Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 24 maggio 2016, n. 21644

I giocattoli pirici o altre materie qualificate esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, possono in determinate circostanze acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro concentrazione, nelle specifiche circostanze di fatto, derivi una oggettiva ed intrinseca potenzialità di pericolo per persone o cose, di guisa che assumano, nel loro insieme, la caratteristica della micidialità

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 24 maggio 2016, n. 21644

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3489/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del 12/11/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/01/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO MINCHELLA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

In data 30.08.2013 la Digos della Questura di Torino predisponeva un servizio di osservazione sulla (OMISSIS) per monitorare lo svolgimento di una manifestazione di protesta presso il cantiere TAV di (OMISSIS), la quale non era stata autorizzata ma era stata annunciata in alcuni siti informatici. In orario serale venivano notati alcuni uomini che sistemavano copertoni di auto su di una vettura Toyota Yaris e, poiche’ alcuni giorni prima, in occasione di una diversa manifestazione di protesta, i copertoni erano stati utilizzati per ostruire la circolazione dei mezzi di polizia giudiziaria (incendiandoli e cosi’ occludendo le sedi stradali), la circostanza veniva segnalata alla Compagnia Carabinieri di Susa, che predisponeva un controllo stradale; la vettura Yaris si incolonnava con altri veicoli: piu’ esattamente, tre veicoli la precedevano ed uno la seguiva, formando una colonna che marciava compatta: alla vista dei Carabinieri le vetture si fermavano e la Yaris tentava una inversione di marcia, ma veniva bloccata; a bordo della vettura vi erano (OMISSIS) e (OMISSIS) e la perquisizione della vettura permetteva di appurare che essa era carica di materiale, tanto che i sedili posteriori erano stati reclinati per stipare il tutto: si trattava di 21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo Mega, sei tubi in PVC con una estremita’ chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco noti come “diavolina”, una matassa di corda, 5 bottiglie in plastica contenenti benzina, 5 fionde, cesoie, chiodi a 4 punte, maschere antigas.
I due predetti venivano cosi’ processati per la detenzione ed il porto in luogo pubblico di congegni esplosivi unitamente a materiale atto ad accentuarne la micidialita’ e la potenzialita’. Gli imputati chiarivano di condividere le ragioni di protesta del movimento “No Tav”, di avere gia’ partecipato ad altre manifestazioni di protesta, di avere portato i razzi soltanto per dare visibilita’ alla manifestazione cui si intendeva partecipare, finalizzata a danneggiare in modo simbolico le reti di recinzione dei cantieri, al cui scopo il materiale detenuto occorreva asseritamente per difendersi dalle iniziative delle forze dell’ordine.
Con sentenza in data 14.03.2014 il Tribunale di Torino condannava entrambi i predetti alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa, ritenendo che il materiale detenuto e portato andasse considerato come esplosivo e non come esplodente: appurato che tutto il materiale esplosivo sequestrato rientrasse nella categoria 4 dell’allegato A del Regolamento di esecuzione del TULPS, l’istruttoria dibattimentale si appuntava soprattutto sui razzi, sui petardi, sui tubi in PVC, sulle bottiglie e sulla loro possibilita’ di essere usate come bombe molotov. Il Tribunale tuttavia riteneva che gran parte delle argomentazioni relative alla utilizzabilita’ concreta del materiale pirico e dei tubi ed alla micidialita’ dei singoli oggetti fosse superflua, concludendo che il fulcro del processo dovesse invece accentrarsi sulla qualificazione da dare a detto materiale per il quale la vera distinzione non era riposta nella natura e composizione della sostanza quanto piuttosto nelle potenzialita’ di impiego. Il Giudice rammentava diversa giurisprudenza della Corte Suprema, nella quale si indicava nella mancanza di potenzialita’ micidiale il connotato delle materie esplodenti di cui all’articolo 678 c.p., mentre gli esplosivi dovevano intendersi come quelle sostanze caratterizzate da elevata potenzialita’ e micidialita’, tali cioe’ da essere idonee a provocare un’esplosione con rilevante effetto distruttivo: di conseguenza, si rilevava che quando la detenzione di materiale esplodente eccedesse i limiti di cautela per quantita’, qualita’ ed unicita’ del luogo di deposito, doveva allora applicarsi la normativa sulla illegale detenzione di esplosivi, per come era determinato da condizioni ambientali di rischio di cui il detentore era consapevole, come un ambiente angusto che contenesse un quantitativo notevole di siffatto materiale.
