Il condominio è tenuto ad insonorizzare l’appartamento condominiale dato in uso al portiere, ma non ad indennizzare i vicini per il danno alla salute dovuto alle immissioni sonore, se questi hanno una personalità “ipervigilante” e una certa difficoltà nella gestione dei conflitti degli affetti e delle emozioni
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 12 gennaio 2017, n. 661
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto nel suo studio in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO VIA (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio dell’Avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 904/15 in data 25 febbraio 2015;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 30 novembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. (OMISSIS);
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’improcedibilita’ del ricorso ex articolo 369 cod. proc. civ., e in subordine per l’accoglimento del ricorso (Cass. sent. 23283/2014).
FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 6019/2014, accogliendo in parte le domande di (OMISSIS) e (OMISSIS), madre e figlio, comproprietari di un appartamento al piano terreno dello stabile condominiale di via (OMISSIS), ha dato atto che la c.t.u., eseguita nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo instaurato dai predetti prima dell’introduzione della causa di merito, aveva riscontrato che dall’adiacente alloggio adibito ad abitazione della custode del palazzo provenivano immissioni acustiche intollerabili (per utilizzo dei servizi igienici, del televisore situato nel locale soggiorno e per le voci, udibili anche in orario notturno, delle persone che si trovavano nella camera da letto).
Il Tribunale ha altresi’ dato atto che le risultanze di tale c.t.u. ed i suggerimenti del tecnico d’ufficio per ovviare agli inconvenienti riscontrati non erano stati contestati dal Condominio.
Disposta una c.t.u. medico-legale sulle persone della (OMISSIS) e del (OMISSIS), il Tribunale ha osservato che il c.t.u. aveva, per un verso, escluso che i predetti fossero affetti da alcuna malattia riconoscibile e diagnosticabile secondo le piu’ diffuse nosografie psichiatriche, ma aveva tuttavia concluso che sussisteva un nesso tra le immissioni rumorose ed il malessere ansioso-depressivo riscontrato nella (OMISSIS) e nel (OMISSIS), non suscettibile di liquidazione secondo le tabelle medico-legali, ma da affidare all’apprezzamento equitativo del giudice.
Su queste premesse il Tribunale ha liquidato equitativamente la somma di Euro 10.000 a favore di ciascuno degli attori a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, escluso, perche’ non provato, il danno patrimoniale per il minor valore dell’immobile.
Il Tribunale ha altresi’ escluso che sia giustificata una completa inibizione dell’uso del locale condominiale, secondo la richiesta principale degli attori.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 25 febbraio 2015, la Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’appello incidentale del Condominio ed in parziale riforma della pronuncia impugnata, ha respinto tutte le domande di risarcimento del danno proposte contro il Condominio dagli attori, ed appellanti principali, (OMISSIS) e (OMISSIS), condannando questi ultimi, in solido, a restituire al Condominio la somma di Euro 28.307,78, maggiorata di interessi al tasso legale, ha compensato tra le parti le spese di lite del procedimento di primo grado, ha confermato, quanto al resto, la sentenza del Tribunale, e ha condannato gli appellanti principali alla refusione delle spese del grado.
2.1. – La Corte d’appello ha osservato che risulta arduo scorgere un interesse attuale della (OMISSIS) e del (OMISSIS) ad ottenere una pronuncia di inibitoria dell’uso dei locali dell’ex-portineria, non piu’ utilizzati dopo la cessazione del rapporto di lavoro del Condominio con la custode, mentre l’esigenza degli attori di non ricevere immissioni acustiche intollerabili dall’adiacente alloggio condominiale risulta tutelata dalla condanna del Condominio ad eseguire i lavori di insonorizzazione e manutenzione nell’eventualita’ in cui venga deliberato di dare a quei locali di proprieta’ comune una destinazione che ne comporti l’utilizzo continuativo con permanenza di persone.
