Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 3 novembre 2016, n. 46228

E’ legittima, da parte del tribunale del riesame, la formulazione di osservazioni originali su profili non trattati dal primo giudice, quando resesi necessarie per esplicitare la decisione in riferimento a materiale probatorio non sottoposto al vaglio del g.i.p., ma ritualmente prodotto durante la fase del riesame e per replicare al contenuto di contestazione dell’impugnazione dell’indagato, anche al fine di non incorrere nel vizio di insufficiente o illogica motivazione, poi deducibile con ricorso per cassazione ex art. 311 c.p.p.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 3 novembre 2016, n. 46228

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere
Dott. BONI Monica – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 72/2016 TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE, del 31/03/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

sentite le conclusioni del PG Dott. Maria Francesca Loy, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il difensore Avv.to (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza in data 31 marzo 2016 il Tribunale del riesame di Trieste confermava l’ordinanza emessa il 7 marzo 2016 dal G.i.p. del Tribunale di Pordenone, che aveva sottoposto (OMISSIS) alla misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di omicidio aggravato in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei connessi reati in materia di armi.

1.1 A fondamento della decisione il Tribunale ravvisava l’acquisizione di un compendio indiziario qualificato da gravita’, considerato univocamente significativo dell’individuazione nel (OMISSIS) dell’esecutore materiale del duplice omicidio, avvenuto la sera del (OMISSIS), poco prima delle ore 20, nel parcheggio annesso al palazzetto dello sport (OMISSIS), ove all’interno della loro autovettura erano stati rinvenuti i corpi senza vita del caporalmaggiore dell’esercito (OMISSIS) e della fidanzata convivente (OMISSIS), da poco usciti dalla palestra ove si erano allenati ed attinti ciascuno da plurimi colpi di arma da fuoco esplosi da soggetto approssimatosi da tergo, che aveva fatto uso di una pistola cal. 7,65 da distanza molto ravvicinata attraverso lo sportello anteriore sinistro del veicolo, ancora aperto dopo l’introduzione al suo interno del conducente (OMISSIS). Secondo l’esposizione dell’andamento delle indagini, contenute nell’ordinanza del Tribunale, alcuni testi, frequentatori degli impianti sportivi dell’area, trovatisi nella zona destinata a parcheggio in orario prossimo all’omicidio, avevano riferito di avere avvertito una sequenza di colpi secchi ed avvistato un’automobile marca Audi A3 grigia, ferma in prossimita’ di una cabina contenente impianti tecnici; tale veicolo, individuato in base ad alcuni elementi caratteristici, era stato filmato dagli impianti comunali di videosorveglianza per il controllo del traffico veicolare avvicinarsi alle ore 19.19 all’area del palazzetto dello sport, allontanarvisi verso il centro citta’ alle ore 19.50 circa per poi sostare nel parcheggio che consente l’accesso al parco pubblico (OMISSIS), al cui interno vi e’ un laghetto circondato da vegetazione ed alberi, quindi alle ore 19.57 circa fare ritorno verso il centro cittadino. Da tali passaggi veniva ipotizzato dagli investigatori che l’autovettura fosse stata utilizzata dall’autore dell’omicidio, il quale si era recato nel parco per sbarazzarsi dell’arma, che in effetti a seguito di accurate ricerche era stata rinvenuta, unitamente al caricatore vuoto, all’interno del lago: dagli espletati accertamenti balistici, grazie ai particolari segni impressi sui bossoli rinvenuti sulla scena del crimine, l’arma era risultata essere quella che aveva esploso i colpi contro le due vittime. Dai successivi accertamenti si era appreso che: (OMISSIS) aveva in uso un veicolo Audi A3 di colore grigio con quelle caratteristiche risultanti dai filmati; era un frequentatore della palestra ove si erano allenati il (OMISSIS) e la (OMISSIS); nel tardo pomeriggio del (OMISSIS), cessato il turno di lavoro, si era intrattenuto presso l’abitazione in giochi elettronici “on line” con una pausa dalle ore 19.07 alle ore 21.24, considerata significativa perche’ comprensiva dell’orario dell’omicidio e dell’occultamento dell’arma, durante la quale, secondo le dichiarazioni dei coinquilini (OMISSIS) e (OMISSIS), che avevano condiviso lo stesso appartamento con l’indagato, egli era uscito di casa in auto per farvi rientro in seguito senza avere informato i compagni delle sue intenzioni e di quell’uscita insolita per orario ed assenza di compagnia, con addosso una tuta da ginnastica di colore grigio antracite, mai vista in precedenza e nemmeno in seguito, neppure all’atto del suo rientro in casa e comunque mai rinvenuta in sede di perquisizione. Soltanto dopo che il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) avevano reso informazioni indizianti a suo carico, il (OMISSIS) si era indotto a rilasciare spontanee dichiarazioni, con le quali aveva per la prima volta ammesso di essere uscito di casa, di essersi recato al palazzetto dello sport per allenarsi, di non avere trovato parcheggio e quindi di essersi trasferito al parco di (OMISSIS) per fare jogging, ma di avere interrotto l’attivita’ intrapresa dopo poco per il freddo, dimostrando la falsita’ dell’alibi inizialmente riferito e basato sull’essere stato impegnato a giocare “on line” nell’ora del delitto.

Indagini di tipo informatico condotte sui dispositivi – ePhone e notebook, compreso quello condiviso col fratello e detenuto in (OMISSIS) -, in uso al (OMISSIS), che professionalmente svolgeva attivita’ di manutentore hardware ed installatore di software, vantando dunque competenze specifiche, avevano dimostrato il suo interesse per la ricerca mediante siti web di un’arma da fuoco e la sistematica eliminazione dei dati presenti nella memoria dei predetti dispositivi in concomitanza col progredire delle indagini, ossia col rinvenimento dell’arma il 18 con la convocazione per essere sentito come informatore il 19 settembre, con la richiesta di consegna del pc il 22 settembre; in particolare, era emersa la cancellazione di due messaggi inviati alla di lui fidanzata, (OMISSIS), il (OMISSIS) e dell’appunto “via (OMISSIS)”, corrispondente ad una casa disabitata, accanto a quella delle vittime.

Mediante incrocio dei dati offerti dalle riprese filmate e dalla testimonianza di un giovane transitato correndo nei pressi del veicolo delle due vittime poco prima del delitto e che aveva percepito gli spari, attribuiti pero’ allo scoppio di petardi, con quanto riferito dal (OMISSIS), nel suo interrogatorio reso alla presenza del difensore, una volta formalmente indagato – nel quale aveva negato di avere avvertito spari nonostante la distanza ravvicinata al punto in cui erano stati esplosi -, e mediante esperimento materiale della corsa effettuata dal teste e dei tempi di percorrenza del veicolo dell’indagato con rilevazione dei tempi relativi, era emerso che al momento dell’esplosione dei colpi di arma da fuoco contro il (OMISSIS) e la (OMISSIS) il (OMISSIS) si era trovato nel parcheggio del palazzetto nei pressi dell’auto dei due giovani uccisi ed era partito da tale punto subito dopo l’esplosione dei colpi di pistola, in termini corrispondenti ed in tempi sufficienti all’esecuzione dell’omicidio.

