Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 18 dicembre 2013, n. 28228

Ritenuto in fatto e in diritto

1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 19.3.2009) la Corte di appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado con la quale il tribunale – respinte le domande di addebito proposte reciprocamente dai coniugi – ha pronunciato la separazione personale di C.R. e O.M. ponendo a carico di quest’ultimo l’obbligo di corrispondere alla prima un assegno mensile di Euro 150,00 quale contributo per il mantenimento.
Contro la sentenza di appello O.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Non ha svolto difese l’intimata.
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e formula la seguente sintesi ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c, applicabile ratione temporis: “se sia essenziale ai fini della domanda di addebito del fallimento del matrimonio che il coniuge che avanza tale domanda non conoscesse, all’epoca della celebrazione delle nozze, che l’altra contraente era alcolizzata”.
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e formula la seguente sintesi: “se il diritto a rifiutare le cure mediche (in specie tendenti a disintossicarsi dall’alcol) esima un soggetto a chiedersi se le proprie condizioni diano luogo a gravi perturbazioni della normale vita coniugale impedendo addirittura l’instaurarsi della stessa; conseguentemente se il rifiuto dell’alcolista a seguire una cura disintossicante sia motivo di addebito del fallimento del matrimonio”.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e formula il seguente quesito: “se il coniuge che ha chiesto la dichiarazione di addebito della responsabilità del fallimento del proprio matrimonio gode di un diritto di pari rango a quello che invoca la tutela alla riservatezza e, conseguentemente, se debba farsi obbligo all’azienda sanitaria a produrre copia delle cartelle cliniche che consentano di ricostruire i periodi di crisi di un alcolizzato e il suo rifiuto alle cure disintossicanti”.

3.- Il ricorso è infondato.

Invero, la Corte territoriale ha evidenziato che il tribunale non aveva ammesso le prove richieste dal ricorrente in quanto non utili a dimostrare che lo stesso non fosse a conoscenza dello stato di alcolismo della moglie, circostanza ritenuta indispensabile al fine di accertare l’addebitabilità della separazione alla moglie.
Tale motivazione – ha rilevato la Corte di merito – non era stata censurata dall’O. il quale aveva riproposto la richiesta di prove sostenendo la rilevanza del rifiuto delle cure.
Per contro, con motivazione adeguata e non specificamente censurata, la Corte di appello ha evidenziato che “non solo non è possibile obbligare nessuno a sottoporsi a trattamento sanitario, ma se l’O. era già a conoscenza dello stato di salute della moglie e, nonostante ciò, l’ha sposata, le difficoltà successive non possono essere sicuramente poste a fondamento della pronuncia di addebito”.
La motivazione appare adeguata e logica, con implicito richiamo agli obblighi di assistenza e comprensione verso l’altro coniuge in caso di malattia (v. Sez. I, n. 4639/1985; 5632/82) e non è stata neppure specificamente censurata dal ricorrente, talché il terzo motivo – che attiene alla mancata ammissione di prove che sarebbero irrilevanti a fronte dell’accertamento in fatto operato dai giudici del merito circa la conoscenza dello stato di alcolista – è inammissibile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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