Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 24 luglio 2017, n. 18227

La decadenza dalla carica per non aver partecipato a tre sedute consecutive da parte del componente del consiglio di amministrazione di una società sottoposta al controllo regionale non fa venire meno la causa di ineleggibilità a consigliere regionale perché è necessario un atto volontario e soprattutto una delibera dell’amministrazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 24 luglio 2017, n. 18227

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25487/2016 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1870/16 depositata il 31 ottobre 2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28 aprile 2017 dal Consigliere Guido Mercolino;

uditi gli Avv. (OMISSIS);

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CERONI Francesca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), cittadino elettore della Regione Piemonte, convenne in giudizio il consigliere regionale (OMISSIS), per sentirne dichiarare l’ineleggibilita’, ai sensi della L. 23 aprile 1981, n. 154, articolo 2, comma 1, o la decadenza dalla carica, ai sensi dello articolo 3 medesima Legge, per aver ricoperto, al momento della presentazione della lista elettorale o comunque al momento delle elezioni, l’ufficio di componente del consiglio di amministrazione dell’ (OMISSIS), ente istituito con Legge Regionale 3 settembre 1991, n. 43 e controllato dalla Regione.

Si costitui’ il (OMISSIS), e resistette alla domanda, della quale eccepi’ l’inammissibilita’ e l’infondatezza, assumendo in particolare di essere decaduto dalla carica di amministratore dell'(OMISSIS), ai sensi dell’articolo 6 Legge istitutiva, per aver omesso di partecipare a tre sedute consecutive del consiglio di amministrazione, in data anteriore alla presentazione della candidatura.

1.1. Con ordinanza del 15 settembre 2014, il Tribunale di Torino accolse la domanda, dichiarando l’ineleggibilita’ del (OMISSIS).

2. L’impugnazione da quest’ultimo proposta e’ stata rigettata dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 31 ottobre 2016.

Premesso che, a differenza della vigilanza, il controllo consiste in un potere d’ingerenza che consente all’ente controllante di dirigere l’attivita’ di quello dipendente, la Corte ne ha individuato i caratteri distintivi in una vera e propria ingerenza, tale da incidere sul processo formativo della volonta’ dell’organismo dipendente, e nella finalita’ di cura dell’interesse pubblico perseguito, che si traduce nell’esercizio di poteri d’informazione, ispezione, posizione d’indirizzi gestionali, preposizione e rimozione di tutti gli amministratori o di parte di essi. Precisato inoltre che tale nozione di controllo e’ funzionale alla ratio dell’ineleggibilita’, consistente nell’evitare posizioni lesive della par condicio tra i candidati e potenziali conflitti d’interesse nell’eletto, la Corte ha rilevato che l'(OMISSIS) e’ sottoposto ad un pregnante controllo della Regione, in quanto la sua attivita’ e’ strumentale a quella regionale, il consiglio d’amministrazione e’ eletto dal Consiglio regionale e scade contemporaneamente allo stesso, gli altri organi sono nominati dal Presidente della Giunta regionale, il bilancio di previsione e il rendiconto sono approvati con la legge di approvazione del bilancio regionale, la sua principale entrata e’ costituita da un contributo annuo della Regione, il programma delle attivita’, il regolamento e le deliberazioni del comitato scientifico sono sottoposti alla approvazione del Consiglio regionale, il controllo delle risorse spetta alla Regione, alla quale e’ attribuito anche il potere di revocare i consiglieri per gravi violazione di legge o dello statuto. Ha ritenuto inammissibile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c. produzione di un elenco degli enti vigilati dalla Regione, affermandone comunque l’irrilevanza, in quanto diffuso per esigenze di trasparenza amministrativa e fondato su una nozione atecnica di vigilanza. Ha pertanto concluso per la sussistenza della causa d’ineleggibilita’ prevista dalla L. n. 154 del 1981, articolo 2, comma 1, n. 11 escludendo che il (OMISSIS) potesse considerarsi automaticamente decaduto dalla carica di consigliere di amministrazione per non aver partecipato a tre sedute del consiglio, in quanto la pronuncia di decadenza, avente carattere costitutivo e rimessa al Presidente della Giunta regionale previa deliberazione del Consiglio regionale, presupponeva un procedimento amministrativo articolato in piu’ fasi e destinato a concludersi con la manifestazione di volonta’ dello ente. Precisato che l’ineleggibilita’ dev’essere valutata in riferimento al momento di presentazione della candidatura, ha rilevato che a quella data il procedimento amministrativo non si era ancora concluso, escludendo che la decadenza potesse essere accertata in via incidentale dal giudice ordinario. Ha dichiarato infine infondata la questione di legittimita’ costituzionale dello articolo 6, comma 4 Legge istitutiva dell'(OMISSIS), nella parte in cui non prevede un termine finale per la pronuncia di decadenza ne’ uno strumento per provocarla in caso d’inerzia degli organi competenti, osservando che la situazione d’incertezza che ne derivava era dovuta ad una scelta consapevole dell’interessato, e ritenendo invece assorbita la questione della rilevanza delle dimissioni, in considerazione della presentazione delle stesse dopo la celebrazione delle elezioni.