La Corte di Milano ha ritenuto che dalle risultanze processuali emerge che la (OMISSIS) e il (OMISSIS), pur non essendo soggetti psicotici o affetti da altre malattie diagnosticabili secondo la nosografia psichiatrica, sono individui dalla personalita’ disturbata, con difficolta’ nelle relazioni interpersonali che sono la causa di una reazione abnorme a modeste sollecitazioni disturbanti, quali lo scorrere dell’acqua nei sanitari o le emissioni acustiche provenienti dal televisore o dalle persone presenti nell’appartamento adiacente, e non certo l’effetto di questi fattori ambientali, fermo restando che ove le immissioni rumorose fossero state prodotte attraverso comportamenti emulativi la tutela risarcitoria avrebbe dovuto essere invocata non contro l’incolpevole Condominio, ma contro gli autori delle specifiche condotte illecite disturbanti.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno proposto ricorso, con atto notificato il 20 maggio 2015, sulla base di cinque motivi.
L’intimato Condominio ha resistito con controricorso.
In prossimita’ dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il pubblico ministero ha eccepito, in sede di udienza di discussione, l’improcedibilita’ del ricorso, perche’ i ricorrenti – che pure hanno dichiarato che la sentenza della Corte d’appello e’ stata loro notificata il 24 marzo 2015 – non hanno depositato, unitamente al ricorso, la copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, come prescritto dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, essendosi limitati a depositare una copia autentica della sentenza priva della relazione di notificazione.
1.1. – L’evidente esito decisorio, nel senso – come vedremo – della infondatezza del ricorso, consente di accantonare l’esame dell’eccezione, pur pregiudiziale in ordine logico, di improcedibilita’ del ricorso.
Infatti, poiche’ nella specie e’ pacifico – avendo il Condominio controricorrente provveduto a depositare la copia autentica della sentenza con la relata di notifica – che la sentenza d’appello e’ stata notificata il 24 marzo 2015 (e che il termine breve per il ricorso per cassazione e’ stato rispettato), la questione relativa alla procedibilita’ del ricorso non e’ di immediata soluzione, dipendendo dalla soluzione che le Sezioni Unite, interpellate dall’ordinanza interlocutoria della 1 Sezione civile 21 gennaio 2016, n. 1081, in fattispecie identica nella quale la copia notificata risultava dal fascicolo del controricorrente, daranno al quesito sull’ambito e sui limiti della causa di improcedibilita’ delineata, appunto, dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, (la questione e’ stata discussa nell’udienza pubblica del 27 settembre 2016).
A giustificazione dell’accantonamento della questione preliminare concernente la procedibilita’ del ricorso, puo’ richiamarsi l’indirizzo di questa Corte (Sez. Un., 8 maggio 2014, n. 9936; Sez. lav., 28 maggio 2014, n. 12202) secondo cui il principio della “ragione piu’ liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico-sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’articolo 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, costituzionalizzata dall’articolo 111 Cost., con la conseguenza che il ricorso puo’ essere deciso sulla base della questione ritenuta di piu’ agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (cosi’, da ultimo, anche Cass., Sez. 2, 16 febbraio 2016, n. 2977).
2. – Passando quindi all’esame delle singole censure, con il primo mezzo (violazione degli articoli 844 e 2043 cod. civ.) i ricorrenti si dolgono che, per escludere la responsabilita’ del Condominio, la Corte d’appello abbia erroneamente preso in considerazione il fatto che le immissioni erano generate dalla ex custode e inoltre che esistevano fattori nella personalita’ dei ricorrenti che predisponevano a patologie di origine nervosa. La sentenza impugnata avrebbe dovuto considerare che le immissioni moleste integrano comunque gli estremi di un’attivita’ vietata. Nella specie il nesso di causalita’ tra l’evento delle immissioni e il danno alla salute dei ricorrenti risulterebbe per tabulas dalla c.t.u. medico-legale. Sarebbe erronea l’esclusione della responsabilita’ del Condominio, edotto sin dal 2009 delle risultanze dell’accertamento tecnico preventivo, giacche’ delle immissioni e’ chiamato a rispondere il proprietario del fondo dal quale essere provengono.
Il secondo mezzo denuncia violazione degli articoli 112 e 115 cod. proc. civ. Con esso ci si duole che la Corte d’appello, pur in presenza di un accertamento su un punto di fatto, le immissioni notevolmente eccedenti la soglia della normale tollerabilita’, che non era stato oggetto di specifica impugnazione da parte del Condominio appellato, abbia concluso nel senso che si era in possesso di modeste sollecitazioni disturbanti, cosi’ incorrendo nella palese violazione del giudicato interno formatosi sullo specifico punto della sentenza del Tribunale e violando altresi’ il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Nel proprio atto di appello – si afferma – il Condominio si sarebbe limitato a contestare che il malessere del (OMISSIS) e della (OMISSIS) potesse dar luogo a risarcimento, semplicemente perche’ non costituiva un danno vero e proprio.
