Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2257. Nelle s.p.a. ai sensi dell’articolo 2384 c.c. il potere di rappresentanza spetta agli amministratori le eventuali limitazioni, anche se pubblicate, non sono tendenzialmente – opponibili ai terzi

Nelle s.p.a. ai sensi dell’articolo 2384 c.c. il potere di rappresentanza spetta agli amministratori, a fortiori all’amministratore delegato, ha carattere generale e le eventuali limitazioni, anche se pubblicate, non sono tendenzialmente – opponibili ai terzi; cosicche’ ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione e’ necessario e sufficiente che la procura alle liti sia rilasciata da persona della quale sia stata indicata tale qualita’

Ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2257
Data udienza 23 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27466 – 2010 R.G. proposto da:

(OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) – Agente della Riscossione – c.f./p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato professor (OMISSIS) e dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente la rappresentano e difendono in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/29/10 del 4.7.2010 della commissione tributaria regionale del Veneto;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2017 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

In data 31.1.2007 la (OMISSIS) s.p.a. notificava ad (OMISSIS) la cartella n. (OMISSIS) con cui gli intimava il pagamento di somme iscritte a ruolo nell’anno 2006 in dipendenza del mancato pagamento di tributi per Euro 70.618,40.

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Venezia (OMISSIS) impugnava la cartella.

Ne denunciava tra l’altro la illegittimita’ per omessa indicazione del responsabile del procedimento.

Resistevano la (OMISSIS) e l’Agenzia delle Entrate.

Con sentenza n. 59/06/2008 l’adita c.t.p. rigettava il ricorso.

Proponeva appello (OMISSIS).

Resistevano l’Agenzia delle Entrate ed ” (OMISSIS)” s.p.a. (gia’ (OMISSIS)).

Con sentenza n. 39/29/10 del 4.7.2010 la c.t.r. del Veneto accoglieva l’appello, annullava la cartella di pagamento e compensava le spese.

Premetteva la commissione che alla stregua della disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 248 del 2007 la nullita’ per omessa indicazione del responsabile del procedimento concerneva i soli ruoli consegnati a decorrere dall’1.6.2008.

Indi evidenziava che nel segno delle ordinanze n. 117/2000 e n. 377/2007 della Corte costituzionale doveva opinarsi per l’applicabilita’ ai procedimenti tributari della L. n. 241 del 1990 in materia di procedimento amministrativo, sicche’ alla omessa indicazione del responsabile del procedimento faceva seguito ai sensi della L. n. 241 del 1991, articolo 21 octies, l’irrogazione della sanzione dell’annullabilita’.

Evidenziava dunque che se, da un canto, l’impugnata cartella recava indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, dall’altro, non recava alcuna indicazione con riferimento al responsabile del procedimento concernente la medesima cartella; che conseguentemente la cartella andava annullata.

Avverso tale sentenza ” (OMISSIS)” s.p.a. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto, in via preliminare, dichiararsi inammissibile od improcedibile l’avverso ricorso; nel merito, ne ha chiesto il rigetto siccome infondato; in ogni caso con il favore delle spese dei gradi tutti di giudizio.

L’Agenzia delle Entrate si e’ costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

” (OMISSIS)” s.p.a. ha depositato memoria.

Del pari ha depositato memoria (OMISSIS).

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, articoli 21 ter e 21 octies, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 49, dell’articolo 156 c.p.c., comma 1, e del Decreto Legislativo n. 248 del 2007, articolo 36, comma 4 ter.

Deduce che l’agente della riscossione non emana provvedimenti amministrativi e nel segno dell’articolo 1188 c.c., comma 1, e’ soggetto autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento; che in mancanza di adempimento spontaneo l’agente e’ autorizzato ex lege a dar corso non gia’ ad un procedimento amministrativo, ma ad un processo di esecuzione forzata nel cui quadro la cartella di pagamento e’ assimilabile al precetto.

Deduce quindi che la cartella, in quanto atto prodromico all’esecuzione, soggiace, siccome si desume dalla L. n. 241 del 1990, articolo 21 ter, non gia’ alla disciplina della L. n. 241 del 1990, sibbene alla disciplina del cod. proc. civ. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, che a loro volta contemplano unicamente la sanzione della nullita’ e non gia’ la sanzione dell’annullabilita’.

