Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 25 luglio 2016, n. 15346

In tema di fallimento della società di fatto “holding”, è irrilevante il requisito della spendita del nome quando si tratti di società occulta e/o si verta in tema di responsabilità da direzione abusiva ex art. 2497 e segg. c.c.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 25 luglio 2016, n. 15346

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20839-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall”avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso successivo;
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all”avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso successivo;
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso successivo;
– ricorrente + ricorrenti successivi –
contro
FALLIMENTO DELLA SOCIETA” DI FATTO COMPOSTA DA (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in persona dei Curatori dott. (OMISSIS), avv. (OMISSIS), e dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall”avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e dei controricorsi successivi;
CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona dei Curatori prof. avv. (OMISSIS), dott. (OMISSIS)e dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e in calce ed a margine dei controricorsi successivi;
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l”avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall”avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorsi successivi;
– controricorrenti + controricorrenti successivi –
contro
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 146/2014 della CORTE D”APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito, per la ricorrente principale, l”Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l”accoglimento del ricorso principale;
uditi, per ricorrenti successivi (OMISSIS) + ALTRI, gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l”accoglimento del proprio ricorso;
udito, per i ricorrenti successivi (OMISSIS) +1, l”Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l”accoglimento del proprio ricorso;
udito, per il ricorrente successivo (OMISSIS), l”Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l”accoglimento del proprio ricorso;
uditi, per il controricorrente FALL. (OMISSIS), gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto il rigetto dei ricorsi;
udito, per il controricorrente FALL. (OMISSIS) + ALTRI, l”Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria che ha concluso per la integrale conferma della sentenza impugnata ed il rigetto dei ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Torre Annunziata, con sentenza in data 9-5-2013, dichiarava il fallimento della societa” di fatto composta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che il fallimento dei soci in proprio.
La decisione trovava base in un ricorso della curatela del fallimento di (OMISSIS) s.p.a. (hinc solo (OMISSIS)), che aveva prospettato l”esistenza di una tale societa” di fatto tra i componenti di due generazioni delle famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per l”esercizio di funzioni di eterodirezione di societa” del gruppo, tra cui la fallita.
A fondamento della decisione del tribunale veniva posto un credito risarcitorio per lesione dell”integrita” del patrimonio della (OMISSIS), azionabile dalla curatela del fallimento in luogo dei creditori ai sensi dell”articolo 2497 cod. civ. e quantificabile in Euro 1.251.698.509,00.
Il credito costituiva la somma di due specifiche poste: (i) l”una di Euro 800.000.000,00, pari all”ammontare di somme direttamente acquisite dalla societa” di fatto nel contesto di una duratura attivita” di raccolta abusiva del risparmio realizzata mediante l”emissione di titoli obbligazionari al portatore, formalmente rilasciati dalla (OMISSIS) ma non riportate nei bilanci di questa; (ii) l”altra di Euro 351.698.509,00, pari al valore dei rami aziendali e delle partecipazioni ceduti dalla (OMISSIS) attraverso alcune operazioni straordinarie.
La dichiarazione di fallimento, gravata da distinti reclami, veniva confermata dalla corte d”appello di Napoli con sentenza in data 1-8-2014.
Codesta, rigettata una serie di eccezioni preliminari, osservava non esservi prova, ai fini di cui all”articolo 10 legge fall., della affermata cessazione dell”attivita” da oltre un anno, conoscibile ai terzi, e che semmai elementi contrari rispetto alla cessazione erano emersi dai documentati impegni assunti dopo il fallimento di (OMISSIS), nel contesto di un”attivita” finanziaria volta al recupero e al sostegno di questa societa”.
Richiamava poi le risultanze istruttorie del procedimento penale nel frattempo parallelamente instaurato e riteneva provati l”unitarieta” di origine e l”eterodirezione delle societa” (OMISSIS) in considerazione dell”esistenza di un centro direttivo unitario e sovraordinato, costituito dai componenti delle tre famiglie.
Tale centro direttivo aveva nel tempo creato un sistema di rastrellamento di risorse finanziarie mediante raccolta abusiva del risparmio, svolta dapprima nel contesto dell”originaria societa” (OMISSIS) e poi nel contesto di quella di fatto originata dalla cointeressenza delle due generazioni delle suddette famiglie, resa evidente dalla loro compartecipazione nelle varie societa” via via costituite. Attivita” in concreto attuata mediante rilascio di assegni intestati a (OMISSIS), ovvero di risorse poste nella di lui immediata disponibilita”, transitate sui conti personali senza traccia nei bilanci, e coltivata trasversalmente, a monte, da tutti i componenti delle famiglie.
L”unitarieta” operativa e funzionale veniva dalla corte d”appello ritenuta anche nella fase della crisi della societa” (OMISSIS), in considerazione dell”intervento finanziario offerto da tutti i soggetti coinvolti, a definitiva conferma della medesimezza dello scopo economico complessivamente perseguito e dell”eterodirezione previamente assunta.
Nella logica dell”articolo 2497 cod. civ., la corte d”appello riteneva che il riferimento alla spendita del nome o all”esteriorizzazione dell”agire non dovesse esser piu” considerato un elemento indefettibile della holding societaria. In ogni caso reputava che l”impegno assunto nell”ambito del fabbisogno concordatario dalle due generazioni delle famiglie valeva a integrare tale requisito, attesa la particolarita” dell”obbligazione risarcitoria, in relazione alla quale l”unico momento di spendita del nome avrebbe potuto essere quello dell”assunzione della relativa responsabilita”.
