Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 17 settembre 2014, n. 19533

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 21.7.2009, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto con atto notificato il 9.4.2002 dai procuratori di B.C., deceduto l’11.8.95, contro la sentenza del tribunale che aveva respinto l’opposizione del C. al decreto ingiuntivo con il quale l’istituto Gamma s.a.s. di C.G. & C. gli aveva intimato il pagamento della somma di 19.769.728 delle vecchie lire.
La corte territoriale ha escluso l’ultrattività della procura conferita dall’allora opponente agli avvocati rilevando che, secondo la più recente giurisprudenza del giudice di legittimità, il potere di rappresentanza del difensore sopravvive alla morte od alla perdita di capacità di agire della parte rappresentata solo nel grado di giudizio in cui l’evento interruttivo si è verificato e che, anche se detto evento non venga dichiarato né notificato ai sensi dell’art. 300 I comma c.p.c., l’impugnazione va proposta da e contro la parte effettivamente legittimata.
Ha aggiunto che gli avocati che avevano proposto l’appello erano a sicura conoscenza della morte del loro assistito, essendo costituiti nel giudizio di divisione pendente fra i suoi eredi e che pertanto il principio andava applicato anche nel processo promosso dal C., ancorché soggetto al rito anteriore alla data di entrata in vigore della I. n. 353190, in cui é richiesta la conoscenza o la conoscibilità dell’evento, secondo criteri di normale diligenza, da parte del soggetto che propone l’impugnazione.
La sentenza è stata impugnata da L. C., nella sua qualità di erede testamentario di B.C., con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso illustrato da memoria I.M., cessionaria del credito controverso in giudizio.