L’approfondimento dei rapporti personali intrattenuti dal (OMISSIS) con il (OMISSIS) e con la propria fidanzata (OMISSIS), soggetto con tendenze simulatorie e psicotiche, autrice di tentativi di condizionamento delle dichiarazioni di alcune amiche prima che le stesse fossero escusse a s.i.t., avevano evidenziato profili critici, nel senso che, mentre la relazione sentimentale dell’indagato con la (OMISSIS) era stata tutt’altro che serena ed equilibrata, ma contraddistinta da reciproci tradimenti e da fitto scambio di messaggi sino al (OMISSIS), da quella data le comunicazioni si erano apparentemente interrotte dopo che la (OMISSIS) aveva chiesto al (OMISSIS) se per caso avesse fatto qualcosa che non le aveva detto per alludere ad azione illecita e da mantenere segreta. Era altresi’ emerso soltanto dalle deposizioni delle amiche della (OMISSIS) che il (OMISSIS), su istigazione di costei, timorosa che il proprio fidanzato potesse seguire i comportamenti del (OMISSIS) e tradirla, intenzionato a danneggiare il (OMISSIS) ed operando da un computer della caserma ove prestava servizio, aveva aperto un profilo “facebook” anonimo, tramite il quale aveva contattato (OMISSIS) a nome di una sedicente amante del (OMISSIS) stesso per informarla della loro in realta’ inesistente relazione e cio’ al fine di indurre la giovane a lasciarlo. La manovra attuata dal (OMISSIS), confermata anche dalla (OMISSIS) nel suo interrogatorio, anche se ascritta ad un mero scherzo, e dalla presenza in servizio dell’indagato nei giorni e negli orari di invio dei messaggi, aveva suscitato i sospetti e la reazione risentita del (OMISSIS), il quale aveva contestato all’indagato di essere l’autore dei messaggi molesti per la rivelazione di particolari noti soltanto a chi aveva coabitato con lui, minacciando di denunciarlo e venendo alle mani in un’occasione, tanto da aver cagionato al (OMISSIS) ecchimosi ed un taglio al labbro, per le quali percosse questi, parlando con i coinquilini, aveva minacciato che gliel’avrebbe fatta pagare. In tali emergenze era dunque rinvenuto un valido movente per realizzare l’azione omicidiaria per vendetta dopo il pestaggio subito ad opera del (OMISSIS) e per timore che le rivelazioni di questi potessero compromettere la sua carriera e la realizzazione dell’aspirazione di ingresso nella Guardia di Finanza; del resto anche la (OMISSIS) aveva confidato alle amiche la propria angoscia sino ad aver maturato propositi suicidi per il timore di avere indotto il fidanzato ad uccidere il (OMISSIS) e la (OMISSIS) a causa della conflittualita’ insorta per la vicenda del falso profilo “facebook”.

Il Tribunale, tanto premesso, evidenziata la falsita’ in piu’ punti rilevanti delle dichiarazioni rese dall’indagato nel corso del suo interrogatorio sui suoi movimenti, sui tempi relativi, sui percorsi effettuati e sulle ragioni del suo allontanamento dal parcheggio, nonche’ l’anomalia dei comportamenti tenuti la sera del delitto rispetto alle sue abitudini di frequentatore della palestra in altre giornate e di praticante il jogging sempre in compagnia, mai da solo, come ricostruiti dalle testimonianze escusse, ha respinto l’eccezione preliminare di nullita’ dell’ordinanza genetica in ragione dell’omessa trasmissione al G.i.p., e quindi al Tribunale stesso, dei supporti informatici contenenti le riprese delle telecamere di controllo del traffico, grazie ai quali la difesa avrebbe potuto provare l’erroneita’ dell’orario registrato e dell’operazione di riconduzione a quello reale e delle copie forensi del materiale informatico sequestrato all’indagato in data (OMISSIS). Rilevava il collegio del riesame che gli hard disk erano stati trasmessi alla propria cancelleria, per cui era verosimile fossero stati gia’ messi a disposizione del G.i.p. e che non risultava essere stato richiesto il rilascio delle predette copie forensi dopo che il P.M. aveva respinto l’istanza di dissequestro dell’8/1/2016, un mese prima della proposizione della domanda cautelare. Escludeva altresi’ la fondatezza dell’eccezione di nullita’ della stessa ordinanza per omessa valutazione degli elementi a favore dell’indagato, gia’ considerati dal g.i.p..

In punto di esigenze cautelari, i giudici del riesame, oltre ad avere ricordato la presunzione relativa di pericolosita’, insita nella contestazione del delitto di omicidio premeditato, ravvisavano in concreto il pericolo di recidivazione e di inquinamento probatorio.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo del suo difensore, avv.to (OMISSIS), il quale ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

a) nullita’ dell’ordinanza impugnata per violazione del disposto dell’articolo 309 c.p.p., comma 5, in riferimento al mancato rilievo dell’omessa trasmissione al G.i.p. da parte del p.m. degli hard disk contenenti le videoriprese e delle copie forensi relative a tutti i supporti informatici sequestrati all’indagato, secondo quanto prescritto dall’articolo 291 c.p.p., comma 1, e articolo 100 disp. att. c.p.p., che si era scelto di produrre soltanto al Tribunale del riesame per sottrarli al controllo del primo giudice e della difesa. In tal modo sono stati violati sia il diritto di difesa dell’indagato, sia il principio di simmetria tra il materiale probatorio a sostegno dell’ordinanza applicativa della misura cautelare e quello reso disponibile in sede di riesame, come preteso dal quinto comma dell’articolo 309 cod. proc. pen per consentire al tribunale un controllo sulla legittimita’ ed, in particolare, sulla motivazione del provvedimento impugnato, con la conseguente nullita’ a regime intermedio dell’ordinanza cautelare originaria. Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che il materiale denunciato come mancante fosse stato verosimilmente prodotto al g.i.p., ma tale convincimento non e’ sorretto da alcuna base fattuale, poiche’ i supporti informatici e le copie forensi non risultano dall’indice degli atti allegati alla domanda cautelare, ne’ inseriti nel fascicolo; nel caso in esame non si e’ verificata un’allegazione parziale di atti, privi di integrale contenuto per omissioni o oscuramenti, ma la mancata allegazione di documenti che avrebbero potuto offrire elementi significativi a difesa dell’indagato. Non trova rispondenza al vero nemmeno il rilievo sulla mancata richiesta di rilascio di copia dei documenti informatici sequestrati: la difesa aveva presentato tale richiesta con l’istanza di dissequestro depositata l’8/1/2016 nonche’ con l’opposizione al rigetto di restituzione di cose sequestrate, accolta dal G.i.p. per cui non aveva onere di ripeterla per ogni atto d’indagine.

b) Nullita’ dell’ordinanza impugnata per violazione dell’obbligo di considerazione degli elementi probatori favorevoli all’indagato imposti dal nono comma dell’articolo 309 c.p.p., come modificato dalla L. n. 47 del 2015. Nel presente caso si era denunciata la mancata considerazione e valutazione di elementi oggettivi e non frutto di interpretazione, costituiti da:

– molteplici verbali di s.i.t. di commilitoni dell’indagato, che aveva negato che egli avesse avuto il polso fasciato, il labbro spaccato e un’abrasione allo zigomo in epoca immediatamente successiva alla commissione del delitto, avendo il Tribunale considerato soltanto le informazioni provenienti dal (OMISSIS), confermative di quelle del (OMISSIS) e del (OMISSIS);