Quanto all”effettivita” del credito risarcitorio e all”insolvenza della societa” di fatto, la corte partenopea ne ravvisava l”esistenza in cio”: che il debito derivato dalla raccolta del risparmio era stato oggetto di accertamento del passivo nel fallimento di (OMISSIS) ed era stato comunque riconosciuto nella proposta concordataria; l”azione risarcitoria, una volta intervenuto il fallimento della societa” eterodiretta, competeva al curatore; il credito risarcitorio conseguente alla raccolta abusiva del risparmio poteva essere accertato sulla base di una cognizione sommaria nell”ambito del giudizio di fallimento; anche a non voler considerare che un accertamento del passivo era stato comunque pur sempre operato dagli organi fallimentari della (OMISSIS), doveva ritenersi sufficiente la presa d”atto della ricognizione del debito eseguita prima del fallimento medesimo, posto che tale debito, ai fini della proposta concordataria, era stato stimato in Euro 680.000.000,00 circa.
A fronte di tale imponente esposizione debitoria collegata alla raccolta abusiva, emergente anche da distinte dichiarazioni testimoniali rese dinanzi al giudice penale, era da attribuire valore essenziale all”indubbia e rilevante sottrazione di attivo dalle casse sociali della (OMISSIS).
La sottrazione costituiva, pertanto la fattispecie di danno di cui la societa” di fatto era tenuta a rispondere ai sensi dell”articolo 2497 cod. civ.; danno che, per stabilire l”insolvenza, non era utile quantificare in modo esatto, giacche” la societa” di fatto era risultata priva di ogni attivo patrimoniale e gli unici beni offerti nella proposta concordataria a favore della (OMISSIS) erano invero risultati di proprieta” dei soci. Sicche” in definitiva l”esatta quantificazione del credito risarcitorio non era infine neppure necessaria, non essendo la societa” di fatto risultata in grado di pagare nemmeno il minor credito di (OMISSIS) come stimato nel passivo concordatario.
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorsi: (OMISSIS), articolando dodici motivi; (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), articolando anch”essi dodici motivi; (OMISSIS) e (OMISSIS), articolando tre motivi; (OMISSIS), articolando due motivi.
In tutti i giudizi si sono costituite con controricorso la curatela del fallimento (OMISSIS) e la curatela del fallimento della societa” di fatto.
Hanno depositato memoria i ricorrenti (OMISSIS) e il fallimento della societa” di fatto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Tutti i ricorsi, proposti separatamente avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell”articolo 335 cod. proc. civ..
2. – I ricorsi di (OMISSIS) e dei (OMISSIS) muovono alla sentenza d”appello censure sostanzialmente identiche.
Le censure sono le seguenti.
Col primo motivo viene dedotta la nullita” della sentenza in relazione all”articolo 81 cod. proc. civ. e articolo 6 della legge fall., essendo stata riconosciuta la legittimazione dell”unico creditore istante senza preliminare verifica della sussistenza del suo preteso credito.
Col secondo motivo e” denunziata la violazione o falsa applicazione degli articoli 2082, 2195, 2247 e 2497 cod. civ., nonche” degli articoli 1 e 147 legge fall., essendosi stabilito che per la sussistenza di una societa” di fatto, svolgente attivita” di holding e suscettibile di fallimento, non sarebbe necessaria la spendita del nome della societa” medesima.
Col terzo mezzo e” dedotta la violazione o falsa applicazione delle medesime norme sotto distinto profilo, per avere la corte d”appello affermato che per la sussistenza di una societa” di fatto, svolgente attivita” di holding e suscettibile di fallimento, il requisito della spendita del nome potrebbe comunque concretizzarsi ex post, attraverso la successiva assunzione della relativa responsabilita”.
Col quarto motivo si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione dell”articolo 10 della legge fall., avendo la corte d”appello affermato che il termine annuale per la dichiarazione di fallimento non sarebbe in principio applicabile alle societa” di fatto, in quanto imprese non iscritte.
Col quinto mezzo e” dedotto l”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5), avendo l”impugnata sentenza comunque affermato, ma senza nient”altro aggiungere, che nessuna prova era stata fornita in ordine alla cessazione dell”attivita” da oltre un anno. La corte territoriale non avrebbe considerato che il fallimento della eterodiretta era stato dichiarato il 2-5-2012, con iscrizione della predetta sentenza il giorno dopo e con correlativa diffusione mediatica della notizia; fatti decisivi al fine di ritenere comunque cosi” cessata l”attivita” di eterodirezione con idonea conoscibilita” per i terzi.
Il sesto motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli articoli 10 e 2082 cod. civ. per avere l”impugnata sentenza escluso la cessazione di attivita” d”impresa dopo il 2-5-2012, e comunque nell”anno anteriore al fallimento dichiarato il 9-5-2013, sulla scorta di atti volti a mettere a disposizione della procedura fallimentare beni costituiti in trust; atti che invece, per loro natura, attesa la gratuita”, non potevano qualificarsi come espressione di attivita” d”impresa.
Col settimo mezzo, deducendo violazione o falsa applicazione degli articoli 5 e 6 della legge fall. e articolo 2697 cod. civ., i ricorrenti censurano la sentenza per essersi limitata a una verifica di mera verosimiglianza dell”esistenza del credito risarcitorio dell”unico creditore istante, senza alcuna verifica della misura.
Con l”ottavo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell”articolo 10 della l. fall. e articolo 2082 cod. civ., censurano inoltre la sentenza per avere individuato nell”abusiva raccolta del risparmio un causa di sottrazione di attivo e quindi di danno, erroneamente ritenendo che il debito della (OMISSIS) per la raccolta abusiva costituiva di per se” un danno da imputare alla societa” di fatto.
Col nono motivo e” dedotta la nullita” della sentenza in relazione all”articolo 132 cod. proc. civ. e articolo 111 Cost.: cio” per l”eventualita” che si possa assumere affermato dalla corte distrettuale che la raccolta abusiva del risparmio, con la liquidita” generata, aveva costituito occasione per pratiche distrattive fonte di danno. In tal caso si censura la sentenza perche” al riguardo priva di motivazione o affetta da motivazione solo apparente.
