Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 27 marzo 2017, n. 7764

L’autorizzazione al pagamento di un assegno postale, da eseguirsi non in tempo reale, non può essere fondato, ai sensi dell’art. 71, comma 1 e 6 del d.p.r. n. 256 del 1989, sul riscontro della sigla numerica od alfanumerica indicata sul titolo di pagamento, ma deve avere ad oggetto la verifica della corrispondenza della sottoscrizione apposta sul titolo con quelle contenute nel fac simile depositato presso la banca (nella specie Poste Italiane) trattaria. L’applicabilità del regime di controllo semplificato, regolato dall’art. 71, sesto comma, d.p.r. n. 256 del 1989, richiede non soltanto che il pagamento sia in tempo reale e non mediante stanza di compensazione (art. 125 d.p.r. n. 256 del 1989) ma anche che la sigla numerica od alfanumerica sia indicata preventivamente nella scheda contenente il fac simile della sottoscrizione del titolare del conto o dei suoi delegati, regolarmente depositata e se ne fornisca puntuale riscontro probatorio. L’onere della prova dell’adempimento degli obblighi sopra delineati, spetta al trattario il quale non può sottrarsi a tale riscontro nell’ipotesi in cui le sottoscrizioni contenute nella scheda fac simile siano illeggibili

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

SENTENZA 27 marzo 2017, n. 7764

La s.p.a. Sanpaolo Banco di Napoli ha convenuto in giudizio la s.p.a. Poste Italianeídeducendo di essere titolare di un conto corrente postale sul quale erano stati illegittimamente addebitati quattro assegni di cui tre di Lire 500.000.000 ed uno di Lire 3.500.000.000, i quali non erano stati tratti da funzionari abilitati ed erano la riproduzione di assegni con la medesima numerazione contenuti in carnet integro e mai utilizzato da parte di banca San Paolo. I titoli recavano firme di traenza palesemente apocrife, diverse da quelle dei funzionari abilitati i cui specimen erano depositati. Inoltre erano tratti a favore di terzi ciò che costituiva un’anomalia rispetto ai precedenti assegni, emessi sempre in favore dello stesso Banco di Napoli. Erano errate le ultime tre cifre del conto e l’indicazione nella firma di traenza non era quella usuale. L’assegno di Lire 3.500.000.000 superava, infine, il limite di traenza. L’istituto bancario chiedeva pertanto lo storno degli addebiti.
Il tribunale ha respinto la domanda e la Corte d’Appello di Roma ha confermato la statuizione sulla base delle seguenti argomentazioni:
l’art. 71 del d.p.r. n. 256 del 1989 stabilisce che il correntista che intende riscuotere in tempo reale gli assegni tratti dal proprio conto deve scegliere ed indicare sulla scheda contenente il fac simile delle firme di traenza una sigla alfabetica o alfanumerica.
L’apposizione della sigla consente il pagamento, senza che costituisca un adempimento obbligatorio il confronto della firma.
Nella specie gli assegni recavano una sigla ma non vi era riscontro dell’esistenza e della corrispondenza della medesima sigla sul fac simile delle firme di traenza.
Secondo la Corte territoriale questa mancanza doveva ritenersi irrilevante dal momento che tale sigla era identica a quella apposta sulla lettera del 21/6/93 con la quale il Banco di Napoli aveva richiesto il saldo del conto nonché a quella apposta su un assegno depositato da Poste Italiane. Della sigla riscontrata sui documenti in atti, identica a quella riportata sui titoli in questione, l’appellante non ha saputo indicare il significato.
Inoltre le firme dei funzionari autorizzati erano illeggibili e gli assegni presentati all’incasso presentavano sottoscrizioni anch’esse illeggibili con la conseguenza che anche un controllo attento non avrebbe consentito di escludere la riconducibilità delle firme sugli assegni a quelle depositate.
In ordine al fatto che tra le operazioni effettuabili in tempo reale in base al contratto non vi erano le operazioni in favore di terzi, la Corte ha rilevato che non risultava depositato il contratto in questione. Comunque ai sensi dell’art. 76 del d.p.r. sopra citato era previsto che si potessero effettuare anche operazioni in favore di terzi.
Le altre anomalie denunciate (la diversità delle ultime cifre del numero di conto corrente e della dicitura con la quale veniva identificato il traente) non erano ritenute tali dalla Corte d’Appello, alla luce del dettagliato accertamento svolto in primo grado. La non corrispondenza delle ultime cifre del conto corrente è stata ritenuta, inoltre, secondo la Corte, un fatto nuovo.
Il superamento del limite di traenza infine è rimasto indimostrato. Poste Italiane al riguardo ha prodotto l’accordo ABI – Poste del 3/8/981 dal quale non risulta l’esistenza di limiti di traenza.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’istituto bancario. Ha resistito con controricorso Poste Italiane. Entrambe le parti hanno depositato memoria