Cosi’, rilevato che il materiale pirico, altamente infiammabile, era stato tutto insieme collocato in un luogo angusto, e cioe’ l’abitacolo di una vettura alimentata a carburante contenuto nel serbatoio, e che tra il materiale vi erano anche bottiglie contenenti benzina, concludeva il Tribunale che qualsiasi occasionale accensione avrebbe avuto conseguenze di notevole gravita’, trattandosi di oltre 4 kilogrammi di materiale pirico portato su di una strada pubblica sulla quale circolavano anche altre persone. Si richiamavano sentenze della Corte Suprema relative alla detenzione in autovettura di materiale infiammabile ed al relativo pericolo di effetti deflagranti ed incendiari. Ed ancora, il Tribunale esprimeva perplessita’ sulle finalita’ difensive di materiali come le bottiglie piene di benzina ed i copertoni, sottolineando che i detentori erano ben consci della natura del materiale e della sua pericolosita’, tanto che era stato predisposto un cordone di quattro altre autovetture a protezione. Veniva cosi’ pronunziata la condanna sopra ricordata, con espressa precisazione che si riferiva alla detenzione ed al porto di materiale esplosivo.
Avverso detta condanna veniva proposto appello dagli odierni ricorrenti: si eccepiva dapprima l’insufficiente enunciazione del fatto che avrebbe determinato l’impossibilita’ di una adeguata difesa; poi si deduceva la mancata assoluzione relativamente agli oggetti diversi dal materiale pirico, pur citati nella rubrica; poi si chiedeva la derubricazione nel reato di cui all’articolo 678 c.p..
Con sentenza in data 12.11.2014 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma, riduceva la pena ad anni uno e mesi sette di reclusione ed Euro 3.750,00 di multa, con pena sospesa. Si riteneva innanzitutto che il capo di imputazione aveva fatto chiaro ed esplicito riferimento all’accusa di detenzione e porto di congegni esplosivi, sia pure menzionando altri oggetti, ma cio’ non aveva leso la possibilita’ di capire quale fosse l’accusa. Quanto alla mancata assoluzione per gli oggetti diversi dal materiale pirico, osservava la Corte di Appello che la motivazione della sentenza appellata faceva emergere con chiarezza che la condanna era riferita esclusivamente al materiale esplodente, per cui, difettando una condanna per altri oggetti, non poteva esaminarsi una richiesta di assoluzione. Quanto al materiale pirico, la Corte di Appello concordava con la qualificazione datane in primo grado: richiamando le deposizioni dei consulenti tecnici, si rilevava che, relativamente ai petardi sequestrati, la loro deflagrazione a breve distanza poteva essere letale o quanto meno provocare gravi lesioni, per come era emerso in una prova sperimentale; quanto ai razzi sequestrati, essi avevano una carica di lancio in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50 metri; i tubi in PVC potevano essere utilizzati come lanciarazzi poiche’ erano chiusi ad una estremita’ da nastro adesivo e le prove sperimentali avevano dimostrato che era sufficiente, a questo scopo, accenderne la miccia e collocare i razzi nel tubo, da dove venivano scagliati ad una velocita’ di circa 40-50 Km/h; peraltro, l’esame di alcuni tubi aveva mostrato in essi agglomerati di potassio e cloro, indicativi del fatto che erano gia’ stati utilizzati per il lancio di razzi e che il loro materiale sigillava le fiamme all’interno, non bruciando e non facendo ustionare chi lo utilizzasse; ed ancora, si richiamavano precedenti manifestazioni di protesta nel corso delle quali vi era stato un siffatto uso di quegli strumenti. La Corte di Appello quindi riteneva che il materiale sequestrato fosse finalizzato ad essere usato nell’ambito di manifestazioni analoghe ad altre recenti e connotate da violenza verso le forze dell’ordine; deduceva parimenti che, anche se la tipologia degli artifizi escludeva che potessero esplodere tutti simultaneamente, tuttavia era comunque possibile una deflagrazione contestuale di molti di loro, con effetti di micidialita’ per chi si trovasse vicino al punto di scoppio: in altri termini, se uno dei petardi fosse esploso, non era detto che gli altri esplodessero insieme ad esso, ma se fossero