Egualmente col decimo mezzo e” dedotta la nullita” della sentenza ai sensi dell”articolo 132 cod. proc. civ. e articolo 111 Cost., non essendo individuabile una comprensibile motivazione, nel senso di cui al motivo precedente, neppure nel contesto di altri passaggi della sentenza medesima, collocati in paragrafi diversi da quello (il decimo) finalizzato al tema.
Con l”undicesimo motivo i ricorrenti lamentano l”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5), in relazione all”avvenuto incasso di dividendi come elemento da cui desumere la causa lecita dell”esistenza di disponibilita” finanziarie.
Infine col dodicesimo motivo viene denunziata la nullita” della sentenza ai sensi dell”articolo 112 cod. proc. civ. e articolo 24 Cost., per avere la corte d”appello omesso di pronunciare su plurime eccezioni di prescrizione: segnatamente sulla invocata prescrizione di ogni credito risarcitorio per i danni prodotti fino al 23-1-2008, di ogni credito comunque riconducibile a rapporti societari, di ogni ulteriore e diverso credito in ipotesi sorto fino al 23-1-2003.
3. – Il ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e” articolato in tre motivi.
Col primo e” dedotta la nullita” del procedimento per violazione dell”articolo 24 Cost., articoli 78 e 79 disp. att. cod. proc. civ., avendo la corte d”appello respinto alcune eccezioni preliminari riproposte in quella sede.
Si trattava: (a) di un”eccezione di invalidita” dei provvedimenti del presidente del tribunale di Torre Annunziata di designazione di uno dei magistrati componenti il collegio fallimentare, in sostituzione di altro; (b) di un”eccezione di avvenuta notifica del decreto di fissazione dell”udienza prefallimentare a mezzo polizia giudiziaria alle ore 19 del giorno antecedente; (c) di un”eccezione afferente l”avvenuto piu” che tempestivo deposito della decisione di primo grado, della lunghezza di 70 pagine, nella stessa data del 9-5-2013.
Col secondo motivo e” dedotta la violazione e/o falsa applicazione delle norme in materia di valutazione delle prove, nonche” l”omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, avendo la corte d”appello erroneamente ritenuto non applicabile l”articolo 10 della l. fall., richiamato dalle reclamanti in merito al decorso del termine per il fallimento della societa” di fatto (articolo 147 l. fall.). Le ricorrenti sostengono che la norma avrebbe dovuto esser riferita anche alle imprese non iscritte nel relativo registro, e inoltre lamentano non avere la corte d”appello esaminato la circostanza della loro revoca degli impegni assunti in beneficio di (OMISSIS), mediante atti notificati all”amministratore di quella societa” e agli altri soci; atti costituenti chiara e incontrovertibile dichiarazione di recesso dall”asserita societa” di fatto. Col terzo mezzo le ricorrenti denunziano la nullita” della sentenza per carenza di legittimazione attiva della curatela del fallimento di (OMISSIS), ai sensi dell”articolo 81 cod. proc. civ. e articolo 6 della l. fall., essendo stato il ricorso per dichiarazione di fallimento della societa” di fatto proposto sulla base non di un credito risarcitorio in effetti accertato ma di una semplice pretesa.
4. – Infine il ricorrente (OMISSIS) articola, nel proprio ricorso, due motivi.
Il primo di questi denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., e l”omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in ordine alla esistenza di elementi probatori idonei a individuare in capo al ricorrente la qualifica di socio di una holding di fatto. La sentenza viene censurata per aver individuato gli elementi rappresentativi della fattispecie in dichiarazioni assunte nell”ambito del procedimento penale instaurato dinanzi al tribunale di Torre Annunziata, senza considerare che le prove atipiche possono essere fonte di convincimento, per il giudice civile, se e in quanto non smentite dal raffronto critico con altre risultanze del processo. In questi termini l”insussistenza di qualsivoglia ruolo di (OMISSIS) quale amministratore di fatto o socio di fatto di una holding avrebbe dovuto essere dedotta dalla circostanza che le assunzioni di personale, le scelte operative, le nomine per cariche sociali, le riunioni operative avevano visto il predetto (OMISSIS) assolutamente estraneo a esse. Ed egualmente non probanti avrebbero dovuto essere ritenute le circostanze afferenti il coinvolgimento del ricorrente nella dedotta circolarita” economica delle operazioni poste in essere nella fase di crisi della (OMISSIS), non essendo dette operazioni inquadrabili che in termini di finanziamento e di garanzia e non essendo, quindi, indicative di un”attivita” di dominio stabile e duraturo della societa” fallita.
Anche il ricorrente (OMISSIS), inoltre, lamenta che la corte d”appello non abbia tenuto conto della necessita” di fornire la prova della esteriorizzazione del vincolo sociale, onde potersi stabilire l”esistenza di una holding di fatto.
Col secondo mezzo, il ricorrente ascrive alla sentenza un”insufficienza e/o contraddittorieta” della motivazione su fatto decisivo, oltre che la nullita” e la violazione e falsa applicazione degli articoli 2247 e 2497 cod. civ., in ordine alla ritenuta esistenza della societa” di fatto in difetto di prova di contegni gestionali e di spendita del nome nei rapporti coi terzi.
5. – Le delineate censure prospettano, contro la sentenza della corte d”appello, questioni per buona parte comuni. Questo induce la corte a svolgere la disamina dei motivi hinc et inde rassegnati accorpando le questioni sottoposte, in modo tale da rendere infine piu” comprensibili i principi di diritto.
6. – In ordine logico, vanno affrontate innanzi tutto le questioni di nullita” consegnate al primo motivo del ricorso (OMISSIS) – (OMISSIS).
Si censura la sentenza per aver respinto le eccezioni non accolte dal tribunale, e nuovamente avanzate in sede di reclamo, aventi per oggetto (i) l”invalidita” dei provvedimenti del presidente del tribunale di Torre Annunziata di designazione di uno dei magistrati componenti il collegio, in sostituzione di altro; (ii) l”avvenuta notifica del decreto di fissazione di udienza alle ore 19 del di” antecedente; (iii) l”avvenuto deposito della decisione (della lunghezza di 70 pagine) nella stessa data del 9-5-2013 in cui era stata deliberata.
