www.studiodisa.it

La massima
Le pattuizioni intervenute tra i coniugi anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione della separazione consensuale, e non trasfuse nell’accordo omologato, sono operanti soltanto se si collocano, rispetto a quest’ultimo, in posizione di “non interferenza” oppure in posizione di conclamata e incontestabile maggiore o uguale rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo di cui all’art. 158 c.c.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I

SENTENZA 2 ottobre 2012, n.16767

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 30 novembre 2005 il Tribunale di Firenze pronunciava la separazione personale, con addebito al marito, dei coniugi F.E. e M.T., in favore della quale veniva assegnata la casa coniugale e disposto un assegno mensile di mantenimento pari ad Euro 3.800,00, da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT. 1.1 – Avverso tale decisione proponeva appello il F., il quale in primo luogo deduceva l’insussistenza dell’addebito, in quanto l’infedeltà coniugale a lui attribuita non aveva rilevanza causale rispetto alla intollerabilità della prosecuzione della convivenza, da individuarsi, al contrario, nella disaffezione reciproca della coppia; denunciava l’incongruità per eccesso dell’assegno di mantenimento, richiamando un accordo, per la separazione consensuale, poi non attuato, in base al quale la M. aveva accettato un importo di gran lunga inferiore; contestava, infine, il regolamento delle spese processuali.
1.2 – Proponeva appello incidentale la M., chiedendo una determinazione in misura maggiore del contributo disposto per il proprio mantenimento e avanzando richieste specifiche in merito alle spese di manutenzione e conduzione della casa coniugale, di cui paventava la perdita, per essere di proprietà del cognato.
1.3 – La corte d’appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, premesse alcune osservazioni di carattere generale sull’addebito della separazione sotto il profilo dogmatico e nella prassi giurisprudenziale, riteneva che il fatto posto alla base della pronuncia di addebito, vale a dire la violazione dell’obbligo di fedeltà, culminata, ancor prima della cessazione della convivenza coniugale, nella creazione di un nucleo familiare con altra donna e con il figlio avuta dalla stessa, non potesse essere valutato disgiuntamente dall’esame della condotta della M., ragion per cui detta circostanza, sfuggendo a una visione complessiva, non consentiva una pronuncia di addebito.
Quanto agli aspetti di natura patrimoniale, veniva evidenziato, da un lato, l’elevato tenore di vita tenuto dalla coppia durante la convivenza e, dall’altro, l’inadeguatezza dei mezzi di cui disponeva la donna (il cui patrimonio immobiliare am-montava ad Euro 365.400) rispetto all’ingente capacità economica del F., titolare di beni immobili per 10 milioni di Euro, oltre che di titoli mobiliari e partecipazioni societarie.
Per tale ragione, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, il contributo posto a carico del marito veniva elevato fino a 4.000,00 Euro mensili, rilevandosi, quanto alla casa coniugale, che l’eventuale cessazione dell’assegnazione avrebbe potuto costituire l’oggetto di una revisione delle condizioni. Venivano, infine, compensate le spese di lite relative a entrambi i gradi del giudizio.
1.4 – Per la cassazione di tale decisione il F. propone ricorso, affidato a tredici motivi. Resiste con controricorso la M., che propone ricorso incidentale, sorretto da tre motivi, illustrati da memoria, cui controparte resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

3 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322 e 1372 c.c. e art. 156 c.p.c., per non aver la corte territoriale considerato gli accordi intercorsi fra le parti, consacrati in una scrittura privata del 19 dicembre 1998, allo scopo di regolare gli aspetti della separazione personale.

3.1 – Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi la corte di appello pronunciata, come richiesto, sulla validità della scrittura sopra indicata.

3.2 – Con il terzo motivo si prospetta, sempre in relazione alla scrittura privata del 19 dicembre 1998, vizio motivazionale, anche con riferimento alla circostanza inerente all’esecuzione, durante un periodo di circa tre anni, degli accordi già intervenuti.

4 – I primi motivi, da esaminarsi congiuntamente in considerazione della loro intima connessione, ed in relazione ai quali risultano formulati, rispettivamente, idonei quesiti di diritto ed il cd.

momento di sintesi, sono infondati.

Premesso che non può ravvisarsi vizio di omessa pronuncia ogni qual volta dal tenore della decisione emerge una statuizione, sia pure implicita, su una richiesta della parte, appare del tutto evidente come la determinazione di un assegno di mantenimento in favore della moglie, in misura maggiore rispetto a quella indicata dal F., comporti il rigetto di tale eccezione. La stessa non attiene, per altro, a un elemento fattuale, fondandosi esclusivamente su una questione giuridica, vale a dire la validità e la rilevanza, nell’ambito del giudizio di separazione giudiziale, degli accordi precedenti alla sua instaurazione ed intesi a disciplinare aspetti di natura patrimoniale della separazione di fatto dei coniugi. Non appare, pertanto, neppure ipotizzabile, a tacere della carenza di decisività della questione, il dedotto vizio motivazionale, che non può essere denunciato,anche in considerazione della possibilità, in sede di legittimità, di emendare la decisione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’interpretazione a all’applicazione di norme giuridiche (Cass., Sez. un., 28 novembre 2008, n. 28054).

Passando all’esame della questione essenzialmente fondata sulla determinazione, nella scrittura privata del 19 dicembre 1998, di un assegno nella misura di lire 2.300.000 e di altri aspetti di natura patrimoniale, deve rilevarsi che la fattispecie in esame è solo in parte assimilabile ai temi trattati nelle decisioni di questa Corte, richiamate dallo stesso ricorrente, in materia di accordi anteriori o contemporanei alla separazione consensuale.