state accese insieme tutte le micce vi sarebbe stata un’esplosione unica. La Corte di Appello rilevava, poi, che le differenti conclusioni dei consulenti tecnici della Difesa degli imputati si mostravano poco convincenti e non sostenute da prove sperimentali, prove che invece sorreggevano le conclusioni del consulente tecnico del P.M., come nel caso dei razzi in sequestro, di cui veniva dimostrata la micidialita’ in caso di lancio dal tubo in PVC (ad una distanza di 8 metri era stata sbriciolata una tavola di legno di 6 mm di spessore e vi era comunque la notevole possibilita’ di provocare incendi alle cose e gravi ustioni alle persone), il quale permetteva anche una discreta possibilita’ di puntare il bersaglio, come dimostrato dalle prove (ne era risultata l’ampia possibilita’ di orientare il tubo e di centrare una sagoma umana a 15/20 metri di distanza). La Corte di Appello condivideva poi anche il ragionamento del Giudice di primo grado relativo alla quantita’ di materiale stipato in una vettura utilitaria in movimento, con grande possibilita’ di incendio a causa del carburante dell’auto, della benzina in bottiglia e della “diavolina”: a cio’ si aggiungeva l’accertata micidialita’ dei razzi e dei petardi, se usati in chiave offensiva, per cui si concludeva per la correttezza dell’imputazione di detenzione e porto di materiale esplosivo. In ordine al trattamento sanzionatorio, si rilevava l’incensuratezza degli imputati, il corretto atteggiamento processuale, il rispetto della misura cautelare loro applicata e si decideva per una diminuzione della pena inflitta.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso gli interessati a mezzo del loro Difensore, deducendo ex articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b) ed e), erronea applicazione della legge penale ed illogicita’ o contraddittorieta’ della motivazione, sul punto della qualificazione giuridica dei reati. Si rilevava che alla base della condanna vi erano stati due assunti e cioe’ la concentrazione del materiale in un unico luogo e il suo possibile utilizzo in chiave offensiva.
In ordine al primo punto si evidenziava che l’esame andava limitato ai razzi ed ai petardi che erano prodotti pirotecnici e si richiamava molta giurisprudenza di legittimita’, facendo notare che la Corte Suprema, quando aveva rigettato ricorsi su analoghi fatti, aveva sempre esaminato fattispecie con quantita’ di materiale pirotecnico molto superiori a quello del processo de quo, nell’ordine di vari quintali; al contrario, era stata ritenuta dalla Corte Suprema corretta la qualificazione di cui all’articolo 678 c.p., nei casi di detenzione in unico luogo di pochi chilogrammi di materiale pirico, come appunto nella fattispecie, giacche’ si trattava di poco piu’ di 4 chilogrammi, che, per modestia e qualita’, non potevano avere particolare capacita’ offensiva: si sosteneva che cio’ era avvenuto anche in presenza di trasporti di poco materiale pirico in autoveicoli, e quindi con serbatoi contenenti carburante. In ordine al secondo punto, si affermava che la Corte di Appello aveva dedotto la micidialita’ del materiale dal suo possibile utilizzo contro le forze dell’ordine, che peraltro veniva arguito da altre precedenti manifestazioni senza che vi fosse alcun elemento concreto che consentisse una simile deduzione; si contestava poi che si potesse realmente utilizzare i tubi in PVC come lanciarazzi e, in ogni modo, i razzi stessi erano costruiti per essere lanciati ma i tubi in PVC non ne aumentavano la capacita’ offensiva: e comunque un tubo del genere poteva usarsi dopo essere stato piantato sul terreno ma non usato come un fucile, a meno che non il lanciatore non fosse disposto ad ustionarsi con i gas che fuoriuscivano,;quanto ai petardi, la loro stessa modalita’ costruttiva ne impediva l’esplosione per simpatia con altro scoppio e pertanto una esplosione simultanea per scoppio di un singolo era improbabile, anche a motivo della poca polvere nera in essi contenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi devono essere rigettati perche’ infondati: la trattazione dei motivi sara’ unitaria, atteso che essi sono unici per entrambi gli imputati.
