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La massima

In tema di simulazione relativa, laddove non si applichi il rigoroso regime giuridico derivante dalla necessità della forma scritta ad substantiam, le limitazioni poste dal secondo comma dell’art. 1417 cod. civ. non riguardano l’interrogatorio formale, ma sono limitate alla prova testimoniale e, correlativamente (ai sensi dell’art. 2729, comma secondo, cod.civ.) a quella per presunzioni, essendo l’interrogatorio formale un mezzo di prova diretto ad ottenere l’effetto legale tipico della confessione.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I

SENTENZA 25 luglio 2013, n.18079

Ritenuto in fatto

La cassa di Risparmio di Parma e Piacenza otteneva decreto ingiuntivo nei confronti di G..V. , per uno scoperto di conto corrente di L. 1.039.744.081. Avverso il provvedimento monitorio proponeva opposizione il V. deducendo di aver sottoscritto un contratto di apertura di credito esclusivamente per consentire il finanziamento della s.r.l. Valtrompia Service, società con la quale la banca non poteva esporsi formalmente e direttamente a causa di altre passività di tale cliente. Deduceva pertanto di essersi prestato ad una simulazione soggettiva al fine di risultare l’apparente beneficiario del finanziamento, con l’intesa che la sua firma sarebbe stata soltanto di favore e non comportante alcun obbligo verso l’istituto. Il giudice di primo grado, previa declaratoria d’inammissibilità della prova testimoniale dedotta dal V. in virtù dell’operatività del divieto disposto dagli artt. 1417 e 2722 cod. civ., in assenza di qualsiasi principio di prova scritta che consentisse l’applicabilità dell’art. 2724 cod. civ., rigettava la domanda. Proposto appello da parte del V. , la Corte d’Appello confermava la pronuncia del giudice di primo grado sulla base delle seguenti affermazioni:
– il contratto sottoscritto dal V. non è assoggettato alla forma scritta a pena di nullità ai sensi dell’art. 117 d.lgs. n. 385 del 1993, dal momento che la norma è posta nell’esclusivo interesse del cliente, unico legittimato ai sensi del successivo art. 127 t.u.b. a far valere la predetta nullità;
– il contratto dissimulato (concessione di finanziamenti ad imprese in decozione)non ha natura illecita con conseguente applicazione del divieto della prova testimoniale previsto dall’art. 1417 cod. civ.;
– risulta cruciale, pertanto, verificare l’applicabilità della deroga prevista dall’art. 2724 n. 1 cod. civ., ovvero se possa sostenersi l’esistenza di un principio di prova scritta proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, che giustifichi l’accesso alle prove testimoniali dedotte dal V. ;
– la Corte aderendo ad un orientamento della giurisprudenza di legittimità esclude che il principio di prova scritta possa essere desunto dal contratto simulato e ritiene gli altri documenti privi dei requisiti richiesti dalla norma in quanto non provenienti dalla parte conto cui è diretta la prova (l’istituto bancario);
– deve ritenersi inammissibile anche il richiesto interrogatorio formale, in quanto riferito a circostanze confessorie non cadute sotto la diretta percezione del legale rappresentante dell’istituto bancario in quanto relative a contatti ed accordi avuti con funzionari della sede di Milano dell’istituto.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione V.G. e controricorso e ricorso incidentale l’istituto bancario. Il V. ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

Il ricorso non è formalmente articolato in motivi separati ma è agevole desumerne la seguente suddivisione : il primo motivo riguarda la violazione degli artt. 1417 e 2724 cod. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata esclude che il principio di prova scritta possa provenire dal contratto simulato, senza ponderare la duplicità di orientamenti che si affaccia nella giurisprudenza di legittimità. Il contratto simulato presentava evidenti anomalie: aveva durata di due mesi e non prevedeva garanzie. I documenti prodotti indicano esplicitamente dell’esistenza dell’accordo. Uno è una lettera della Valtrompia alla Cassa di Risparmio nella quale si parla di questo accordo(lettera 23/10/95, riportata a pag. 13 del ricorso) il secondo è ancora più esplicito (lettera del 6 dicembre 1996 nella quale la società fa riferimento all’intervenuto accordo simulatorio, indicando i nomi dei funzionari coinvolti); il terzo è un estratto conto 13/3/96 a zero lire. Non ci sono state movimentazioni sul predetto conto a parte il finanziamento in questione. Il ricorrente deduce di non aver ricevuto alcun altro estratto conto, anche se il contratto di conto corrente e l’apertura di credito sono del 21/4/94.

il secondo motivo censura la mancata qualificazione come illecito dell’accordo simulatorio. Secondo la parte ricorrente deve ritenersi contrario a norme imperative l’operato della banca in quanto teso alla concessione di un finanziamento a favore di una società in decozione che non poteva beneficiare di alcun affidamento, il terzo motivo censura l’illegittima decisione d’inammissibilità dell’interrogatorio formale formulata dalla Corte d’Appello. Afferma al riguardo il ricorrente che il limite alla prova testimoniale previsto dall’art. 1417 cod. civ. non poteva estendersi anche all’interrogatorio formale. Aggiunge che dovendosi ritenere, per le ragioni già svolte nel primo motivo, esistente un principio di prova scritta ex art. 2724 cod. civ., doveva ritenersi ammissibile anche la prova per testi dedotta. Di entrambi i mezzi istruttori vengono riproposti i capitoli e vengono indicati i testi da escutere.

