assegni protesti

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 3 luglio 2014, n. 15266


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6830/2008 proposto da:
(OMISSIS) ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SOCIETA’ PER AZIONI (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 12/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 12.1.2007) la Corte di appello di Bari ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) contro la decisione del Tribunale che ne aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposti contro il (OMISSIS) per l’asserito illegittimo protesto di un assegno bancario di lire 971.000 emesso nel 1989 che avrebbe determinato il fallimento dell’attore – imprenditore commerciale – con un danno quantificato in lire 1.500.000.000.
La Corte di appello ha evidenziato che la banca convenuta era tenuta a pagare per primo un assegno di lire 3.500.000, emesso il 4.12.1989 e presentato all’incasso il 12.12.1989 e per secondo l’assegno di lire 971.000, emesso il 12.12.1989 e presentato all’incasso il 14.12.1989. Una volta posto all’incasso il 12 dicembre l’assegno di lire 3.500.000, l’insufficiente provvista disponibile sul c/c del (OMISSIS) restava assoggettata per legge ad un vero e proprio vincolo di indisponibilita’ che ne impediva l’utilizzazione per pagare l’assegno di lire 971.000 successivamente presentato dalla (OMISSIS) e dunque giustamente protestato il 22 dicembre per mancanza di fondi. Infine, mancava qualsiasi nesso causale tra il protesto del 1989 e il fallimento del 1992, anche alla luce dell’indebitamento notevole dell’attore.
Contro la sentenza di appello il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso il (OMISSIS) Societa’ per Azioni.
Nel termine di cui all’articolo 378 c.p.c., parte controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omessa motivazione sui motivi di appello e formula, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, il seguente quesito: “se e’ vero che la sentenza di assoluzione del (OMISSIS) in uno al materiale probatorio versato in atti, avrebbero potuto far scaturire un giudizio di assoluta responsabilita’ contrattuale e/o extracontrattuale in capo al Banco convenuto e se l’articolo 2 c.p.p., comma 2, consentisse l’utilizzo e l’interpretazione in senso completamente difforme, da parte del Giudice chiamato a decidere in altro procedimento civile, nei motivi della sentenza, delle risultanze istruttorie del procedimento penale”.
2.1.1.- Il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c..
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte e’ inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., nn. 3) e 5), salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonche’, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’articolo 366-bis cod. proc. civ. (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, sebbene abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47 (Sez. 3, n. 12248/2013).
Nella concreta fattispecie il ricorrente non si e’ attenuto al principio innanzi enunciato, formulando un unico quesito di diritto, nonostante la congiunta denuncia di vizio di motivazione e violazione di norme di diritto.
Va aggiunto, poi, che la motivazione della sentenza verte in sostanza sulla legittimita’ del protesto, mentre nella censura si discute del preteso inadempimento di obbligazioni accessorie della banca (preventiva comunicazione dell’inidoneita’ del versamento di un assegno fuori piazza a impedire il protesto).
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine al rigetto della domanda di danni per responsabilita’ contrattuale nonche’ violazione e falsa applicazione degli articoli 1175, 1176, 1710 e 1176 c.c.. Formula il seguente quesito ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c.: “se e’ vero che la Corte di appello di Bari sia incorsa nell’erronea e falsa applicazione nella fattispecie de qua degli obblighi del mandatario di cui all’articolo 1710 c.c., comma 2, articolo 1712 c.c., comma 1, articolo 1718 c.c., comma 3, articolo 1732 c.c., comma 3, oltre che all’importante principio ancor piu’ generale avente ad oggetto l’obbligo, nel caso di specie, della banca di portare a conoscenza del cliente ogni circostanza rilevante nello svolgimento del rapporto in conformita’ al dovere di diligenza e buona fede (articoli 1175, 1176, 1710 e 1176 c.c.)”.
2.2.1.- Il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c., perche’ la formulazione del quesito non e’ conforme al principio enunciato da Cass., Sez. 3, n. 12248/2013.