– messaggi tra le due vittime avvenuti l'(OMISSIS), sei giorni prima del fatto delittuoso, attestanti una lite con aggressione subita dal (OMISSIS);

– s.i.t. rese dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), dichiarative della scarsa bravura del (OMISSIS) nell’uso delle armi;

– s.i.t. rilasciate da (OMISSIS) e (OMISSIS) su circostanze incompatibili con orario dell’omicidio e ricostruzione dinamica del p.m. degli avvenimenti successivi;

– report traffico telematico tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), che dimostra la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni di (OMISSIS) quando afferma di avere saputo della lite col (OMISSIS) tramite messaggi whats’app;

– titoli conseguiti dal (OMISSIS) nelle arti marziali.

c) Violazione di legge in relazione al disposto dell’articolo 309 c.p.p., comma 9. Il Tribunale del riesame ha escluso che rivestissero rilievo quale elemento a discarico, perche’ indicativo del mantenimento di buoni rapporti tra il ricorrente ed il (OMISSIS), i messaggi “what’s app” scambiati tra i due la mattina del (OMISSIS), quindici giorni prima dell’omicidio e del pari anche l’assenza di un profilo genotipico delle vittime all’interno dell’auto e sugli indumenti dell’indagato per la loro sostituzione. Il Tribunale del riesame, a fronte dell’omessa valutazione da parte del G.i.p. di tali emergenze, e’ intervenuto con una propria motivazione del tutto originale in luogo di quella mancante, in violazione del divieto di integrazione della motivazione del titolo cautelare genetico, che avrebbe dovuto essere annullato.

d) Contraddittorieta’ della motivazione. Il Tribunale ha recepito come validamente riscontrata la ricostruzione delle fasi dell’omicidio, operata dalla p.g., per la quale il delitto era stato compiuto tra le ore 19.49.35 e le ore 19.49.50, secondo i dati forniti dagli informatori (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’autovettura Audi A3 era uscita dal parcheggio ove erano state uccise le due vittime ed era stata ripresa alle ore 19.51.10 lungo la via (OMISSIS). Il Tribunale non ha pero’ considerato il tempo necessario alla sostituzione della tuta ginnica e delle scarpe da parte del (OMISSIS) dopo aver commesso il duplice omicidio, operazione che egli avrebbe compiuto per non far rinvenire tracce del reato sulla sua persona; non e’ dunque coerente, ne’ logica la valutazione degli indizi, laddove non c’e’ congruenza motivazionale tra l’orario esatto dell’omicidio, fissato tra le 19.49.35 e le 19.49.50, e la ripresa alle 19.51.10 della Audi A3, perche’ tanto implica che il (OMISSIS) abbia effettuato il cambio di abiti in un tempo massimo di 34 secondi.

Inoltre, non e’ stata offerta spiegazione della ragione del mancato rinvenimento degli indumenti dismessi nel parcheggio, che, per i ristrettissimi tempi calcolati, l’autore del delitto non poteva avere occultato con cura.

e) Mancanza ed illogicita’ della motivazione in punto di esigenze cautelari, poiche’ l’attivita’ investigativa ha offerto risultati che consentono di superare la presunzione relativa circa la ricorrenza di ogni profilo di pericolosita’. Il Tribunale ha arbitrariamente riconosciuto il pericolo di recidivazione specifica per la personalita’ non rassicurante dell’indagato, l’assenza di revisione critica del proprio operato ed il movente vendicativo, fondando il giudizio su percezioni soggettive prive di fondamento probatorio scientificamente dimostrato o dimostrabile nell’assenza di indagini psicologiche sulla pericolosita’ ed aggressivita’ del (OMISSIS) e della prova del compimento di atti coercitivi verso i testi. Ne’ risulta alcuna motivazione sul profilo dell’attualita’ del ravvisato pericolo, tanto piu’ che il movente passionale esclude qualsiasi ipotesi di serialita’ e che l’indagato e’ incensurato. Anche le ragioni poste a fondamento del pericolo di inquinamento probatorio ripetono pedissequamente quanto esposto dal g.i.p. e non considerano che la cancellazione dei supporti informatici in uso al (OMISSIS) e’ stata frutto di operazioni automatiche compiute in fase di installazione di un aggiornamento del sistema operativo, mentre il sequestro e la realizzazione di copie forensi di tutti i dispositivi informatici sequestrati neutralizzano qualsivoglia possibilita’ di cancellazione e/o alterazione del loro contenuto, tanto che essi sono stati dissequestrati. E’ poi contraddittorio ritenere che il ricorrente possa influenzare le dichiarazioni della fidanzata ed al tempo stesso escludere nei riguardi di quest’ultima esigenze cautelari, tanto piu’ che i tentativi della (OMISSIS) di condizionare le dichiarazioni delle amiche si erano rivelati vani e le dichiarazioni di costoro vanno considerate ormai cristallizzate, cosi’ come quelle acquisite dagli altri testi. Ed anche l’opera di persuasione svolta nei riguardi dei due coinquilini non ha impedito che costoro improvvisamente due mesi prima dell’emissione del titolo cautelare rivelassero particolari molto rilevanti, taciuti sino a quel momento, nonostante la presenza in liberta’ del (OMISSIS).

3. All’udienza di discussione la difesa ha depositato memoria, con la quale ha dedotto motivi nuovi per ribadire la nullita’ dell’ordinanza impugnata per violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c), articolo 309 c.p.p., commi 5 e 9, per mancato annullamento dell’ordinanza applicativa della misura custodiate per difetto di autonoma motivazione per assenza degli hard disk delle riprese filmate, quanto alle annotazioni di p.g. ed agli elementi favorevoli all’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato e non merita dunque accoglimento.

1. La prima eccezione in rito sollevata dalla difesa prospetta il vizio di violazione di legge per non avere il p.m. trasmesso al g.i.p. gli hard disk contenenti le riprese filmate realizzate dagli impianti collocati sulle pubbliche vie cittadine di (OMISSIS) tra il (OMISSIS) e le copie forensi del materiale informatico sequestrato all’indagato, di cui l’ufficio requirente era gia’ in possesso al momento della presentazione della domanda cautelare e che ha trasmesso al solo Tribunale del riesame. La doglianza richiede alcune preliminari puntualizzazioni in punto di diritto.

1.1 In primo luogo, va ricordato che la disposizione di cui all’articolo 291 c.p.p., comma 1, non impone al p.m. di trasmettere al giudice tutti gli atti d’indagine sino a quel momento compiuti nella loro integrita’, ma soltanto quanto e’ necessario a dar conto dei presupposti, ossia degli indizi di reita’ e delle esigenze cautelari, pretesi dall’ordinamento per l’imposizione della limitazione della liberta’ personale dell’indagato. Il richiedente la misura cautelare ha l’onere di corredare la propria istanza con l’illustrazione della valenza rappresentativa e del peso probatorio degli elementi su cui essa e’ basata, al fine di fornire al giudice un adeguato contributo illustrativo ed il necessario riscontro dimostrativo, desunto dagli atti d’indagine e riscontrabile dal giudice e in un secondo momento anche dalle altre parti; nell’ambito di tale attivita’ deduttiva gli e’ riconosciuto un ampio potere di selezione del materiale da mettere a disposizione del giudice, ben potendo, sia escludere determinati atti, sia trasmetterli con omissioni parziali del loro contenuto quando tali accorgimenti siano funzionali a tutelare la fruttuosita’ del prosieguo delle investigazioni o altri soggetti non coinvolti: nessuna disposizione di legge, tanto meno l’articolo 309 c.p.p., comma 5, gli impone l’obbligo di un’anticipata ed indifferenziata “discovery” delle acquisizioni probatorie prodotte dalle indagini, fermo restando che una non oculata scelta lo espone al rischio di non vedere accolta la propria domanda.