3. Avverso la predetta sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il (OMISSIS) ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della Legge Regionale Piemonte n. 43 del 1991, articolo 6 e del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 43 sostenendo che, nel ritenere sussistente la causa d’ineleggibilita’, la sentenza impugnata ha erroneamente attribuito efficacia ex nunc e carattere discrezionale alla pronuncia di decadenza dalla carica di consigliere di amministrazione dell'(OMISSIS). Premesso infatti che a tal fine non puo’ assumere alcun rilievo la natura procedimentale della fattispecie, comune a tutti i provvedimenti amministrativi, ne’ la partecipazione dell’interessato al procedimento, osserva che la decadenza fa seguito non gia’ ad una richiesta, ma alla segnalazione di un fatto obiettivo, e non implica alcuna discrezionalita’, avendo un contenuto obbligato. Essa presuppone infatti soltanto la verifica del numero delle assenze prescritte e dell’assenza di valide giustificazioni, il cui affidamento al Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione del Consiglio regionale, non consente di riconoscere natura politica alla relativa valutazione, trovando giustificazione nel conferimento del potere di nomina ai medesimi organi. Nell’attribuire carattere discrezionale alla decadenza, la Corte di merito non ha tenuto conto del comportamento tenuto dall’ente e delle differenze esistenti rispetto alla revoca, la quale non deve necessariamente essere pronunciata, richiede una specifica motivazione, presuppone una proposta e la comunicazione all’interessato, nonche’ la concessione di un termine per controdeduzioni; erroneamente e’ stato richiamato, al riguardo, il Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 43 non applicabile in via analogica in quanto non riferibile alle Regioni, trattandosi di una norma statale che disciplina la decadenza da una carica non amministrativa, ma politica.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, articoli 2 e 3 e dell’articolo 101 Cost., comma 2, affermando che, nell’escludere la possibilita’ di accertare incidentalmente la decadenza, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’oggetto della controversia, costituito da diritti soggettivi, e della natura dichiarativa della predetta pronuncia, nonche’ della ratio dell’ineleggibilita’, consistente nell’evitare che il candidato possa trarre indebiti vantaggi elettorali dalle funzioni svolte. Aggiunge che, anche a voler attribuire natura costitutiva alla relativa dichiarazione, non puo’ escludersi la possibilita’ di accertare la decadenza in via incidentale, determinandosi altrimenti una lesione della par condicio tra i candidati, per effetto della mancata emissione del relativo provvedimento in tempo utile per consentire ad esso ricorrente di partecipare alla competizione elettorale.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente ripropone la questione di legittimita’ costituzionale della L. n. 154 del 1981, articolo 2, comma 1, n. 11, e della Legge Regionale n. 43 del 1991, articolo 6, comma 4, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 51 Cost. Premesso che le norme che prevedono le cause d’ineleggibilita’ sono di stretta interpretazione, in quanto introducono limitazioni al diritto di elettorato passivo, e devono conformarsi ai principi di uguaglianza e ragionevolezza, presupponendo un bilanciamento tra il predetto diritto e la tutela delle cariche pubbliche, afferma che, ove interpretato nel senso dell’ineleggibilita’ a consigliere regionale di un membro del consiglio di amministrazione di un ente che, come l'(OMISSIS), non ha alcun contatto con l’esterno, l’articolo 2, comma 1, n. 11 cit. comporterebbe una irragionevole disparita’ di trattamento, limitando il diritto di elettorato passivo senza che sia ravvisabile la ratio dell’ineleggibilita’, consistente nell’impedire che i titolari di determinati uffici possano avvalersi dei poteri connessi alla loro carica per influenzare il corpo elettorale. Aggiunge che esso determina una ingiustificata disparita’ di trattamento rispetto alla carica di assessore regionale, che non costituisce causa d’incompatibilita’ ne’ d’ineleggibilita’ a consigliere regionale, pur trattandosi di funzioni esercitate a contatto con l’elettorato ed in grado di orientarne il voto. Sostiene infine che l’articolo 6, comma 4 L.R., nella parte in cui limita il diritto del consigliere di amministrazione decaduto di ottenere la dichiarazione di decadenza, si pone in contrasto con il diritto di elettorato passivo, impedendogli di partecipare a qualsiasi competizione elettorale.