Le doglianze, ove non inammissibili nel loro complesso, per violazione dell”articolo 366 c.p.c., n. 4, attesa la difficolta” di riscontrarne il necessario livello di specificita” rispetto alla ratio decidendi mediante la quale la corte d”appello ha disatteso i corrispondenti profili di gravame, sono in ogni caso prive di fondamento.
La corte d”appello ha ritenuto non pertinenti le critiche ai provvedimenti di sostituzione del magistrato astenuto, stante la “natura ordinatoria” di codesti provvedimenti. L”affermazione non e” perspicua, essendosi semmai trattato di provvedimenti organizzativi, non ordinatori del processo.
Tuttavia e” sufficiente correggerla ai sensi dell”articolo 384 c.p.c., u.c., giacche”, nell”ambito dell”organizzazione dell”ufficio giudiziario, la sostituzione del magistrato non determina in se” una nullita” le volte in cui non incida – come nella specie non ha inciso (ne” e” dedotto che abbia inciso) – sul principio di immutabilita” del giudice chiamato a decidere la controversia.
Va del resto rammentato che, ai sensi dell”articolo 156 cod. proc. civ., la nullita” dell”atto processuale per inosservanza di elementi formali e” soggetta al principio di tassativita”, sicche” non puo” essere pronuncia se non comminata dalla legge (v. ex aliis Sez. 3- n. 6964-01, n. 2810-97; e v. pure, sebbene con specifico riferimento all”immutabilita” del giudice istruttore nel processo di cognizione, Sez. 3 n. 7622-10).
La corte d”appello ha poi sottolineato che l”udienza prefallimentare, rispetto alla quale e” ancora in questa sede eccepita la brevita” del termine dilatorio dipendente dalla comunicazione avvenuta nella serata dell”8-5-2013, derivava da un rinvio di quella gia” tenuta il 30-4-2013, nella quale il ricorso per dichiarazione di fallimento era stato “diffusamente trattato”. Sicche” da questo punto di vista, nessuna lesione del diritto di difesa si era determinata quanto all”udienza di prosecuzione del 9-52013, ne” una qualsivoglia tal lesione era stata paventata dai reclamanti.
Le ripetuta circostanza non risulta specificamente contrastata in questa sede di legittimita” e osta a condividere il fondamento dell”eccezione processuale, giacche” la previsione di un termine minimo di preavviso (quindici giorni) e” stabilita, dall”articolo 15 della l. fall., solo in relazione alla prima udienza conseguente all”istanza di fallimento, non anche per quelle successive.
Pretestuoso, invece, appare il rilievo sui tempi di redazione della motivazione della sentenza.
In disparte la singolarita” di una doglianza di tal tipo, afferente la concreta brevita” (anziche” l”esorbitanza) della tempistica redazionale, indice semmai di efficienza in rapporto allo specifico incombente e al rispetto di termini processuali stabiliti solo nel massimo, vi e” che nessuna nullita” e” comminata dalla legge in relazione alla fattispecie. Il che, nell”ottica del gia” ricordato principio di tassativita”, esclude in radice che all”eccezione della parte ricorrente possa annettersi un qualsivoglia giuridico costrutto.
7. – Devono essere unitariamente esaminati i motivi di ricorso che hanno prospettato la questione del difetto di legittimazione della societa” (OMISSIS) ai fini della dichiarazione di fallimento.
Si tratta del primo motivo dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) e del terzo motivo del ricorso (OMISSIS)- (OMISSIS).
I ricorrenti sostengono che l”istanza per dichiarazione di fallimento sarebbe stata presentata sulla base non di un credito risarcitorio in effetti accertato ma di una semplice pretesa, donde la legittimazione dell”unico creditore istante sarebbe stata ritenuta senza preliminare verifica della sussistenza del suo credito.
I motivi sono infondati.
L”articolo 6 della legge fall., laddove stabilisce che il fallimento e” dichiarato, fra l”altro, su istanza di uno o piu” creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, ne” l”esecutivita” del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all”esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell”istante e la conseguente insolvenza del debitore (cfr. per tutte Sez. un. n. 1521-13, cui adde Sez. 1 n. 11421-14).
Il procedimento per dichiarazione di fallimento non e” invero funzionale all”accertamento (o alla verifica) del credito della parte istante, ma all”accertamento dello stato d”insolvenza, sicche”, riguardo al credito contestato, suppone – e consente – un”indagine solo incidenter tantum, per non trasformare l”oggetto del procedimento in guisa tale da farne un giudizio di cognizione sullo specifico credito posto a base dell”iniziativa di parte.
La corte d”appello, nella parte finale della motivazione – di cui in narrativa si e” gia” dato sinteticamente conto e che a tempo debito verra” meglio considerata -, ha valutato l”insolvenza della societa” di fatto affermando esistente il debito risarcitorio nei confronti dei creditori della societa” eterodiretta (OMISSIS); e nell”affermazione di esistenza del credito corrispondente e” implicito l”accertamento della afferente condizione di legittimazione dell”istante – e quindi del presupposto processuale – di cui all”articolo 6 della legge fall..
8. – Nel secondo e nel terzo motivo dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS), e nel primo e nel secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), e” fatta questione della esistenza e della spendita del nome della societa” di fatto holding.
Il problema e” rappresentato dall”interrogativo se, per ritenere esistente la societa” di fatto holding, e per dichiararne il fallimento, fosse o meno necessario l”accertamento della spendita del nome di tale societa” nei rapporti esterni.
Viene sottolineato che la necessita” che il soggetto spenda il proprio nome nei rapporti esterni per essere individuato come holding, e dunque come imprenditore collettivo fallibile, e” stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza di questa corte; giurisprudenza facente capo a Sez. 1 n. 1439-90 e poi consolidata da Sez. 1 12113-02 e n. 3724-03 e da Sez. un. n. 25275-06.
