Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 17 novembre 2016, n. 23424

Per vincere la presunzione semplice di conoscenza dello stato di insolvenza occorre la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l’atto revocabile, le circostanze erano tali da far ritenere a una persona di ordinaria prudenza e avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell’impresa. Una prova che deve essere ancora più rigorosa se le circostanze rivelano un’accentuata “anormalità” dell’atto di disposizione patrimoniale oggetto di revocatoria

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 17 novembre 2016, n. 23424

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25637-2011 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S., in persona del Curatore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2081/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2016 dal Consigliere Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello proposto dalla Curatela del Fallimento (OMISSIS) sas avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa citta’ con la quale era respinta la domanda revocatoria proposta, ai sensi della L.Fall., articolo 67, comma 1, dal curatore contro l’acquirente dell’immobile (un appartamento), il signor (OMISSIS), ed ha dichiarato l’inefficacia di quell’acquisto, compiuto nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, in data (OMISSIS), per la somma di L. 113 milioni, a fronte di un valore di L. 200 milioni, con la conseguente condanna dell’appellante all’immediato rilascio del bene ed alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

2. Secondo la Corte territoriale, per quello che ancora rileva, l’acquirente non aveva vinto la presunzione relativa di conoscenza dello stato di decozione della societa’ nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, a fronte di una sproporzione tra il prezzo corrisposto ed il valore rilevato al momento della conclusione del contratto, tenuto conto dei parametri del caso (la superficie, la posizione dell’immobile, le condizioni dello stesso, ecc.).

2.1. Ne’ avevano pregio le due questioni di legittimita’ costituzionale sollevate dalla difesa dell’appellato:

quella della privazione del bene senza il riscontro del difetto della utilita’ pubblica e quella dell’applicabilita’ della nuova disciplina legislativa delle revocatorie fallimentari, espressamente gia’ dichiarata manifestamente infondata dalla Corte di legittimita’ con la sentenza n. 5962 del 2008.

3. Avverso tale decisione il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, articolato in una pluralita’ di profili, illustrati anche con memoria.

4. La Curatela fallimentare resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo profilo dell’unico mezzo di ricorso il ricorrente lamenta che i giudici di merito (di secondo grado) non abbiano considerato che il ricorrente aveva sostanzialmente gia’ acquistato il bene assai prima della formalizzazione della vendita e, comunque non abbiano applicato la nuova disciplina dettata dalla in materia di revocatoria fallimentare di immobili e, a tale proposito, in via subordinata, ripropone la questione di legittimita’ costituzionale gia’ sollevata nella fase di merito (della L.Fall., articolo 67, come sostituito dalla L. n. 80 del 2005, articolo 35, n. 2, in rapporto all’articolo 3, articolo 42 Cost., commi 2 e 3, articoli 10 e 117 Cost., nonche’ dell’articolo 1 del Protocollo Addizionale alla CEDU).

1.1. Ma nell’ipotesi in cui la Corte non ritenesse applicabile la nuova disciplina legislativa, sia l’inscientia decoctionis che la dimostrazione della sproporzione del prezzo andrebbero compiute con i vigenti canoni e non con quelli anteriori: la dimostrazione della sproporzione doveva essere posta a carico della curatela; e la prova della scientia decoctionis andrebbe compiuta tenendo presente che la conoscibilita’ non e’ sinonimo di conoscenza effettiva. Sotto quest’ultimo profilo, specie con riferimento all’insolvenza asintomatica, non potendosi dare la prova del fatto negativo e neppure della pretesa che una persona qualunque consultasse il registro dei protesti o delle esecuzioni occorreva pretendere tale dimostrazione dalla curatela fallimentare, tenendo conto del momento in cui erano state rilasciate le procure a vendere.

1.2. Infine, il ricorrente solleva la questione di legittimita’ costituzionale della L.Fall., articolo 67, nella parte in cui non applica il nuovo testo della disposizione con riferimento al dimezzamento del periodo sospetto, o con riferimento ad immobili destinati ad abitazione principale, in rapporto all’articolo 3 Cost., articolo 42 Cost., commi 2 e 3, articolo 10 e 117 Cost., nonche’ dell’articolo 1 del Protocollo Addizionale alla CEDU, altrimenti integrandosi una ipotesi espropriativa senza il presupposto dell’utilita’ pubblica.

2. Il ricorso, che e’ infondato, deve essere respinto.

3. Le doglianze svolte, a volte in modo caotico e disordinato, sono in gran parte inammissibili perche’ neppure articolate con riferimento ai profili denunciabili ai sensi dell’articolo 360 c.p.c. ed in gran parte consistenti in richieste di rivalutazione dei fatti posti a base della decisione (l’entita’ del prezzo e del valore del cespite, la situazione di fatto dell’immobile, l’anteriorita’ della consegna del bene abitativo, la effettiva conoscenza dello stato d’insolvenza della societa’ venditrice, ecc.).

