Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 9 agosto 2016, n. 16825

La deroga all’art. 1957 cod. civ. non può ritenersi implicita nell’inserimento, nella fideiussione, di una clausola di “pagamento a prima richiesta” o di altra equivalente, sia perché detta norma è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore, che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale e può essere considerata meritevole di tutela anche nelle ipotesi in cui tale collegamento sia assente, sia perché, comunque, la presenza di una clausola siffatta non assume rilievo decisivo ai fini della qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome) sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole, il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, (non all’esclusione, ma) ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento a prima richiesta di per sé incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ., spetta al giudice di merito accertare, di volta in volta, la volontà in concreto manifestata dalle parti con la stipulazione della detta clausola

Nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non puo’ sottrarsi all’onere di provare il proprio credito, invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre i dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, in quanto tale obbligo, volto ad assicurare una piu’ penetrante tutela dei terzi estranei all’attivita’ imprenditoriale, non puo’ sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore

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La fideiussione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 9 agosto 2016, n. 16825

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5581-2012 proposto da:
(OMISSIS), (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso la sig.ra (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., gia’ (OMISSIS) S.P.A., gia’ (OMISSIS) S.P.A., gia’ (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 270/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 06/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega orale avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine accoglimento del terzo motivo.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Il ricorso concerne l’opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla s.p.a. (OMISSIS) nei confronti della propria correntista, s.r.l. (OMISSIS), e del fideiussore di questa, (OMISSIS), per una serie di aperture di credito in conto corrente.
La debitrice principale ha contestato i conteggi della banca, l’applicazione di interessi ultralegali e la commissione di massimo scoperto e ha eccepito l’abusivo riempimento in bianco di alcuni moduli contrattuali.
Il fideiussore ha eccepito l’estinzione della fideiussione ai sensi dell’articolo 1956 c.c..
In via riconvenzionale gli opponenti hanno chiesto il risarcimento del danno nei confronti della banca per avere questa illegittimamente protestato un assegno della debitrice e omesso di rendere il conto alla correntista inerente l’incasso di crediti.
Il tribunale ha dichiarato la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e non dovuta la commissione di massimo scoperto e ha rideterminato, revocando il decreto ingiuntivo, le somme effettivamente dovute alla banca, respingendo la riconvenzionale degli opponenti.
Sull’appello del solo fideiussore (essendo nelle more fallita la societa’ debitrice ed essendo rimasto contumace, in secondo grado, il curatore), la Corte di appello di Cagliari ha respinto il gravame, ritenendo corretta la decisione del primo giudice circa l’assoluta carenza di prova inerente l’abusivo riempimento da parte della banca di moduli contrattuali asseritamente firmati in bianco dal fideiussore. Parimenti infondato ha ritenuto il rilievo del fideiussore relativo all’inadempimento della banca per aver continuato a far credito alla garantita, in quanto si trattava di una garanzia “a semplice richiesta” di talche’ inapplicabile dovevano ritenersi gli articoli 1956 e 1957 c.c..
La corte di merito, poi, ha valutato inammissibile – in quanto nuova – la domanda del fideiussore inerente la pretesa mancata produzione degli estratti conto relativi ai rapporti intercorsi con la debitrice principale.
Contro la sentenza di appello (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la s.p.a. (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS), gia’ (OMISSIS)).
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’articolo 117 Testo Unico Bancario per omesso rilievo dell’applicazione al rapporto di tassi di interessi ultralegali.
Il motivo e’ inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi, che e’ basata sulla mancanza di qualsiasi prova dell’avvenuto abusivo riempimento delle convenzioni scritte dedotto dagli opponenti, non sulla conseguenza dell’applicazione degli interessi.
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (articolo 1956 c.c.) con riferimento alla qualificazione data dalla corte d’appello al contratto di fideiussione che, sebbene contenesse la clausola “a semplice richiesta”, non poteva essere qualificato come contratto autonomo di garanzia, di talche’ doveva ritenersi applicabile la liberazione del garantito del garante per fatto del garantito.
Il motivo e’ fondato.
La sentenza impugnata non contiene un complessivo esame del negozio di garanzia stipulato tra le parti, ma si limita a un mero richiamo alla clausola “a semplice richiesta”, da cui deduce la natura autonoma della garanzia, e per conseguenza l’inapplicabilita’ nella specie degli articoli 1956 e 1957 c.c..
Nel far cio’ la sentenza ha violato l’insegnamento di questa Corte secondo cui la deroga all’articolo 1957 c.c. non puo’ ritenersi implicita nell’inserimento, nella fideiussione, di una clausola di “pagamento a prima richiesta” o di altra equivalente, sia perche’ detta norma e’ espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore, che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorieta’ tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale e puo’ essere considerata meritevole di tutela anche nelle ipotesi in cui tale collegamento sia assente; sia perche’, comunque, la presenza di una clausola siffatta non assume rilievo decisivo ai fini della qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome) sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorieta’, piu’ o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole, il cui inserimento nel contratto di garanzia e’ finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti (non all’esclusione, ma) a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato articolo 1957 (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento “a prima richiesta” di per se’ incompatibile con l’applicazione dell’articolo 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare, di volta in volta, la volonta’ in concreto manifestata dalle parti con la stipulazione della detta clausola (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 84 del 08/01/2010).
La banca, nel controricorso, eccepisce che il ricorrente era amministratore unico della societa’, ma la circostanza e’ del tutto nuova in relazione alla motivazione della sentenza e di essa non si puo’ quindi tenere conto.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta novita’ della domanda relativa alla produzione degli estratti conto, la cui rilevanza si connetterebbe all’inverosimiglianza delle risultanze della consulenza tecnica espletata gia’ in primo grado, di talche’ non sarebbe nuovo.
Il motivo e’ fondato.
Il ricorrente – come la societa’ debitrice – era opponente al decreto ingiuntivo e la deduzione della mancanza di prova del credito azionato dalla banca costituiva pertanto una mera eccezione difensiva, non gia’ una domanda autonoma rispetto a quella proposta dalla banca con il ricorso monitorio.
La mancata produzione degli estratti conto completi era del resto emersa gia’ nel corso della consulenza espletata in primo grado.
In tale contesto, va affermato che nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non puo’ sottrarsi all’onere di provare il proprio credito, invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre i dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, in quanto tale obbligo, volto ad assicurare una piu’ penetrante tutela dei terzi estranei all’attivita’ imprenditoriale, non puo’ sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore. (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 20/04/2016).
In conclusione vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso e la causa rinviata al giudice di appello che, nel rinnovare il giudizio, si atterra’ ai principi sopra esposti.
P.Q.M.

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