SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

Sentenza 11 gennaio 2012, n. 270

Fatto e diritto

1- L. B. A. R., tramite difensori, ricorre per cassazione avverso la sentenza del tribunale di Lecce. 28.1/25.2.2011 che lo condannava alla pena di euro 30.000 di ammenda per il reato di cui all’art. 659 c.p.,denunciandone l’illegittimità sotto più profili: per costituire mero illecito amministrativo il fatto di aver superato i limiti di rumore, provenienti dal condizionatore installato nel suo locale adibito a gioielleria, come determinati dalla l. n. 447/1995; per violazione della doverosa corrispondenza tra l’imputazione contestata e la sentenza, ex art. 521, la prima richiamando la fattispecie prevista dall’art. 659 comma 2, c.c.p., la seconda invece incapsulando il fatto di reato nella ipotesi prevista dal primo comma dello stesso articolo; per aver fondato la decisione dì condanna su un accertamento tecnico sulla rumorosità dell’impianto senza preavviso e quindi in violazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova; per violazione della norma penale che configura una condotta punibile in quanto reca disturbo ad un numero indeterminato di persone e non invece, come nel caso di specie ad una sola persona.

2 – Il ricorso merita accoglimento per la fondatezza del motivo che denuncia la non configurabilità del reato contestato nel caso in cui il disturbo viene arrecato ad una singola o a un gruppo ristretto di persone.

Invero in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore, stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, può integrare la fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 659 c.p., non essendo applicabile il principio di specialità di c:ui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981, in quanto la fattispecie penale contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma primo, estraneo all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma secondo della legge n. 447 del 1995, che tutela genericamente la salubrità ambientale (v., per tutte, Sez. 1, 5.12.2006/19.1.2007, Rey c.a., Rv 235883). Ma una tale disposizione esula certo dal caso di specie dove il rumore non proviene certo dall’esercizio dalla professione o di un mestiere rumoroso, non potendosi certo ritenere tale una gioielleria nei cui locali vengono installati condizionatori d’aria. Peraltro proprio il reato previsto dal primo comma dell’art. 659 c.p. è stato contestato all’imputata e l’elemento di prova è stato desunto, al di là de!l’accertamento tecnico contestato, dalle dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile, e da testi che lo hanno anch’essi avvertiti dall’appartamento della predetta.

Senonché nel caso di specie non si rinvengono tutti gli dementi costitutivi del reato come configurato: in effetti in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, i rumori e gli schiamazzi vietati, per essere penalmente sanzionabile la condotta che li produce, debbono incidere sulla tranquillità pubblica – essendo l’interesse specificamente tutelato dal legislatore quello della pubblica tranquillità sotto l’aspetto della pubblica quiete, la quale implica, di per sé, l’assenza di cause di disturbo per la generalità di consociati – di guisa che gli stessi debbono avere tale potenzialità diffusa che l’evento di disturbo abbia la potenzialità di essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se, poi. in concreto soltanto alcune persone se ne possano lamentare. Ne consegue che la contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori arrechino disturbo, come nel caso di specie, ai soli occupanti di un appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti; infatti, in tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di definite persone, sicché un fatto del genere «può costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a violazione penalmente sanzionabile ( v, per tutte, Sez. 1, 17.3/17.5.2010, Oppong, Rv 247062; Sez. 1, 12.12.1997/5.2.1998, P.C. e Constantini, Rv. 209694).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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