Deduce infine che soltanto a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 248 del 2007, articolo 36, comma 4 ter, inapplicabile ratione temporis alla fattispecie, alla violazione dell’obbligo di indicare il responsabile del procedimento consegue la nullita’ della cartella di pagamento.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, articoli 4 e 21 octies.

Deduce che pur ad ammettere che la cartella di pagamento sia un provvedimento amministrativo, la mancata indicazione del responsabile del procedimento, con riferimento a fattispecie, siccome quella in esame, antecedenti all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 248 del 2007, determina una mera irregolarita’; che segnatamente la cartella impugnata reca indicazione dell’ufficio dell’agente della riscossione che ha emesso la cartella, cosicche’ il preposto a tale ufficio acquista ex lege la qualifica di responsabile del procedimento relativo alla stessa cartella.

Deduce altresi’ che, pur ad ammettere che il preteso vizio produca l’annullabilita’ della cartella, l’annullabilita’ deve reputarsi sanata alla stregua del disposto della L. n. 241 del 1990, articolo 21 octies, comma 2.

Deduce invero che la cartella di pagamento per cui e’ controversia, appieno si conforma al modello predisposto in attuazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, modello che, antecedentemente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 248 del 2007, “non richiedeva l’indicazione anche del responsabile della formazione della cartella e della sua notificazione” (cosi’ ricorso, pag. 12); che dunque a norma della L. n. 241 del 1990, articolo 21 octies, comma 2, la presunta annullabilita’ della cartella non doveva essere rilevata, giacche’ il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente assunto.

Si evidenzia previamente quanto segue in ordine agli asseriti profili di inammissibilita’ del ricorso prefigurati dal controricorrente.

In primo luogo, che la sentenza impugnata e’ stata depositata in data 4.7.2010 e quindi successivamente al 4.7.2009, di’ dell’entrata in vigore – la L. 18 giugno 2009, n. 69, ex articolo 58, comma 5, – della medesima L. n. 69 del 2009, articolo 47, comma 1, lettera d), che ha abrogato l’articolo 366 bis c.p.c..

Nondimeno, la circostanza che la ricorrente s.p.a. abbia formulato il “quesito di diritto” a conclusione e dell’uno e dell’altro motivo di ricorso, pur non essendo ratione temporis a tanto tenuta, per nulla vale a rendere inammissibile l’impugnazione a questa Corte esperita (cfr. Cass. 21.9.2012, n. 16122, secondo cui non e’ inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano stati illustrati con la formulazione dei quesiti di diritto, ai sensi dell’abrogato articolo 366 bis c.p.c., seppur non richiesti dalla norma processuale applicabile “ratione temporis”, secondo la disciplina transitoria dettata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 58, comma 5, per essere stata la sentenza impugnata pubblicata successivamente all’entrata in vigore di tale legge, in quanto, esclusa qualsivoglia invalidita’ espressa, anche la nullita’ a rilevanza variabile, prevista dall’articolo 156 c.p.c., comma 2, in relazione al difetto dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, non e’ configurabile nel caso in cui l’atto, munito del contenuto prescritto dalla legge, contenga altresi’ elementi sovrabbondanti, ma privi di riflesso negativo su quelli essenziali).

Si soggiunge che l’assunto del controricorrente secondo cui ” (OMISSIS)” “non ha concretamente motivato la ragione in nome della quale la sentenza (…) andrebbe censurata” (cosi’ controricorso di (OMISSIS), pagg. 2 – 3), si risolve, alla luce dell’esposizione – dapprima operata – delle ragioni veicolate e dall’uno e dall’altro mezzo di impugnazione, in una mera petizione di principio.

In secondo luogo, che ambedue i motivi di ricorso veicolano asseriti errores in iudicando e percio’ non concernono propriamente la valutazione, quale operata dal giudice del merito, di atti processuali o documenti, sicche’ e’ da ritenere che il requisito di ammissibilita’ di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non riveste nella fattispecie precipua valenza.

Del resto le sezioni unite di questa Corte spiegano che, in tema di ricorso per cassazione, la verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e che la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi, puo’ comportarne la declaratoria di inammissibilita’ solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o piu’ specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioe’ quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonche’ la valutazione della sua decisivita’, risulterebbero impossibili (cfr. Cass. sez. un. 5.7.2013, n. 16887).

