Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 18 gennaio 2017, n. 2441

Non esiste una disparità di trattamento in contrasto con l’articolo 3 della costituzione nel caso di mancata applicazione dell’articolo 47 ter dell’ordinamento penitenziario alla fase cautelare: l’indagato-imputato in stato di custodia cautelare è infatti in una situazione diversa rispetto al condannato in esecuzione di pena

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 18 gennaio 2017, n. 2441

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M. S. – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 1588/2016 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del 05/07/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

lette/sentite le conclusioni del PG Dott. MARINELLI Felicetta, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Udito il difensore avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Roma rigettava l’appello proposto ex articolo 310 c.p.p. da (OMISSIS) avverso quella del Tribunale dibattimentale che aveva respinto l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata nel procedimento “Mafia Capitale” per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, turbativa d’asta e corruzione”aggravati ai sensi dell’articolo 7 L. n. 203 del 1991.

Nell’atto di appello, il difensore – deducendo l’inabilita’ parziale dell’imputato e la sua eta’ superiore a 60 anni – aveva invocato l’articolo 47 ter, comma 1, lettera d) ord. pen. sostenendo che tale norma poteva essere applicata anche in sede cautelare, pena l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 275 c.p.p..

Il Tribunale del riesame, dopo avere osservato che quello dibattimentale aveva rinviato la decisione in punto di incompatibilita’ delle condizioni di salute con il regime detentivo, disponendo perizia medica, riteneva la prospettazione dell’appellante infondata: la disciplina e’ dettata dall’articolo 275 c.p.p., commi 4 e 4 bis e l’applicazione della norma di ordinamento penitenziario non e’ ipotizzabile; la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 275 c.p.p. e’ manifestamente infondata, atteso che non vi e’ violazione dell’articolo 3 Cost., attesa la diversita’ delle posizioni dell’ultrasessantenne imputato e di quello condannato definitivamente.

Per di piu’, l’articolo 47 ter ord. pen. non si applica automaticamente ma, nel caso di soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 4 bis ord. pen., solo previo accertamento della collaborazione del condannato.

Il Tribunale riteneva tuttora sussistenti le esigenze cautelari, non essendo sufficiente a farle venire meno il mero decorso del tempo.

2. Ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), deducendo mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione sul punto del venir meno delle esigenze cautelari.

Benche’ la difesa, nell’istanza al Tribunale dibattimentale e nell’atto di appello, avesse specificamente indicato molteplici elementi che dimostravano l’insussistenza delle esigenze cautelari, la motivazione del rigetto era stata apparente in entrambi i provvedimenti, senza alcuna valutazione degli elementi evidenziati.

L’istanza era stata presentata dopo l’esaurimento dell’istruttoria richiesta dall’accusa ed era molto dettagliata sia sulle condizioni di salute, sia sulla collaborazione dell’imputato con gli inquirenti, sia sull’insussistenza delle esigenze cautelari. L’articolo 275 c.p.p., comma 3 impone al giudice di apprezzare le ragioni che fanno escludere la permanenza delle esigenze cautelari in conseguenza dell’allontanamento dell’imputato dall’associazione.

In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge processuale con riferimento alla questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 275 c.p.p., commi 4 e 4 bis nella parte in cui non prevede che una persona ultrasessantenne, anche solo parzialmente inabile, sia equiparabile all’ultrasettantenne.

In sostanza, poiche’ le norme dell’articolo 275 c.p.p. sono poste a tutela della persona, non puo’ non essere riconosciuta una discrezionalita’ al giudice; del resto lo stesso Tribunale aveva sollevato d’ufficio la questione di illegittimita’ costituzionale della norma con riferimento al caso delle madri con figli di eta’ non superiore a sei anni, proprio in correlazione con la norma dell’ordinamento penitenziario.

La disparita’ di trattamento riservata ai condannati e agli imputati viola l’articolo 3 Cost., dovendosi ritenere quella dell’articolo 47 ter ord. pen. una norma parametro cui si deve adeguare quella del codice.

Le considerazioni svolte nell’ordinanza impugnata sono apodittiche ed illogiche: in effetti, sia la normativa sulle misure cautelari che l’ordinamento penitenziario individuano il carcere come extrema ratio, cosicche’ e’ inevitabile adeguare la regolamentazione delle due fasi.

3. Con nota depositata il 10/11/2016, il difensore del ricorrente chiede l’acquisizione di documenti del processo in corso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione di legittimita’ costituzionale sollevata dal ricorrente innanzi al Tribunale e riproposta in questa sede e’ manifestamente infondata.

Come correttamente rilevato nell’ordinanza impugnata, non puo’ sussistere una violazione dell’articolo 3 Cost. in conseguenza della mancata estensione del regime previsto dall’articolo 47 ter ord. pen. alla fase cautelare in quanto l’indagato/imputato in stato di custodia cautelare e’ in una situazione differente rispetto al condannato in esecuzione di pena.

In effetti, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non si puo’ enunciare sic et simpliciter il principio secondo cui “la misura cautelare della custodia cautelare in carcere, rappresentando di fatto una anticipazione della pena, non puo’ essere applicata quando la stessa pena non puo’ essere il carcere”, principio da cui il ricorrente fa derivare la natura di “norma parametro” dell’articolo 47 ter ord. pen. nell’ambito di un sistema sostanzialmente unitario.

Il sistema non e’ affatto unitario e risponde a logiche differenti: mentre l’esecuzione della pena e’ informata all’obiettivo della rieducazione del condannato e al divieto di trattamenti contrari al senso di umanita’, che ne costituisce il presupposto indispensabile, poiche’ un trattamento inumano non puo’ rieducare il soggetto (articolo 27 Cost., comma 3), le misure cautelari (non a caso menzionate in altro articolo della Costituzione, l’articolo 13, comma 5) sono a tutela di altre esigenze – quelle indicate dall’articolo 274 c.p.p. – e quindi sono strettamente connesse all’andamento del processo oltre che alla tutela della collettivita’ dal pericolo di commissione di nuovi reati.

In sostanza: i limiti alla custodia cautelare in carcere hanno un fondamento diverso rispetto alla regolamentazione dell’ordinamento penitenziario benche’ basati sul doveroso rispetto della dignita’ e della salute del soggetto indagato/imputato.

Scendendo al caso particolare evidenziato dal ricorrente, se l’ampia (ma non assoluta) possibilita’ per il condannato ultrasessantenne inabile anche parzialmente di fruire della detenzione domiciliare si giustifica nell’ottica di una pena adeguata all’eta’ e allo stato di salute del soggetto, una pena quindi in grado di rieducare il soggetto in quanto non contraria al senso di umanita’, le esigenze cautelari, se gravi, attuali e concrete, possono imporre la custodia cautelare in carcere nei confronti del soggetto della stessa eta’ e nelle medesime condizioni.

Questo, ovviamente, non significa disattenzione verso le condizioni di salute o di inabilita’ degli imputati sottoposti a misure cautelari personali: sotto questo profilo – quindi non un profilo di carattere giuridico vincolante – la norma dell’ordinamento penitenziario invocata dal ricorrente puo’ certamente essere tenuta in considerazione dal giudice della cognizione al fine di graduare le proprie decisioni in punto di liberta’ personale nei confronti degli imputati.

Nel caso in esame, comunque, dall’ordinanza impugnata si evince che il Tribunale dibattimentale ha riservato un’ulteriore decisione all’esito dell’espletamento di una perizia medica.

2. Il primo motivo di ricorso e’ fondato.

In effetti, la motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di persistenza delle esigenze cautelari sfiora la apparenza e, comunque, e’ gravemente carente rispetto alle deduzioni dell’appellante che miravano – sulla base anche dell’istruttoria dibattimentale fin qui espletata – a superare la presunzione di pericolosita’ posta dall’articolo 275 c.p.p., comma 3.

L’appellante aveva offerto “elementi”, sostenendo che da essi poteva evincersi il venir meno delle esigenze cautelari: il Tribunale aveva l’obbligo di valutarli, sia pure vincolato al criterio di giudizio posto dalla norma menzionata.

L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame, che provvedera’ a valutare adeguatamente gli elementi esposti dal ricorrente.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma cui dispone trasmettersi gli atti integralmente.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter

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