Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 23 ottobre 2014, n. 44263
La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 6 novembre 2013, rigettava l’istanza con la quale C.X. aveva chiesto dichiararsi la nullità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza n. 8050/2011, resa in suo danno il 30 maggio 2011, e la sua revoca. A sostegno della decisione il G.E. argomentava: la tesi difensiva è nel senso che la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza anzidetta sia nulla dappoichè eseguita, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., presso l’avv. Marco Esposito quale domiciliatario, senza tenere conto che detto avvocato aveva rinunciato al mandato in epoca antecedente al dibattimento, con atto del 6.11.2008, comunicato il 14.4.2009 alla procura della repubblica; in realtà non è agli atti la richiamata rinuncia ed anzi i verbali di causa provano che detto avvocato ha continuato a difendere l’imputato (si veda delega ex art. 102 c.p.p., ud. del 18.10.2010); in ogni caso la rinuncia al mandato non ha escluso, in assenza di esplicita dichiarazione in tal senso, la qualità di domiciliatario del predetto difensore ex art. 161 c.p.p.; in tal senso è l’insegnamento di legittimità; il difensore domiciliatario ha regolarmente ricevuto, nel caso in esame, la notifica dell’estratto contumaciale; la regolarità della notifica detta comporta il rigetto della domanda.
2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione C.X., assistita dal difensore di fiducia, il quale nel suo interesse sviluppa due motivi di impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione del diritto di difesa ed al contraddittorio, ai sensi dell’art. 606 lett. c) c.p.p., in relazione agli artt. 178 e 179 c.p.p., in particolare osservando: l’imputata, nella fattispecie, non ha potuto avvalersi di una reale difesa nel processo perché rinunciatario il difensore di fiducia e mai nominato nelle forme di legge, ai sensi dell’art. 97 c.p.p., co. 1, un difensore di fiducia; le deleghe in atti dell’avv. Esposito si giustificano con il solo scrupolo difensivo del difensore rinunciante; la notifica dell’estratto contumaciale è stata eseguita presso il difensore che da tempo aveva rinunciato alla difesa; l’imputata non ha prodotto appello avverso la sentenza di condanna in tal modo notificata dappoichè mai informata di essa. 2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione in particolare osservando: ha il G.E. posto in dubbio la rinuncia dell’avv. Esposito al mandato difensivo in favore della ricorrente nonostante la prova documentale offerta a tale proposito dalla difesa col deposito di tale rinuncia corredata dal timbro della procura apposto in data 14.4.2009; di qui la necessità di prendere in considerazione tale rinuncia ai fini della decisione impugnata; di qui, di conseguenza, il vizio motivazionale denunciato.
3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per il rigetto del ricorso, da intendersi come domanda ai sensi dell’art. 670 c.p.p..
4. I1 ricorso si appalesa infondato.
Va premesso che la ricorrente è stata condannata alla pena di un anno e mesi dieci di reclusione ed euro 1100,00 di multa per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p.p. e che tale sentenza è divenuta definitiva perché inutilmente decorso il termine ad impugnare a far tempo dalla notifica dell’estratto contumaciale della relativa condanna, notifica eseguita, a mente dell’art. 161 c.p.p., presso l’avv. Marco Esposito di Salerno, dove l’imputata aveva a suo tempo eletto domicilio.
Appare opportuno altresì premettere che il provvedimento in esame è stato adottato dal giudice dell’esecuzione, il quale ha delibato l’istanza difensiva della condannata alla stregua di domanda proposta ai sensi dell’art. 670 c.p.p. al fine di contestare la formazione del titolo esecutivo a suo carico giacchè nulla, a suo avviso, la notifica dell’estratto contumaciale. Orbene, l’istanza difensiva, in tali termini individuata e qualificata, è stata rigettata sul contrario rilievo della regolarità della notifica impugnata, giacché eseguita essa presso l’avvocato domiciliatario; ha chiarito il giudice territoriale, correttamente applicando le norme di riferimento, che la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia domiciliatario, difensivamente allegata, non ha posto nel nulla ed espunto dal processo la domiciliazione eletta dall’imputata, di guisa che non può che convenirsi sulla regolarità della notificazione in discorso e sulla regolare formazione del titolo esecutivo impugnato (Cass. 11.2.2010, n. 3116, rv. 246387, citata dal G.E., secondo cui “la rinuncia al mandato difensivo da parte del difensore di fiducia non fa venir meno l’efficacia dell’elezione di domicilio presso il suo studio eseguita dall’imputato, se essa non viene espressamente revocata. (Fattispecie relativa a notificazione dell’estratto di sentenza contumaciale al difensore domiciliatario che aveva rinunciato al mandato, comunicando di non avere più alcun contatto con il cliente)”.
Al riguardo il ricorso difensivo nulla dice, di qui la sua rilevante genericità, posto che la doglianza di legittimità appunta le sue riflessioni critiche sulla insufficiente difesa assicurata dall’ordinamento alla imputata, sulla prova della rinuncia difensiva dell’avv. Esposito e sulla mancata considerazione di tale circostanza da parte del G.E..
In realtà l’argomentazione fondante della decisione è stata quella appena evocata e cioè la regolarità della formazione del titolo esecutivo impugnato perché regolare la notificazione dell’estratto contumaciale presso il domiciliatario, ancorchè rinunciante al mandato difensivo, mentre, per nulla intermini decisivi, è stato comunque opportunamente osservato l’impegno difensivo dell’avv. Esposito nel corso delle udienze dopo la rinuncia, impegno oggettivamente in contrasto con la rinuncia stessa.
5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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