Inoltre, oltre ad essere affatto generico e privo di qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta, il quesito di diritto si risolve nella mera richiesta alla Corte di Cassazione dell’accertamento dell’erroneita’ della decisione impugnata. Non e’ precisata la regola di diritto applicata e, per converso, quella che il giudice del merito avrebbe dovuto applicare in relazione ad una precisa fattispecie.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., formulando il seguente quesito: “se e’ vero che la ricostruzione storica dei fatti operata dalla Corte d’Appello di Bari sia stata del tutto parziale senza alcuna considerazione delle norme che obbligavano comunque il (OMISSIS) ad adottare nel caso de quo tutte le cautele del caso al fine di evitare al malcapitato sig. (OMISSIS) l’illegittimo protesto dell’assegno, con piena violazione delle norme di cui agli articoli 1175, 1176 in uno all’articolo 2043 c.c.”.
2.3.1.- Il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c., per le medesime ragioni indicate a proposito del secondo motivo. Invero, oltre ad essere affatto generico e privo di qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta, il quesito di diritto verte sulla parzialita’ della ricostruzione storica dei fatti e si risolve nella mera richiesta alla Corte di Cassazione dell’accertamento dell’erroneita’ della decisione impugnata.
2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia “presunte affermazioni offensive e ingiuriose nei confronti del (OMISSIS) e presunta preesistenza dello stato di decozione in capo al ricorrente e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c.”.
Formula il seguente quesito: “se e’ vero che la Corte di appello di Bari sia incorsa in evidente, falsa ed erronea applicazione delle norme di cui all’articolo 2697 c.c., per non aver ritenuto provato che la dichiarazione di fallimento del sig. (OMISSIS) abbia trovato la sua causa diretta nell’intervenuto illegittimo protesto dell’assegno di lire 971.000, con ogni conseguenza di legge”.
2.4.1.- Si tratta di motivo inammissibile sia perche’ versato in fatto sia per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c..
Peraltro, la violazione dell’articolo 2697 c.c., e’ deducibile come vizio di motivazione e il quesito non indica quali affermazioni della sentenza impugnata siano contraddittorie o illogiche o mancanti in ordine a determinati e specifici fatti principali o secondari.
2.5.- Con il quinto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine al motivo di appello che contestava il rigetto di istanze istruttorie; violazione e falsa applicazione dell’articolo 244 c.p.c.,
Formula il seguente quesito: “se e’ vero che la Corte di appello di Bari sia incorsa nell’erronea ed omessa valutazione delle richieste istruttorie siccome non ammesse in primo grado, omettendo di pronunciarsi comunque sulla loro conformita’ a legge ed in particolare dell’articolo 244 c.p.c.”.
2.5.1.- Il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c., per le ragioni esposte in ordine al primo motivo, mancando la formulazione della sintesi del fatto controverso e mancando qualsiasi indicazione delle richieste istruttorie disattese.
2.6.- Con il sesto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articoli 32 e 35 e formula il seguente quesito: “se sia corretta l’interpretazione dell’articolo 35 l.a.b. operata dalla sentenza impugnata e se, in caso di mancata presentazione dell’assegno per il pagamento nei termini di cui al Regio Decreto n. 1736 del 1933, articolo 32, comma 1, l’Istituto bancario potesse procedere alla levata del protesto”.
2.6.1.- Il motivo e’ infondato.
Il ricorrente denuncia la violazione degli articoli 32 e 35 legge ass. deducendo che l’assegno fu presentato per il pagamento dopo il termine di otto giorni, e la banca “avrebbe potuto” evitare il protesto.
Per converso va ribadito che il superamento del termine comporta solo il potere del traente di revocare l’assegno con effetto vincolante per la banca. Nella specie non vi fu revoca da parte del cliente, pur informato.
La pronuncia impugnata, invero, e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’articolo 35 legge assegno, secondo il quale l’ordine di non pagare la somma portata dal titolo non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione, si interpreta nel senso che prima della detta scadenza la banca non deve tener conto della revoca disposta dal cliente, dovendo al contrario provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili, atteso che la disposizione mira ad assicurare un’affidabile circolazione del titolo e a garantire l’esistenza dei fondi dal momento dell’emissione dell’assegno fino alla scadenza del termine di presentazione (Sez. 1, n. 10579/2004).
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in euro 10.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori e spese forfettarie come per legge.

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