cassazione 8

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I

SENTENZA 15 maggio 2015, n. 10022

 

Ritenuto in fatto

In data 16.11.1992, su ricorso di M.B. , nella qualità di curatore dell’eredità giacente di V.G. , il Presidente del Tribunale di Savona ha emesso un decreto di ammortamento del certificato di deposito al portatore n. (omissis) di L. 60milioni, acceso presso l’Agenzia di Varazze della Carige, avverso il quale ha proposto opposizione V.E. , il quale ha affermato di averne il possesso in modo pacifico e legittimo sin dal momento dell’emissione.
Nel giudizio la Carige non si è costituita e il M. ha riferito di non essere più curatore dell’eredità giacente, essendo la relativa procedura stata dichiarata cessata, poiché l’eredità era stata accettata con beneficio di inventario dall’ente Casa del Nonno, amministrato dal Comune di Varazze, al quale aveva trasmesso i documenti relativi alla procedura di ammortamento. Il Comune di Varazze, evocato in giudizio su disposizione del giudice, si è costituito deducendo la propria estraneità al rapporto processuale pendente tra il M. e il V. e la inammissibilità e infondatezza dell’opposizione.
2.- Il Tribunale ha accolto l’opposizione del V. e revocato il decreto di ammortamento.
3.- Il gravame del Comune è stato accolto dalla Corte d’appello di Genova, con sentenza 8.3.2008, che ha ritenuto integro il contraddittorio nei confronti del medesimo Comune, costituitosi nel giudizio, e ha rigettato l’opposizione del V. . Ad avviso della Corte, l’opponente non aveva dimostrato di avere ricevuto dalla titolare il possesso del certificato di deposito, inteso come potere di disporne, mentre il Comune aveva dimostrato che la consegna da parte della titolare V.G. aveva avuto luogo in base a un titolo (di custodia) che escludeva l’attribuzione al V. del potere dispositivo intrinseco alla nozione di possesso.
4.- Il V. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui si oppone il Comune di Varazze; il M. ha depositato un controricorso nel quale si è rimesso a giustizia; la Banca Carige non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 102 c.p.c. e 12 della legge 30.7.1951 n. 948, imputando ai giudici di merito di avere erroneamente qualificato la posizione processuale del Comune di Varazze come di interveniente iussu iudicis ex art. 107 c.p.c, anziché di litisconsorte necessario. Il quesito di diritto è volto ad accertare che ‘l’art. 12 cit. prevede un’ipotesi di litisconsorzio necessario e conseguentemente [a dichiarare] nella presente fattispecie applicabile (così come riconosciuto dal Giudice di primo grado) l’art. 102 c.p.c. e non, come invece ritenuto dal Giudice d’appello, l’art. 107 c.p.c.’.

1.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di interesse del proponente, essendosi il predetto Comune costituito in entrambi i gradi del giudizio di merito, e non rileva evidentemente che la sua partecipazione sia avvenuta a seguito di un ordine d’intervento in causa disposto dal giudice ai sensi dell’art. 107 c.p.c., oppure ai sensi dell’art. 102 c.p.c., nella qualità di litisconsorte necessario. Infatti, l’ordine d’intervento in causa del terzo ex art. 107 c.p.c. da sempre luogo ad un litisconsorzio necessario di carattere processuale. Pure ammettendo che esso non sia di per sé sufficiente a far ritenere anche il carattere sostanziale del litisconsorzio necessario medesimo (v. Cass. n. 3894/1989), che può derivare soltanto dall’esistenza di un rapporto giuridico plurilaterale unico ed indivisibile per sua stessa natura, tuttavia, perché la parte sia legittimata a dolersi dell’errore nella scelta dello strumento processuale utilizzato per realizzare la partecipazione al giudizio del terzo litisconsorte necessario, è necessario che ricorra un interesse concreto e diretto che, nella situazione in esame, non è stato neppure prospettato.

2.- Il secondo e il quarto motivo sono inammissibili, perché privi dei necessari momenti di sintesi, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), adeguati ai vizi motivazionali dedotti (la sintesi deve concretizzarsi in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso -in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza renda inidonea la motivazione a giustificare la decisione, v. Cass. n. 12248/2013, s.u. n. 3698/2012, n. 4556/2009).

3.- Nel terzo motivo il V. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2003 e 1994 c.c., per avere la Corte territoriale rigettato l’opposizione al decreto di ammortamento, nonostante che egli avesse il legittimo possesso del certificato, acquisito in buona fede, che gli era stato consegnato dalla titolare, V.G. , tramite sua moglie, ipotizzando erroneamente che la consegna fosse avvenuta a titolo di mera custodia, sulla base di un ingiustificato rilievo dato alle dichiarazioni generiche e interessate di una testimone (G.E. ).

