assegno divorzile

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 17 gennaio 2014, n. 927

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato il 13 luglio 2005, M.R. si rivolse al Tribunale di Enna chiedendo che venisse pronunciata la sua separazione personale dal coniuge S.S., con il quale aveva contratto matrimonio il 30 ottobre 1997, con addebito allo stesso, deducendo che l’l luglio 2005 costui si era reso protagonista di un grave episodio di violenza nei suoi confronti, avendola minacciata di morte e tentato di strangolarla con l’uso di una cintura, senza riuscirvi solo per effetto dell’intervento dei vicini di casa.
2. – Il Tribunale di Enna accolse la domanda e pose a carico del S. un assegno mensile di euro 800,00 in favore della moglie.
3. – La sentenza fu impugnata dal S., a carico del quale la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza depositata il 5 gennaio 2008, confermò l’addebito della separazione in considerazione della gravità del riferito episodio di violenza, ed escludendo che le patologie da cui egli era affetto ne avessero determinato la perdita della capacità di intendere e di volere, e ridusse ad euro 500,00 mensili l’ammontare dell’assegno di mantenimento.
Al riguardo, osservò la Corte: di merito, per un verso, che la R., pur essendone onerata, non aveva prodotto la documentazione concernente la sua situazione reddituale; per l’altro, che il S., a causa dell’età e delle condizioni di salute, andava incontro a crescenti spese di carattere medico ed assistenziale.
Per tali ragioni, l’assegno di mantenimento a favore della R., tenuto conto anche della durata del rapporto matrimoniale, pari a circa otto anni, fu fissato in euro 500,00 mensili.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la R. L’intimato non si è costituito nel giudizio.

Considerato in diritto

1. – Con l’unico, articolato motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 2697 cod.civ. nonché, sotto altro profilo, degli artt. 156 cod.civ. e 710 cod.proc.civ. Avrebbe errato la Corte di merito nel ridurre l’ammontare dell’assegno di mantenimento all’importo di euro 500,00 mensili dagli originari euro 800,00 previsti dal giudice di primo grado fondando la propria decisione sui due elementi della mancata prova dell’assenza di reddito per la signora R. e del prevedibile aggravarsi delle condizioni di salute del S. Secondo la ricorrente, quanto al primo profilo, le gravi patologie a suo carico, che le impedivano di svolgere un proficuo lavoro, e il diritto di proprietà su di un unico immobile, adibito ad abitazione dopo l’allontanamento dalla casa familiare, avrebbero dovuto costituire elementi sufficienti a dimostrare – come ritenuto dal giudice di primo grado – il suo stato di impossidenza. Circa il secondo profilo, la Corte territoriale avrebbe fatto erroneamente riferimento, nel ridurre l’assegno di mantenimento a carico del S., ad un evento futuro ed incerto, ossia l’aggravarsi delle condizioni di salute dello stesso e la conseguente esigenza di futuri esborsi per l’ottenimento di prestazioni assistenziali, laddove l’assegno di mantenimento andrebbe calcolato sulla base delle circostanze attuali.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis: “Se in relazione all’art. 156 c.c. e 2697 c.c. il coniuge cui sia addebitabile la separazione personale, nel richiedere l’assegno di mantenimento, sia tenuto a dare prova specifica e diretta dell’impossidenza di redditi o sia sufficiente la deduzione anche implicita di una condizione economica inadeguata a mantenere il precedente tenore di vita”; “Se in relazione all’art. 156 c.c. e 710 c.p.c. nella determinazione dell’assegno di mantenimento a seguito di separazione personale debbano essere considerate le condizioni economiche attuali ed esistenti o possa anche farsi riferimento ad eventi futuri ed incerti”.
2. – Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
La corte nissena, nell’esercizio del suo potere di valutazione delle acquisizioni probatorie, ha, anzitutto, tratto argomento, in ordine alla condizione economica della attuale ricorrente, dalla mancata produzione, da parte della stessa, della documentazione, richiesta dal giudice istruttore, concernente la sua situazione reddituale.
Ha, poi, il giudice di secondo grado attribuito rilievo, ai fini dell’apprezzamento della situazione economica dell’onerato dell’assegno di mantenimento, alle sue condizioni di salute, documentalmente accertate – e, quindi, non riferite ad una previsione, sibbene all’attualità – per inferirne uno stato di disagio, dovuto ad esigenze di cure mediche e di assistenza, del quale ha poi operato un giudizio prognostico, correlato alla presumibile ingravescenza dello stato con l’avanzare dell’età.
In definitiva, la Corte territoriale non ha fatto riferimento – come erroneamente sostenuto dalla ricorrente – ad “eventi futuri ed incerti” per determinare la situazione economica del S. ai fini della liquidazione dell’assegno di mantenimento in favore della R., ma, come chiarito, alle condizioni di salute dello stesso, che già in atto richiedevano una particolare attenzione, sotto il profilo delle terapie e dell’assistenza, anche se non continuative, ma destinate prevedibilmente ad accrescersi nel tempo: rilievo, quest’ultimo, che, nell’economia della decisione, ha avuto solo il senso di avvalorare un giudizio di progressivo degrado dello stato fisico del S., tale da comportare inevitabilmente maggiori spese a suo carico già al momento della verifica, e prevedibilmente crescenti con l’avanzare delle patologie.
In tale quadro, la denuncia della sentenza impugnata per violazione di legge risulta del tutto infondata, mentre l’eventuale obiettivo, con essa perseguito, di conseguire una valutazione delle risultanze probatorie diversa rispetto a quella operata dal giudice di secondo grado si infrangerebbe con il divieto al riguardo imposto a questa Corte in presenza di una motivazione non illogica né affetta da errori di diritto.
3. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

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