesta di effettuare il versamento della suddetta somma mediante accredito di tale somma su una carta postepay intestata a (OMISSIS).

Effettuato il versamento il (OMISSIS) aveva cercato invano di contattare l’inserzionista il quale, rintracciato, aveva negato di avere ricevuto alcuna somma sebbene risultasse che su detta carta postepay l’accredito era stato effettivamente effettuato.

La Corte territoriale, nel confermare la ricostruzione operata dal primo giudice, ha ritenuto che non fosse stata offerta la prova in atti dello stato di detenzione dedotto dall’imputato all’epoca del reato e che le modalita’ degli accadimenti inducevano, comunque, a ritenere integrato il reato di truffa, addebitabile anche al (OMISSIS) quale titolare della carta, dovendosi escludere la semplice sussistenza di un mero inadempimento contrattuale.

2. Avverso la suddetta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione deducendo:

a. violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 530, 533 e 546 c.p.p.; mancanza contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione; travisamento della prova.

Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale non aveva considerato che, come emergeva dalla prodotta certificazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio per lo Svolgimento e la Gestione del Sistema informatico, egli era stato arrestato il giorno 16/12/2009 ed alla data del 19/12/2009, data del contestato reato, si trovava agli arresti domiciliari a differenza di quanto affermato in sentenza, con la conseguenza che la motivazione doveva ritenersi gravemente viziata, non avendo tenuto conto di questo dato documentale che comprovava l’estraneita’ dell’imputato, quanto al reato contestato, in ragione del suo stato detentivo;

b. violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 192, 438, 530, 533 e 546 c.p.p.; mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione.

Il ricorrente assume che la mera intestazione della carta postepay (della quale non risultavano in atti ne’ i moduli di attivazione ne’ i documenti esibiti per l’attivazione, ma solo una interrogazione rivolta a Poste Italiane Gestione Carte e Servizi), da valutare anche in considerazione dello stato detentivo in cui versava all’epoca dei fatti, costituente un semplice indizio, non poteva ritenersi, di per se’, significativa della consapevolezza in capo allo stesso dell’eventuale utilizzo di tale carta da parte di altri e non consentiva, in ogni caso, di potere affermare la propria responsabilita’ oltre ogni ragionevole dubbio;

c. violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 530 e 546 c.p.p. nonche’ articolo 640 c.p..

Deduce che mancava la prova dell’elemento soggettivo del contestato reato dovendosi semmai configurare un illecito di tipo civilistico in quanto, anche ad ammettere che egli avesse collaborato nella pubblicazione dell’annunzio on line, la propria condizione di soggetto detenuto gli avrebbe certamente impedito di adempiere l’asserita obbligazione, dovendosi ritenere configurabile “un inadempimento contrattuale per impossibilita’ sopravvenuta”;

d. violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all’articolo 133 c.p. e articolo 62 c.p., n. 4. Assume che la sentenza era erronea nella parte in cui aveva confermato il trattamento sanzionatorio escludendo la circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4 in ragione della tenuita’ del danno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato in quanto infondato.

2. Va, invero, osservato che la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione congrua ed adeguata, configurabile il delitto di truffa contestato alla luce degli accertati contatti via internet fra (OMISSIS), giudicato separatamente, e la persona offesa e della pure accertata intestazione all’odierno imputato della carta postepay ove era stata depositata, da parte della persona offesa, la somma concordata.

Ed al riguardo il giudice di primo grado aveva chiarito come nella condotta ascritta al (OMISSIS) dovessero ravvisarsi gli estremi del raggiro, quanto meno a titolo di concorso, essendosi trattato di una condotta idonea ad ingenerare nella vittima la percezione di una falsa apparenza da cui era derivato l’inganno in cui la stessa era caduta e che l’aveva indotta a compiere l’atto di disposizione patrimoniale (versamento della somma di Euro 250,00 sulla carta di credito del (OMISSIS) senza ricevere il bene oggetto di vendita).

2. Occorre ribadire che la sentenza di primo grado e quella di appello, quando non vi e’ difformita’ sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entita’ logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione.

2.1. Come correttamente ritenuto dai primi giudici, con impostazione confermata in sede di gravame, appare del tutto inverosimile che il (OMISSIS) abbia tenuto una siffatta condotta, consistita nella messa a disposizione della carta di credito al fine di procedere ad una vendita truffaldina, senza un preventivo accordo con il venditore.

2.2. Quanto ai profili relativi alla sua condizione di soggetto arrestato alla data della vendita (17.12.2009) gli stessi appaiono privi di rilievo dal momento che non risulta neanche allegato che l’inserzione era intervenuta dopo il suo arresto, sicche’ il fatto, non considerato dalla corte territoriale, che il giorno precedente fosse stato arrestato e posto agli arresti domiciliari, non esclude la configurabilita’ del reato ben potendo, peraltro, avere concorso nella attivita’ truffaldina del (OMISSIS) sia prima dell’arresto che dopo anche dalla propria abitazione.

