Il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000, quando non sia noto il luogo di falsificazione delle fatture, debba essere individuato con il criterio residuale di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 4 settembre 2017, n. 39896
Ritenuto in fatto
1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano ha sollevato conflitto con l’omologo ufficio di Arezzo che, con sentenza del 25 settembre 2015, aveva declinato la propria competenza in relazione a vari reati tributari, disponendo la separazione delle varie posizioni processuali e la trasmissione dei relativi procedimenti al Tribunale di Vicenza, Alessandria e Milano, oltre a mantenere la competenza per alcuni fatti.
1.1. Con sentenza pronunciata all’udienza preliminare del 25 settembre 2015, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo dichiarava con sentenza la propria incompetenza per territorio, per ragioni di connessione, in relazione – per quanto qui rilevante – alle imputazioni ascritte a:
– S.S. e A. (art. 2 d.lgs. n. 74/2000 – capo 1.b; art. 8 d.lgs. n. 74/2000 – 1.c; tutti commessi in (omissis) );
– F.M. e I.F. (art. 8 d.lgs. n. 74/2000 -capo 10.1; art. 8 d.lgs. n. 74/2000 – capo 10.2; art. 5 d.lgs. n. 74/2000 – capo 10.3; tutti commessi in (omissis));
– C.A.M. , F.M. e I.F. (art. 3 d.lgs. n. 74/2000 – capo 12.1; art. 10 d.lgs. n. 74/2000 – capo 12.2; tutti commessi in (omissis));
– F.I. e F.M. (art. 8 d.lgs. n. 74/2000 – capo 13.1; art. 8 d.lgs. n. 74/2000 – capo 13.2; art. 2 d.lgs. n. 74/2000 – capo 13.3; art. 2 d.lgs. n. 74/2000 – capo 13.4; tutti commessi in (OMISSIS) );
– Ia.St. (art. 10 d.lgs. n. 74/2000 in (OMISSIS) al 2012 – Capo 14);
indicando nel Tribunale di Milano il giudice territorialmente competente per ragioni di connessione a norma dell’art. 12, comma 1, lett. b) e lett. c), cod. proc. pen., ritenendo la continuazione tra i diversi episodi criminosi contestati nell’originario procedimento e, per quanto interessa, in particolare tra i reati di cui ai capi 10.1, 10.2, 10.3, 12.1 e 12.2 – riguardanti gli amministratori di fatto e di diritto delle società milanesi (…) srl e (…) srl -, nonché tra i reati di cui ai capi 13.1, 13.2, 13.3 e 13.4 -riguardanti gli amministratori di fatto e di diritto delle società romane (omissis) srl e (omissis) srl -, individuando in F.M. l’imputato dei più gravi reati, commessi in concorso con altri, capaci di attrarre i restanti, anche i forza del criterio di cui all’art. 16 cod. proc. pen..
2. Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Milano, che si acquieta con riguardo ai reati di cui ai capi 12.1 e 12.2, contesta che:
– la connessione possa costituire criterio rilevante nel caso in cui dei reati siano imputati soggetti diversi (capi 1.b e 1.c), con conseguente competenza dell’AG di Arezzo sia in forza del criterio residuale di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, sia per connessione con il meno grave reato di cui all’art. 2 d.l.gs. n. 74/2000 commesso in Arezzo;
– che il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000, quando non sia noto il luogo di falsificazione delle fatture, debba essere individuato con il criterio residuale di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 e dunque in Arezzo (capi 10.1, 10.2 e 10.3);
– che sussista connessione rilevante tra il reato di cui all’art. 8 d.l.gs. n. 74/2000 e il reato di cui all’art. 2, stesso decreto (capi 13.1, 13.2, 13.3, 13.4);
– che in forza del il criterio residuale di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, il reato di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74/2000 è attratto alla competenza di Arezzo.
3. Nelle osservazioni formulate ai sensi dell’art. 31, comma 2, cod. proc. pen., il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo ribadisce la competenza per connessione, esplicitamente dichiarando di non condividere l’orientamento – pur ritenuto maggioritario – della giurisprudenza di legittimità in tema di competenza per connessione e, finanche, quello assunto dalla medesima Corte proprio con riguardo al procedimento in questione, per la parte trasmessa per competenza al Tribunale di Alessandria, e contestando altresì l’impostazione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano con riguardo alla indeterminabilità del luogo di consumazione del delitto di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000.