3.1. Tuttavia, le pur tumultuose argomentazioni, nella parte residua involgente considerazioni in diritto, sono state gia’ tutte ampiamente trattate dalla giurisprudenza di questa Corte e, con enunciati di diritto pienamente condivisibili, escluse in ogni aspetto:

a) con riguardo alla individuazione del momento in cui va compiuto l’accertamento dei presupposti per l’utile esercizio dell’azione revocatoria, esso – contrariamente a quanto asserito dal ricorrente -va identificato con quello della stipula dell’atto traslativo finale e non certo con quello degli atti preparatori, come gia’ affermato da questa Corte per l’ipotesi del preliminare (In tema di revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto la L.Fall., articolo 67, ricollega la consapevolezza dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui e’ assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento; inoltre, qualora nel momento fissato per la stipulazione del contratto definitivo, sussista pericolo di revoca dell’acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il promissario acquirente ha la facolta’ di non addivenire alla stipulazione, invocando la tutela dell’articolo 1461 c.c.: Sez. 1, Sentenza n. 6040 del 2016);

b) con riguardo al contenuto della prova della inscientia decoctionis, che si ritiene addirittura diabolica, avendo questa Corte (per tutte, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10432 del 2005 ma anche Corte cost., sent. n. 110 del 1995) gia’ affermato il principio di diritto secondo cui “Al fine di vincere la presunzione semplice di conoscenza dello stato d’insolvenza posta dalla L.Fall., articolo 67, comma 1, a favore del curatore, l’onere della prova contraria gravante sul convenuto in revocatoria non ha contenuto meramente negativo, equivalente alla mancanza della prova positiva della conoscenza, e non puo’ quindi essere assolto con la mera dimostrazione dell’assenza di circostanze idonee ad evidenziare lo stato d’insolvenza, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui e’ stato posto in essere l’atto revocabile, sussistessero circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione normale di esercizio dell’impresa, e tale prova deve essere ancora piu’ rigorosa quando le circostanze rivelino una accentuata “anormalita’” dell’atto di disposizione patrimoniale oggetto della revocatoria”;

c) con riguardo alla inapplicabilita’ della nuova disciplina della revocatoria e all’esclusione del dubbio di legittimita’ costituzionale, essendosi gia’ affermato che “E’ manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita’ del Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 2, in materia di nuova disciplina delle revocatorie fallimentari, laddove, prevedendo che le disposizioni del comma 1, lettera a) e b), si applicano soltanto alle azioni proposte nell’ambito di procedure iniziate dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, cioe’ aperte dopo il 17 marzo 2005, introduce una disciplina diversa per situazioni identiche;

– tale identita’ va invero considerata non solo in relazione alla contemporaneita’ degli atti revocandi ma anche in relazione alle rispettive procedure di insolvenza che invero si aprono in base a regole diverse vigenti all’atto di ciascuna dichiarazione, cio’ giustificando la disciplina della procedura concorsuale successiva sulla base di una mutata normativa, in coerenza con la successione delle leggi e la conseguente irretroattivita’ della nuova norma; ne deriva l’inesistenza di dubbi con riguardo sia agli articoli 3, 24 e 41 Cost., sia all’articolo 77 Cost., il cui presupposto di necessita’ ed urgenza ha trovato, nell’apprezzamento discrezionale del legislatore, fondamento nel proposito di assicurare migliori condizioni di competitivita’ alle imprese, attraverso una tutela rafforzata delle posizioni giuridiche dei finanziatori, specie bancari, relativamente alle aspettative di recupero restituzione delle risorse erogate alle imprese insolventi…” (Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 5962 del 2008 e 19729 del 2015); del resto “lo stesso naturale fluire del tempo e’ valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche” (Corte cost. n. 49 del 2012 a proposito dell’inapplicabilita’ del beneficio della esdebitazione ai soggetti dichiarati falliti con provvedimento anteriore all’entrata in vigore della riforma organica di cui al Decreto Legislativo n. 5 del 2006);

d) con riguardo al contrasto con il parametro dell’utilita’ sociale, avendo il Giudice delle leggi dissolto ogni sospetto al riguardo, affermando il principio di diritto secondo cui “l’interpretazione della L.Fall., articolo 67, che, ai fini del computo del “periodo sospetto” per l’esercizio dell’azione revocatoria, fa risalire alla data di apertura dell’amministrazione controllata gli effetti della successiva dichiarazione di fallimento, non e’ in contrasto con l’articolo 41 Cost., giacche’ la lamentata incidenza negativa sul mercato derivante dalla regola suddetta rientra nel non irragionevole bilanciamento – discrezionalmente operato dal legislatore con l’utilita’ sociale correlata all’esigenza di un sano e corretto funzionamento del mercato stesso e con la parita’ di trattamento di tutti i creditori in presenza della crisi dell’impresa debitrice.” (Corte cost. sent. n. 110 del 1995).

4. In conclusione, il ricorso del tutto infondato, deve essere respinto con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge

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