Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6909.

 

Nei lavori tra privato ed ente pubblico nel computo della domanda di risarcimento dei danni per il ritardo nella consegna, non è sufficiente la semplice comunicazione del provvedimento di rigetto delle riserve, ma occorre la notifica dello stesso, da intendersi in senso tecnico, non essendo previste forme equipollenti.

Ordinanza 20 marzo 2018, n. 6909
Data udienza 13 settembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4155/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.N.C., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROVERCHIARA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2670/11 depositata il 21 dicembre 2011;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 Settembre 2017 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS) S.n.c., appaltatrice dei lavori di costruzione di loculi e tombe di famiglia presso i cimiteri di (OMISSIS), convenne in giudizio il Comune di Roverchiara, per sentirlo condannare al pagamento delle somme di Lire 30.200.000 a titolo di risarcimento dei danni per il ritardo nella consegna dei lavori, e Lire 20.584.409 a titolo d’interessi legali e moratori per il ritardo nella corresponsione d’importi dovuti in base ai certificati di pagamento.
Si costitui’ il Comune e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 27 dicembre 2002, il Tribunale di Verona rigetto’ la domanda.
2. L’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) e’ stata rigettata dalla Corte d’appello di Venezia, che con sentenza del 21 dicembre 2011 ha accolto il gravame incidentale proposto dal Comune.
Premesso che la sentenza di primo grado aveva omesso di pronunciare in ordine all’eccezione di tardivita’ della domanda sollevata dal Comune ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, articoli 46 e 47 la Corte l’ha ritenuta fondata, rilevando che l’atto di citazione era stato notificato soltanto l’8 maggio 1993, e quindi oltre il sessantesimo giorno dalla comunicazione all’attrice delle Delib. 22 settembre 1992, n. 206 e Delib. 22 settembre 1992, n. 207, con cui la Giunta municipale aveva approvato la contabilita’ finale dei lavori, respingendo le riserve formulate dall’appaltatrice. Precisato infatti che le delibere erano state trasmesse in copia all’impresa con nota del 28 ottobre 1992, ricevuta il 30 ottobre 1992, ha affermato che, ai fini della decorrenza del termine previsto dalle citate disposizioni, non occorreva che il provvedimento fosse notificato a mezzo dell’ufficiale giudiziario, risultando sufficiente che la decisione adottata dall’Amministrazione fosse portata a conoscenza della destinataria con modalita’ idonee a garantire la predetta finalita’.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Il Comune ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articoli 46 e 47 sostenendo che, nel ritenere tardiva la domanda di risarcimento dei danni per il ritardo nella consegna dei lavori, la sentenza impugnata non ha considerato che, ai fini della decorrenza del termine previsto dalle predette disposizioni, non e’ sufficiente la mera comunicazione del provvedimento di rigetto delle riserve, ma occorre la notificazione dello stesso, da intendersi in senso tecnico, non essendo previste forme equipollenti.
1.1. Il motivo e’ fondato.
In tema di appalto pubblico, questa Corte ha infatti affermato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 46 nel prevedere che la domanda giudiziale debba essere proposta nel termine di sessanta giorni da quello in cui fu notificato il provvedimento dell’Amministrazione che abbia risolto la controversia in sede amministrativa, ai sensi del precedente articolo 42, richiede non gia’ una qualsiasi comunicazione dell’atto (come la trasmissione a mezzo di lettera raccomandata), bensi’ la notificazione dello stesso in copia integrale ed autentica a mezzo dell’ufficiale giudiziario. Tale principio, costantemente ribadito, trova giustificazione innanzitutto nella lettera dell’articolo 46 cit., nello ambito della quale il verbo “notificato”, adoperato in riferimento al provvedimento dell’Amministrazione, non puo’ essere inteso come un’espressione atecnica, trattandosi di un termine utilizzato in senso tecnico proprio in relazione alla ratio della disposizione. Si e’ affermato in proposito che “chiarezza ed insuperabilita’ del dato letterale si coniugano con la scelta di recepire il procedimento di comunicazione maggiormente garantista, trattandosi di fissare il dies a quo per l’esercizio entro termine perentorio dell’azione a tutela di diritti soggettivi”, a nulla rilevando la natura dell’atto da parteciparsi tutte “le volte in cui a far data da tale partecipazione debbasi computare un termine sancito a pena di decadenza, solo rilevando che tale partecipazione debba essere insuperabilmente piena (nel contenuto) e certa (nella data) come soltanto la notificazione a mezzo pubblico ufficiale della copia integrale ed autentica dell’atto puo’ assicurare” (cfr. Cass., Sez. 1, 19/09/2013, n. 21468; 13/02/2009, n. 3647; 26/07/2000, n. 9805).
Non puo’ pertanto condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur avendo accertato che le delibere con cui la Giunta municipale aveva approvato la contabilita’ finale dei lavori e respinto le riserve formulate dall’attrice non erano state notificate a mezzo dell’ufficiale giudiziario, ma semplicemente comunicate in copia all’attrice, ha ritenuto tale adempimento idoneo a far decorrere il termine fissato dall’articolo 46 cit. per la proposizione della domanda, ed ha conseguentemente dichiarato la decadenza dell’attrice dalla facolta’ di azionare in giudizio le proprie pretese, senza neppure verificare se la predetta comunicazione avesse avuto luogo in copia integrale ed autentica.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 35 della L. 10 dicembre 1981, n. 741, articolo 4 e degli articoli 1218, 1224, 1282 e 1284 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’inosservanza del termine di cui al del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 cit., articoli 46 e 47 comportasse l’assorbimento della questione riguardante gl’interessi moratori, senza considerare che la relativa domanda non e’ subordinata alla formulazione di apposite riserve, in quanto il diritto sorge automaticamente, per effetto dell’inutile decorso del termine previsto per il pagamento, senza necessita’ di un atto di costituzione in mora.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
Nel giudizio di legittimita’, non possono infatti trovare ingresso le questioni sulle quali la sentenza impugnata non sia pronunciata in quanto ritenute assorbite in virtu’ dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale, non essendo al riguardo configurabile una decisione di merito, idonea ad acquistare autorita’ di giudicato, e dovendosi pertanto escludere una specifica soccombenza della parte, tale da far sorgere l’interesse all’impugnazione, con la conseguenza che, in caso di accoglimento dei motivi di ricorso riguardanti la questione assorbente, l’esame delle ulteriori censure aventi ad oggetto le questioni assorbite resta devoluto al giudice di rinvio (cfr. Cass., Sez. 5, 5/11/2014, n. 23558; Cass., Sez. 6, 8/07/2014, n. 15583; Cass., Sez. 1, 19/09/2013, n. 21472).
3. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in accoglimento del primo motivo d’impugnazione, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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