Considerato in diritto
1. Va, preliminarmente, evidenziato che non è stato sollevato il conflitto per i reati di cui ai capi 12.1 e 12.2, commessi in Milano (sede di (…) srl).
Osserva il Collegio che, per i reati in conflitto, la competenza appartiene al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo.
2. Questa Corte si è già ripetutamente occupata della competenza declinata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo con la sentenza sopra citata, stabilendo, con riguardo agli atti trasmessi all’AG di Alessandria, la competenza del primo giudice, tanto che appare sufficiente richiamare i principi affermati nella sentenza n. 42377/2016 del 25/05/2016 e nella sentenza n. 5970/2017 del 02/03/2016.
2.1. Quanto alla competenza per connessione ravvisata dall’AG di Arezzo come criterio di individuazione della competenza per i reati in conflitto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, cui il Collegio con convinta adesione si conforma, tanto l’astratta configurabilità del vincolo della continuazione quanto la configurabilità della connessione teleologica non sono idonei a determinare lo spostamento della competenza a meno che, nel primo caso l’identità del disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi, nel secondo caso vi sia identità soggettiva dell’autore del reato mezzo e del reato fine.
La linea interpretativa prevalente e almeno ventennale di questa Corte, che il Collegio ribadisce, è nel senso che, nonostante il dato letterale, condizione imprescindibile per la configurabilità della connessione teleologica e, quindi, per la produzione dei suoi effetti tipici sul piano dello spostamento di competenza, è l’identità tra gli autori del reato-mezzo e gli autori del reato-fine (ex plurimis: Sez. 1 n. 8526 del 9/01/2013, Rv. 254924; Sez. 4 n. 27457 del 10/03/2009, Rv. 244516; Sez. 1 n. 38170 del 23/09/2008, Rv. 241143).
Presupposto logico della connessione teleologica è, infatti, l’unità del processo volitivo.
In caso di eterogeneità di autori, ricorre solo un’ipotesi di connessione di natura eventualmente probatoria, inidonea a produrre lo spostamento di competenza, tanto più perché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei reati avvinti da vincolo teleologico non può pregiudicare quello del coimputato (o dei coimputati) a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza.
Le tre pronunzie di segno contrario, citate dall’AG resistente, che, valorizzando le modifiche progressivamente intervenute nel tessuto normativo, hanno sostenuto che la disposizione in esame individua una relazione di tipo oggettivo tra le condotte di reato collegate dalla finalità di eseguire o di occultare (Sez. 5, n. 10041 del 13/06/1998, Altissimo, Rv. 211391; Sez. 6, n. 37014 del 23/09/2010, Della Giovanpaola, Rv. 248746; Sez. 3 n. 12838 del 16/01/2013, Ehran, Rv. 257164), sono del tutto sporadiche e non condivise dal Collegio.
3. L’art. 18, D.Lgs. n. 74 del 2000, detta le regole per la determinazione della competenza per territorio in relazione al “reato tributario”, stabilendo un criterio di carattere generale, valido ratione materiae per tutti i reati tributari e che sopporta, come reso evidente dalla clausola di salvezza contenuta nel comma 1, due eccezioni.
Stabilisce, come criterio di carattere generale, che la competenza per territorio nei reati tributari si determina ai sensi dell’art. 8 cod. proc. pen., secondo le regole generali valide per i reati comuni, prevedendo che, qualora la competenza per territorio non possa essere determinata ai sensi dell’art. 8 codice di rito, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.
Dal chiaro dato testuale della norma discende che, nei reati tributari, non si applicano le regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen., in quanto l’unica regola suppletiva applicabile – e che rende autosufficiente la disposizione in esame – è quella del luogo di accertamento del reato a norma dell’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000.