Per come gia’ evidenziato in precedenza, nel corso di attivita’ di controllo di manifestanti che si radunavano per contestare i lavori di realizzazione della linea dell’alta velocita’ ferroviaria in Piemonte, la polizia giudiziaria aveva modo di notare che alcune persone stavano collocando del materiale all’interno di una vettura Yaris; giacche’ la tipologia di materiale caricato (copertoni di autovetture) si collegava alla tipologia di manifestazioni che erano divenute ricorrenti (con i contestatori impegnati in scontri con le forze dell’ordine, nel corso dei quali era stato notato l’utilizzo di copertoni di vetture ai quali veniva dato fuoco per una piu’ efficace destinazione al blocco di sedi stradali, con conseguente difficolta’ di movimento per i mezzi di polizia), aveva inizio una ricerca della vettura ai fini del controllo della medesima; la ricerca aveva modo di constatare che la vettura de qua si muoveva all’interno di un vero e proprio “corteo” di altre vetture che la scortavano, precedendola alcune e seguendola altre. Il pronto intervento della polizia giudiziaria riusciva ad impedire alla Yaris di dileguarsi e le operazioni di sequestro consentivano di reperire il materiale prima descritto: piu’ in dettaglio, e per quanto qui interessa, si trattava di 21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo Mega, sei tubi in PVC con una estremita’ chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco noti come “diavolina” e 5 bottiglie in plastica contenenti benzina (per un quantitativo di oltre 4 chilogrammi di materiale pirico).
Si e’ scritto supra l’entita’ della pena inflitta agli imputati e si sono riportate le ragioni che hanno indotto dette condanne.
Ora va rilevato che i ricorrenti muovono ragioni di doglianza che si articolano, sostanzialmente, in due argomentazioni: 1) la natura del materiale sequestrato, che per quantita’, collocazione e qualita’, sarebbe stato privo dei requisiti di micidialita’ propri delle sostanze esplosive, con conseguente inquadramento di detto trasporto nella fattispecie di cui all’articolo 678 c.p., non contraddetta dalla natura del medesimo ne’ dalla sua concentrazione in un piccolo vano portabagagli adiacente il serbatoio della benzina; 2) la prospettazione di una micidialita’ del materiale stesso, desunta dalla finalita’ di utilizzo in manifestazioni di protesta: si sostiene che questa finalita’ non poteva essere ricavata da alcun elemento emerso nel processo e si ripercorrono le conclusioni delle consulenze tecniche del P.M., contraddicendone gli esiti.