L’unica situazione che rende obbligatoria per il p.m. la trasmissione integrale degli elementi disponibili riguarda i dati favorevoli all’indagato e le deduzioni e le memorie difensive gia’ depositate, perche’ non altrimenti conoscibili per il giudice investito della decisione sulla richiesta cautelare e per consentirgli di soppesarla in modo compiutamente informato e ragionato di tutte le acquisizioni rilevanti, anche in senso contrario al postulato accusatorio al fine di assicurare la tutela dei diritti di liberta’ dell’indagato, esigenza il cui soddisfacimento non puo’ essere affidato all’iniziativa discrezionale della parte titolare dell’interesse opposto.

1.2 L’eccezione difensiva investe poi la questione, connessa alla prima esaminata, dell’ammissibilita’ di un arricchimento da parte dell’accusa della base conoscitiva offerta al tribunale del riesame attraverso la produzione di elementi di prova di cui aveva gia’ la disponibilita’, ma che non ha sottoposto alla disamina del primo giudice in base a valutazioni di inutilita’ o di inopportunita’ della loro ostensione, tematica che coinvolge direttamente il rispetto del contraddittorio nel procedimento di riesame e la tutela del diritto di difesa della persona indagata.

L’impugnazione non considera un argomento di tipo sistematico: la disposizione di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 9, stabilisce che la decisione del tribunale sull’istanza di riesame debba estendersi anche “agli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza”, consentendo loro di incrementare sino a quel momento la piattaforma conoscitiva gia’ disponibile. La giurisprudenza d’indirizzo maggioritario e piu’ recente ammette che la norma comprende anche gli elementi di prova sfavorevoli all’indagato, sia nuovi perche’ acquisiti col progredire delle indagini, sia preesistenti all’applicazione della misura e non prodotti al giudice per le indagini preliminari (Cass. sez. 5, n. 1276 del 17/12/ 2002, Vetrugno, rv. 223436; sez. 6, n. 15899 del 9/3/2004, Fallace, rv. 228875; sez. 3, n. 15108 dell’11/2/2010, Sabatelli, rv. 246601). Tali decisioni, premesso che, come gia’ detto, e’ nella discrezionalita’ del pubblico ministero scegliere gli elementi di prova da produrre per ottenere l’applicazione della misura cautelare, ritengono che la medesima “ratio” giustifichi anche la facolta’ di aggiungere ulteriori acquisizioni, la cui introduzione nel procedimento pone soltanto questioni di salvaguardia del principio del contraddittorio e della parita’ sostanziale delle parti. Si e’ dunque affermato sulla scorta delle corrispondenti indicazioni fornite dalle Sezioni Unite in materia di appello cautelare (Sez. U., n. 18339 del 31/3/2004, Donelli, rv. 227357) che, per assicurare l’effettiva osservanza di tali principi e garantire all’indagato la possibilita’ di efficace e consapevole partecipazione alla discussione, a fronte di nuove produzioni il tribunale del riesame debba assicurare il rispetto pieno del contraddittorio tra le parti, assegnando all’indagato un congruo termine a difesa (Cass. sez. 3 n. 22137 del 6/05/2015, Benocci ed altri, rv. 263664; sez. 2, n. 36451 del 03/06/2015, Santini, rv. 264545; sez. 6, n. 53720 del 25/9/2014, Folchetti, rv. 262092), pena la nullita’ degli atti per violazione del diritto di assistenza dell’indagato ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c).

1.3 Va poi aggiunto che con particolare riferimento alle intercettazioni o alle registrazioni filmate, alcuna norma e tanto meno l’articolo 291 citato, prescrive l’obbligo di trasmettere, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 309 c.p.p., comma 5, i supporti informatici contenenti captazioni o videoriprese utilizzate ai fini dell’imposizione delle misure cautelari quando i relativi esiti siano riportati nell’annotazione di polizia giudiziaria o nei “brogliacci”, intesi quali sintesi informali e sommarie del contenuto delle conversazioni o delle immagini registrate, compiute dal personale di polizia addetto, pienamente utilizzabili ai fini della formulazione del giudizio imposto dalla domanda cautelare (Cass. sez. 1, n. 15895 del 09/01/2015 Riccio, rv. 263107; sez. 6, n. 37014 del 23/09/2010, Della Giovampaola e altri, rv. 248747). Pertanto, i risultati cosi’ conseguiti, rappresentativi di situazioni di fatto rilevanti per l’accertamento della responsabilita’ per quanto richiesto ai fini del giudizio cautelare, sono utilizzabili nel relativo cautelare anche se il pubblico ministero non abbia allegato i relativi supporti (sez. 3, n. 19198 del 05/02/2015, Fiorenza, rv. 263798; sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014, Iacobazzi, rv. 261092; sez. 1, n. 34651 del 27/5/2013, Ficorri, rv. 257440; sez. 2, n. 8837 del 20/11/2013, Chinzeagulov e altro, rv. 258788; sez. 5, 17 luglio 2008, n. 37699); ne’ la mancata trasmissione della documentazione relativa alle operazioni di visualizzazione dei filmati puo’ determinare la perdita di efficacia della misura cautelare applicata ma, eventualmente, l’inutilizzabilita’ degli esiti delle attivita’ compiute, se eseguita in violazione di specifiche disposizioni processuali o con modalita’ tali da alterare il dato autentico (sez. 3, n. 19101 del 07/03/2013, D., rv. 255117), circostanza quest’ultima in alcun modo dedotta dal ricorrente. Si segnala poi per la refluenza che assume nel presente caso che questa Corte ha gia’ escluso ogni profilo di incostituzionalita’ in relazione alla disciplina prevista dall’articolo 309 cod. proc. pen., comma 5; ribadendo che l’articolo 291, comma primo, cod. proc. pen. non impone al pubblico ministero che richiede l’applicazione di misure cautelari la trasmissione di tutti gli atti, ma soltanto di quegli elementi su cui la richiesta si fonda, degli elementi a favore dell’imputato e degli eventuali atti dallo stesso gia’ depositati, e’ stato affermato, e si ribadisce in questa sede, che “e’ manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 291 c.p.p., comma 1, e articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10, in riferimento agli articoli 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevedono la trasmissione al Gip e al Tribunale del riesame anche dei supporti informatici delle intercettazioni o videoriprese utilizzati ai fini dell’applicazione di misure cautelari, in quanto i predetti supporti e i brogliacci non costituiscono un unico atto processuale unitamente alle trascrizioni effettuate dalla polizia giudiziaria, rispetto ai quali e’ sempre possibile contestarne, in presenza di concreti elementi a sostegno, la mancata corrispondenza. (Cass. sez. 3, n. 19198 del 05/02/2015, Fiorenza, rv. 263798).