Ragioni della decisione

Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo consistente nell’essere stati gli assegni in questione negoziati presso un altro istituto bancario e presentati in stanza di compensazione. Tale rilievo di fatto avrebbe dovuto indurre a non ritenere applicabili gli artt. 71 e 125 del d.p.r. n. 256 del 1989 che prevedono l’alternativa della sigla alfanumerica alla firma soltanto per i pagamenti in tempo reale. Gli assegni in questione sono stati presentati nella stanza di compensazione di Milano alle Poste Italiane. Il giudice di appello ha ritenuto erroneamente assorbente l’individuazione di una sigla alfanumerica senza nulla motivare in ordine al mancato pagamento in tempo reale.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 71 sesto comma del d.p.r. n. 256 del 1989 e dell’art. 2697 cod. civ. oltre al vizio di motivazione per non avere la Corte d’Appello adeguatamente considerato le anomalie relative alle indicazioni numeriche contenute negli assegni in questione, con particolare riferimento alla sigla identificativa dell’indirizzo del traente. Inoltre si sottolinea come erroneamente la banca abbia ritenuto valida la sigla numerica apposta sui titoli perché corrispondente a quella apposta su un diverso assegno ma non rinvenuta sul documento indicato dall’art. 71, sesto comma, ovvero il fac simile delle firme di traenza depositate dal correntista.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 71, primo e sesto comma e 125 del citato D.P.R. nonché il vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per avere il giudice di merito ritenuto che le firme apposte sugli assegni in quanto illeggibili avrebbero potuto essere ricondotte a quelle dello specimen perché illeggibili anch’esse. Così argomentando non si è compiuto alcun reale accertamento sulla riconducibilità di tali firme al predetto specimen e non si è rilevato che il controllo su di esse è stato del tutto omesso dalle Poste Italiane.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 71, primo e sesto comma, 125, primo, secondo e terzo comma, d.p.r. n. 256 del 1989 oltre al vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’Appello proceduto ad un corretto esame delle norme secondo le quali:

– per rendere riscuotibili in tempo reale gli assegni tratti dal proprio conto automatizzato presso tutti gli uffici collegati mediante apparecchiature terminali con il centro nazionale elaborazione dati il cliente deve scegliere e indicare una sigla numerica od alfanumerica o alfabetica;

– Poste Italiane deve verificare la corrispondenza delle firme di traenza con lo specimen o meglio ‘con il fac simile rilasciato ai sensi dell’art. 71’;

– in luogo del confronto della firma previsto dal precedente comma l’Amministrazione effettua l’accertamento della rispondenza della sigla stessa con quella depositata e memorizzata presso l’ufficio detentore del conto;

– Viene dall’art. 125, terzo comma, sopra menzionato, sanzionata la condotta di Poste Italiane per la mancata osservanza delle disposizioni relativi alla verifica delle firme o, per gli assegni emessi con sigla numerica, della sigla predetta.