4. I tre motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione.

Il tenore delle censure proposte dal ricorrente consente di escludere l’inammissibilita’ dell’impugnazione, eccepita dalla difesa del (OMISSIS) in relazione alla mancata contestazione del rapporto di dipendenza tra l'(OMISSIS) e la Regione e dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del (OMISSIS) in data successiva a quella della candidatura. Il giudicato formatosi in ordine alle predette circostanze, rendendo incontestabile la data di cessazione delle funzioni di amministratore, confermerebbe infatti, ad avviso del controricorrente, la sussistenza della causa d’ineleggibilita’, precludendo ogni ulteriore valutazione in ordine alla natura ed all’efficacia della dichiarazione di decadenza dalla medesima carica.

Tale assunto si pone tuttavia in contrasto con l’insistenza del ricorrente sulla natura dichiarativa della pronuncia di decadenza e sull’efficacia retroattiva della stessa, che, in quanto volta a far risalire la cessazione delle funzioni di amministratore al momento in cui si sono verificati i presupposti di tale provvedimento, risulta logicamente incompatibile con l’operativita’ delle dimissioni successivamente presentate dal (OMISSIS), e quindi con la possibilita’ di ricollegarvi il medesimo evento. Mentre pertanto deve concordarsi sulla formazione del giudicato in ordine alla qualificazione dell'(OMISSIS) come ente dipendente dalla Regione, rimasta effettivamente incensurata in questa sede, non puo’ dirsi altrettanto per l’individuazione della causa di cessazione dalla carica, la cui riconduzione alla mancata partecipazione al consiglio di amministrazione, anziche’ alle dimissioni, oltre a comportare l’inefficacia di queste ultime, in quanto rassegnate successivamente, farebbe retroagire il venir meno della causa d’ineleggibilita’ ad una data anteriore alla presentazione della candidatura.

4.1. I motivi non meritano peraltro accoglimento.

Benvero, non puo’ condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui ha giustificato l’efficacia ex nunc della dichiarazione di decadenza con l’applicazione analogica del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 43 affermando, anche attraverso il richiamo della giurisprudenza amministrativa, che, in adesione al principio del giusto procedimento, le gravi conseguenze dell’ingiustificata astensione dalla partecipazione alle sedute del consiglio di amministrazione non consentono di dar corso ad un automatismo collegato all’assenza del consigliere, ma richiedono l’instaurazione di un procedimento volto a consentire la valutazione della fondatezza delle giustificazioni di volta in volta presentate dal consigliere.

Questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che, in quanto riguardanti le cariche di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale e provinciale e le altre cariche negli enti locali, le norme del Decreto Legislativo n. 267 del 2000 non sono applicabili ai consiglieri regionali, le cui cause d’ineleggibilita’ ed incompatibilita’ devono ritenersi tuttora disciplinate dalla L. n. 154 del 1981, in virtu’ di quanto stabilito dal Decreto Legislativo n. 267 cit., articolo 274, comma 1, lettera l), che, nel disporre l’abrogazione della predetta legge, ha fatto espressamente salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali (cf. Cass., Sez. Un., 25/07/2006, n. 16898; Cass., Sez. 1, 23/07/2007, n. 16218). Nella specie, d’altronde, la decadenza di cui si discute non e’ quella dalla carica di consigliere regionale, ma quella dalla carica di consigliere di amministrazione di un ente dipendente dalla regione, cioe’ di componente di un organo non elettivo, al quale le predette disposizioni non possono trovare applicazione neppure in via analogica, non sussistendo l’identita’ di ratio necessaria a giustificare l’estensione della disciplina dettata per casi simili.

