Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 29 ottobre 2015, n. 43704
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto – Presidente
Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere
Dott. MAZZEI Antonella P. – Consigliere
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandr – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza n. 581/2012 emessa il 23/06/2014 dal Tribunale di Sulmona;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Alessandro Centonze;
Udito il Procuratore generale, in persona del Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
Udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS).
RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 23/06/2014 il Tribunale di Sulmona, procedendo con rito ordinario, giudicava (OMISSIS) colpevole del reato di molestie telefoniche commesse in danno di (OMISSIS), con una condotta protrattasi sino al (OMISSIS), condannandolo alla pena di 300,00 euro di Ammenda, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costituita che liquidava in 3.000,00 euro.
Si riteneva, in particolare, dimostrata la responsabilita’ del (OMISSIS) sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che venivano riscontrate dalle dichiarazioni del teste (OMISSIS), il quale aveva effettuato l’acquisizione dei tabulati presso il gestore telefonico delle utenze interessate compiendo i relativi controlli investigativi e confermando che le chiamate provenivano da un’utenza utilizzata dall’imputato.
2. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore, proponeva impugnazione davanti alla Corte di appello dell’Aquila che veniva convertita in ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 568 c.p.p., comma 5, deducendo quattro motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deduceva l’incompetenza territoriale del Tribunale di Sulmona, dal quale l’imputato era stato giudicato, atteso che il (OMISSIS) aveva subito le molestie telefoniche mentre si trovava a (OMISSIS), dove risiedeva, con il conseguente radicamento della competenza territoriale del procedimento presso il locale Tribunale.
Con gli altri motivi di ricorso si deduceva l’insussistenza del fatto contestato al (OMISSIS) per mancanza degli elementi materiale e psicologico del reato di cui all’articolo 660 c.p., in relazione ai quali non era stata acquisita nel giudizio di merito la prova della commissione del fatto da parte dell’imputato e comunque dell’intento di molestare la persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo di ricorso e’ infondato, atteso che, secondo quanto accertato dal teste (OMISSIS) che eseguiva le verifiche investigative dalle quali traeva origine il presente procedimento penale su delega del pubblico ministero, le telefonate moleste venivano effettuate dal (OMISSIS) mentre la persona offesa si trovava nel territorio di (OMISSIS), che e’ una localita’ che ricade nel territorio di competenza del Tribunale di Sulmona.
A fronte di tale dato processuale, univoco e non contestato dalla difesa dell’imputato, non emergevano elementi di segno contrario, idonei a radicare la competenza territoriale del procedimento presso il Tribunale di Chieti, rispetto ai quali la prospettazione difensiva risulta sprovvista di supporto probatorio.
2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso in relazione alle ulteriori doglianze difensive, proposte come secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, mediante le quali si censurava l’erroneo inquadramento della condotta illecita ascritta al (OMISSIS), non sussumibile nella fattispecie tipizzata dall’articolo 660 c.p., sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo che sotto il profilo dell’elemento soggettivo.
Deve, in proposito, rilevarsi che la motivazione del provvedimento impugnato risulta congrua dal punto di vista della ricostruzione dei presupposti indispensabili per la configurazione della fattispecie di reato contestata al (OMISSIS), essendo provato processualmente che le molestie si concretizzavano attraverso l’effettuazione di numerose telefonate presso l’utenza del (OMISSIS), marito della donna con cui il ricorrente aveva una relazione, alcune delle quali avvenivano in orario notturno.
Questo dato processuale, peraltro, deve ritenersi incontrovertibile, tenuto conto delle risultanze dei tabulati telefonici trasmessi dai gestori telefonici interessati – sui quali riferiva il teste (OMISSIS) – e delle dichiarazioni della stessa persona offesa del reato, la quale precisava che la maggior parte delle telefonate era stata effettuata in orario notturno, dopo le ore 3.30; il che rende irrilevante le deduzioni difensive secondo cui le telefonate erano avvenute mentre nell’abitazione dell’imputato erano presenti altri soggetti, tra cui i testi (OMISSIS) e (OMISSIS).
In questa cornice processuale, il numero elevato e le modalita’ inequivocabilmente moleste con cui le chiamate telefoniche venivano effettuate presso l’utenza del (OMISSIS) non consentono di ipotizzare la natura occasionale di tali contatti telefonici, anche alla luce del contenuto univoco della deposizione resa all’udienza del 03/02/2014 dalla persona offesa. Tali incontroversi elementi probatori, dunque, consentono di ritenere provato – in linea con quanto affermato nella sentenza impugnata – che le molestie telefoniche poste in essere in danno del (OMISSIS), per le connotazioni di petulanza che le caratterizzavano, erano idonee a configurare il reato contestato all’imputato ai sensi dell’articolo 660 c.p., sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo (cfr. Sez. 1, n. 20200 del 07/03/2013, De Piano, Rv. 256158).
In definitiva, le modalita’, l’orario notturno e il tenore delle telefonate – nelle quali si faceva anche riferimento allusivo ai familiari del (OMISSIS) – non consentono di dubitare della natura molesta di tali contatti telefonici, anche alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: “Il reato di molestia di cui all’articolo 660 c.p., non e’ necessariamente abituale, per cui puo’ essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purche’ ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri” (cfr. Sez. 1, n. 3578 del 07/11/2013, Moresco Rv. 258260).
Ne discende conclusivamente che anche tali doglianze difensive risultano infondate.
3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione in favore della parte civile (OMISSIS) delle spese sostenute nel presente giudizio, che si liquidano in complessivi 2.500,00 euro, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalla parte civile (OMISSIS), che liquida in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
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