La Corte d’Appello ha violato l’art. 71, sesto comma, perché non ha considerato che non è stata rinvenuta una richiesta della banca in ordine al deposito della sigla né tale sigla appare apposta sul facsimile dello specimen come previsto dalla norma citata. Ha inoltre errato nel non ritenere necessario il controllo delle firme perché illeggibili e per aver ritenuto idonea la sigla pur non risultandone il deposito formale ed il riscontro sul fac simile dello specimen.

Nel quinto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 71, primo comma, 108, terzo comma e 125 primo comma d.p.r. 256 del 1989 nonché il vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per non avere, la Corte d’Appello ritenuto rilevante l’ulteriore irregolarità consistente nella indicazione contenuta nel timbro di traenza (‘Banco di Napoli ufficio contabilità’) invece di quello usuale (‘Banco di Napoli filiale di (omissis) ‘). Tale difformità viene ritenuta irrilevante perché il carnet degli assegni viene consegnato in bianco e spetta al traente riempire gli spazi bianchi ma il controllo della corretta intestazione del nome del traente è imposto dall’art. 125. La medesima considerazione vale per la dicitura apposta su un altro assegno (‘Banco di Napoli sede di Napoli’), in quanto non conforme, al pari dell’altra, a quella contenuta nel facsimile dello specimen. In conclusione la Corte d’Appello omette di dare rilievo a tale significativa irregolarità.

Nel sesto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 108 del d.p.r. citato e degli artt. l e 6 della legge assegni anche in relazione al vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per non avere applicato la regola secondo la quale, riscontrata la non corrispondenza tra somma in lettere ed in cifre od un’altra irregolarità si deve sospendere il pagamento. Ne consegue che Poste Italiane avrebbe dovuto riscontrare la discordanza o la difficoltà di comparazione tra le firme apposte e quello del fac simile e sospendere il pagamento.

In ordine al primo motivo di ricorso deve esaminarsi preliminarmente l’eccezione di novità della questione in esso contenuta sollevata dalla parte controricorrente e dal sostituto procuratore generale in udienza.

L’eccezione deve essere disattesa. Nello svolgimento del predetto motivo il Banco di Napoli a pag. 9 del ricorso riproduce i passaggi dell’atto di citazione in primo grado ed in appello nei quali viene sollevato il rilievo secondo il quale la sigla numerica od alfanumerica poteva essere utilizzata soltanto per i pagamenti in tempo reale. Peraltro, anche nella sentenza impugnata a pag. 4 si affronta, come tema indicato dalla parte appellante quello relativo all’impossibilità di effettuare con le modalità relative al pagamento in tempo reale un pagamento presso terzi. A tale riguardo la Corte d’Appello fornisce la risposta secondo la quale occorreva fornire la prova documentale mediante il contratto,di tale limitazione.

In conclusione la questione relativa alla sufficienza della sigla numerica anche in ordine ai pagamenti effettuati presso terzi non risulta affatto estranea alla cognizione di merito, né sotto il profilo della preesistenza di tale sigla, ampiamente trattata nella pronuncia di appello, né sotto il profilo della utilizzabilità della sigla anche per i pagamenti presso terzi.

Il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso devono essere affrontati congiuntamente essendo logicamente connessi. Al fine di esaminarli risulta necessario illustrare il quadro normativo di riferimento e gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine alla negoziazione di assegni bancari apocrifi o falsi.

L’art. 71 del d.p.r. n. 256 del 1989 stabilisce ai prime due commi:

‘All’atto della presentazione della domanda di apertura di conto corrente, il richiedente deve rilasciare il facsimile della propria firma su apposita scheda.