4.2. Solo per completezza, occorre poi rilevare che l’applicabilita’ della L. n. 154 del 1981 non e’ venuta meno per effetto della Legge Costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, articolo 2 che, sostituendo l’articolo 122 Cost., ha demandato alle leggi regionali la disciplina del sistema di elezione e dei casi di ineleggibilita’ e di incompatibilita’ del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonche’ dei consiglieri regionali, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. Tale disposizione ha attribuito alle Regioni, in materia elettorale, una potesta’ legislativa concorrente, da esercitarsi nell’ambito dei principi fondamentali successivamente stabiliti dalla L. 2 luglio 2004, n. 165, la quale, all’articolo 2, ha confermato la “sussistenza delle cause di ineleggibilita’ qualora le attivita’ o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parita’ di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati” (lettera a), ribadendo inoltre che le cause d’ineleggibilita’ perdono efficacia “qualora gl’interessati cessino dalle attivita’ o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilita’, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato” (lettera b). Poiche’, a seguito dell’entrata in vigore delle predette disposizioni, la Regione Piemonte non ha ritenuto di esercitare la potesta’ legislativa ad essa attribuita, continua a trovare applicazione, nel suo ambito territoriale, la disciplina dettata dalla L. n. 154 del 1981, non incompatibile con i principi fondamentali stabiliti dalla n. 165 del 2004, avendo essa natura suppletiva e non tollerando l’ordinamento, in tale materia, vuoti legislativi (cfr. Cass., Sez. Un., 25/07/2006, n. 16898, cit.; v. anche Corte cost., sent. n. 376 e 510 del 2002).

4.2. Alla stregua della predetta disciplina, non merita consenso la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la natura obiettiva dei fatti cui la Legge Regionale Piemonte n. 43 del 1991, articolo 2 ricollega la decadenza dalla carica di amministratore dell'(OMISSIS), escludendo il carattere discrezionale della relativa pronuncia, avente portata dichiarativa, imporrebbe di farne risalire gli effetti al momento in cui si perfeziona la fattispecie descritta dalla predetta disposizione, indipendentemente dalla data di adozione del provvedimento che ne da’ atto, traendone le conseguenze previste dalla legge.

Sono note, infatti, le incertezze della dottrina e le oscillazioni della giurisprudenza amministrativa nella classificazione del provvedimento di decadenza, alla cui inclusione, comunemente accettata, nella categoria degli atti di ritiro o di secondo grado, volti a porre nel nulla o a privare di efficacia un provvedimento precedentemente emesso, fa riscontro, per altro verso, la sottolineatura della varieta’ e disomogeneita’ delle situazioni alle quali si riferisce, individuabili di volta in volta nel mancato esercizio delle facolta’ inerenti ad un rapporto derivante da un provvedimento amministrativo, ovvero nell’inadempimento degli obblighi inerenti ad un rapporto continuativo con la Pubblica Amministrazione, o ancora nel venir meno dei presupposti necessari perche’ il provvedimento potesse essere originariamente emesso. Il carattere obiettivo di tali fattispecie, impedendo di ravvisare margini di discrezionalita’ nel relativo accertamento, induce poi ad attribuire natura ricognitiva al provvedimento, al quale tuttavia si riconosce, nel contempo, una efficacia costitutiva, che si traduce nell’idoneita’ a determinare la risoluzione del rapporto derivante dal precedente provvedimento, o il venir meno delle facolta’ o dei poteri da quest’ultimo attribuiti, ovvero l’insorgenza di obblighi restitutori a carico del destinatario. In tale contesto, ed avuto riguardo al carattere eventualmente continuativo del rapporto di cui la decadenza comporta lo scioglimento, o all’esigenza di salvaguardare la legittimita’ degli atti precedentemente compiuti, non pare affatto lecito attribuire, come pretende il ricorrente, efficacia necessariamente retroattiva all’accertamento compiuto dall’Amministrazione in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti, ne’ nel senso che esso sia destinato in ogni caso a travolgere fin dall’origine gli effetti prodotti dal precedente provvedimento, ne’ nel senso, che assume principalmente rilievo in questa sede, che la caducazione sia destinata sempre e comunque ad operare fin dal momento in cui si sono verificati i predetti presupposti (cfr. in favore dell’efficacia ex tunc, Cons. Stato, Sez. 4, 4/03/2014, n. 1013; 23/02/2012, n. 974, relative alla decadenza del permesso di costruire; in favore dell’efficacia ex nunc, Cons. Stato, Sez. 3, 10/07/2013, n. 3707, relativa alla decadenza da una nomina; Cons.- Stato, Sez. 6, 23/09/1999, n. 1249, relativa alla decadenza dal rapporto di pubblico impiego; Cons. Stato, Sez. 4, 23/11/1995, n. 939, relativa alla decadenza di vincoli urbanistici).