Nel quarto motivo viene dedotto il vizio di motivazione in ordine all’omessa o carente giustificazione della mancata adesione all’indirizzo giurisprudenziale relativo alla possibilità di desumere il principio di prova scritta ex art. 2724 cod. civ., in tema di simulazione, anche dall’atto simulato.

Nel primo motivo di ricorso incidentale viene dedotto il vizio di violazione di legge nonché quello ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per non avere la sentenza impugnata ritenuto che il contratto oggetto della denuncia di simulazione richiedesse la forma scritta ad substantiam con conseguente inammissibilità ex art. 2725 cod. civ. della prova per interrogatorio formale e per testi ed inapplicabilità dell’art. 2724 n. 1 cod. civ. Secondo l’istituto controricorrente soltanto la perdita del documento (art. 2724 n. 3 cod. civ.) avrebbe reso possibile l’accesso alle prove orali, dovendo applicarsi, nella specie, l’art. 117 del d.lgs n. 385 del 1993 che contiene l’obbligo a pena di nullità di redigere i contratti per iscritto.

Nel secondo motivo di ricorso incidentale viene censurata la statuizione relativa alla compensazione delle spese di lite in quanto priva dell’enunciazione dei motivi che la dovrebbero giustificare Ritiene il Collegio di dover affrontare preliminarmente il terzo motivo del ricorso principale nella parte in cui censura l’illegittima declaratoria d’inammissibilità dell’interrogatorio formale deferito dal ricorrente al legale rappresentante dell’istituto bancario, contestualmente con il primo motivo del ricorso incidentale, secondo il quale la rigorosa applicazione dell’art. 117 T.U. n. 385 del 1993 avrebbe escluso in via radicale l’accesso ad ogni tipologia di mezzo di prova orale (per interrogatorio formale o per testi) essendo il requisito della forma scritta, richiesto ad substantiam. (salva l’applicabilità dell’art. 2724 n. 3 cod. civ.) La Corte d’Appello ha giustificato la propria statuizione osservando che i capitoli avevano ad oggetto circostanze di fatto non cadute sotto la percezione di chi era chiamato a rispondere in quanto i contatti finalizzati alla sottoscrizione del contratto asseritamente simulato, erano stati tenuti sempre con funzionari della filiale di XXXXXX. Pertanto il legale rappresentante non poteva confessare fatti di cui non aveva fatto esperienza diretta.

L’esame dei motivi richiede preliminarmente l’esame della concreta valenza dell’obbligo di prova scritta nei contratti bancari, alla luce della peculiare disciplina della nullità prevista nel secondo comma dell’art. 127 T.U. n. 385 del 1993 e successive modificazioni. Al riguardo si deve osservare che la previsione della forma scritta a pena di nullità contenuta nell’art. 117, terzo comma del T.U. n. 385 del 1993 (‘nel caso d’inosservanza della forma scritta il contratto è nullo’) deve essere interpretata alla luce della previsione del citato art. 127 secondo comma, ai sensi del quale ‘le nullità previste dal presente titolo (Titolo VI ‘trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti’) possono essere fatte valere solo dal cliente’. La norma, di conseguenza non riguarda soltanto i contratti bancari conclusi con i consumatori, ma si estende ad ogni tipologia di cliente nei rapporti con la banca.

Consegue che, come correttamente evidenziato dalla Corte d’Appello, la peculiare disciplina normativa del rilievo delle nullità in questi contratti conduce ad escludere che la mancanza di forma scritta dell’accordo dissimulato possa essere indicata dall’istituto bancario, come ostativa all’ammissibilità dell’interrogatorio formale.

Pur potendosi astrattamente collocare la previsione dell’art. 117 T.U. n. 385 del 1993 nel genus dei contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad substantiam, la finalità di protezione esclusiva di uno dei contraenti, ritenuto dal legislatore esposto alle conseguenze di una condizione di asimmetria informativa e di disequilibrio contrattuale desumibili in via generale dalla natura del contratto, dall’elevato tasso tecnico delle pattuizioni e dalle condizioni soggettive dei contraenti, ha determinato una disciplina normativa derogatoria del rilievo officioso della nullità derivante dalla mancata adozione della forma scritta.

