Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 5 gennaio 2017, n. 152

E’ bene immobile soltanto il bene incorporato o materialmente congiunto al suolo, e non per mera adesione con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all’uso due aeromobili in disuso, e l’accertamento in concreto della sussistenza della connessione fisica costituisce indagine di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, come tale sindacabile in cassazione solo per eventuali vizi della motivazione, che nella specie non sussistono.
L’accertata natura di beni mobili dei due aeromobili esclude in radice l’applicabilità degli istituti dell’accessione, della superficie e della servitù

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 5 gennaio 2017, n. 152

Ritenuto in fatto

1. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Venezia, depositata il 10 novembre 2014, che ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Rovigo n. 386 del 2010.
1.1. – Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta dalla M. da V. s.n.c., con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ. in data 8 ottobre 2009, di condanna di Jolima di  alla rimozione di due aerei in disuso, di cui Jolima si era resa aggiudicataria in sede di vendita all’incanto dei beni mobili pignorati a La G. s.r.l., e che manteneva senza titolo sul terreno di proprietà della M. da V..
Lo stesso Tribunale aveva rigettato l’istanza di parte resistente Jolima di riunione della causa a quella rubricata R.G. n. 2503/09, e dichiarato inammissibile la chiamata in causa di terzi, indicati in S.a.v.e. s.r.l., Equitalia Polis s.p.a. e S.L. , poiché le domande che Jolima proponeva nei confronti di costoro non erano qualificabili come domande di garanzia.
2. – La Corte d’appello, adita da Jolima e nel contraddittorio con M. da V., S.a.v.e. sol, Equitalia Polis spa e S.L. , ha rigettato il gravame.
2.1. – Ritenuta l’inammissibilità dei documenti prodotti per la prima volta in appello da Jolima, la Corte distrettuale ha confermato che i due aerei in disuso dovevano considerarsi beni mobili, con conseguente rigetto delle domande riconvenzionali proposte dalla società Jolima nei confronti della società M. da V.. La Corte distrettuale ha ritenuto, inoltre, che Jolima non potesse invocare a suo favore il comodato intercorso tra le società M. da Vi. e La G. attesa la natura personale del comodato; che non fossero configurabili il diritto di superficie, né la servitù di passaggio, pure invocati da Jolima, né, infine, che fosse provato il dedotto arricchimento senza causa della M. da Vi. e il preteso danno subito da Jolima per effetto della sentenza di primo grado.
2.2. – Quanto alle domande proposte da Jolima nei confronti dei terzi chiamati, la Corte d’appello ha confermato il giudizio di inammissibilità, evidenziando che non si trattava di domande di garanzia e che non sussistevano profili di connessione con il giudizio principale, sicché neppure si configurava l’ipotesi di comunanza di causa.
3. – Per la cassazione della sentenza Jolima  ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi.
Resistono con autonomi atti di controricorso E-srl (già M da V), S.A.V.E. srl, Equitalia Nord spa (già Equitalia Polis spa), S.L. .
Hanno depositato memorie la società ricorrente e i controricorrenti E-e S.L. .