Il richiedente può delegare altre persone – non più di due se il conto è da intestare a persona fisica, non più di sei negli altri casi – a trarre sul suo conto, singolarmente o con due firme congiunte, assegni e postagiro; in tal caso sulla scheda di cui al comma i devono essere indicati, a cura del richiedente stesso, il nome e cognome delle persone delegate e devono essere apposte le loro firme, della cui autenticità risponde il delegante.

– In modo analogo si procede nel caso di designazione o di cambiamento delle persone delegate a firmare, quando il conto è già aperto.

4 – Il correntista, che abbia dato la delega a più di due persone, non può designare quelle che sono autorizzate a porre firme congiunte né stabilire alcuna condizione di altra specie in ordine all’abbinamento.

5 – Salvo speciali accordi internazionali, per le persone residenti all’estero le firme devono essere autenticate dalle autorità diplomatiche o consolari italiane, ovvero da un notaio la cui firma sia legalizzata dalle predette autorità.

6 – Il correntista, che intenda rendere riscuotibili in tempo reale gli assegni tratti sul proprio conto automatizzato presso tutti gli uffici collegati mediante apparecchiature terminali con il centro nazionale elaborazione dati, deve scegliere e indicare sulla scheda contenente il fac-simile delle firme di traenza una sigla alfabetica o numerica o alfanumerica le cui caratteristiche sono determinate con decreto del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni; tale sigla può essere sempre sostituita con altra a richiesta del titolare del conto.

7 – Il correntista, che indenta rendere riscuotibili a vista gli assegni tratti sul proprio conto non automatizzato presso alcuni degli uffici collegati mediante telescrivente o altro mezzo idoneo con l’ufficio detentore del conto stesso, deve rilasciare, con le modalità di cui al primo e secondo comma del presente articolo, un fac-simile delle firme di traenza per ciascuno degli uffici prescelti.

8 – La sigla ed il fac-simile delle firme sono validi anche per il servizio dei postagiro a vista di cui all’art. 123”.

La norma stabilisce in primo luogo che al momento dell’apertura di un conto corrente postale deve essere depositata firma di traenza del titolare del conto e di uno o più delegati, indicando in tale segno identificativo, analogamente a ciò che avviene per i conti correnti accesi presso istituti bancari, il parametro generale e principale di riferimento per la verifica della provenienza dei titoli di pagamento in circolazione conti dai quali sono tratti. L’art. 125 contiene la specifica regolamentazione della responsabilità dell’Amministrazione postale nelle operazioni di riscontro della firma di traenza, precisando che il riscontro, necessario e non eludibile, della conformità della sottoscrizione alla firma apposta sul fac-simile, ha natura formale e non investe l’autenticità della firma, della quale risponde il delegante ex art. 71 primo comma.

Accanto a tale modalità previsto al comma 6 della norma che negli assegni da riscuotere in tempo reale (presso uffici postali periferici collegati mediante apparecchiature terminali con il centro nazionale elaborazione dati) il correntista intenda rendere riscuotibili gli assegni tratti sul proprio conto, possa essere identificato anche solo da sigla numerica od alfanumerica, precedentemente indicata ‘sulla scheda contenente il fac simile delle firme di traenza’ (art. 71, comma 6). Anche su tale peculiare verifica di conformità la responsabilità dell’Amministrazione postale si sostanzia nell’accertamento della rispondenza della sigla stessa con quella depositata memorizzata presso ufficio detentore del conto. Il terzo comma dell’art. 125 stabilisce infine che la mancata osservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi comporta la responsabilità dell’Amministrazione, salvo i casi di un concorso di colpa del correntista per l’insufficiente custodia degli assegni e del postagiro.

Alla luce del quadro normativo sopra delineato emerge in modo univoco che il riscontro limitato alla sigla numerica e alfanumerica al fine di autorizzare il pagamento dell’assegno postale è assoggettato a due condizioni specifiche: la preventiva indicazione della sigla medesima nel fac simile depositato della firma di traenza e il pagamento in tempo reale e non presso terzi del titolo in circolazione.