Tali considerazioni vanno tenute opportunamente presenti nell’interpretazione della disciplina dettata dalla Legge Regionale Piemonte, articolo 6 la quale, nel prevedere la decadenza dalla carica nel caso in cui il consigliere di amministrazione dell'(OMISSIS) si astenga, senza giustificati motivi, dalla partecipazione a tre sedute consecutive del consiglio di amministrazione dell’Istituto (comma 3), stabilisce espressamente che “la decadenza e’ pronunciata dal Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione del Consiglio regionale, su segnalazione del consiglio di amministrazione” (comma 4). Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, la necessita’ dell’adozione di un apposito provvedimento non si collega al carattere politico o comunque discrezionale della valutazione sottesa alla pronuncia di decadenza, ma all’oggetto stesso dell’accertamento da compiere, non limitato al riscontro del numero di sedute del consiglio di amministrazione nelle quali l’interessato e’ risultato assente, ma esteso alla fondatezza ed all’imputabilita’ delle cause addotte a giustificazione di tali assenze, la cui mancata allegazione non e’ di per se’ sufficiente a dispensare l’Amministrazione regionale dall’osservanza del procedimento prescritto. L’esigenza di una formale declaratoria della cessazione dall’incarico appare d’altronde ancor piu’ apprezzabile nell’ambito dei rapporti interni all’Istituto e delle sue relazioni con i terzi, il cui legittimo svolgimento postula che siano individuabili con certezza le persone legittimate a partecipare alle deliberazioni riguardanti la gestione dell’ente e di quelle abilitate a rappresentarlo nei rapporti esterni: non a caso, il quinto comma dell’articolo 6 prevede, per l’ipotesi di scioglimento del consiglio o di cessazione dalla carica della maggioranza dei componenti, l’immediata sostituzione, ed in mancanza la nomina di un commissario straordinario. Ed e’ proprio alla stregua di tali esigenze che deve escludersi nella specie la possibilita’ di far retroagire la pronuncia di decadenza al momento in cui si sono verificati i relativi presupposti, determinandosi altrimenti gravi conseguenze, in termini di validita’ della deliberazioni adottate medio tempore dal consiglio di amministrazione e degli atti posti in essere con i terzi.

4.3. In materia elettorale, d’altronde, la necessita’ di una formale pronuncia in ordine alla cessazione dell’attivita’ o delle funzioni il cui esercizio possa cagionare turbamento delle elezioni o comunque condizionare l’orientamento degli elettori e’ stata espressamente riconosciuta dalla stessa Corte costituzionale, la quale, nel pronunciarsi in ordine alla legittimita’ costituzionale della L. n. 154 del 1981, articolo 2, comma 5, nella parte in cui prevede che le dimissioni di chi sia in rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione abbiano effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione (sempreche’ accompagnate dall’effettiva cessazione dalle funzioni), se non accettate prima dall’Amministrazione, anziche’ immediatamente, ha osservato che per la cessazione dalle cariche o dagli uffici pubblici la presa d’atto o l’accettazione da parte dell’Amministrazione costituisce una “regola generale”, escludendo pertanto la portata discriminatoria della predetta disposizione rispetto alla disciplina dettata per ecclesiastici e ministri di culto, legali rappresentanti e dirigenti di strutture convenzionate e societa’ per azioni (cfr. Corte cost., sent. n. 438 del 1994; 309 del 1991).