Considerato in diritto

1. – Il ricorso è infondato.
1.1. – Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 702-quater cod. proc. civ. e nullità della sentenza e si contesta la ritenuta inammissibilità dei documenti prodotti per la prima volta in appello da Jolima, a fronte della previsione contenuta nella norma richiamata, nel testo applicabile ratione temporis, che la Corte d’appello avrebbe applicato attribuendo un significato restrittivo all’epoca inesistente.
1.2. – La doglianza è inammissibile per difetto di autosufficienza.
La ricorrente non riporta il contenuto dei documenti prodotti nel giudizio di appello né specifica la sede in cui sarebbero rinvenibili, e quindi non consente di valutarne il significato e la portata ai fini della decisione, e quindi dell’ammissibilità.
E infatti, se anche si ragionasse nella prospettiva indicata dalla ricorrente, l’ammissibilità della produzione documentale in appello sarebbe condizionata alla sussistenza del requisito della rilevanza dei documenti, da accertarsi in questa sede, in quanto la Corte di cassazione chiamata ad accertare un error in procedendo è giudice anche del fatto, ed è quindi tenuta a stabilire se la prova fosse o non rilevante (ex plurimis, Cass., sez. 1, sent. n. 1277 del 2016).
2. – Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 812, 815 e 936 cod. civ., e si contesta la qualificazione degli aeromobili in disuso come beni mobili. La ricorrente evidenzia, nell’ordine, che la rimovibilità degli aeromobili, a mezzo dello svicolo dalle strutture metalliche e cementizie di ancoraggio richiedeva, secondo quanto accertato dal CTU, vere e proprie attività edili; che pertanto si trattava di strutture incorporate al suolo, sia pure in via transitoria, secondo la definizione di bene immobile contenuta nell’art. 812 cod. civ.; che si trattava di beni non iscritti nel registro aeronautico e, viceversa, accatastati come immobili e come tali pignorati.
Su questa premessa, la ricorrente invoca l’applicabilità al caso di specie dell’art. 936 cod. civ., e contesta la ritenuta inammissibilità della relativa eccezione in quanto proposta per la prima volta in appello.
3. – Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 952, 1051, 2041 cod. civ., e 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia ovvero motivazione apparente sul rigetto delle domande riconvenzionali proposte da Jolima nei confronti di M da V.
Ribadita la natura immobiliare dei beni in oggetto, la ricorrente evidenzia che l’art. 952, secondo comma, cod. civ. non richiede, come affermato dalla Corte d’appello, un atto di volizione del proprietario del suolo, essendo sufficiente, ai fini della costituzione del diritto di superficie, che il predetto alieni la proprietà della costruzione già esistente sul quel suolo.
Nel caso di specie, attesa la differenziazione tra titolarità del suolo, in capo a M da V, e titolarità dei beni immobili ivi collocati, in capo a La Gioconda prima e a Jolima poi, quest’ultima aveva diritto di mantenere gli immobili sul suolo altrui.
3.1. – Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondate.
La Corte d’appello ha accertato la natura di beni mobili dei due aeromobili in disuso, partendo dal dato oggettivo della riscontrata rimovibilità degli stessi senza alterazione della struttura – sia pure attraverso un intervento costoso – e quindi della insussistenza nella specie della incorporazione al suolo, non essendo sul punto rilevante l’accatastamento come beni immobili, che era stata imposta dalla destinazione degli aeromobili a strutture di ricezione nell’ambito di un complesso immobiliare.
La decisione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui è bene immobile soltanto il bene incorporato o materialmente congiunto al suolo, e non per mera adesione con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all’uso (ex plurimis, Cass., sez. 1, sent. n. 377 del 2011), e l’accertamento in concreto della sussistenza della connessione fisica costituisce indagine di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, come tale sindacabile in cassazione solo per eventuali vizi della motivazione, che nella specie non sussistono.
L’accertata natura di beni mobili dei due aeromobili esclude in radice l’applicabilità degli istituti dell’accessione, della superficie e della servitù richiamati dalla ricorrente, e ugualmente quest’ultima non può avvalersi dei diritti nascenti dal comodato intercorso tra le società Michelangelo da Vinci e La Gioconda srl, già proprietaria degli aeromobili, trattandosi di soggetto estraneo al contratto.
4. – Con il quarto motivo è denunciata violazione degli artt. 702-bis, 106 e 112 cod. proc. civ., 3, 24, 111 Cost., 6, par. 1, CEDU.
La ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui nel giudizio sommario di cognizione sarebbe ammessa soltanto la chiamata in causa di terzi in garanzia, assumendo peraltro l’erroneità della qualificazione delle domande nella specie da essa proposte nei confronti dei terzi che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, rientravano nel paradigma della garanzia impropria. L’autonomia dei titoli azionati in manleva rispetto al titolo posto a fondamento della domanda principale, in presenza di nesso economico o occasionale, configurava esattamente un’ipotesi di chiamata in causa in garanzia impropria, ammissibile nel giudizio sommario, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 702-bis, quinto comma, cod. proc. civ. La ricorrente evidenzia l’assenza sul punto di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che riconosca il diritto alla chiamata in causa nel rito sommario nell’intero spettro in cui la consente l’art. 106 cod. proc. civ.
4.1. – La doglianza è infondata.
4.2. – In primo luogo va rilevato che la Corte d’appello ha escluso che la chiamata in causa effettuata dalla convenuta Jolima fosse riconducibile a tutte le ipotesi previste dall’art. 106 cod. proc. civ., e quindi sia alla chiamata in garanzia, sia a quella per comunanza di causa. Ne consegue che la contestata affermazione della Corte distrettuale, secondo cui il procedimento sommario sarebbe compatibile soltanto con la chiamata di terzo in garanzia, è priva di decisorietà una volta che sia stato accertato che non sussistevano (neppure) i presupposti della chiamata di terzo per comunanza di causa, e pertanto è irrilevante la questione dei limiti di ammissibilità della chiamata in causa nel procedimento sommario di cognizione – se solo in garanzia, o per tutte le ipotesi contemplate dall’art. 106 cod. proc. civ. – anche sotto il profilo del prospettato dubbio di costituzionalità.
4.3. – Nel merito, si condivide il giudizio della Corte d’appello in ordine alla non ravvisabilità di alcun collegamento tra la domanda di rimozione degli aeromobili dal terreno di proprietà M da Ve le domande riguardanti la vendita coattiva degli aeromobili, oggetto della chiamata in causa.
La ricorrente assume che la chiamata in causa di soggetti a vario titolo coinvolti nella procedura della vendita coattiva configurerebbe una chiamata in garanzia impropria, che non richiede connessione giuridica propria, essendo sufficiente un rapporto di fatto che, “a cascata”, tenda al riversamento sui terzi delle conseguenze patrimoniali dell’altrui diritto.
L’affermazione è priva di fondamento.
Lo scopo della chiamata in garanzia impropria non è il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle perdite che potranno essere cagionate dalla soccombenza, ma la pretesa di vedere riconosciuto un proprio diritto, che ha un collegamento solo occasionale e di mero fatto con quello che costituisce l’oggetto originario del processo (ipotesi paradigmatica è quella delle vendite a catena).
Nel caso in esame, invece, alla base della chiamata dei terzi Jolima ha prospettato l’incompatibilità-difformità tra i diritti da essa acquistati in sede di aggiudicazione e vendita coattiva degli aeromobili in disuso e il diritto azionato dalla M da V. Così delineata, la pretesa avrebbe dovuto essere ricondotta allo schema della garanzia per evizione, che è garanzia propria, se non fosse che non era in alcun modo configurabile la dedotta incompatibilità tra la domanda della M da V il diritto di proprietà degli aeromobili acquistato da Jolima. In nessun modo, infatti, la pretesa della M da V metteva in discussione il diritto di proprietà di Jolima sugli aeromobili in disuso, vertendo esclusivamente sulla illegittimità della loro collocazione, in assenza di un titolo giustificativo.
Per contro, l’azione proposta da Jolima nei confronti dei terzi si sostanziava in una pretesa risarcitoria, relativa alla procedura esecutiva, derivante dalla asserita esistenza di diritti personali vantati da terzi sugli aeromobili.
5. – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, mentre è rigettata la domanda di condanna aggravata alle spese formulata in udienza dal Procuratore generale. Non sussistono, ad avviso del Collegio, i presupposti di cui all’art. 385, quarto comma, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis, in quanto il ricorso in esame non denota un elevato grado di imprudenza, imperizia o negligenza.
Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, per ciascuna delle parti controri-corrente individuate in Save srl, E-, S.L. , Equitalia Nord spa, in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

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