Si sostiene che finanche la decisione evocata dalla corte partenopea come sinonimo di un orientamento piu” elastico (“meno ingessato”) – Sez. 1 n. 23344-10 – non sarebbe in verita” distonica rispetto all”orientamento prevalente, avendo detta sentenza preso in esame una fattispecie in cui appunto le parti, finanziando e sorreggendo con garanzie personali l”attivita” delle societa” ivi considerate, avevano speso il proprio nome nell”assumere i citati impegni, in modo da ingenerare nei terzi la sicura convinzione di un vincolo sociale tra loro.
Il solo (OMISSIS) poi si duole dell”esser stata individuata anche per lui la qualita” di socio.
Codesta ultima doglianza e” peraltro inammissibile in quanto risolta in un sindacato di fatto in ordine alla valutazione della prova; sicche” la confutazione di essa non necessita di altro.
I motivi, unitariamente intesi nella parte afferente le considerazioni in diritto, sono invece infondati.
E lo sono per due concorrenti ragioni.
9. – Necessaria premessa e” che il principio di diritto a cui i ricorrenti alludono – tratto da Sez. 1 n. 1439-90 riflette l”affermazione secondo cui, in ipotesi di holding di tipo personale, cioe” di persona fisica, che sia a capo di piu” societa” di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, e che svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l”indirizzo, il controllo e il coordinamento delle societa” medesime (non limitandosi cosi” al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualita” di socio), la configurabilita” di un”autonoma impresa, come tale assoggettabile a fallimento, postula che la suddetta attivita”, sia essa di sola gestione del gruppo (cosiddetta holding pura), ovvero pure di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, quindi fonte di responsabilita” diretta del loro autore, e presenti altresi” obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo o le sue componenti, causalmente ricollegabili all”attivita” medesima.
Il principio, configurato in una situazione in cui i soggetti erano stati dichiarati falliti sia in proprio, quali titolari di distinte imprese individuali, sia ex articolo 147, comma 2, legge fall. (nel testo pro tempore), quali soci illimitatamente responsabili di una societa” di fatto del pari ritenuta esistente a latere delle societa” di capitali, corrisponde in effetti a un orientamento consolidato.
Esso peraltro manifesta la sua ratio in cio”: che al fine della dichiarazione di fallimento di una qualunque societa”, l”accertamento dello stato d”insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della societa” medesima, a prescindere dal fatto che si tratti di societa” inserita in un gruppo, e quindi in una pluralita” di societa” collegate o controllate da un”unica societa”-madre (“holding”).
Invero, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna delle societa” (madre o figlie) conserva distinta la propria soggettivita” giuridica e autonoma la qualita” di imprenditore, rispondendo, con il proprio patrimonio, soltanto dei propri debiti.
Consegue che il problema della spendita del nome si pone al fine di stabilire la fallibilita” della societa” di fatto holding in ragione della sua specifica responsabilita” imprenditoriale per le obbligazioni assunte, non anche l”esistenza della societa” medesima. La quale esiste, come impresa commerciale, per il sol fatto di esser stata costituita tra i soci col fine della direzione unitaria delle societa” commerciali figlie, vale a dire per l”effettivo esercizio dell”attivita” di direzione e controllo oggi esplicitamente considerata dagli articoli 2497 e seg. cod. civ.
10. – Ora, in tutti i casi in cui la societa” di fatto risponde ai canoni della cd. societa” occulta – come nella specie la corte d”appello ha accertato, ancorche” senza evocare esplicitamente il corrispondente istituto giuridico, mediante sottolineatura dell”essere stati i soci animati dall”intento di far operare, infine, le singole societa” eterodirette “come strumenti strategici per un interesse sovradimensionato”, corrispondente alla realta” fattuale propria del rapporto interno, senza “bisogno alcuno di renderla nota” – non ha senso porsi il problema della spendita del nome ai fini del riconoscimento della sua esistenza e operativita”.
Non ha senso perche” – come da tempo si riconosce – e” propria di quella fattispecie giustappunto la concordata volonta” dei soci che ogni rapporto con i terzi venga posto in essere per conto della societa” ma non in suo nome. Sicche”, fermo l”attuale esplicito riconoscimento di fallibilita” di siffatto tipo sociale post riforma puntualmente determinato dall”articolo 147, comma 5, legge fall., ma in verita” da sempre riconosciuto dalla giurisprudenza -, e” assolutamente pacifico che in casi del genere, gli atti di impresa, se esistenti in termini oggettivi, sono sempre posti in essere “per conto” di un soggetto diverso da quello che appare. E se ricorrono gli altri elementi previsti dall”articolo 2247 cod. civ. l”esistenza della societa” di fatto (occulta) non puo” essere messa in dubbio.
Non a caso questa corte gia” in epoca lontana (v. Sez. 1 n. 977-76, n. 2895-72) ha avuto modo di rappresentare, in fattispecie di estensione alla societa” di fatto – e al socio occulto di essa – del fallimento dichiarato nei confronti di imprenditore individuale, che la societa” di persone, realmente esistente ma occulta, risponde di fronte ai terzi anche in difetto della cosiddetta esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l”incolpevole affidamento dei terzi circa l”esistenza della societa”.
Nel caso di specie l”impugnata sentenza, con accertamento di fatto insindacabile perche” pienamente motivato anche in rapporto alle fonti di prova, ha stabilito che era stata costituita tra i componenti le tre famiglie (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS) una societa” di fatto holding, avente a oggetto l”attivita” di eterodirezione delle societa” facenti parte del cd. gruppo (OMISSIS); e che la corrispondente attivita” era stata in effetti esercitata mediante un articolato disegno inteso ad attuare un “sistematico rastrellamento di risorse finanziarie” mediante la raccolta abusiva di risparmio, “attraverso la non occasionale presenza nei luoghi i cui essa si e” svolta, i frequenti contatti con la clientela, l”adozione di direttive e di istruzioni ai dipendenti”; il tutto “nella particolare logica e condizione fattuale di intervenire in detta attivita” (..) perche” membri delle tre famiglie e, al pari, perche” legati alle esigenze di tale gestione dalla cointeressenza del gruppo societario.