Tale criterio generale non si applica in due casi: a) nel caso dei reati tributari c.d. in dichiarazione che sono quelli previsti dal capo I del titolo II del D.Lgs. n. 74 del 2000, per i quali è competente il giudice del luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale poiché in tale luogo, secondo l’espressa previsione dell’art. 18, comma 2, il reato si considera consumato; b) nel caso del reato di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000, poiché, nell’ipotesi di plurima emissione di fatture nel medesimo periodo di imposta, il reato si considera unico nonostante la pluralità delle condotte, l’art. 18, comma 3, prevede che, qualora le fatture o gli altri documenti per operazioni inesistenti siano stati emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, la competenza è attribuita al giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l’ufficio del Pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.. Tale criterio legale, che ripete con gli opportuni adattamenti quello contemplato dall’art. 9, comma 3, cod. proc. pen., trova applicazione solo nel caso di emissione plurima di fatture, nel medesimo periodo di imposta e in luoghi rientranti in diversi circondari; viceversa, nel caso in cui le fatture siano state emesse, in relazione al medesimo periodo di imposta e nel medesimo luogo ovvero in luoghi diversi e non determinabili si avrà riguardo, ai fini della determinazione della competenza, al luogo di consumazione o a quello di accertamento del reato.
Ciò posto, il D.Lgs. n. 74 del 2000 contiene, da un lato, una propria e specifica disciplina, rispetto a quella codicistica, diretta a regolare la competenza per territorio; dall’altro non contiene, quanto alla competenza per territorio derivante dalla connessione, regole diverse rispetto a quelle fissate nel codice di rito dall’art. 16, disposizione espressamente evocata dal Giudice che per primo ha declinato la propria competenza, ma non del tutto applicabile nella specie.
4. Quanto alla competenza per il reato di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000, pur condividendosi l’osservazione del GUP del Tribunale di Arezzo secondo cui la norma incriminatrice punisce un’ipotesi di falsità ideologica e non di falsità materiale, cionondimeno deve rilevarsi che, in assenza di certezza sul luogo di consumazione del reato (che non può essere automaticamente individuato in quello della sede formale delle società utilizzate come mero schermo per l’emissione di documenti fiscali non rispondenti a reali operazioni economiche), deve trovare applicazione il criterio residuale indicato dall’art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, che stabilisce la competenza del giudice del luogo di accertamento del reato, corrispondente anche in questo caso al Tribunale di Arezzo (dove sono state svolte le relative indagini e compiute le valutazioni degli elementi probatori acquisiti: Sez. 3 n. 43320 del 2/07/2014, Starace, Rv. 260992).
5. Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, ad avviso del Collegio il giudice competente a conoscere del reato di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, del quale devono rispondere – secondo la contestazione risultante al capo 1.b della rubrica – S.S. e S.A. , deve essere senz’altro individuato, alla stregua del criterio stabilito dalla norma speciale dettata in materia dall’art. 18, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, nel Tribunale di Arezzo, luogo di domicilio fiscale del contribuente, corrispondente alla sede della società ((…) s.p.a.) che ha utilizzato nelle dichiarazioni fiscali le fatture di ritenuta natura fittizia, e che ha emesso le fatture false di cui al capo 1.c – il cui luogo di consumazione non è stato accertato -, venendo tale ultimo reato in ogni caso attratto al medesimo foro aretino per connessione ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., essendovi identità dei soggetti.
Non può, come ha invece ritenuto il GUP di Arezzo, determinarsi la competenza per connessione di tali reati con i seguenti, poiché diversi sono i soggetti imputati.
Per i reati di cui ai capi 10.1, 10.2, 13.1, 13.2 relativi all’emissione di false fatture, il cui luogo di consumazione non è stato accertato, deve trovare applicazione il criterio di competenza indicato dall’art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, che stabilisce la competenza del giudice del luogo di accertamento del reato, corrispondente anche in questo caso al Tribunale di Arezzo.
Per i reati di cui ai capi 10.3, 13.3 e 13.4, la competenza è determinata per connessione rispettivamente con i fatti di cui ai capi 10.1, 10.2 e 13.1, 13.2, contestato ai medesimi soggetti.
Il reato contestato al capo 14 alla sola Ia. è di competenza dell’AG di Arezzo, a norma dell’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, essendo stato ivi accertato.
6. Gli atti devono pertanto essere trasmessi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo, restando già attribuita al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano la competenza per i reati contestati a C.A.M. , F.M. e I.F. in relazione agli artt. 3 d.lgs. n. 74/2000 – capo 12.1; 10 d.lgs. n. 74/2000 – capo 12.2; tutti commessi in (omissis).
P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale di Arezzo; per l’effetto annulla, senza rinvio, la sentenza declinatoria della competenza emessa dal GUP di quel Tribunale, cui dispone trasmettersi gli atti.
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