Corte di Cassazione, sezion eterza civile, sentenza 29 settembre 2017, n. 22800. Allievo caduto e responsabilità “ex contractu” dell’Amministrazione pubblica scolastica e di responsabilità da “contatto sociale” dell’insegnante

[……..segue pag. precedente]

RAGIONI DELLA DECISIONE

Debbono ritenersi consolidati (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 9346 del 27/06/2002; id. Sez. 3, Sentenza n. 24456 del 18/11/2005) i principi di diritto in materia di responsabilita’ “ex contractu” dell’Amministrazione pubblica scolastica e di responsabilita’ da “contatto sociale” dell’insegnante, essendo tenuta la prima ad assicurare l’assenza di pericoli nei luoghi ove si svolge l’attivita’ scolastica in tutte le sue espressioni, ed il secondo ad adempiere agli obblighi di vigilanza tanto piu’ intensi quanto e’ minore la eta’ degli allievi, con conseguente disciplina del riparto dell’onere della prova che vede la prova del titolo del rapporto giuridico (oltre che l’affidamento del minore alla custodia della scuola) e l’allegazione dell’inadempimento, a carico del danneggiato (nella specie dei genitori dell’alunna in minore eta’), e la prova della impossibilita’ della prestazione per causa non imputabile, a carico del debitore (Amministrazione pubblica; insegnante).

Tanto premesso il primo motivo e’ inammissibile in quanto si denuncia la violazione di norme di diritto, sull’inadempimento, sulla responsabilita’ per il fatto degli ausiliari e sul riparto dell’onere della prova (articoli 1218, 1228 e 2697 c.c.), per contestare invece l’apprezzamento del Giudice di merito sulla efficacia dimostrativa delle risultanze istruttorie (che e’ “errore di fatto” ed andava, pertanto, censurato sotto il profilo del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv. in L. n. 134 del 2012). La censura si risolve, peraltro, esclusivamente in una anapodittica declaratoria di “inadeguatezza” degli argomenti motivazionali addotti nella sentenza, senza evidenziare in concreto l’asserito contrasto con i principi di diritto tratti dalle numerose massime della giurisprudenza di legittimita’ con le quali e’ composto per il resto il motivo di ricorso.

L’assunto difensivo secondo cui la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuta raggiunta la prova liberatoria della Amministrazione statale, e’ fondato su premesse non condivisibili (la “repentinita’” dell’evento – diversamente da quanto opinato dai ricorrenti – incide, infatti, sulla “inevitabilita’” del fatto, escludendo la configurabilita’ di una condotta omissiva negligente da parte dell’insegne in quanto impossibilitato ad un intervento eziologicamente efficace a impedire la caduta dell’allieva) oppure smentite dalla lettura della sentenza (la Corte territoriale – diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti – ha esaminato la situazione dei luoghi, descritta nella documentazione fotografica prodotta, ed ha valutato che il cortile prativo in cui gli allievi venivano condotti per la ricreazione e la struttura della rampa per disabili, posta in uno dei lati del cortile, “non presentano alcuna particolare evidenza morfologica di pericolosita’ per gli allievi”).

Anche il secondo motivo e’ inammissibile (violazione degli articoli 1175, 1176 e 1375 c.c.) in quanto interamente incentrato ad affermare che l’istituto scolastico e’ tenuto a prevedere e prevenire eventuali situazioni di pericolo nei luoghi ove gli alunni svolgono l’attivita’ scolastica. I ricorrenti omettono, tuttavia, di fornire alcuna specifica indicazione della intrinseca pericolosita’ prevedibile “ex ante” – della struttura per disabili, che era stata dotata di ringhiera proprio a protezione del rischio di caduta accidentale dalla rampa. Al proposito vale considerare che non puo’, evidentemente, ritenersi pericoloso qualsiasi elemento strutturale conformativo del luogo-cortile in cui si svolge l’attivita’ ricreativa solo perche’ in astratta e remota ipotesi potrebbe assumere, eccezionalmente, un ruolo di concausa dell’ “eventum damni”: l’adozione delle misure precauzionali deve, infatti, essere commisurata a quegli eventi che appaiono prevedibili secondo uno schema di normalita’ rapportata ad una serie di circostanze che debbono essere valutate complessivamente, quali la struttura dei locali, le modalita’ di utilizzo dei luoghi, l’eta’ ed il numero degli allievi, ecc..

Nella specie non risulta che gli alunni e l’infortunata stessero eseguendo attivita’ inappropriate all’uso dei luoghi, ne’ che la struttura del luogo, ed in particolare la rampa, presentasse specifiche anomalie quanto ad elementi e materiali costruttivi, dimensione, o collocazione. Non si era quindi in presenza di situazioni di pericolo come quelle evidenziate nei precedenti di legittimita’ richiamati dai ricorrenti (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 1769 del 08/02/2012: caduta avvenuta da una terrazza, priva di muretto, di ringhiera e di altre protezioni posta a livello della camera d’albergo occupata dallo studente; id. Sez. 3, Sentenza n. 22752 del 04/10/2013: caduta avvenuta all’interno di un vano seminterrato nel quale era collocato l’impianto di riscaldamento non protetto da recinzione, ubicato in luogo ove gli alunni circolavano liberamente).

Vale in ogni caso osservare che la censura e’ tutta articolata sul presupposto che, cadendo, la minore fosse andata ad urtare la ringhiera in ferro: ma tale circostanza non e’ affatto confermata dalla sentenza impugnata che ha ritenuto del tutto incerta la ricostruzione della dinamica del sinistro, in quanto dalle risultanze istruttorie (prova orale e c.t.p.) non era stato consentito appurare se la lesione fosse stata determinata dalla ringhiera o invece dal cordolo in cemento del basamento della rampa. Tale statuizione non risulta specificamente impugnata dai ricorrenti, con la conseguenza che la incertezza nella causazione della lesione rende irrilevanti le censure inerenti la contestata mancanza di diligenza preventiva del Ministero avente ad oggetto le misure di prevenzione da adottare sulla ringhiera.

Il terzo motivo concerne la violazione degli articoli 2730, 2731 e 2735 c.c., in quanto il Giudice di appello non avrebbe considerato che, rendendo la dichiarazione testimoniale, il dirigente scolastico aveva affermato che dopo l’incidente l’Ufficio tecnico del Comune provvide a collocare una lastra di plexiglass all’esterno della ringhiera a copertura parziale della stessa, ed a tale dichiarazione doveva riconoscersi, non valenza probatoria di testimonianza, ma la efficacia legale della confessione stragiudiziale in ordine alla pericolosita’ del luogo.

La tesi e’ infondata.

La confessione deve essere esplicita, provenire dal soggetto che dispone del potere rappresentativo dell’ente e consistere nella volonta’ di riconoscere la verita’ di un fatto a se’ sfavorevole e favorevole all’altra parte: nella specie il dirigente scolastico non rappresenta l’Amministrazione statale, che sta in giudizio in persona del Ministro, e non dispone di alcun potere di disposizione del diritto controverso, e solo in quanto versa in tali condizioni e’ stato possibile intimarlo a teste.

La condizione processuale del testimone – obbligato a dichiarare la verita’ senza reticenze, diversamente incorrendo nel reato di falsa testimonianza – non lo pone nella posizione di manifestare liberamente la propria intenzione, difettando pertanto l’elemento soggettivo della confessione, consistente nella consapevolezza e volonta’ di riconoscere la verita’ di un fatto a se’ sfavorevole. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale.

Condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a., delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *