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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza  7 marzo 2014, n. 5394

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19/03/2010, il Tribunale di Chiavari pronunciava la separazione giudiziale dei coniugi Q.F. e B.F., assegnava la casa coniugale al marito, al quale imponeva l’obbligo di provvedere in via esclusiva al mantenimento del figlio E. maggiorenne ma non autosufficiente economicamente; condannava il marito a corrispondere alla B. assegno di €. 250,00 mensili.
Proponeva appello la B., chiedendo l’addebito al marito e l’elevazione dell’assegno per sè ad €. 700,00 mensili. Costituitosi il contraddittorio, il Q. chiedeva rigettarsi l’appello e, in via incidentale, chiedeva l’addebito della separazione alla moglie e la revoca dell’assegno a suo favore. Con sentenza 15/01/2011, la Corte di Appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello principale, determinava l’assegno per la moglie in €. 300,00 mensili.
Ricorre per cassazione la B.
Resiste con controricorso il Q., che pure propone ricorso incidentale.

Motivi della decisione

Va preliminarmente osservato che il ricorso principale non appare inammissibile ai sensi del’art. 360 bis c.p.c., non ravvisandosi contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte.
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 112, 115, 167 e 345 c.p.c., nonché contraddittorietà della motivazione, contestando circostanze, ritenute pacifiche dal giudice di appello, attinenti alla sua attività lavorativa e ad un’affermata convivenza more uxorio di essa stessa, in punto determinazione dell’assegno di mantenimento.
Con il secondo, violazione degli artt. 112, 156, c.c., e vizio di motivazione, in punto determinazione dell’assegno di mantenimento.
Con il terzo, violazione degli artt. 112 e 156 c.c., in punto addebito della separazione al marito.
Va accolto il primo motivo del ricorso principale.
Il giudice a quo afferma che la B. non ha contestato di svolgere attività lavorativa, così come aveva indicato il marito; ancora, afferma che essa non ha negato una consolidata relazione affettiva “sfociata in una convivenza, con conseguente condivisione delle spese quotidiane con il compagno”. Precisa la ricorrente, richiamando specificamente passi delle sue difese e di quelle di controparte, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, di aver affermato di non avere possibilità di reperire lavoro stabile ed idoneo a mantenerla, avendo avuto possibilità di svolgere soltanto qualche ora di lavoro domestico saltuario, al contrario il marito afferma che la B. svolge una pluralità di stabili collaborazioni domestiche nonché attività di lavoro subordinato per la produzione di dolciumi. Allo stesso modo, la B. non ha mai affermato di avere un rapporto di convivenza stabile, tale da incidere sulla valutazione del suo mantenimento; nell’atto di appello, ha sostenuto di dover provvedere da sola al pagamento della locazione della prima casa e al proprio sostentamento quotidiano, a fronte delle affermazioni di controparte circa una consolidata relazione affettiva e conseguente convivenza, con suddivisione delle spese quotidiane con il partner.
Si tratta, all’evidenza, di due ricostruzioni di fatto, assolutamente divergenti, ed ha errato dunque il giudice a quo, ritenendo come ammesse, circostanze, assolutamente contestate. Le stesse sono sicuramente assai rilevanti, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento.
L’accoglimento del primo motivo produce necessariamente l’assorbimento del secondo, attinente all’assegno di mantenimento.
Il terzo motivo va rigettato.
La ricorrente lamenta che il giudice a quo non si sia pronunciato sull’addebito al marito: al contrario, la Corte di merito aveva rigettato il relativo motivo, sostenendo che i comportamenti di entrambi i coniugi erano espressione di una preesistente crisi coniugale.
Quanto al ricorso incidentale, il ricorrente propone due motivi. Con il primo lamenta violazione dell’art. 156 c.c., 113, 115, 116, c.p.c. , in punto assegno per la moglie; con il secondo, violazione degli artt. 151, 156 c.c., 113, 115, 116 c.p.c. in ordine all’addebito alla moglie.
I motivi vanno rigettati, in quanto infondati, pur presentando, soprattutto il secondo, vari profili di inammissibilità.
Al di là della valutazione sulle circostanze, contestate dalla B., cui si è fatto precedentemente riferimento, la Corte di Appello esamina la posizione economica delle parti, e in particolare quella del marito, che ha svolto attività di lavoro dipendente ed è proprietario di alcuni immobili. Valuta la posizione economica del Q. “più solida” di quella della moglie, e richiama acquisti voluttuari del marito a lui attribuiti dalla B. e, in questo caso, non contestati.
Quanto all’addebito, la Corte, come già si è osservato, richiama le difficoltà di entrambi i coniugi ad affrontare le problematiche di tipo psicologico manifestate dal figlio e precisa, con valutazione motivata adeguatamente e non illogica dunque insuscettibile di controllo in questa sede), che la relazione extraconiugale della moglie si collocava in una epoca tale da non poter essere che conseguenza di una convivenza coniugale logorata.
Richiama il ricorrente incidentale la “valutazione delle prove ampiamente svolte”, senza fornire indicazioni specifiche al riguardo, e dunque sul punto il ricorso presenta alcuni caratteri di inammissibilità. Va dunque rigettato il ricorso incidentale.
In accoglimento del primo motivo del ricorso principale, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, che riesaminerà la posizione economica delle parti e determinerà l’importo dell’assegno a favore della B., non inferiore comunque a quanto statuito, al riguardo, dal giudice di appello, e pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il ricorso principale; rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, che si pronuncerà pure sulle spese del presente giudizio.
A norma dell’art. 52 D.L. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.

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