1. Il primo motivo di ricorso non e’ fondato.
Nel ricorso si contesta la qualificazione del fatto di cui all’imputazione, invocando una diversa valutazione che condurrebbe a ritenere sostanziato il reato di cui all’articolo 678 c.p., sull’assunto che si tratterebbe di giuochi pirici, da qualificarsi non gia’ come materiale esplosivo ma come materiale esplodente, come tale privo del requisito della micidialita’ – ossia dell’attitudine a produrre la morte – che costituisce, secondo l’indirizzo ormai consolidato e prevalente nella giurisprudenza di legittimita’, l’elemento caratterizzante e discriminante la fattispecie delittuosa prevista dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12 (che hanno sostituito la L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 4), rispetto a quella contravvenzionale prevista dall’articolo 678 c.p., che ha carattere meramente sanzionatorio dell’inosservanza degli obblighi amministrativi previsti dal TULPS e dal relativo regolamento e che, in conseguenza della novazione legislativa operata con la L. n. 895 del 1967, concerne attualmente la detenzione abusiva di quelle materie e sostanze esplodenti non aventi la predetta caratteristica di micidialita’.
Ma questa prospettazione va respinta: questa Corte, invero, ha gia’ avuto piu’ volte occasione di affermare (Sez. 1, 09/5/1995, Perri, Rv 201469; Sez. 1, 11/12/1992, P.M. in proc. Russo, Rv 195931; Sez. 1 n 12100/2000, Rv 217348) che l’elemento della micidialita’, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla Legge n 497/1974 da quella di cui all’articolo 678 c.p., puo’ derivare anche dalla concentrazione di materiali che singolarmente considerati tale caratteristica non possiedono.
Il dato fattuale emerso nel processo (e cioe’ la collocazione di diversi chilogrammi di materiale pirico – e quindi la detenzione ed il porto di esso – all’interno di un piccolo vano adiacente ad un serbatoio di benzina) contrariamente a quanto opinato nel ricorso, non risulta determinante per ritenere senz’altro errata e contra legem la qualificazione giuridica dei fatti contestati all’imputato.
Se e’ pur vero, infatti, come ricordato anche negli scritti difensivi, che e’ l’elemento della micidialita’, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla L. n. 497 del 1974, da quella di cui all’articolo 678 c.p., il ricorrente omette di considerare, pero’, che questa Corte ha piu’ volte e da tempo precisato, che “anche i giocattoli pirici o altre materie qualificate esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, possono in determinate circostanze acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro concentrazione, nelle specifiche circostanze di fatto, derivi una oggettiva ed intrinseca potenzialita’ di pericolo per persone o cose, di guisa che assumano, nel loro insieme, la caratteristica della micidialita’” (cosi’ Sez. 1, Sentenza n. 4599 del 9/11/1992, dep. 02/12/1992, ric. P.M. in proc. Stanzione, Rv. 192413; Sez.1, n 16677 del 24.01.2011, Rv 249958); principio questo al quale i giudici di merito espressamente risultano essersi uniformati, allorquando hanno evidenziato che il consulente tecnico del P.M. ha effettuato prove sperimentali, constatando che i petardi sequestrati, per il loro numero concentrato, disponevano della potenzialita’ di causare un esito letale, se esplosi a breve distanza, per un essere umano o, quanto meno, potevano provocare gravi lesioni; ed ancora, i giudici di appello hanno riportato le prove sperimentali effettuate dal consulente tecnico del P.M. relativamente ai razzi sequestrati, la cui carica di lancio era in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50 metri se opportunamente collocati proprio in quei tubi in PVC trasportati dagli imputati, i quali erano chiusi ad una estremita’ da nastro adesivo e si erano rivelati piu’ che adeguati a fungere da lanciarazzi, scagliando i razzi stessi ad una velocita’ di 40-50 Km/h, colpendo una sagoma umana a circa 15/20 metri di distanza e sbriciolando una tavola di legno di mm 6 di spessore posta ad otto metri di distanza. La Corte di Appello ha adeguatamente motivato sugli esiti di dette prove sperimentali, richiamandone gli esiti scientifici e sottolineando che ogni diversa e contraria deduzione dei consulenti tecnici della difesa degli imputati non era supportata da alcuna prova sperimentale, rivelandosi cosi’ del tutto non convincente nella dialettica probatoria: in altri termini, si e’ evidenziata l’effettiva sussistenza di una situazione di pericolo, essendo di agevole comprensione che l’esplosione del materiale avrebbe potuto comportare conseguenze di rilevante entita’.
La corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto dispensati da questa Corte, secondo cui integra la fattispecie criminosa di cui alla imputazione de qua – e non il reato contravvenzionale di detenzione abusiva di materie esplodenti – la condotta che abbia ad oggetto materiali pirotecnici, che in determinate condizioni (quali possono essere la quantita’ apprezzabile, il confezionamento, la collocazione accanto a bottiglie piene di benzina, la concentrazione in un ambiente angusto e la prossimita’ a luoghi frequentati da molte persone), costituiscono pericolo per persone o cose, si’ da assumere, nel loro insieme, la caratteristica della micidialita’ (Sez. 1, 24.1.2011, n. 16677, Rv 249958).
Contrariamente a quanto opinato dalla difesa, i giudici del merito non sono incorsi in alcun travisamento della prova, avendo correttamente recepito le evidenze acquisite da un punto di vista fattuale. La Corte di Appello ha poi correttamente gestito anche il dato tecnico, emerso all’esito della consulenza tecnica del P.M., che chiari’ come la quantita’ del materiale, la sua natura, le sue caratteristiche specifiche, le modalita’ di detenzione presentavano caratteristiche assimilabili al materiale esplosivo; i giudici del merito congruamente hanno sottolineato i dati della quantita’ del materiale sequestrato e la concentrazione di esso in un piccolo bagagliaio, adiacente al serbatoio della benzina di una vettura che percorreva una strada pubblica, con grave rischio di deflagrazione tale da coinvolgere piu’ persone.
2. Il secondo motivo di doglianza e’ parimenti infondato.
Con esso si sostiene che la connotazione della micidialita’ del materiale sequestrato sarebbe stata tratta dalla finalita’ dell’utilizzo del medesimo, la quale sarebbe stata arbitrariamente individuata nello scopo di farne uso nel corso di scontri con le forze dell’ordine.
Ma tutto cio’ non risponde a quanto e’ scritto nella sentenza impugnata: in primo luogo, la finalita’ di fare uso del materiale esplosivo sequestrato in occasione di scontri con le forze di polizia incaricate di prestare servizio a tutela dei cantieri ferroviari non puo’ ritenersi arbitraria, giacche’ quel dato si rinviene nelle dichiarazioni degli stessi imputati; infatti, dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che i ricorrenti, dopo avere ammesso di condividere le ragioni di protesta del movimento “No Tav” e di avere gia’ partecipato ad altre manifestazioni di protesta, avevano chiarito che i razzi sequestrati sarebbero stati usati nel corso di una manifestazione alla quale intendevano partecipare non soltanto per dare maggiore visibilita’ alla protesta, ma anche per utilizzarli – asseritamente a scopi di difesa – contro le forze dell’ordine le quali sarebbero intervenute per impedire loro di danneggiare le reti di recinzione dei cantieri (scopo dichiarato della manifestazione).
In secondo luogo, questo dato non assume affatto rilevanza ai fini che qui interessano, poiche’ la sentenza impugnata chiarisce che la connotazione di micidialita’ dell’esplosivo e’ stata correttamente dedotta dal fatto che si trattasse “di una notevole quantita’ di materiale esplodente stipato su una utilitaria in movimento, ed in presenza di altro materiale facilmente incendiabile quali bottiglie di plastica contenenti benzina e diavolina”. Per detta ragione e’ stato chiarito, ad esempio, che l’esplosione contestuale dei petardi per simpatia sarebbe stata improbabile, ma l’accensione simultanea delle micce degli stessi avrebbe provocato una deflagrazione unica, con le conseguenze sopra evidenziate.
In altri termini, il riferimento all’utilizzo di razzi e petardi in chiave offensiva (mediante le fionde ed i tubi in PVC) era puramente esplicativo ed aveva lo scopo di far comprendere ancora di piu’ la potenzialita’ lesiva del materiale sequestrato, per come avvenuto in altre manifestazioni di protesta di analoga matrice.
I ricorsi devono dunque essere rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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