Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 11 novembre 2016, n. 23069

Gli amministratori responsabili per fatti che hanno causato lo scioglimento del Consiglio per infiltrazioni mafiose, non possono essere candidati alle elezioni regionali, comunali e circoscrizionali per il primo turno elettorale dopo lo scioglimento, e – se vi è un provvedimento definitivo – per i successivi turni elettorali che si svolgeranno nella Regione dove si trova l’ente soggetto allo scioglimento.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile
sentenza 11 novembre 2016, n. 23069

FATTO

A) A seguito di informativa negativa della Prefettura di Vibo Valentia, era stato disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di (omissis) per la durata di diciotto mesi, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18.8.2000 n. 267 (t.u. degli enti locali), per l’esistenza di ingerenze della criminalità organizzata e compromissione del buon andamento e imparzialità dell’attività comunale;

b) il Ministero dell’Interno avviò così presso il Tribunale di Vibo Valentia, ai sensi del comma 11 del medesimo art. 143, il procedimento per la declaratoria di incandidabilità di coloro che a vario titolo erano stati amministratori di quel Comune, nella vicenda individuati con nota successiva del 29.7.2014 dalla Prefettura nei predetti Gi. Gi., Fr. Sa. e Gi. Di. To., per i quali il Ministero chiese dichiararsi l’incandidabilità con memoria del 24.10.2014;

c) il Tribunale di Vibo Valentia, con decreto 19.3.2015, dichiarò improcedibile la domanda del Ministero, con una interpretazione dell’art. 143 co. 11 TUEL ripresa dalla corte d’appello e siccome prevedente una misura a carattere preventivo-sanzionatorio verso gli amministratori pubblici da distinguere dalia incandidabilità di cui all’art.58 TUEL, in quanto rivestente una più circoscritta portata cautelativa e di prevenzione e, sul piano temporale, da intendere circoscritta al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del consiglio comunale, ancorché non avesse riguardato tutti i tipi di competizione elettorale.

Secondo la sentenza ora impugnata, l’incandidabilità fissata dall’art. 143 TUEL, pronunciata con provvedimento definitivo di carattere giurisdizionale, va limitata al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del consiglio e con un’operatività che, avendo espresso riguardo alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali che si svolgono nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, è da intendere nel senso che, avutasi una prima tornata elettorale amministrativa nella predetta Regione di interesse dopo l’adozione del provvedimento di scioglimento, si dà l’esaurimento del potere sanzionatorio proprio per quella elezione amministrativa, una qualsiasi delle possibili secondo la norma e dunque qualunque essa sia stata in concreto. La conseguenza è che, quanto ad ulteriori elezioni amministrative nella medesima Regione, esse non costituirebbero più il primo turno elettorale successivo, come avvenuto nella vicenda, avendo avuto luogo in Calabria, dopo lo scioglimento del Comune di (omissis), le elezioni per il rinnovo di alcuni comuni della Regione stessa.

Il ricorso è affidato ad un motivo. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, quanto all’art. 143 co. 11 d.lgs. n. 267 del 2000, avendo erroneamente la Corte d’appello attribuito valenza decisiva, per la ritenuta improcedibilità della domanda del Ministero, alla mera effettuazione di singole tornate elettorali posteriori allo scioglimento comunale in oggetto.