Il motivo si conclude con un quesito di diritto che chiede di stabilire che ‘la mera consegna di un titolo di credito al portatore o di un documento rappresentativo del credito costituisce atto idoneo a trasferire la titolarità del credito incorporato nel titolo ai sensi di quanto disposto dagli artt. 1994 2003 c.c.’. Il motivo è infondato.

3.1.- Si deve premettere che:

– il trasferimento del libretto al portatore si realizza con la ‘consegna’ (art. 2003 c.c.), la quale, da un lato, investe l’accipiens della titolarità e della legittimazione all’esercizio del diritto in esso incorporato, indipendentemente dalla prova di una iusta causa traditionis, e, dall’altro, si configura (nel rapporto con il debitore), rispetto alla causa dell’attribuzione (cosiddetto rapporto sottostante o iusta causa traditionis), come negozio astratto, ossia svincolato, quanto alla sua validità ed efficacia immediata, dalla effettiva esistenza di una causa siffatta (ad esso esterna). Si spiega perché non incomba sul possessore la prova del processo acquisitivo del titolo, spettando alla controparte, cioè al tradens o ai suoi eredi, che pretendano la restituzione del titolo e il riconoscimento dell’esistenza di un titolo alla restituzione, di dedurre (ope exceptionis o in via di azione) la mancanza (originaria o sopravvenuta) della causa del trasferimento e dimostrare l’esistenza di una valida ragione giustificativa della propria pretesa, come, ad esempio, l’acquisto in mala fede da parte del portatore attuale, e ciò al fine di neutralizzare o rimuovere gli effetti del negozio attributivo (v. Cass. n. 19329/2013, n. 22328/2007, n. 18435/2003). È necessario, infatti, precisare che l’astrattezza del trasferimento attiene allo strumento di circolazione del titolo, ma non contrasta con la natura causale che è ad esso generalmente attribuita, sicché l’attribuzione al consegnatario del titolo dei poteri relativi alla proprietà può trovare ragioni di limitazione nel rapporto sottostante intercorso fra le parti – potendo il libretto essere trasmesso all’accipiens per l’incasso o per procura o dato in pegno o, come nel caso in esame, a scopo di custodia – ed è per questo che, nei rapporti tra tradens ed accipiens, nonché dei relativi eredi, è ammessa l’opponibilità delle eccezioni fondate sul rapporto causale sottostante (v. Cass. n. 7075/1990, n. 5618/1986, n. 527/1973, n. 5949/1982, n. 3824 e 2074/1968). In altri termini, la traditio del titolo al portatore legittima il possessore del titolo stesso all’esercizio del diritto in esso menzionato, ma nei rapporti interni tra il tradens (e i suoi eredi) e l’accipiens, l’appartenenza della titolarità del diritto è condizionata all’esistenza e validità del rapporto sottostante tra essi intercorso.

Il diritto del portatore che abbia il possesso del documento viene meno se il libretto perda l’efficacia di titolo di credito, nel caso previsto dall’art. 9 della legge n. 948/1951, che ricorre quando, al termine della procedura di ammortamento promossa a seguito di smarrimento, distruzione o sottrazione, sia pronunciata l’inefficacia giuridica del libretto con decreto contro il quale è possibile introdurre un giudizio d’opposizione che tende a far risolvere la questione se il documento (e quindi la legittimazione) spetti all’ammortante o all’opponente detentore: quest’ultimo, come s’è detto, è tenuto a provare soltanto di avere acquistato la titolarità del credito da esso portato anteriormente all’ammortamento, onere che – nel caso di libretto al portatore – può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest’ultimo prima dell’ammortamento, spettando quindi all’ammortante dare la prova contraria (attesa la presunzione di buona fede ex art. 1147 c.c.) che l’acquisto del possesso sia avvenuto in mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito sia stato successivamente trasferito dal detentore (v. Cass. n. 15126/2014, n. 15496/2005).

3.2.- Nell’ambito dei sopra ricordati principi si colloca la sentenza impugnata la quale, dopo avere premesso che incombeva al Comune di Varazze l’onere di provare l’esistenza di un titolo alla restituzione del libretto, ancorché consegnato (e, quindi, trasferito) al V. , ha ritenuto che detta prova fosse stata fornita nel giudizio.

Infatti, il libretto era stato consegnato dalla titolare alla moglie del V. a titolo di custodia, stante l’esigenza di porre i risparmi al riparo da rischi di smarrimento e, di conseguenza, l’ammortante aveva, in sostanza, dato prova dell’assenza della buona fede del consegnatario del titolo. La censura in esame è volta a una rivalutazione della prova testimoniale svolta nel giudizio di merito che, evidentemente, non è consentita in sede di legittimità e, in particolare, non lo è con il mezzo proposto ex art. 360 n. 3 c.p.c..

4.- In conclusione, il ricorso è rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado, in considerazione della novità della fattispecie concreta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del grado.

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