2. Nel presente caso il Tribunale ha risolto la tematica, ritenendo ragionevole che i materiali che la difesa assume essere stati trasmessi soltanto nella fase del riesame fossero stati gia’ posti a disposizione del g.i.p., ma in realta’ tale motivazione di tipo probabilistico e’ meramente congetturale perche’ non e’ giustificata dal positivo riscontro della presenza di quegli atti ed elementi nel fascicolo che il p.m. aveva trasmesso al g.i.p..

2.1 Cio’ nonostante, anche se i supporti in questione sono stati prodotti per la prima volta col deposito presso la cancelleria del tribunale del riesame, nella novita’ di tale produzione non e’ dato rinvenire i profili di violazione di legge denunciati con l’impugnazione.

2.1.1 Premesso che in base alla formulazione della doglianza non e’ dato conoscere se gli hard disk trasmessi al Tribunale di Trieste fossero gia’ nella disponibilita’ del p.m. al momento di richiedere la misura custodiale, oppure se pervenuti al suo ufficio in seguito, deve escludersi qualsiasi profilo di violazione dei diritti dell’indagato, dal momento che la produzione e’ avvenuta con il deposito nella cancelleria del tribunale e nei tempi prescritti dall’articolo 309 c.p.p., comma 5, circostanza che ha consentito alla difesa di prenderne visione ed estrarne copia al fine di sviluppare la propria strategia di contrasto e di difendersi compiutamente attraverso la conoscenza degli atti e la discussione all’udienza camerale. Ne’ risulta che il patrocinatore del (OMISSIS) nel corso di tale udienza abbia dedotto di non avere potuto visionare i supporti prodotti e chiesto un termine per provvedervi, tanto piu’ che a ben vedere trattasi di elementi oggetto di nuova produzione soltanto sotto il profilo materiale, perche’ in precedenza assenti dal fascicolo, ma il cui contenuto era stato oggetto di ampia disamina e di efficace documentazione mediante l’inserimento dei fotogrammi da essi estrapolati nelle informative di polizia, citate anche nel provvedimento del tribunale, senza sia mai stata sollevata la questione del loro travisamento inteso quale fraintendimento dei dati informativi in essi ricavati.

2.1.2 Non sussiste il vizio di violazione di legge nemmeno in riferimento alla qualificazione dei supporti trasmessi quali elementi favorevoli alla difesa, non posti a disposizione del g.i.p.. Va premesso in linea generale che a fronte della dedotta trasgressione dell’articolo 309, comma 5, spetta alla Corte di legittimita’ verificare il contenuto del motivo, che prospetta una questione in rito, mediante il riscontro della possibilita’ materiale di trasmissione dell’atto, della sua non manifesta estraneita’ al “thema decidendum” e della rilevanza rispetto alla possibilita’ di apportare considerazioni favorevoli alla difesa, senza pero’ potersi addentrare nell’accertamento diretto dell’efficacia dimostrativa di un atto probatorio che costituisce valutazione di esclusiva spettanza del giudice del merito. In altri termini, il sindacato demandato al giudice di cassazione e’ limitato alla considerazione astratta dell’utilita’ delle prove non tempestivamente sottoposte al g.i.p. ed alla loro significativita’ per escludere la ragionevole probabilita’ della responsabilita’ dell’indagato, a prescindere dalla valutazione in ordine alla loro concreta efficacia rappresentativa, ma comunque sempre in rapporto al quadro di conoscenze offerto dagli elementi di accusa (Cass. sez. 1, n. 25991 del 13/05/2010, C., rv. 247985; sez. 1, n. 24406 del 09/04/2015, Crea, rv. 263967). E’ pero’ necessario per la corretta deduzione del motivo di ricorso che la parte assolva compiutamente e ritualmente ai propri oneri deduttivi. Come gia’ affermato in modo condivisibile da questa Corte, in tema di riesame delle misure cautelari, l’obbligo per l’autorita’ procedente di trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini deriva dalla loro rilevanza ai fini difensivi; tale valutazione e’ in prima battuta rimessa alla discrezionalita’ del pubblico ministero e pertanto qualora l’indagato si dolga con le impugnazioni esperite della mancata trasmissione di specifici atti, assumendo la cessazione di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., comma 10, ha l’onere di indicare compiutamente gli elementi di qualificazione in senso a lui favorevole presenti negli atti non trasmessi (Cass. sez. 6, n. 25058 del 10/05/2016, Sabatino, rv. 266972; sez. 6, n. 20527 del 28/03/2003, Randazzo, rv. 225451; sez. 4, n. 41170 del 21/06/2004, De Giovanni, rv. 229913).

2.1.3 Ebbene, nel presente caso va detto che gli elementi in questione, secondo quanto riportato nell’ordinanza impugnata, dimostrando i movimenti del veicolo dell’indagato, gli orari ed i luoghi che aveva visitato in corrispondenza del momento di perpetrazione del duplice omicidio ascrittogli e del luogo di occultamento dell’arma, integrano precisi indizi di reita’ a suo carico ed offrono apporti conoscitivi di rilievo essenziale per il costrutto accusatorio: che si tratti, al contrario, di dati favorevoli alla tesi della sua estraneita’ al delitto perche’ da essi dovrebbe ricavarsi “l’erronea rimodulazione, (scientificamente e tecnicamente inesatta e rudimentale), degli orari effettivi (cioe’ reali) rispetto a quelli impressi nelle registrazioni” (pag. 2 ricorso), costituisce affermazione che incorre nella sanzione dell’inammissibilita’ per la sua genericita’. Non si illustrano, infatti, in dettaglio ed in modo comprensibile, ne’ verificabile, nemmeno con la memoria difensiva, le ragioni dell’errore tecnico commesso dagli investigatori nell’indicare uno scarto di circa 5-6 minuti tra l’orario delle videoriprese e quello reale degli accadimenti filmati, ne’ l’incidenza dirimente del preteso errore sulla ricostruzione fattuale della dinamica dell’omicidio in modo tale da depotenziare gli indizi ricavati, ossia da dimostrare che l’indagato a bordo della sua vettura non si era trovato a pochi metri di distanza dal veicolo delle vittime ed in orario coincidente con quello della loro uccisione e che di seguito non si era recato nel parco di (OMISSIS) per eliminare l’arma ed altre eventuali tracce del reato appena commesso. Inoltre, la denuncia circa l’omessa verifica da parte del g.i.p. della correttezza delle operazioni di estrazione da parte degli investigatori delle copie versate in atti dagli originali filmati di impianto a “circuito chiuso” non si e’ tradotta nella specifica indicazione di errori ed imprecisioni rilevanti e tali da contraddire la valenza accusatoria di siffatti elementi; in altri termini non e’ sufficiente lamentare che non siano descritte le modalita’ di acquisizione dei fotogrammi dai filmati originali quando non si prospetti un intervento manipolativo o di alternazione delle immagini.