2.3. Invero, tenuto conto della notoria affidabilita’ di (OMISSIS) S.p.A., societa’ leader nel settore dei servizi finanziari, ed in considerazione dei sistemi di sicurezza operanti, risulta irragionevole ipotizzare che una simile carta – su cui e’ pacificamente confluito il detto pagamento – sia stata attivata all’insaputa del (OMISSIS) che deve presumersi, in difetto di prova contraria che lo stesso ben avrebbe potuto fornire, l’unico soggetto abilitato all’utilizzo.

2.4. Non risulta, peraltro, che lo stesso abbia denunziato lo smarrimento o la falsita’ della carta ovvero il suo indebito utilizzo sicche’ deve ritenersi che il titolare della carta, all’epoca della inserzione, ne avesse la piena disponibilita’, ben potendosi, quindi, ritenere che ebbe a concorrere con il (OMISSIS) nella truffa organizzata attraverso il sistema di e.commerce.

2.5. Il predetto, peraltro, non ha fornito alcuna plausibile e logica spiegazione degli eventi, trincerandosi dietro l’affermazione secondo cui non risultava acquisita la modulistica relativa alla attivazione della carta con i necessari allegati, tutti documenti che lo stesso ben avrebbe potuto richiedere e produrre nel corso del giudizio, quale intestatario della carta, al fine di comprovare la propria estraneita’ ai fatti contestati.

3. In punto di diritto va, quindi, osservato che la condotta posta in essere dal (OMISSIS) rientra, anche sotto il profilo psicologico, nell’ipotesi della truffa contrattuale che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimita’, e’ configurabile allorche’ l’agente pone in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. La successiva inadempienza pertanto non costituisce illecito civile, ma la conclusione dell’attivita’ criminosa: ex plurimis Cass. 1980 Rv. 148455 – Cass. 2008 Rv. 242296. Nella truffa contrattuale, poi, l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato e’ costituito dal dolo iniziale, quello cioe’ che, influendo sulla volonta’ negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtu’ dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri), rivela nel contratto la sua intima natura di finalita’ ingannatoria: (Cass. 1981 Rv. 149803 – Cass. 1983 Rv. 164164), apparendo, quindi, privo di fondamento anche il terzo motivo.

3.1. Nel caso di specie i giudici di merito hanno dato per pacifico – con una ricostruzione in fatto non adeguatamente censurata dal ricorrente – che, al momento della inserzione, il (OMISSIS) aveva fornito gli estremi della propria carta, concorrendo, quindi, nella condotta illecita del (OMISSIS) consistita nell’effettuare l’offerta di vendita al fine di ottenere il pagamento e non consegnare il bene.

3.2. Muovendo da tali premesse la circostanza che la corte di appello ha ritenuto che all’epoca dei fatti il (OMISSIS) fosse libero, laddove lo stesso era arrestato il giorno precedente e si trovava agli arresti domiciliari, non prendendo in esame tale condizione, rimane priva di rilievo.

3.3. Va del resto rilevato che nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilita’ di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita’ per aspecificita’, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento. (Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014 – dep. 23/01/2015, Calabrese, Rv. 26201101).

3.4. Nel caso in esame il ricorrente non ha chiarito in alcun modo le ragioni per le quali il lamentato “travisamento della prova” – che secondo quanto si evince chiaramente dal tenore della sentenza impugnata, in realta’, riguarda un semplice dato, in se’ irrilevante, non preso in esame dalla corte – avrebbe decisive refluenze sul complessivo quadro probatorio, nel senso di escluderlo totalmente.

4. Va, ancora, rilevato che, a parte quanto sopra precisato in ordine alla messa a disposizione della carta prima dell’arresto ed al concorso del (OMISSIS) con comportamenti anche eventualmente posti in essere dalla propria abitazione, la circostanza che egli, in relazione alla propria condizione di soggetto sottoposto agli arresti domiciliari, non era in grado di adempiere e’ priva di rilievo alcuno perche’ lo stesso ben avrebbe potuto attivarsi nell’immediato per restituire il denaro accreditato sulla sua carta in ragione della impossibilita’ sopravvenuta di consegnare il telefono ovvero chiedere un differimento alla controparte per dare piena esecuzione al contratto.

La sentenza, in punto di affermazione della responsabilita’ del predetto, deve ritenersi, quindi, immune da censure.

5. Privo di fondamento e’ anche l’ultimo motivo, non potendosi ritenere oggettivamente tenue il danno in questione cagionato alla vittima pari al rilevante importo di Euro 250,00.

Invero la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’ presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoche’ irrilevante: ai fini dell’accertamento della tenuita’ del danno e’, inoltre, necessario considerare, oltre al valore in se’ della cosa sottratta, anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della “res”. (In applicazione del principio la S.C. ha confermato la decisione del giudice di appello, il quale aveva escluso l’applicabilita’ della circostanza attenuante al furto di una cinepresa compiuto da un agente di polizia all’interno del proprio Commissariato, derivando da esso grave pregiudizio al rapporto fiduciario di servizio). (Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015 – dep. 25/02/2015, Chiefari, Rv. 26245001).

6. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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