Donde puo” osservarsi che, in base all”accertamento di fatto, la natura organizzata e commerciale dell”attivita” posta in essere dalla societa” di fatto costituiva il riflesso, con scopo illecito, dell”organizzazione dei mezzi delle societa” commerciali dirette e coordinate, secondo un modello di impresa che non necessitava d”altro che dell”elaborazione delle direttive e delle istruzioni da impartire alle societa” figlie, esattamente nel senso dell”abuso indicato dall”articolo 2497 cod. civ..
Nell”ottica di tale norma l”attivita” di direzione e coordinamento consiste, invero, nell”esercizio effettivo di un”ingerenza qualificata nella gestione di una o piu” societa”, espressione di una posizione di potere tale da incidere stabilmente nelle scelte gestorie e operative dei singoli organi amministrativi e tuttavia concretizzata in comportamenti estranei alla sfera della corretta gestione societaria e imprenditoriale, animati dal perseguimento di interessi propri o di terzi.
In simile situazione, proprio a seguire l”indirizzo giurisprudenziale richiamato dai ricorrenti, un problema di spendita del nome non aveva alcuna ragione di porsi, essendo stata la societa” eterodirigente costituita come occulta.
11. – Bisogna aggiungere un”altra considerazione, che concorre con quella appena svolta e che consente di esplicitare un concetto che la corte distrettuale ha appena lambito negando rilevanza al requisito della esteriorizzazione.
La corte d”appello ha osservato che si trattava, nella specie, di obbligazioni risarcitorie integrate dalla violazione di doveri di comportamento causativa di danno alle societa” eterodirette e, di riflesso, ai loro creditori.
Questa concorrente ratio decidendi e” esatta.
L”eccepita mancanza del requisito della spendita del nome della societa” di fatto non poteva interessare, non solo perche” la societa” – come detto era occulta, ma anche perche” non venivano in rilievo le obbligazioni volontariamente assunte.
I ricorrenti omettono di tener conto che la responsabilita”, posta a base della valutazione di insolvenza, era ancorata all”articolo 2497 cod. civ., essendo stata dedotta – e poi dal giudice del merito accertata – la realizzazione di comportamenti estranei alla fisiologica destinazione dei poteri legittimi di direzione e di coordinamento.
Come anticipato, l”orientamento giurisprudenziale evocato nei ricorsi muove dalla considerazione che la societa” di fatto holding e” assoggettabile a fallimento in quanto imprenditore commerciale; e in questo senso e” assoggettabile solo ove, nell”esercizio dell”attivita” di direzione, abbia posto in essere in nome proprio atti che siano fonte di obbligazioni.
In sostanza, la holding fallisce per obbligazioni proprie, ex articolo 2740 cod. civ., non mai per obbligazioni delle societa” figlie, pur dirette e coordinate; e quindi fallisce se ha assunto direttamente obbligazioni in proprio.
Il problema dell”agire in proprio riguarda l”ambito della responsabilita” patrimoniale della holding, individuale o collettiva, giacche” l”insolvenza, ovvero l”impossibilita” di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, deve essere valutata con riguardo alle (sole) obbligazioni proprie.
Tuttavia, per quanto una siffatta soluzione debba essere in linea generale mantenuta, siccome rispondente alla distinta soggettivita” giuridica e all”autonomia patrimoniale – delle singole societa”, che non viene meno in ipotesi di rispondenza di tutte codeste a un”attivita” di direzione unitaria, vi e” che la stessa non giova ai ricorrenti.
Da quella discende che i creditori legittimati a chiedere il fallimento della societa” di fatto holding sono soltanto i suoi creditori.
Ma il fatto che i creditori delle societa” figlie non siano nel contempo, e per cio” solo, creditori della societa” di fatto holding non rileva allorche” si discorra – come nella fattispecie – di obbligazioni risarcitorie gravanti sulla holding secondo il disposto dell”articolo 2497, per il pregiudizio arrecato ai creditori delle societa” figlie dalla lesione cagionata, in dipendenza di un”agire illecito, all”integrita” del patrimonio di quelle societa”.
Chi esercita l”attivita” di direzione e coordinamento in modo illecito, approfittando e abusando dei poteri di direzione, ed eludendo per fini propri i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale (articolo 2497, comma 1), risponde non di obbligazioni derivanti da un”agire negoziale, in questo senso contratte direttamente (e per le quali potrebbe in astratto valere un problema di spendita del nome), ma di obbligazioni appunto risarcitorie. E trattandosi di responsabilita” di tipo esclusivamente risarcitorio (extracontrattuale) per i danni arrecati dall”attivita” di direzione abusiva (ai soci e) ai creditori delle societa” dirette e coordinate – suscettibile di esser fatta valere, in caso di sopravvenuto fallimento delle societa” figlie, dai rispettivi curatori – non si pone, e non puo” porsi, un problema di esteriorizzazione, non essendosi dinanzi come esattamente dalla corte d”appello sottolineato nel breve passaggio della pur lunga motivazione a obbligazioni “volontarie”.
L”obbligazione risarcitoria ex articolo 2497 c.c. trova fonte nell”illecito costituito dall”agire nell”interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione di doveri e principi di corretta gestione delle societa” eterodirette, ove da cio” sia derivato un danno patrimoniale alle societa” figlie e di riflesso (per quanto interessa in questa sede) al ceto creditorio di queste societa”.