2.2 E’ poi giuridicamente erronea la tesi che esige l’esatta “simmetria” cognitiva tra il primo ed il secondo grado del procedimento cautelare: per quanto l’articolo 309, comma 5, preveda adempimento funzionale a garantire che il tribunale sia posto nelle condizioni di esercitare i propri poteri cognitivi sulla vicenda cautelare, cio’ nonostante tali poteri non attengono al solo riscontro della legittimita’ dell’ordinanza applicativa e della correttezza della sua motivazione, quasi si trattasse del sindacato conducibile da parte della Corte di cassazione. Il tribunale del riesame e’ giudice di merito, deputato ad esercitare una cognizione di particolare ampiezza condizionata da natura e struttura del procedimento di impugnazione, dall’urgenza che lo qualifica e dal rilievo costituzionale del diritto di liberta’ individuale coinvolto, che non e’ confinata al riscontro della congruita’ della motivazione del provvedimento impositivo. Al contrario, la sua delibazione, da un lato e’ svincolata dall’indicazione di motivi specifici da parte dell’indagato e dal rispetto del principio devolutivo inteso quale circoscrizione della verifica della fondatezza del giudizio cautelare alle ragioni di critica articolate dal proponente, ma si esercita con la rinnovata e globale considerazione della vicenda cautelare dopo l’esplicazione del contraddittorio tra le parti, dall’altro e’ caratterizzata dalla necessita’ di tener conto degli “elementi addotti dalle parti in udienza” e dalla facolta’ dell’organo giudiziario di fondare la decisione su motivi diversi da quelli prospettati dalla parte impugnante o dalle indicazioni fornite nel provvedimento impugnato. L’apprezzamento dei presupposti applicativi della misura cautelare e’ dunque rimesso al tribunale quale giudice di merito di seconda istanza con ampiezza di poteri di apprezzamento della situazione fattuale, da condursi in base agli atti gia’ inseriti nel fascicolo trasmesso dal p.m. ed a quelli oggetto di successiva acquisizione, sia col deposito nella cancelleria del giudice, sia con la produzione in udienza, ben potendo introdurre tali atti elementi del tutto nuovi perche’ ottenuti mediante indagini difensive o investigazioni compiute dagli organi di polizia sino a modificare sensibilmente il quadro di acquisizioni in precedenza ottenute e non valutate dal primo giudice.

Deve dunque formularsi il seguente principio di diritto: “la natura interamente devolutiva del riesame della misura cautelare, condotto dal tribunale sulla base del confronto tra le parti in contraddittorio sui presupposti applicativi, esclude una rigorosa simmetria di poteri di cognizione con la decisione assunta all’atto dell’emissione del provvedimento riesaminato, simmetria non configurabile come obbligatoria nemmeno in riferimento al materiale probatori, posto a base delle decisioni del g.i.p. e del tribunale del riesame”.

2.3 Quanto alle copie forensi dei dispositivi informatici sequestrati all’indagato, il Tribunale ha ritenuto che il loro rilascio non fosse stato richiesto dalla difesa successivamente al rigetto della domanda di dissequestro, presentata l’8/1/2016. In effetti, l’impugnazione non nega tale circostanza, ma assume avere mantenuto validita’ tale unica istanza e la successiva opposizione al diniego di dissequestro: al contrario, va riscontrata la correttezza della decisione impugnata, dal momento che quanto sollecitato alla Procura era la restituzione degli oggetti originali posti in sequestro con la rimozione del vincolo e l’estrazione di una copia, possibilita’ che, una volta opposta la ricorrenza di ragioni investigative ancora attuali e decorso un lasso di tempo apprezzabile, avrebbe dovuto essere richiesta formalmente una volta sottoposto l’indagato alla misura cautelare quando l’esigenza di approntare la sua piu’ ampia difesa su elementi utilizzati per l’emissione del titolo custodiale era divenuta attuale e stringente. Inoltre, va ricordato che l’atto di opposizione al diniego di dissequestro era stato rivolto al g.i.p., il cui provvedimento favorevole parrebbe intervenuto dopo l’udienza innanzi al tribunale triestino, mentre la difesa, rappresentando le ragioni d’urgenza sottese alla propria iniziativa, avrebbe anche potuto chiedere un’anticipazione della trattazione allo stesso g.i.p. e provocarne la decisione piu’ tempestiva.

Al riguardo la decisione del tribunale rispetta i principi, ribaditi sino alle piu’ recenti pronunce di questa Corte (Cass. S.U., n. 20300 del 22/4/2010, Lasala, rv. 246908) e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 336/2008, che non hanno affatto stabilito l’obbligatoria trasmissione da parte del p.m., anche in esito a richiesta della difesa, dei brogliacci o dei “files audio” relativi ad attivita’ intercettativa o di videoripresa, ne’ l’obbligo in via generale del Tribunale per il riesame di acquisire tali atti e di visionare o ascoltare tali supporti. La Corte costituzionale ha riconosciuto come spetti al difensore il diritto di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate o delle immagini filmate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate e cio’ al fine di acquisire la materiale possibilita’ di formulare contestazioni relative al loro utilizzo quale fonte di prova; le Sezioni unite hanno esaminato le medesime tematiche in riferimento alla sorte di quelle intercettazioni in ordine alle quali la difesa abbia tempestivamente richiesto al p.m. i “files audio” e non li abbia ottenuti in assenza di una spiegazione valida ed apprezzabile come tale nella sua fondatezza da parte del tribunale del riesame e hanno affermato che quando tale situazione si verifichi l’attivita’ di formazione della prova e’ colpita da nullita’ generale a regime intermedio con la conseguente inutilizzabilita’ del materiale, i cui supporti magnetici non siano stati resi disponibili per la parte richiedente, principio egualmente valido anche in riferimento alle riprese filmate. Tale soluzione postula pero’ l’attivazione della parte interessata ed un diniego ingiustificato di metterle a disposizione i supporti richiesti, che nel caso non si sono verificati in riferimento alle attivita’ difensive da svolgere nella fase del riesame.

3. Il secondo motivo censura l’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata per avere omesso la puntuale disamina di elementi probatori favorevoli all’indagato. Premesso che e’ indiscusso, alla stregua dell’attuale formulazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 9, l’obbligo in capo ai giudici del riesame di analizzare emergenze indicate in tesi difensiva come in grado di contraddire l’accusa, al riguardo il ricorso si rivela privo di autosufficienza, poiche’ richiama per punti le circostanze illustrate nella memoria difensiva presentata al tribunale, ma non correda la censura della specifica enunciazione della loro valenza dimostrativa e delle ragioni per le quali gli elementi tralasciati avrebbero contraddetto il quadro indiziario raccolto: in altri termini, il ricorso pretende di superare l’implicito giudizio d’irrilevanza con la mera affermazione dell’utilita’ di tali elementi per l’accoglimento della tesi dell’estraneita’ del (OMISSIS) all’omicidio, senza corredare tale assunto da alcuna enunciazione esplicativa. Inoltre, le poche informazioni fornite risultano inconferenti rispetto al “thema decidendum”, poiche’, secondo quanto esposto nei provvedimenti cautelari, le lesioni riportate dal (OMISSIS) e descritte dai testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non erano state riportate “in epoca immediatamente successiva alla commissione del delitto”, ma pochi mesi prima allorche’ il (OMISSIS) gli aveva contestato di ritenerlo l’autore delle missive moleste inoltrate alla fidanzata tramite un profilo “facebook” anonimo e lo aveva violentemente percosso. Ebbene, non si comprende per quale motivo l’avere il (OMISSIS) conseguito titoli, non specificati nella loro consistenza e nell’epoca di rilascio, in arti marziali dovrebbe assumere un rilievo favorevole, non dimostrando in se’ la capacita’ di fronteggiare un avversario possente ed allenato quale il (OMISSIS) e di impedire le lesioni riferire dai testi. Risponde al vero che il collegio del riesame non ha assegnato rilievo alle testimonianze di altri commilitoni che avevano escluso la presenza di lesioni sulla persona dell’indagato, ma tanto ha operato sulla base di una legittima opzione effettuata nella selezione delle fonti di prova, dando conto della maggiore attendibilita’ di coloro che, come il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) avevano coabitato col (OMISSIS), essendo a stretto contatto anche visivo con la sua persona, mentre il ricorrente non indica, al di la’ del dato numerico, le ragioni per accordare preferenza a tali deposizioni rispetto a quelle dei colleghi che avevano condiviso lo stesso alloggio.