Il terzo motivo lamenta violazione degli articoli 40 e 41 cod. pen. e articolo 2043 cod. civ. in relazione ai principi in tema di causalita’. I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia escluso il nesso causale tra il fenomeno delle immissioni e il danno degli appellanti principali; e deducono che non possono essere considerate modeste delle immissioni che superano di 20 DBA il limite di legge.
Con il quarto motivo si censura l’omesso esame di circostanze di fatto, decisive ai fini della controversia: l’anomala tipologia costruttiva dei locali; i dati emersi dalle rilevazioni fonometriche; i correttivi suggeriti dal c.t.u.; la durata dell’esposizione al fenomeno delle immissioni rumorose illecite; il malessere ansioso-depressivo riscontrato nelle persone dei ricorrenti dal c.t.u..
Il quinto mezzo e’ rubricato “violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4” sotto il profilo della “motivazione apparente”. Sarebbe incomprensibile l’affermazione della Corte di merito inerente il disturbo della personalita’ nei ricorrenti alla luce delle conclusioni del c.t.u., dalle quali il giudice d’appello si sarebbe immotivatamente discostato.
3. – I motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati.
Va preliminarmente rilevato che non e’ configurabile la lamentata violazione della disciplina in tema di immissioni, perche’ la Corte d’appello – nel confermare la condanna del Condominio ad eseguire, nell’alloggio condominiale adiacente a quello di proprieta’ degli attori (OMISSIS) e (OMISSIS), i lavori di insonorizzazione e manutenzione nell’ipotesi in cui venga deliberato di dare a quei locali di proprieta’ comune una destinazione che ne comporti l’utilizzo continuativo con permanenza di persone – ha assicurato, con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa, la tutela richiesta ex articolo 844 cod. civ., inibendo al Condominio di destinare i locali in questione ad uso portineria o ad uso continuativo con permanenza di persone se non previa realizzazione delle opere di insonorizzazione previste dal c.t.u.. Il mancato accoglimento, da parte della Corte d’appello, della richiesta di inibitoria tout court dell’uso dei locali della ex-portineria, e’ stato, d’altra parte, ampiamente e correttamente motivato con il rilievo che gli attori difettano di un interesse attuale al riguardo, in considerazione del fatto che tali locali non sono stati piu’ utilizzati dopo la cessazione del rapporto di lavoro del Condominio con la custode, non senza sottolineare che l’uso meramente sporadico ed occasionale per riunioni condominiali (verosimilmente per poche volte nel corso di un anno e per non piu’ di qualche ora in orario diurno o di prima serata ogni volta) non puo’ arrecare ai condomini che risiedono nell’appartamento adiacente alcun apprezzabile disturbo.
Quanto, poi, al danno alla salute, e’ bensi’ esatto che la c.t.u. medico-legale espletata nel corso del giudizio di primo grado – se per un verso ha escluso che la (OMISSIS) e il (OMISSIS) siano affetti da una malattia riconoscibile e diagnosticabile secondo le piu’ diffuse nosografie psichiatriche – ha ravvisato un nesso fra le immissioni rumorose ed il malessere ansioso-depressivo riscontrato nei predetti, non suscettibile di liquidazione secondo le tabelle medico-legali, ma da affidare all’appezzamento equitativo del giudice.
E, tuttavia, la Corte d’appello ha motivatamente ed analiticamente spiegato nel ragioni del proprio diverso convincimento, indicando gli elementi e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u..
Ha in proposito spiegato la Corte territoriale che il c.t.u., senza alcuna congruenza logica (ispirandosi apparentemente al fallace brocardo post hoc ergo propter hoc), ha istituito una relazione causale fra le lamentate immissioni rumorose (scorrere dell’acqua nei sanitari del bagno dell’alloggio della custode, emissioni sonore provenienti dal televisore che ivi si trovava e dal vociare di persone presenti in quei locali) ed il malessere ansioso-depressivo della (OMISSIS) e del (OMISSIS), in contraddizione con le risultanze dell’indagine psico-diagnostica condotta dallo stesso c.t.u..
Tale indagine ha infatti riscontrato nella (OMISSIS) “caratteristiche della personalita’ ossessivo-compulsiva”, per “una certa difficolta’ nella gestione dei conflitti, degli affetti e delle emozioni”, con un punteggio nella scala paranoide (BR=78) che, sebbene sotto soglia, suggerisce che “la signora e’ piuttosto vigile ed attenta all’ambiente; le situazioni sono spesso vissute come pericolose o potenzialmente dannose e la percezione del mondo tende ad assumere facilmente una coloritura persecutoria”.
Ancor piu’ elevata e’ risultata nel (OMISSIS) la presenza di tratti e caratteristiche del disturbo ossessivo-compulsivo di personalita’, con risultati al test di Rorschach indicativi di un soggetto “ipervigilante”, vale a dire di una persona che “investe molta energia per mantenere vivo un continuo stato di allerta. Tali persone sono vulnerabili e di conseguenza sono sempre sulla difensiva, pronte a controbattere a un attacco. Non hanno fiducia negli altri, non sentono il bisogno di vicinanza e per questo evitano di instaurare relazioni intime e profonde con altre persone”.
In questo contesto, la Corte d’appello ha escluso l’esistenza di un nesso causale tra le lamentate immissioni rumorose ed il malessere ansioso-depressivo, rilevando che quel malessere non e’ l’effetto dei fattori ambientali, quanto piuttosto da ricollegare al fatto che gli attori sono – come confermato dalla documentazione sanitaria – individui dalla personalita’ disturbata, con difficolta’ nelle relazioni interpersonali che sono la causa di una reazione abnorme a modeste sollecitazioni disturbanti, quali lo scorrere dell’acqua nei sanitari o le emissioni acustiche provenienti dal televisore dalle persone presenti nell’appartamento adiacente.
Nel pervenire a questa conclusione, la Corte d’appello non e’ incorsa in nessuno dei vizi lamentati.
Non e’ configurabile la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto che la tutela risarcitoria e’ stata esclusa in accoglimento di uno specifico motivo di appello incidentale, con il quale il Condominio aveva dedotto che, alla luce delle stesse risultanze probatorie, doveva appunto escludersi che la (OMISSIS) e il (OMISSIS) avessero sofferto alcuna lesione dell’integrita’ psico-fisica e che era stata erronea la qualificazione come “danno alla salute in senso lato” del generico malessere ansioso-depressivo riscontrato nei predetti, sicche’ del tutto apparente doveva considerarsi la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva determinato in Euro 10.000 il risarcimento spettante ai due condomini, somma stabilita secondo un criterio assai piu’ arbitrario che equitativo.
Non sussiste neppure violazione dell’articolo 115 cod. proc. civ., giacche’ le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice, il quale ben puo’ legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata, come nella specie, alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (cfr. Cass., Sez. I, 3 marzo 2011, n. 5148).
Ne’, d’altra parte, sussiste violazione degli articoli 40 e 41 cod. pen. e articolo 2043 cod. civ. in relazione ai principi in tema di causalita’: infatti l’accertamento del nesso causale tra il fatto illecito e l’evento dannoso rientra tra i compiti del giudice del merito, e la Corte, investita di uno specifico motivo di gravame sulla insussistenza del danno, ha individuato nella personalita’ disturbata degli attori la causa prossima di rilievo del malessere ansioso-depressivo, escludendo l’efficacia causale delle immissioni rumorose.
Ancora, non e’ configurabile il vizio di omesso esame di circostanze decisive ai fini della controversia, giacche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato, come nella specie, comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
L’argomentazione stringente e puntuale che sorregge il decisum, palesemente emergente dalla lettura della sentenza, esclude poi che ricorra un’ipotesi di motivazione meramente apparente o obiettivamente incomprensibile.
In definitiva, nel contestare il decisum della Corte d’appello, i ricorrenti, pur lamentando formalmente una plurima violazione di legge e un decisivo difetto di motivazione, tendono, in realta’, ad una (non ammissibile in sede di legittimita’) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze ormai definitivamente accertati in sede di merito.
Sotto questo profilo i ricorrenti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, invocano, piuttosto, una diversa lettura delle risultanze procedimentali cosi’ come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, muovendo cosi’ all’impugnata sentenza censure che non possono trovare ingresso in questa sede, perche’ la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
3. – Il ricorso e’ rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
4.- Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal Condominio controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13
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