Per cui, ferma la gia” sottolineata peculiarita” della societa” occulta, la societa” di fatto holding risponde delle obbligazioni volontariamente assunte in nome proprio ma risponde anche delle obbligazioni risarcitorie derivanti dall”aver esercitato l”attivita” direttiva in modo estraneo alla fisiologica corretta gestione societaria e imprenditoriale; e in tal secondo caso l”obbligazione risarcitoria sorge nei confronti dei creditori delle societa” figlie per il sol fatto che l”agire illecito abbia causato il danno all”integrita” patrimoniale della societa” diretta e coordinata, tale da renderne il patrimonio sociale insufficiente a soddisfare le pretese dei creditori.
12. – Nel quarto, quinto e sesto motivo dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS), e nel secondo motivo del ricorso (OMISSIS) – (OMISSIS), e” posta la questione dell”articolo 10 legge fall..
Ci si duole dell”avere l”impugnata sentenza escluso la cessazione di attivita” d”impresa della societa” di fatto a far data dal 2-5-2012, in cui era stato dichiarato il fallimento della societa” eterodiretta.
Anche questi motivi sono infondati.
E” innanzi tutto da puntualizzare che, diversamente da quanto eccepito, la sentenza non ha consegnato la decisione a un lapidario assunto di non operativita” dell”articolo 10 della legge fall. per le societa” non iscritte al registro delle imprese.
La sentenza ha esplicitamente affermato di voler prescindere da tale questione, come evincesi dall”inciso di esordio della frase che ne rappresenta il profilo (v. a pag. 12: “a prescindere dal tema dell”operativita” della regola (..) alle societa” non iscritte nel registro delle imprese”).
La ratio decidendi e” un”altra, ed e” che non era stata fornita la prova che la societa” di fatto avesse cessato da oltre un anno la propria attivita” e che tale circostanza fosse stata resa nota ai terzi.
A fronte della mancanza di prove, elementi contrari erano invece da ravvisare, secondo la corte distrettuale, nella missiva del 27-8-2012 con la quale il professionista, che aveva difeso la (OMISSIS) ai fini della proposta di concordato preventivo, dopo il fallimento aveva trasmesso dieci accordi datati 2-8-2012 con cui i soci di fatto si erano impegnati a mettere a disposizione della procedura i beni costituiti in trust.
L”accertamento in ordine alla cessazione dell”attivita” e” istituzionalmente rimesso al giudice del merito ed e” insindacabile in cassazione ove i fatti storici a esso correlati siano stati – nell”ottica del nuovo testo dell”articolo 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Sez. un. 805314) – considerati.
A tal riguardo, i fatti storici denunciati hinc et inde sono stati appunto dalla corte d”appello ritenuti insufficienti a provare che la societa” di fatto (esercente la direzione) avesse cessato la propria attivita” da oltre un anno, dopo il fallimento della eterodiretta, con modalita” conoscibili ai terzi.
E lo sono stati pure i fatti storici enunciati dalla difesa delle ricorrenti (OMISSIS) – (OMISSIS), incentrati su un asserito recesso per effetto di revoca dell”impegno finanziario assunto.
Il recesso – giova dire in termini generali – da” per presupposta l”esistenza della societa” di fatto, di contro negata dagli altri ricorrenti. Quel che rileva e” peraltro che il giudice a quo lo ha ritenuto niente affatto desumibile dalla dedotta revoca ai fini della conoscenza della corrispondente circostanza da parte dei creditori della societa” (OMISSIS).
La conclusione alla quale la corte distrettuale e” infine pervenuta – vale a dire che nessuna prova era stata fornita onde potersi dire integrata la fattispecie ex articolo 10 della l. fall. – resiste alle censure.
Questa corte ha gia” affermato che il principio emergente dalla sentenza n. 310-00 e dalle ordinanze n. 361-01 e n. 131-02 della corte costituzionale – secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell”attivita”, prescritto dall”articolo 10 legge fall. ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, anziche” dalla definizione dei rapporti passivi – se, da un lato, non esclude l”applicabilita” del termine anche alle societa” non iscritte nel registro, dall”altro suppone nei confronti di queste un bilanciamento tra opposte esigenze, di tutela dei creditori e di certezza delle situazioni giuridiche.
Simile bilanciamento richiede di individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione dell”attivita” sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si e” manifestata (v. Sez. 1 n. 6199-09; n. 18618-06).
Il citato insegnamento deve essere coordinato con la situazione di specie, nella quale la societa” di fatto, per quel che emerge dalla sentenza adottata dalla corte di merito, era occulta.
In tale prospettiva l”accertamento della tempestivita” della dichiarazione di fallimento andava assunto in base al criterio di effettivita”, essendo quello della societa” occulta un caso equiparabile, per quanto rileva, ai casi supponenti la prova dell”esercizio concreto di un”attivita” (cfr., per le fattispecie risalenti all”epoca anteriore alla istituzione del registro delle imprese, Sez. 6-1, n. 8033-12).
Riprendendo la similitudine, l”accertamento della tempestivita” era quindi da affidare al momento in cui fosse stata portata a conoscenza dei terzi la ipotetica cessazione dell”attivita” (di direzione) in se” e per se” considerata, indipendentemente dal soggetto al quale fosse imputabile.
E” agevole osservare che neppure dal ricorso risulta che le difese dei ricorrenti abbiano assolto all”onere dimostrativo circa l”esistenza di consimile, specifica, oggettiva condizione, essendo stato il tema offuscato dietro un”inferenza del tutto astratta, secondo cui il fallimento della eterodiretta sarebbe in se” prova della cessazione dell”attivita” di direzione.
Questo, da un lato, e” inesatto, proprio a cagione dell”eccesso di astrattismo che lo inficia, e, dall”altro, e” smentito dal giudice del merito, il quale, con una valutazione di fatto non implausibile, ha individuato i segni tangibili della persistenza dell”attivita” direttiva (giova ripetere: in se” e per se” considerata) nelle iniziative finanziarie perpetuate anche dopo la dichiarazione d”insolvenza.
13. – Nei motivi dal settimo all”undicesimo motivo dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) e in parte nel terzo motivo del ricorso (OMISSIS) – (OMISSIS) e” posta la questione dell”esistenza del credito risarcitorio e della conseguente valutazione dello stato di insolvenza della societa” di fatto.