Pertanto, non assume valore dirimente che il verbale delle informazioni rese dal (OMISSIS) non fosse stato materialmente presente negli atti trasmessi al g.i.p., ma fosse stato reso disponibile per il tribunale: resta il fatto che il verbale, certamente valutabile per quanto gia’ osservato, esiste e contiene le informazioni riportate nell’ordinanza impugnata senza travisamenti o errori percettivi.

Per gli altri presunti elementi favorevoli deve osservarsi che:

– i messaggi tra le due vittime in ordine ad un’aggressione patita dal (OMISSIS) in tempi prossimi all’omicidio non sono riportati nel loro testo in ricorso, che non indica nemmeno il soggetto col quale sarebbe intervenuta la lite, sicche’ tale emergenza di per se’ non indica con certezza o plausibilita’ una pista investigativa alternativa;

– la scarsa abilita’ nell’uso di armi da fuoco non contraddice anche sul piano meramente logico la capacita’ di maneggiarle da parte di soggetto militare di carriera che, in base agli accertamenti informatici, si era interessato all’argomento dell’acquisto di armi con una ricerca che aveva poi attentamente cancellato;

– le deposizioni di tali (OMISSIS) e (OMISSIS) sono di contenuto imprecisato e quindi non e’ dato sapere come possano smentire la fondatezza della ricostruzione dinamica dei movimenti dell’assassino, operata dalla p.g. e fatta propria nei provvedimenti cautelari;

– per quanto riportato nella stessa ordinanza impugnata, il (OMISSIS) ha riferito di essere stato informato dal (OMISSIS) dei sospetti nutriti a carico del (OMISSIS) per i messaggi inviati alla (OMISSIS), sia a voce, sia mediante messaggi “what’s app”.

In definitiva, l’impugnazione per le modalita’ di redazione esaurisce la propria capacita’ di critica nell’enunciazione dell’omissione motivazionale e nei continui rinvii alla memoria gia’ depositata, senza pero’ offrire concreti elementi a questa Corte per poter apprezzare l’effettivo significato dimostrativo degli elementi non considerati, che non sono stati illustrati nemmeno con la memoria depositata all’udienza di discussione, che contiene al riguardo la sola elencazione dei dati omessi.

4. Il terzo motivo e’ privo di qualsiasi fondamento. Nel lamentare il vizio di violazione di legge in riferimento al disposto dell’articolo 309 c.p.p., comma 9, la difesa assume che il Tribunale avrebbe indebitamente integrato la motivazione dell’ordinanza genetica in ordine ai messaggi intercorsi tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nella data del 2/3/2015 ed alla circostanza dell’assenza di tracce organiche riconducibili alle vittime all’interno dell’autovettura dell’indagato e sui suoi abiti. Con la memoria difensiva si e’ poi censurato il medesimo intervento suppletivo quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS) e l’assenza di autonoma motivazione nell’ordinanza applicativa della misura sulle annotazioni di p.g..

4.1 E’ agevole replicare che la censura e’ frutto di fraintendimento dell’esatto significato della disposizione che si assume violata.

L’attuale formulazione dell’articolo 292 c.p.p., commi c) e c bis), introdotta dalla L. n. 47 del 2015, impone un ulteriore requisito necessario per la valida sottoposizione dell’indagato alla custodia cautelare, in quanto pretende, accanto all’esposizione, anche l’autonoma valutazione dei requisiti richiesti per l’applicazione della misura, ossia “delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa”, quale garanzia di un effettivo esame critico ed indipendente della domanda cautelare da parte del giudicante, cui e’ ora inibito redigere, anche in caso di integrale condivisione, il provvedimento in termini di mera riproduzione dell’istanza. Alla specificazione dell’onere motivazionale gravante sul g.i.p. si accompagna nel testo riformato della disciplina processuale la previsione, inserita all’articolo 309 c.p.p., comma 9, di incrementati e piu’ penetranti poteri di verifica da parte del tribunale del riesame, il quale, se riscontri l’assenza di motivazione, oppure di autonoma valutazione, deve annullare il provvedimento impugnato. Come evidenziato da tutti gli interpreti, la nuova disposizione, introdotta a garanzia dei diritti difensivi e dell’effettivita’ del controllo giudiziale da esercitarsi nei diversi gradi in cui si snoda il procedimento cautelare, inibisce l’attivazione dei poteri di integrazione e di propria valutazione per sanare carenze o radicali illogicita’ dell’apparato motivazionale del titolo cautelare, consistite nell’assenza di motivazione a supporto della decisione genetica, oppure nella sua presenza grafica, ma dal contenuto tale da non rivelare l’avvenuta conduzione di un sindacato autonomo e critico sulle condizioni applicative della misura coercitiva: in questi casi il tribunale del riesame deve dunque limitarsi ad disporre l’annullamento. Tanto non equivale pero’ a negare qualsiasi possibilita’ per il tribunale di intervenire con integrazioni motivazionali del provvedimento impositivo, quando questo sia dotato di motivazione effettiva e rivelatrice di un apprezzamento personale del decidente (Cass. sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015, Carpentieri, rv. 266050; sez. 1, n. 8323 del 15/12/2015, Cosentino, rv. 265951).

4.2 Nel caso di specie l’omessa considerazione nell’ordinanza applicativa della custodia cautelare riguarda due circostanze di fatto che nel contesto dell’ampia ed approfondita disamina del quadro indiziario non assumono rilievo decisivo e non compromettono la possibilita’ di rinvenire un adeguato apparato esplicativo, autonomamente considerato, dei presupposti per la sottoposizione alla misura coercitiva; pertanto, non e’ censurabile l’omesso rilievo da parte del tribunale di una nullita’ che si rivela insussistente: il collegio del riesame non si e’ sostituito al primo giudice nell’apprezzamento dei dati conoscitivi offerti dalle indagini, in precedenza omesso, ma ha doverosamente inteso replicare ad alcuni rilievi esposti dalla difesa con la sua impugnazione. Deve dunque esprimersi il seguente principio di diritto “e’ legittima, anche a fronte dell’obbligo giuridico imposto dall’articolo 309 c.p.p., comma 9, nel testo riformato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, la formulazione da parte del tribunale del riesame di osservazioni originali su profili fattuali non trattati dal primo giudice, quando resesi necessarie per esplicitare la decisione in riferimento a materiale probatorio non sottoposto al vaglio del g.i.p., ma ritualmente prodotto durante la fase del riesame e per replicare al contenuto di contestazione dell’impugnazione dell’indagato anche al fine di non incorrere nel vizio di insufficiente o illogica motivazione, poi deducibile col ricorso per cassazione”.