Da tale premessa consegue l’inapplicabilità, nella specie, dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude l’ammissibilità dell’interrogatorio formale ai fini della prova dell’accordo dissimulato nella simulazione relativa (ex multis Cass. 4071 del 2008) in ordine a contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam. Al riguardo deve osservarsi che proprio in tema di simulazione relativa, questa Corte (Cass. 19435 del 2008) ha affermato che ove, come nella specie, non si applichi il rigoroso regime giuridico derivante dalla necessità della forma scritta ad substantiam, le limitazioni poste dal secondo comma dell’art. 1417 cod. civ. non riguardano l’interrogatorio formale (in precedenza Cass. 13584 del 1991) ma sono limitate alla prova testimoniale e, correlativamente (ai sensi dell’art. 2729, comma secondo, cod.civ.). a quella per presunzioni, essendo l’interrogatorio formale un mezzo di prova diretto ad ottenere l’effetto legale tipico della confessione. È stato, inoltre, precisato, con affermazione di cruciale rilevanza in ordine al presente giudizio, che, attraverso le risposte date dall’interessato in sede di interrogatorio formale, può essere utilmente acquisita sia la prova piena che un principio di prova, nel caso in cui le risposte siano tali da rendere verosimile la simulazione, con la conseguenza di rendere ammissibile la prova testimoniale in deroga al normale divieto.

Deve, inoltre, osservarsi che la parte ricorrente ha adempiuto all’obbligo di riproduzione dei capitoli d’interrogatorio formale non ammessi, nel ricorso così come richiesto a pena d’inammissibilità della censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 5043 del 2009, cfr. p.21-24 del ricorso).

Può, pertanto, procedersi all’esame della fondatezza delle ragioni d’inammissibilità del mezzo istruttorio indicate nella sentenza impugnata. Al riguardo deve osservarsi che l’interrogatorio formale è diretto a provocare la confessione giudiziale. Tale effetto può essere realizzato esclusivamente mediante l’escussione del titolare del potere di disposizione del bene o del diritto controverso.

Non rileva, di conseguenza, come per le prove per testi, la diretta percezione o conoscenza delle circostanze di fatto dedotte ne capitoli, essendo invece ineludibile la qualità di parte dell’interrogando. Non può, di conseguenza condividersi l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale l’interrogatorio formale può essere disposto solo nei confronti di chi ha avuto una diretta percezione dei fatti che è chiamato a confessare.

Nella specie il nucleo dei capitoli d’interrogatorio formale dedotti dal V. sono finalizzati a dimostrare (cfr. in particolare i cap. 8 e 9 p. 21 del ricorso) che la banca non solo era a conoscenza della simulazione soggettiva nell’apertura di credito ma aveva proposto la stipula del contratto simulato al solo fine di poter continuare ad effettuare finanziamenti in favore della società Valtrompia Service, altrimenti non realizzabili. Ne consegue che su tali circostanze, del tutto diversa è l’efficacia probatoria dell’eventuale deposizione dei testi rispetto alla confessione del legale rappresentante dell’istituto bancario, ovvero il soggetto titolare del potere d’impegnare la volontà della società e d’incidere nella sfera giuridico-economica della compagine sociale. L’eventuale confessione non richiede la diretta percezione del fatto, essendo sufficiente il riconoscimento della stipula dell’accordo simulatorio da parte del soggetto (l’istituto bancario) nei confronti del quali si dispiegano, in via esclusiva, gli effetti del medesimo.

L’accertamento dell’esistenza dell’accordo simulatorio mediante l’escussione di testimoni sui medesimi capitoli, richiede, invece, la diretta percezione dei fatti sui quali essa verte (salva la limitata efficacia delle deposizioni testimoniali de relato) ma il teste, in quanto terzo, non impegna la sfera della volontà ma quella della conoscenza e non esercita alcun potere di disposizione della propria sfera d’interessi.

Infine, occorre osservare che l’inammissibilità dell’interrogatorio formale ogni qual volta la parte non sia a conoscenza diretta delle circostanze a contenuto confessorio determinerebbe un regime derogatorio in favore di tutti i soggetti diversi dalla persona fisica, del tutto irragionevole anche sotto il profilo della compatibilità costituzionale secondo i parametri dell’art. 3 e 24 Cost..

Deve pertanto ritenersi l’ammissibilità della prova per interrogatorio ancorché non vertente su circostanze direttamente percepite dall’interrogando, tanto più alla luce del richiamato orientamento espresso da Cass. n. 19435 del 2008,attesa la concreta possibilità di valutare qualsiasi esito della prova ai fini del raggiungimento di quel principio di prova scritta idoneo ad aprire la possibilità della prova testimoniale ai sensi dell’art. 2724 n. 1 cod. civ..

L’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale determina il rigetto del primo motivo del ricorso incidentale, attesa la peculiarità dell’obbligo di forma scritta nei contratti bancari ex art. 127 secondo comma d.lgs n. 385 del 1993. Il primo ed il secondo motivo di ricorso in quanto logicamente conseguenti alla riapertura dell’istruzione probatoria orale determinata dall’accoglimento del terzo motivo sono da ritenere assorbiti, così come il secondo motivo del ricorso incidentale relativo al regime delle spese di lite.

Il terzo motivo del ricorso principale deve, in conclusione, essere accolto, la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi. Accoglie il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri. Rigetta il primo motivo di ricorso incidentale. Assorbito l’altro. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

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