Nessuna delle due condizioni si è verificata nel caso di specie. Quanto alla prima, la Corte d’Appello ha ritenuto che la sigla apposta sugli assegni fosse idonea ad autorizzare il pagamento dei titoli non per averne accertato la preesistenza e la corrispondenza allo scopo sulla base dell’esame del fac simile della firma di traenza, ove la sigla in oggetto doveva essere indicata, ma esclusivamente dal confronto con quella contenuta in una lettera proveniente dal Banco di Napoli e in altro assegno postale tratto da conto corrente intestato al Banco di Napoli. Così operando la Corte territoriale è incorsa in una duplice violazione di legge. In primo luogo ha disatteso la prescrizione, da ritenersi univocamente imperativa, relativa all’obbligatorietà dell’indicazione preventiva della sigla nel fac simile della firma di traenza. Sia l’art. 71, sesto comma che l’art. 125, secondo comma, impongono tale esclusiva modalità d’indicazione preventiva della sigla numerica od alfanumerica utilizzabile in luogo della sottoscrizione dell’assegno. Non può ritenersi, al riguardo, equivalente un’altra modalità di prova della preesistenza della sigla in oggetto, diversa dal riscontro della sigla indicata nella scheda contenente il fac simile delle firme del titolare del conto o di suoi delegati. Solo mediante la prova di tale peculiare controllo può dirsi assolto l’obbligo di diligenza a carico di Poste Italiane in ordine alla verifica della corrispondenza della sigla a quella indicata dal correntista. Come evidenziato nell’art. 71, sesto comma, la sufficienza della sigla nei limiti dei pagamenti per i quali può essere utilizzata, deriva dal collegamento delle apparecchiature terminali con la banca dati centrale presso la quale deve essere eseguito, al momento del pagamento, il riscontro della sigla apposta sul titolo con quella formalmente depositata secondo quanto stabilito dalla legge. La crucialità della verifica porta ad escludere che la prova dell’indicazione preventiva della sigla, da porsi ad esclusivo carico del traente Poste italiane, possa darsi in modo diverso dal riscontro documentale del fac simile della firma di traenza che contenga anche l’indicazione della sigla. L’assolvimento di tale onere probatorio non ammette equipollenti proprio in virtù della specialità e della natura derogatoria e circoscritta di tale modalità identificativa semplificata. Le esigenze di certezza, univocità e chiarezza della sottoscrizione, stabilite in via generale dall’art. 11 del r.d. n. 1736 del 1933 sono generalmente soddisfatte mediante il deposito formale della sottoscrizione del titolare del conto e dei suoi delegati. La limitata facoltà di avvalersi di sigla alfanumerica, al fine di soddisfare i requisiti stabiliti nel citato art. 11, non può che essere fondata sull’indicazione preventiva di essa in un unico documento composto e depositato secondo le formalità prescritte dalla disciplina normativa di settore.

Oltre alla mancanza di tale condizione ‘preventiva’ formale, nella specie difetta anche l’ulteriore requisito ‘funzionale’ di utilizzazione della sigla numerica od alfanumerica al posto della sottoscrizione. L’art. 71, sesto comma, ne limita l’uso ai pagamenti in tempo reale escludendolo per quelli eseguiti presso terzi, in quanto, per questi ultimi, non potrebbe operarsi il controllo della conformità della sigla con quella preventivamente indicata nel fac simile della firma di traenza, mediante il collegamento tra apparecchiature terminali degli uffici postali e banca dati centrale. Al riguardo la Corte d’Appello ha ritenuto del tutto erroneamente che la prova della limitazione del pagamento in tempo reale dovesse essere fornito dal cliente nonostante che predetta limitazione fosse invece prevista dalla norma. Il richiamo al successivo art. 76 lettera fuori luogo dal momento che la disposizione limita ad indicare in via generale quali operazioni possono essere effettuate sui conti correnti postali, includendovi ovviamente anche quelle presso terzi, senza null’altro indicare. Il riferimento, contenuto in controricorso, ad uno o più accordi ABI relativi all’estensione della sufficienza del riscontro della sigla numerica od alfanumerica in luogo di quello relativo alla sottoscrizione, risulta nuovo e del tutto genericamente formulato.