1. Il motivo è fondato. Le Sezioni unite di questa Corte, con pronuncia del 30 gennaio 2015, n. 1747 e come presupposto dalla successiva giurisprudenza in tema (cui il Collegio presta adesione e tra cui (Cass. 23299/2015, 9883/2016, 14531/2016), hanno affermato come l’incandidabilità temporanea e territorialmente delimitata rappresenti una misura interdittiva. volta a rimediare al rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle rivestite e, in tal modo, potenzialmente perpetuare l’ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali. La disposizione relativa per un verso è stata giudicata dalla citata sentenza non tale da involgere una questione di legittimità dell’art. 143, co. 11, d.lgs. n.267 del 2000 (T.U.KL.) per violazione degli artt. 27 e 51 Cost., in quanto la temporanea incandidabilità dell’amministratore che ha dato causa allo scioglimento del consiglio dell’ente locale è rimedio di extrema ratio volto ad evitare il ricrearsi delle situazioni cui la misura dissolutoria ha inteso ovviare, salvaguardando beni primari della collettività nazionale. Parimenti, lo stesso arresto ha specificato che il relativo procedimento resta distinto da quello penale, posto che la misura interdittiva elettorale non richiede che la condotta dell’amministratore dell’ente locale integri gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa, essendo sufficiente che egli sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze e alle pressioni delle associazioni criminali operanti sul territorio. Tali convergenti indicazioni supportano il quadro argomentativo già introdotto più specificamente da questa Corte (con la sentenza 22 settembre 2015, n. 18696, poi ripresa dai citati precedenti), la quale ha fissato il principio, qui da confermare, secondo cui l’art. 143, co. 11, T.U.E.L., laddove dispone che detti amministratori «non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso», deve essere interpretato nel senso che la candidatura è preclusa per il primo turno elettorale di ciascuna delle predette elezioni successive allo scioglimento e che, inoltre, l’incandidabilità opera quando, come previsto dalla norma, «sia dichiarata con provvedimento definitivo», valendo, allora, per tutti i turni elettorali successivi che si svolgeranno nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento sebbene nella stessa Regione si siano svolti uno o più turni elettorali (di identica o differente tipologia) successivamente allo scioglimento dell’ente, ma prima che il provvedimento giurisdizionale dichiarativo dell’incandidabilità abbia assunto il carattere della definitività. Si può così ripetere che l’univoco tenore letterale e grammaticale della norma, chiaramente evidenziato dall’utilizzo della congiunzione coordinante “e”, solitamente adoperata per esprimere l’unione di due elementi, e non della congiunzione disgiuntiva “o”, solitamente usata per esprimere un’alternativa, consente di identificarne l’ambito applicativo in relazione a tutte le tornate elettorali indicate. Di conseguenza, va affermato il principio di diritto per cui la candidatura è preclusa nel primo turno elettorale di ciascuna delle predette elezioni (regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali) che si svolgano, successivamente allo scioglimento dichiarato con provvedimento definitivo, nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato.

2. Invero anche Cass. 9883/2016 ha consolidato il citato indirizzo, ove ha precisato che l’incandidabilità infatti non può operare prima che la sua dichiarazione giurisdizionale sia divenuta definitiva. E per tale ragione deve ritenersi che l’incandidabilità operi quando, come previsto dalla norma, “sia dichiarata con provvedimento definitivo”, valendo evidentemente per tutti i turni elettorali successivi che si svolgeranno nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, sebbene nella stessa Regione si siano svolti uno o più turni elettorali (di identica o differente tipologia) successivamente allo scioglimento dell’ente ma prima che il provvedimento giurisdizionale dichiarativo dell’incandidabilità abbia assunto il carattere della definitività. Ed altrettanto opportuna appare la precisazione, già in Cass. 18696/2015, per cui neppure è condivisibile la diversa opinione, secondo la quale la pronuncia definitiva di incandidabilità, ove sopravvenga dopo lo svolgimento del primo turno di una o più elezioni, sarebbe destinata a produrre i suoi effetti con riferimento soltanto alle “altre” (tipologie di) elezioni tra quelle elencate, cioè diverse da quelle già svoltesi dopo lo scioglimento dell’ente, poiché per queste ultime l’incandidabilità non potrebbe operare nei turni elettorali successivi al provvedimento giurisdizionale definitivo che l’abbia accertata. Questa interpretazione non è condivisibile, laddove attribuisce effetti esecutivi ad un provvedimento di incandidabilità prima che sia divenuto definitivo e non considera che nelle elezioni precedenti la persona era candidabile ed eleggibile (salva la ricorrenza di una specifica causa di ineleggibilità o incompatibilità), divenendo incandidabile solo per effetto del provvedimento giurisdizionale definitivo e con riferimento alle elezioni successive nei senso che si è chiarito. L’interpretazione qui seguita, oltre che coerente con il tenore letterale della disposizione, è rispettosa del principio generale di libero accesso di tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza alle cariche elettive (art. 51 Cost.) che è possibile limitare soltanto per la necessità di garantire un elettorato passivo scevro da contaminazioni c condizionamenti da parte della malavita organizzata.

3.- In conclusione, il ricorso è accolto nei termini sopra precisati e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corre d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che dovrà decidere la causa nel mento, facendo applicazione dei principi sopra enunciati, nonché provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 settembre 2016.

Depositata in Cancelleria in data 11 novembre 2016

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