Motivi della decisione

1) II ricorrente, con il primo motivo, premesso di essere venuto a conoscenza solo
nel 2009 dell’avvenuta cancellazione della s.a.s. Istituto Gamma dal R.I. sin dal 12.8.96, deduce la nullità della sentenza di primo grado, emessa nei confronti della società dopo che questa, ai sensi del nuovo testo dell’art. 2495 c.c., operante in via retroattiva, si era già estinta, e la conseguente nullità anche della sentenza d’appello,
attesa la carenza di legittimazione del liquidatore della s.a.s., costituitosi in entrambi i gradi di merito, a far valere i crediti di pertinenza della società.
Rileva, in subordine, che il giudizio d’appello avrebbe dovuto essere dichiarato automaticamente interrotto, ai sensi dell’art. 299 c.p.c.
2) Col secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 300, 328 c.p.c. e 1722 n. 4 c.c., sostiene che il mandato alla lite che comprenda anche il potere di impugnazione non si estingue qualora la morte dei mandante, intervenuta
nel corso del primo grado del giudizio, non sia stata dichiarata o notificata ed il processo non sia stato interrotto, con la conseguenza che in tal caso il difensore mandatario è pienamente legittimato a proporre l’appello. 3) Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 116 c.p.c. e 2702 c.c. oltre che vizio di motivazione, assume che, contrariamente a quanto affermato dalla corte salernitana, uno dei due procuratori di B.C. non era costituito nel giudizio di divisione pendente fra i suoi eredi e non era a conoscenza della morte del proprio assistito.
4) Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 75 e 345 c.p.c., contesta che il difetto di un valido mandato alla lite fosse rilevabile dal giudice d’ufficio. 5) Con il quinto motivo, denunciando violazione degli arti. 2495 c.c., 291, 112 e 91 c.p.c., chiede, in subordine, l’annullamento della pronuncia sulle spese.
6)Riveste carattere assorbente l’esame del secondo motivo, che è fondato e deve essere accolto.
Con la recente sentenza n. 15295 del 2014 le SS.UU. di questa Corte, intervenendo per comporre l’ultimo dei numerosi contrasti giurisprudenziali sorti in materia di poteri del difensore della parte che nel corso del giudizio di primo grado sia morta o abbia perso la capacità di stare in giudizio ed in ordine all’individuazione, in tale ipotesi, della giusta parte da (o contro) la quale il giudizio d’appello deve essere proposto, ha affermato il principio “che l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c. p. c. è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e di riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione”. Tale posizione giuridica, precisano le SS.UU., è suscettibile di modificazione nelle ipotesi in cui, nella fase successiva dell’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui all’art. 46 della I. n. 69 del 2006) o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi del 4° comma dell’art. 300 c.p.c.
Al predetto arresto le SS.UU. sono pervenute considerando: 1) che l’effetto interruttivo dei processo, a norma dell’art. 300 c.p.c., è prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell’evento e dalla dichiarazione in udienza (o dalla notificazione) fattane alle altre parti dal procuratore della parte rispetto alla quale l’evento si è verificato; 2) che dunque la dichiarazione non è di mera scienza, ma ha natura negoziale, essendo nella potestà dei difensore il diritto-potere di
provocare o meno l’interruzione; 3) che la sopravvivenza del mandato giudiziale alla morte od alla perdita di capacità della parte deriva dal fatto che, come rappresentante tecnico, il difensore realizza, con la costituzione in giudizio, anche e soprattutto la presenza legale della parte medesima nel processo; 4) che, in sostanza, la presenza in giudizio del procuratore ad litem, assicurando e garantendo il rispetto del contraddittorio, non pregiudica in linea di massima alcun diritto dei successori della parte; 5) che da tanto deriva il potere del procuratore di proseguire il processo nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo, insuscettibile di menomare in qualche modo l’esercizio dell’attività tecnica difensiva, che è di sua esclusiva competenza; 6) che pertanto finché non via sia la dichiarazione o la notificazione – che solo il procuratore è legittimato a fare – il processo prosegue come se l’evento non fosse accaduto e si verifica il fenomeno dell’ultrattività della procura che (ove la stessa contempli il potere di proporre impugnazione) permane anche per il grado d’appello, senza che sul rapporto processuale possano interferire le diverse normative (artt. 286, 328 c.p.c.) che regolano gli effetti dell’evento nei casi in cui questo sopravvenga dopo la chiusura della discussione o dopo la notificazione della sentenza di primo grado; 7) che in definitiva, quando la morte o la perdita della capacità di stare in giudizio della parte si verificano nel corso della fase attiva del rapporto processuale, l’unica disciplina applicabile è quella dell’art. 300 c.p.c., con la conseguenza che la scelta (esteriorizzazione o meno dell’evento) è nelle mani dl procuratore della parte medesima e l’effetto che deriverà da questa scelta permarrà per tutto il successivo corso del processo di merito: se il procuratore omette di dichiarare o di notificare l’evento, la posizione giuridica della parte da lui
rappresentata resta perciò stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, come se
si trattasse di parte ancora viva o capace, sia nella fase attiva in corso, sia nelle successive fasi di quiescenza, dopo la pubblicazione della sentenza, e di riattivazione del rapporto a seguito e per effetto della proposizione dell’impugnazione e potrà essere modificata solo se in sede di impugnazione si costituiranno gli eredi dei defunto o il rappresentante dell’incapace, o se il procuratore dichiarerà l’evento o lo notificherà alle altre parti o se, rimasta la parte contumace, l’evento sarà notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi del quarto comma dell’art. 300 c.p.c.
Nel caso di specie il mandato ad litem rilasciato da B.C. conferiva ai difensori anche il potere di impugnazione. E’, d’altro canto, pacifico che la morte del C., intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, non sia stata dichiarata dai suoi procuratori ai sensi dell’art. 300 c.p.c.
Pertanto, in applicazione del principio enunciato dalle SS.UU., che questo collegio pienamente condivide, deve concludersi che i predetti procuratori erano legittimati alla proposizione dell’appello in rappresentanza del defunto. La sentenza impugnata va in conseguenza cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugñata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

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