Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 17 settembre 2015, n. 18237
Svolgimento del processo
1 – Con sentenza in data 5 dicembre 1990 il Tribunale di Locri condannava il Comune di Stignano al pagamento in favore della sig.ra R.T., della somma di lire 103.245.953, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento dei danni relativi all’occupazione, in tempi diversi, di vari lotti di sua proprietà, per la realizzazione di impianti sportivi, non seguita da regolare emanazione del decreto di esproprio.
1.1 – La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento del gravame proposto dal Comune nei confronti dei signori T.M.P. e D., eredi della R., ha considerato tempestiva, e quindi fondata, l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune in relazione alla pretesa risarcitoria relativa all’occupazione avvenuta in data 30 giugno 1975.
1.2 – E’ stata altresì rettificata la liquidazione del valore corrispondente a un’area di mq 243, occupata per la realizzazione di un campo da tennis, in euro 1.472 e si è, infine, dichiarata l’inammissibilità di alcune domande nuove svolte dagli appellati nel corso del giudizio di secondo grado.
1.3 – Per la cassazione di tale decisione i signori T. propongono ricorso, affidato a tre motivi, cui il Comune di Stignano resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
2 – Preliminarmente deve rilevarsi la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Comune di Stignano e, comunque, rilevabile d’ufficio, per essere stata la relativa notifica effettuata alla parte presso la cancelleria del giudice a quo.
2.1 – Dalla sentenza impugnata emerge, infatti, che i difensori del Comune di Stignano, non avendo eletto domicilio nel luogo corrispondente alla sede dell’Autorità giudiziaria adita, si consideravano domiciliati presso la cancelleria della Corte di Appello di Reggio Calabria.
2.2 – Il ricorso risulta notificato “al Comune di Stignano, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato nel giudizio di appello dinanzi la Corte di appello di Reggio Calabria, presso la cancelleria civile di detta Corte di appello, mediante consegna di copia a mani”.
2.3 – Soccorre in proposito il costante orientamento di questa Corte secondo cui qualora la parte abbia eletto domicilio presso il proprio procuratore, e questi, svolgendosi il giudizio di gravame fuori della propria circoscrizione di assegnazione, non abbia a sua volta eletto domicilio presso un collega iscritto nel luogo ove ha sede l’autorità procedente (con conseguente fissazione di domicilio “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82), la notifica stessa può, alternativamente, venir compiuta alla parte personalmente, ex art. 137 cod. proc. civ., ovvero al procuratore presso la cancelleria del luogo ove si svolge il giudizio d’appello, ma non anche alla parte presso detta cancelleria, dovendosi ritenere l’elezione di domicilio “ex lege” di cui al citato R.D. n. 37 del 1934, art. 82 limitata al solo procuratore costituito, e non anche estesa alla parte appellata.
2.4 – Ne consegue che la notificazione effettuata alla parte personalmente presso la cancelleria è inesistente ed insuscettibile di rinnovazione, o di sanatoria “ex tunc” per effetto della costituzione della parte destinataria nel giudizio di appello, giacchè priva di qualsiasi collegamento con il destinatario di essa (Cass., 13 gennaio 2010, n. 384; Cass., 18 febbraio 2008, n. 3970).
2.5 – Va peraltro aggiunto che il controricorso dell’ente resistente risulta notificato i ricorrenti (comunque tempestivamente : cfr. Cass., 20 aprile 2004, n. 7559; Cass. Sez. un., 19 novembre 2001, n. 14539), e poi depositato, ben oltre il termine per proporre impugnazione, con conseguente insussistenza della possibilità di determinare una sanatoria “ex nunc”.
3 – Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali, liquidate in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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