La ratio della predetta regola e’ stata da tempo chiarita dalla giurisprudenza di legittimita’, la quale, nel rilevare che il testo dell’articolo 2 cit., comma 2 accomuna, nell’indicazione delle diverse ipotesi di cessazione delle funzioni idonee a rimuovere le cause d’ineleggibilita’, istituti e situazioni giuridiche diverse, quali le dimissioni, il trasferimento, la revoca dell’incarico o del comando, il collocamento in aspettativa, ha precisato che cio’ non esclude la necessita’ di correlare ciascuna delle predette ipotesi alla causa di ineleggibilita’ cui possa specificamente riferirsi, ma ha riconosciuto nel contempo la finalita’ unitaria di tale disciplina, consistente nell’assicurare la rimozione tempestiva della situazione di turbativa o inquinamento elettorale nei confronti dei candidati all’elezione (cfr. Cass., Sez. 1, 9/07/2003, n. 10779). In effetti, caratteristica comune delle fattispecie prese in considerazione dal legislatore e’ la circostanza che il venir meno della carica o delle funzioni che determinano l’ineleggibilita’ e’ rimessa ad un’iniziativa dell’interessato, alla quale deve tuttavia far seguito un provvedimento dell’Amministrazione: per evitare che il ritardo di quest’ultima impedisca all’interessato di esercitare il proprio diritto di elettorato passivo, la legge fissa un termine per provvedere, decorso il quale l’ineleggibilita’ viene a cessare, purche’, in caso di dimissioni o collocamento in aspettativa, la domanda sia stata accompagnata dall’effettiva cessazione delle funzioni. Tale disciplina conferma che ai fini del venir meno dell’ineleggibilita’ non e’ sufficiente il mero perfezionamento della fattispecie obiettiva cui la legge ricollega la cessazione dalla carica o dalle funzioni, occorrendo invece la presa d’atto dell’Amministrazione, che deve intervenire prima della presentazione della candidatura, e comunque entro un breve termine, il cui decorso viene equiparato quoad effectum ad un’espressa pronuncia dell’organo competente (cfr. Cass., Sez. I, 26/07/2006, n. 17086).

4.4. La circostanza che tra le fattispecie contemplate dall’articolo 2, comma 2, non sia prevista la decadenza non consente di ritenere ne’ che alla stessa possa applicarsi in via analogica la medesima disciplina, ne’ che ai fini del venir meno della causa d’ineleggibilita’ i suoi effetti siano destinati a prodursi fin dalla data in cui si sono verificati i relativi presupposti. La fattispecie in esame, oltre a risultare strutturalmente incompatibile con la disciplina dettata dall’articolo 2, non presenta infatti nemmeno un’identita’ di ratio rispetto alle ipotesi da esso contemplate: da un lato, essa non fa seguito ad un’iniziativa dell’interessato (alla cui volonta’ e’ semmai riconducibile il comportamento che ne costituisce il presupposto), configurandosi piuttosto come una sanzione per l’inadempimento degli obblighi inerenti alla carica o comunque una presa d’atto dell’impossibilita’ di esercitare le relative funzioni o del disinteresse dimostrato al riguardo; dall’altro, anche quando i fatti che ne costituiscono il presupposto si verificano in prossimita’ delle consultazioni elettorali, non e’ ravvisabile un collegamento necessario con l’intento di provocare la cessazione delle funzioni, tale da consentire di assimilare la fattispecie a quelle previste dalla norma in esame. Sebbene, pertanto, esigenze di correttezza e buon andamento della Pubblica Amministrazione impongano di provvedere senza ritardo alla dichiarazione di decadenza, non vi e’ alcuna ragione per ipotizzare che gli effetti di tale pronuncia debbano retroagire ad una data anteriore a quella della sua adozione.

La necessita’ della presa d’atto da parte dell’Amministrazione della cessazione dalla carica o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilita’ non esclude poi, in linea di principio, che il relativo accertamento possa aver luogo in via incidentale dinanzi al Giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione in materia d’ineleggibilita’, non configurandosi la dichiarazione di decadenza come espressione di un potere discrezionale, in ragione della natura obiettiva dei fatti che la giustificano: in concreto, pero’, l’efficacia di un siffatto accertamento e’ condizionata dalla necessita’ che la relativa pronuncia intervenga in tempo utile per la presentazione della candidatura, non essendo ipotizzabile una declaratoria a posteriori, che contrasterebbe con l’esigenza di certezza in ordine alla tempestiva rimozione della causa d’ineleggibilita’, che traspare dall’intera disciplina dettata dsalla L. n. 154 del 1981, articolo 2. Sebbene, pertanto, non possa condividersi l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui il predetto accertamento e’ riservato in via esclusiva all’organo amministrativo cui spetta la nomina degli amministratori dell’ente, non merita censura la conclusione cui e’ pervenuta la Corte di merito, che ha escluso la possibilita’ di procedervi, in considerazione dell’avve-nuta instaurazione del giudizio in epoca successiva alla presentazione della candidatura ed allo stesso svolgimento della competizione elettorale.

4.5. Cosi’ ricostruita la disciplina del caso concreto, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale della Legge Regionale Piemonte n. 43 del 1991, articolo 6, comma 4, sollevata dalla difesa del ricorrente in riferimento all’articolo 51 Cost. Indipendentemente dalla considerazione che la predetta disposizione non fa alcun riferimento al diritto di elettorato passivo degli amministratori, disciplinato semmai dalla L. n. 154 del 1981, articolo 2, comma 1, n. 11 occorre infatti rilevare che l’esclusione dell’efficacia retroattiva della dichiarazione di decadenza, oltre a trovare una ragionevole giustificazione nelle considerazioni appena svolte, si risolve in un ostacolo di mero fatto alla presentazione della candidatura, inidoneo a determinare l’illegittimita’ costituzionale della norma in esame, in quanto superabile attraverso la tempestiva presentazione delle dimissioni, che rende applicabile la disciplina dettata dallo articolo 2, comma 5 in tal modo consentendo di rimuovere senza ritardo la causa d’ineleggibilita’.

Quanto poi all’asserita contrarieta’ della L. n. 154 del 1981, articolo 2, comma 1, n. 11, agli articoli 2, 3 e 51 Cost., la circostanza che l’attivita’ svolta dall’ente di cui il candidato e’ amministratore abbia come unico destinatario la regione dalla quale l’ente stesso dipende, lungi dal far apparire ingiustificata la limitazione imposta al diritto di elettorato passivo, ne conferma la ragionevolezza, costituendo un ulteriore argomento a favore dell’inerenza dei compiti dell’ente alle funzioni svolte dalla Regione, e quindi della possibilita’ d’influenzare, attraverso lo svolgimento dell’attivita’ di gestione, le decisioni di voto degli elettori. Il carattere strumentale dei compiti assegnati all’ente, non escludendo l’instaurazione di rapporti con i terzi, quanto meno ai fini dell’acquisizione dei beni e dei servizi necessari per la propria attivita’, non puo’ d’altronde ritenersi sufficiente a giustificare l’affermazione del ricorrente, secondo cui resterebbe escluso qualsiasi contatto con l’utenza elettorale, con la conseguente impossibilita’ da parte dell’amministratore di esercitare nei confronti della stessa una captatio benevolentiae o d’incutere un metus publicae potestatis.

L’evidente diversita’ della posizione di amministratore di un ente sottoposto al controllo della regione rispetto a quella di assessore regionale consente infine di escludere che la mancata previsione nei confronti di quest’ultimo dell’ineleggibilita’ alla carica di consigliere regionale comporti un’ingiustificata disparita’ di trattamento tra coloro che ricoprono i predetti uffici: la diretta partecipazione dell’assessore, in qualita’ di componente della giunta regionale, all’elaborazione ed all’attuazione delle linee d’indirizzo politico-amministrativo della regione comporta infatti l’assunzione della relativa responsabilita’, che, traducendosi nella sottoposizione al giudizio degli elettori, trova proprio nella consultazione elettorale la sua principale espressione, alla quale invece risulta sottratto l’amministratore, per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni.

5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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