In conclusione il primo, il secondo ed il quarto motivo devono essere accolti per quanto di ragioni nelle parti in cui censurano specificamente l’inesistenza della sigla numerica o alfanumerica come equipollente della sottoscrizione. Nella specie, in conclusione la verifica, prima dell’autorizzazione al pagamento ed all’addebito delle somme a carico del correntista, da parte di Poste Italiane doveva essere svolta sulla conformità della sottoscrizione apposta sui titoli con quelli depositati, una volta esclusa l’applicabilità del regime di controllo semplificato costituito dal riscontro della sigla numerica od alfanumerica, non trattandosi, nella specie,di pagamento in tempo reale ma presso altro istituto bancario.

Anche il terzo motivo deve essere accolto. La motivazione posta a base della correttezza del controllo eseguito sulle sottoscrizioni apposte sugli assegni è radicalmente contraddittoria, oltre che erronea sotto il profilo del parametro normativo costituito dal citato art. 11 della legge assegni e dell’art. 71 d.p.r. n. 256 del 1989.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, requisiti di chiarezza, univocità e certezza della sottoscrizione dell’assegno, così come richieste dal citato art. 11 vanno intese in senso molto rigoroso, specie quando la firma non sia leggibile e da essa non possa ricavarsi prima facie la riferibilità al titolare del conto corrente. (Cass. 11621 del 1999; 12627 del 2003). Ne consegue che il deposito di una o più firme illeggibili non esclude l’adempimento dell’obbligo del riscontro della sigla grafica apposta sul titolo con quella depositata. La verifica non ha ad oggetto la decifrazione del nome e cognome del traente o del delegato ma la corrispondenza, quanto meno prima facie, tra le due sottoscrizioni, quella depositata e quella apposta sul titolo di pagamento. Non ha rilievo logico l’affermazione secondo la quale l’illeggibilità esclude di dover procedere a tale riscontro, ben potendo darsi due sigle grafiche o sottoscrizioni per esteso del tutto diverse ma entrambe illeggibili.

I restanti motivi devono essere assorbiti.

In conclusione devono essere accolti il primo, il secondo, il terzo, il quarto motivo. Assorbiti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudice di rinvio deve attenersi ai seguenti principi di diritto:

L’autorizzazione al pagamento di un assegno postale, da eseguirsi non in tempo reale, non può essere fondato, ai sensi dell’art. 71, comma 1 e 6 del d.p.r. n. 256 del 1989, sul riscontro della sigla numerica od alfanumerica indicata sul titolo di pagamento ma deve avere ad oggetto la verifica della corrispondenza della sottoscrizione apposta sul titolo con quelle contenute nel fac simile depositato presso la banca (nella specie Poste Italiane) trattaria.

L’applicabilità del regime di controllo semplificato, regolato dall’art. 71, sesto comma, d.p.r. n. 256 del 1989, richiede non soltanto che il pagamento sia in tempo reale e non mediante stanza di compensazione (art. 125 d.p.r. n. 256 del 1989) ma anche che la sigla numerica od alfanumerica sia indicata preventivamente nella scheda contenente il fac simile della sottoscrizione del titolare del conto o dei suoi delegati, regolarmente depositata e se ne fornisca puntuale riscontro probatorio.

L’onere della prova dell’adempimento degli obblighi sopra delineati, spetta al trattario (nella specie Poste Italiane) il quale non può sottrarsi a tale riscontro nell’ipotesi in cui le sottoscrizioni contenute nella scheda fac simile siano illeggibili.

P.Q.M.

Accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso. Assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

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