Nel caso di specie, invero, non risulta che le parti abbiano inteso regolare i propri interessi in vista di una eventuale omologa:

prescindendo da tale aspetto, il dato fondante dell’orientamento, ormai consolidato, di questa Corte è costituito dal principio di ‘non interferenza’ delle pattuizioni convenute antecedentemente o contemporaneamente all’accordo omologato, o perchè concernenti un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale, oppure perchè hanno un carattere meramente specificativo di disciplina secondaria, ovvero in posizione di conclamata e incontestabile maggior rispondenza rispetto all’interesse tutelato, ‘come per l’assegno di mantenimento concordato in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione’ (Cass., 22 gennaio 1994, n. 657; Cass., 28 luglio 1997, n. 7029, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290).

La pretesa fondata sulla prevalenza di un assegno determinato anni prima, per regolare la separazione di fatto dei coniugi, rispetto alla somma stabilita in misura maggiore in sede giudiziale, nel rispetto, come si vedrà, dei criteri stabiliti dall’art. 156 c.c., si colloca su un fronte antitetico rispetto a quello delineato dalla giurisprudenza di questa Corte, evidentemente inteso a garantire le ragioni del coniuge più debole.

5 – Del pari infondati sono il quarto, il quinto ed il sesto motivo, fra loro intimamente collegati in quanto relativi alla questione, prospettata sotto diversi profili, dell’omessa considerazione dell’emolumento percepito dalla M. in forza della suindicata scrittura privata. In realtà, anche se non esplicitamente, sembra volersi affermare, contrariamente a quanto emerge dal tenore della decisione impugnata e dalle stesse difese delle parti, che l’assegno di mantenimento stabilito nel giudizio di separazione venga ad aggiungersi a detta entrata. Essendo evidente la natura sostitutiva dell’assegno di mantenimento stabilito in giudizio rispetto a quello, di natura precaria, e di importo inferiore, indicato dal ricorrente, correttamente non si è tenuto conto di una prospettazione reddituale, in realtà, a partire dalla data di decorrenza dell’assegno di mantenimento vero e proprio, priva di consistenza giuridica ed economica.

6 – Con il settimo motivo si denuncia insufficiente motivazione in relazione ai cespiti immobiliari della M., per non essersi considerata la redditività potenziale della villa al mare di proprietà della M., per esserle stata ceduta dal marito. La censura non coglie nel segno, in quanto, non risultando, come nello stesso ricorso si afferma, che detto bene produca un reddito effettivo, la corte territoriale ha proceduto a una comparazione del valore del patrimonio immobiliare di entrambi i coniugi, senza obliterare il dato in questione, ma ponendolo, nell’ambito della valutazione delle rispettive condizioni reddituali e patrimoniali, su un piano di effettività, nell’ambito di un confronto di dati omogenei.

7 – L’ottavo, il nono, il decimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo non si concludono con l’illustrazione, in maniera sintetica, ma efficace, delle ragioni poste a fondamento della critica alla motivazione della decisione impugnata: la carenza del cd. ‘momento di sintesi’, omologo del quesito di diritto, determina, in base al consolidato orientamento di questa Corte, anche a sezioni unite (Cass., 1 ottobre 2007, n. 20603), l’inammissibilità di tali motivi per violazione della previsione contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., applicabile, ratione temporis, al procedimento in esame.

8 – L’undicesimo motivo è sostanzialmente caudatario del precedente, con il quale è stata lamentata carenza motivazionale in relazione agli oneri del F. in merito al mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio, e della cui inammissibilità si è già detto.

La deduzione di un vizio di omessa pronuncia, prospettata in relazione al medesimo aspetto, attenendo per lo più a questione di natura motivazionale, e non trattandosi, quindi, di vera e propria domanda o eccezione, rimane assorbita da detto rilievo di inammissibilità. D’altra parte, essendosi nella sentenza impugnata fatto riferimento a una consistenza patrimoniale del ricorrente pari a circa dieci milioni di Euro, la questione appare implicitamente valutata.

9 – Il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale attengono all’esclusione dell’addebito della separazione al F., per aver disatteso il dovere di fedeltà coniugale, essendosi dedotta, da un lato – con la formulazione di idoneo quesito di diritto la violazione degli artt. 143 e 151 c.c., e, dall’altro, insufficiente e contraddittoria motivazione al riguardo.

Deve preliminarmente richiamarsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, in riferimento all’obbligo di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la sua violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. (Cass., 12 giugno 2006, n. 13592; Cass., 7 dicembre 2007, n. 25618).

Avendo la corte territoriale escluso l’addebito in relazione all’esclusione del nesso causale fra detta violazione e la crisi familiare, il principio in esame risulta correttamente applicato, laddove le concrete valutazioni della fattispecie sono riservate al giudice del merito, ed insindacabili in questa sede, se non attraverso il controllo della congruità della motivazione. Tale controllo, nel caso in esame, è inibito dalla carenza, nello specifico motivo inerente al vizio motivazionale, del quesito conclusivo formulato nei termini prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., nell’interpretazione – sopra illustrata – fornitane da questa Corte.

10 – Analogo rilievo di inammissibilità, per la ragione testè indicata, va svolto in relazione al terzo motivo del ricorso incidentale, relativo a vizio motivazionale in tema di determinazione dell’assegno di mantenimento.

11 – Entrambi i ricorsi, pertanto, vanno rigettati. In considerazione della reciproca soccombenza, vanno interamente compensate le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa fra le parti le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *