Il controllo affidato al giudice di legittimita’ e’ esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, ai vizi della motivazione, nel cui ambito devono ricondursi tutti i casi in cui la motivazione risulti priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita’, al punto da risultare apparente o addirittura inesistente, non consentendo di comprendere il filo logico seguito dal giudice di merito e rendendo incomprensibili le ragioni che hanno giustificato la decisione
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 13 settembre 2016, n. 38044
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VECCHIO Massimo – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso l’ordinanza n. 2210/2014 emessa il 06/02/2015 dal Tribunale di Milano;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro;
Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Dott. GALASSO Aurelio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 06/02/2015 il Tribunale di Milano, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’incidente di esecuzione proposto da (OMISSIS), finalizzato a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ex articolo 671 c.p.p. in relazione alle tre sentenze presupposte – emesse dal G.U.P. del Tribunale di Novara l’11/01/2011, dal G.U.P. del Tribunale di Milano l’08/06/2011 e dal Tribunale di Milano il 25/10/2012 – ritenendo ostativa all’applicazione della continuazione invocata l’assenza di elementi idonei a dimostrare la preordinazione criminosa, anche tenuto conto della condizione di tossicodipendenza del condannato.
2. Avverso tale ordinanza il (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, deducendo il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguente al fatto che il giudice dell’esecuzione non si era pronunciato sulla richiesta di determinazione della pena in sede esecutiva, alla luce della sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32, espressamente richiesta dal condannato.
Si deduceva, in particolare, che il Tribunale di Milano non si era pronunciato sulla rideterminazione della pena irrogata al (OMISSIS), richiesta sulla base dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 – con cui era stata dichiarata l’incostituzionalita’ del Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, articoli 4-bis e 4-vicies, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 – di cui si invocava l’applicazione al caso in esame.
Nel caso di specie, l’applicazione di tali parametri ermeneutici veniva richiesta sul presupposto che, nelle sentenze emesse dal G.U.P. del Tribunale di Novara l’11/01/2011 e dal Tribunale di Milano il 25/10/2012, il (OMISSIS) era stato condannato anche per la commissione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
In via preliminare, deve rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimita’ e’ esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, ai vizi della motivazione, nel cui ambito devono ricondursi tutti i casi in cui la motivazione risulti priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita’, al punto da risultare apparente o addirittura inesistente, non consentendo di comprendere il filo logico seguito dal giudice di merito e rendendo incomprensibili le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
In questa cornice ermeneutica, deve rilevarsi che costituisce un dato processuale incontroverso quello secondo cui l’istanza che era stata presentata dal (OMISSIS) al Tribunale di Milano, quale giudice dell’esecuzione, mirava a ottenere il riconoscimento della disciplina della continuazione tra le sentenze presupposte ai sensi dell’articolo 671 c.p.p. e la rideterminazione della pena irrogata al condannato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014.
Il contenuto di tali richieste del (OMISSIS) veniva esplicitato sia nella parte motiva che nella parte dispositiva dell’istanza, nella quale venivano sintetizzate ed espressamente ribadite le richieste del condannato, prospettate nei termini richiamati.
A fronte di tali univoche indicazioni processuali, il provvedimento impugnato, pur con un’articolata motivazione, si limitava a esaminare il solo profilo dell’applicazione della disciplina della continuazione – che veniva denegata senza effettuare alcun riferimento motivazionale all’ulteriore richiesta del condannato, riguardante, come detto, la rideterminazione della pena irrogata con le tre sentenze presupposte.
Ne discende conclusivamente che il provvedimento impugnato appare meritevole di annullamento, nella parte riguardante la rideterminazione della pena da parte da parte del giudice dell’esecuzione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con conseguente rinvio al Tribunale di Milano, affinche’ provveda a un nuovo esame, sanando l’omissione motivazionale evidenziata.
2. Per queste ragioni, a scioglimento della riserva assunta l’08/04/2016, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, in ordine all’omessa pronuncia sulla richiesta del (OMISSIS) di rideterminazione della pena, con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame.
P.Q.M.
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