5. Il quarto motivo e’ del pari infondato perche’ non tiene in adeguato conto le argomentazioni del provvedimento impugnato: il Tribunale, individuato quale elemento indiziario a carico del (OMISSIS) l’omesso rinvenimento della tuta da ginnastica di colore grigio antracite, descritta dal teste (OMISSIS) come indossata al momento di uscire di casa il (OMISSIS) poco dopo le ore 19.00, ascritto all’intento di eliminare possibili tracce del reato con il cambio degli abiti e la loro distruzione, ha affermato come verosimile, ma non certo, che egli avesse effettuato la sostituzione subito dopo gli spari e prima di risalire in auto per non imbrattarla. La ricostruzione di siffatta operazione come probabile lascia comunque spazio anche all’ipotesi alternativa dell’effettuazione di tale operazione altrove, magari nel parco o presso il laghetto, ove poi era stata rinvenuta l’arma e spiega anche il mancato ritrovamento degli indumenti nel piazzale ove era avvenuto l’omicidio, tanto piu’ che prima di essere raggiunto dai primi sospetti egli aveva avuto tutto il tempo di ripulire il veicolo e di impedire di rilevare nei campioni prelevati tracce indizianti, secondo quanto gia’ considerato dal Tribunale.

Va soltanto aggiunto che la disamina critica proposta col ricorso non si confronta in modo analitico e puntuale con il piu’ complesso procedimento valutativo seguito dai giudici del riesame e non smentisce dunque le argomentazioni con le quali costoro hanno esaminato: la falsita’ dell’alibi prospettato e della ricostruzione dei suoi movimenti, operata dall’indagato; la mancata rivelazione di aver udito i colpi di arma da fuoco esplosi contro le vittime nonostante la presenza nello stesso piazzale in orario coincidente con l’omicidio; il mutamento della sua strategia difensiva; la cancellazione sistematica dei dati informatici e telematici dai dispositivi in suo possesso in concomitanza col progredire delle indagini e col concentrarsi dei sospetti sulla sua persona; il mancato rinvenimento della tuta da ginnastica indossata quella sera; l’attribuzione alla sua persona della creazione del profilo “facebook” anonimo dal quale aveva contattato la (OMISSIS) con messaggi contenenti notizie false, calunniose, volgari e gravemente moleste per screditare la figura del (OMISSIS) e provocare la rottura della loro relazione per vendetta e gelosia del rapporto felice che i due giovani stavano vivendo. Trattasi di elementi che hanno contribuito a formare il contesto indiziario grave, legittimante l’applicazione della misura contestata, e che sono stati oggetto di un’analisi coordinata e perfettamente logica, che da’ conto in modo congruo del giudizio di elevata probabilita’ della responsabilita’ dell’indagato.

6. Il quinto motivo investe la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Assume la difesa che le indagini avrebbero consentito di acquisire elementi in grado di superare la presunzione di sussistenza del pericolo di recidivazione specifica e di inquinamento probatorio, da escludersi del tutto, ma in realta’, piu’ che illustrare tali elementi, critica la motivazione che anche sul piano concreto ha individuato specifici profili di pericolosita’ dell’indagato. In particolare, il Tribunale, aderendo alle indicazioni del primo giudice, ha dedotto il pericolo di ripetizione di condotte contro la persona dalle modalita’ del fatto ed alla personalita’ dell’indagato, soggetto manipolatore e rancoroso, capace di realizzare un duplice omicidio con temerarieta’ e freddezza in un luogo pubblico e che si era indotto ad uccidere anche la (OMISSIS) per eliminare uno scomodo testimone, quindi portatore di elevata pericolosita’ sociale che potrebbe nuovamente manifestarsi magari contro i testi, amici o conoscenti, che lo avevano tradito, svelando la falsita’ del suo alibi.

Il pericolo di inquinamento probatorio e’ stato ravvisato a ragione del costante intervento dell’indagato, attuato con la complicita’ della fidanzata, per disperdere tracce o elementi utili alle indagini, per precostituirsi un alibi, poi rivelatosi falso, per condizionare le dichiarazioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), inizialmente reticenti per non comprometterne la posizione, ma poi indottisi a rivelare quanto a loro conoscenza a fronte dell’evidenza delle riprese filmate che avevano ritratto i passaggi dell’autovettura dell’indagato. Pertanto, nel giudizio espresso dal tribunale e’ necessario garantire l’assenza di contatti tra costui, la (OMISSIS) e gli altri testi, ancora da esaminare per acquisirne informazioni piu’ dettagliate anche alla luce degli ulteriori accertamenti informatici e tecnici in corso e per garantire la genuinita’ delle loro future dichiarazioni da assumere in dibattimento, esigenze non tutelabili che col mantenimento della misura in esecuzione, risultando inadeguata quella meno gravosa di natura domiciliare, pur con apposizione di braccialetto elettronico, per l’inaffidabilita’ soggettiva dell’indagato, la possibilita’ di avvalersi di altri soggetti favoreggiatori o conniventi e per le capacita’ e conoscenze informatiche dimostrate che gli consentirebbero di operare a distanza anche se sottoposto a misura domiciliare.

Per contro, la difesa censura tali considerazioni in base ad argomenti privi di fondamento. Il pericolo di recidivazione e’ stato desunto correttamente dal fatto di reato e dalle sue modalita’ esecutive, a loro volta ritenute indicative di spregiudicatezza e determinazione anche in relazione alla connotazione premeditata della maturazione della risoluzione criminosa, senza che per approdare a tali conclusioni sia necessario uno studio psicologico della personalita’ dell’indagato, rivelata gia’ efficacemente dalla sua azione e dai comportamenti tenuti in precedenza e nel corso delle indagini. A tali rilievi il tribunale ha assegnato rilievo preponderante tale da far superare lo stato d’incensuratezza e l’argomento incentrato sulla natura passionale del movente, che, sebbene validamente riferibile all’uccisione del (OMISSIS), non considera la spietata eliminazione anche della (OMISSIS) solo perche’ testimone oculare.

Le obiezioni che vengono opposte al ravvisato pericolo di recidivazione specifica attengono a profili fattuali, insondabili per questa Corte, come la diversa causale delle cancellazioni dei dati informatici, ascritta ad operazioni automatiche e non a gesto deliberato senza che l’assunto sia verificato, ne’ verificabile in questa sede; del pari i giudici cautelari hanno evidenziato come le indagini di tipo tecnico non fossero esaurite, ma ancora in corso e cio’ a prescindere dal dissequestro dei supporti dell’indagato. Anche la possibilita’ concreta di una concertazione di una versione di comodo con la fidanzata o altri testimoni non e’ affatto stata ricostruita in base a mere congetture o ipotesi teoriche, ma in base ai comportamenti tenuti dal (OMISSIS), che potrebbe agire indirettamente ed a distanza anche grazie alla complicita’ di terzi o alle sue abilita’ informatiche. Non e’ poi dato comprendere il significato della dedotta cristallizzazione delle dichiarazioni rese dalle amiche della (OMISSIS) e dagli altri testi a carico, il cui apporto informativo all’instaurando processo dovra’ essere raccolto in dibattimento, potendo dunque essere ancora influenzato nelle more.

Per le considerazioni svolte l’ordinanza in esame non merita alcuna censura ed il ricorso va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter

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