Si deduce che la corte d”appello, limitandosi a una verifica di semplice verosimiglianza dell”esistenza del credito risarcitorio azionato dalla curatela del fallimento di (OMISSIS), unico creditore istante, avrebbe mancato di effettuare l”accertamento che si richiedeva e avrebbe altresi” errato nel ritenere che il debito della fallita (OMISSIS), per la raccolta abusiva del risparmio, fosse tale da rappresentare di per se” il danno da imputare alla societa” di fatto.
In alternativa si sostiene che la corte d”appello avrebbe infranto l”obbligo di motivazione di cui all”articolo 132 cod. proc. civ. ovvero avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo dell”avvenuto incasso di dividendi.
La critica consegnata ai citati motivi di ricorso e” priva di fondamento.
L”impugnata sentenza ha valutato il credito risarcitorio in base al principio per cui nel fallimento l”insolvenza del debitore puo” essere accertata, in relazione ai crediti contestati, con cognizione incidenter tantum (v. per tutte Sez. 1 n. 6306-14).
Ne ha quindi ravvisato l”effettivita” in relazione non alla raccolta abusiva del risparmio in se” considerata – fatto che la corte d”appello ha affermato “comunque riconosciuto dalla societa” nella proposta concordataria” ma (pag. 61 della motivazione) alla “indubbia e rilevante sottrazione di attivo dalle casse sociale della (OMISSIS)”. Tale sottrazione ha giustappunto imputato ai soci illimitatamente responsabili della societa” di fatto holding, che avevano programmato il sistematico rastrellamento delle risorse della societa” eterodiretta e ne avevano attuato, in ultima analisi, la spoliazione.
Il ragionamento della corte territoriale e” ben evincibile e la motivazione al riguardo spesa e” altresi” finanche congruente.
L”entita” delle risorse in tal modo sottratte e” stata invero plausibilmente quantificata in sorte capitale prossima a quanto indicato (almeno) nella proposta concordataria, vale a dire nella somma minore tra quelle che le risultanze istruttorie avevano consentito di stimare: una somma comunque rilevantissima (Euro 680.000.000,00, nella migliore delle ipotesi), a fronte del fallimento della eterodiretta e della totale mancanza di attivo della stessa societa” di fatto.
L”accertamento non e” sindacabile da questa corte.
Non lo e” neppure sul versante del presunto omesso riferimento a incassi di dividendi nel contesto della societa” (OMISSIS), non fosse altro che per difetto di autosufficienza, non essendo minimamente spiegato dai ricorrenti in qual senso i dividendi avrebbero inciso sull”enorme ammanco constatato dagli organi fallimentari. Per quanto concerne i creditori della societa” eterodiretta, l”articolo 2497 cod. civ. suppone che la pretesa al risarcimento dei danni possa essere rivolta contro la societa” esercente la direzione unitaria in caso di incapienza del patrimonio della eterodiretta.
La prova dell”incapienza e” nella infruttuosita” della richiesta di adempimento che il creditore abbia indirizzato alla eterodiretta.
Ove sopravvenga il fallimento di questa l”incapienza patrimoniale puo” considerarsi pacifica, cosicche” il curatore del fallimento, valutata la sottrazione delle risorse previamente costituite (nella specie discendenti da raccolta di risparmio), e” ben legittimato a esercitare l”azione secondo la disciplina dettata dall”articolo 2497 c.c., u.c..
14. – Deve essere infine esaminato il dodicesimo motivo dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS), nel quale e” denunziata un”omissione di pronuncia della corte d”appello sull”eccezione di prescrizione del credito risarcitorio di cui all”articolo 2497 cod. civ..
Il motivo va disatteso.
L”articolo 2497 cod. civ. collega la responsabilita” risarcitoria all”esercizio di attivita” di direzione abusiva. Parlando, al comma 2, di “fatto lesivo”, evoca un tipo di responsabilita” extracontrattuale, del resto cosi” esplicitamente qualificata nella relazione di accompagnamento della riforma di diritto societario.
In cio” la norma trova riscontro nel Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 90 per la disciplina dell”amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d”insolvenza, la quale, nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gia” sancisce per gli amministratori che abbiano abusato di tale direzione una responsabilita” solidale con gli amministratori della societa” insolvente quanto ai danni cagionati “in conseguenza delle direttive per inadempimento di obbligazioni assunte nei confronti di soggetti determinati.
Orbene, secondo un consolidato orientamento, l”omessa pronuncia, qualora cada su domanda inammissibile (v. Sez. 1 n. 12412-06, nonche” Sez. 6-1 n. 24445-10), ovvero su domanda infondata (v. Sez. 2 n. 2313-10), non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto alla proposizione di una tale domanda non consegue l”obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito.
Il principio ovviamente si attaglia anche laddove si discorra di eccezioni.
L”eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand”anche suscettibili di diversa qualificazione da parte del giudice. E questa corte ha chiarito che il debitore, ove eccepisca la prescrizione del credito, ha l”onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l”esercizio del diritto, avrebbe determinato l”inizio della decorrenza del termine ai sensi dell”articolo 2935 cod. civ. (cfr. Sez. lav. n. 16326-09, ma v. anche, implicitamente, Sez. 1 n. 11843-07).
Puo” allora osservarsi che il motivo di ricorso, raffrontato al tipo di responsabilita” che qui rileva, non soddisfa il necessario livello di specificita” quanto all”eccezione che si assume a suo tempo avanzata, non risultando indicato a quali specifici fatti lesivi tra quelli realizzati a mezzo delle direttive abusivamente attuate, e in concreto a quali poste risarcitorie, essa era stata rivolta.
Tanto determina il rigetto del dodicesimo motivo e, con esso, il rigetto integrale di tutti i ricorsi.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida per ciascuna parte resistente, in Euro 20.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

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