In terzo luogo, che nelle s.p.a. ai sensi dell’articolo 2384 c.c. il potere di rappresentanza spetta agli amministratori (cfr. Cass. 15.7.1987, n. 6239; Cass. sez. lav. 26.4.1996, n. 3899), a fortiori all’amministratore delegato, ha carattere generale e le eventuali limitazioni, anche se pubblicate, non sono tendenzialmente – opponibili ai terzi; cosicche’ ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione e’ necessario e sufficiente che la procura alle liti sia rilasciata da persona della quale sia stata indicata tale qualita’ (cfr. Cass. sez. lav. 26.4.1996, n. 3899; Cass. sez. lav. 25.2.1998, n. 2042).

Tanto in relazione al rilievo del controricorrente secondo cui “la procura alle liti non risulta essere stata conferita dal legale rappresentante (…) ma dall’amministratore delegato di (OMISSIS)” (cosi’ controricorso, pag. 4).

D’altra parte, questa Corte spiega che, salvo divieto contenuto nell’atto costitutivo o nello statuto, l’organo investito della rappresentanza legale di una societa’ con personalita’ giuridica puo’ validamente delegare ad altro soggetto, anche se estraneo alla societa’, il potere di rappresentanza giudiziale della societa’ medesima (cfr. Cass. 9.11.1982, n. 5877).

Altresi’, che, nel quadro del principio della non conferibilita’ della rappresentanza processuale ad un soggetto che non sia munito anche di poteri di rappresentanza sostanziale relativamente ai rapporti dedotti in giudizio, il legale rappresentante di una societa’ di capitali puo’ ritenersi abilitato a conferire ad altre persone fisiche il potere di rappresentare la societa’ in giudizio – e quindi anche di conferire procure alle liti ai difensori a norma dell’articolo 83 c.p.c. – se le stesse siano munite anche di poteri di rappresentanza sostanziale di carattere generale o inerenti ad un campo organico di interessi, come nel caso della rappresentanza institoria, peraltro configurabile anche riguardo al dirigente preposto ad un complesso di rapporti caratterizzati dall’elemento comune di costituire oggetto di controversia (cfr. Cass. sez. lav. 7.4.2003, n. 5425; nel caso di specie la Suprema Corte, sulla base del principio suesposto e di un diretto esame dell’atto attributivo del potere rappresentativo, ha dichiarato l’ammissibilita’ del ricorso della s.p.a. (OMISSIS) sottoscritto da avvocati nominati da procuratori speciali – tra i quali i direttori compartimentali e i capi degli uffici Affari Legali territoriali – ai quali l’amministratore delegato della societa’ aveva conferito il potere di rappresentare la medesima in tutti i giudizi in cui fosse parte, all’uopo attribuendo a detti procuratori tutti i necessari poteri di rappresentanza processuale e sostanziale).

Tanto in relazione ai rilievi del controricorrente secondo cui “l’amministratore delegato, essendo semplicemente un delegato ad acta, non necessariamente e’ in possesso di valida delega di funzioni per delegare, a sua volta, un responsabile (quale quello dell’area contenzioso) (…)” (cosi’ controricorso, pag. 4) e secondo cui, “nel caso che ci occupa, nessuna prova e’ data, da parte di Equitalia (…) che l’Amministratore delegato medesimo fosse effettivamente nel pieno possesso dei poteri necessari alla delega” (cosi’ controricorso, pag. 4).

Fondato e meritevole di accoglimento e’ il secondo motivo di ricorso.

Il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del primo motivo.

E difatti questa Corte spiega che la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore all’1.6.2008 – e’ il caso per cui e’ ricorso – non e’ affetta da nullita’, atteso che il Decreto Legislativo 31 dicembre 2007, n. 248, articolo 36, comma 4 ter, convertito nella L. n. 31 del 2008, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1.6.2008, ne’ e’ affetta da annullabilita’, essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, articolo 7, priva di sanzione (cfr. Cass. (ord.) 12.1.2016, n. 332; Cass. 15.2.2013, n. 3754; Cass. 21.3.2012, n. 4516, secondo cui, in tema di cartella esattoriale, e’ manifestamente infondata e in parte inammissibile la questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 31 dicembre 2007, n. 248, articolo 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, nella parte in cui esclude la retroattivita’ della sanzione di nullita’ o comunque l’annullabilita’ per le cartelle emesse precedentemente all’1.6.2008 che non rechino l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa cartella, per violazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost.).

Evidentemente al cospetto dell’elaborazione giurisprudenziale surriferita, per un verso, non si giustifica l’affermazione della c.t.r. del Veneto a tenor della quale “alla mancata indicazione del responsabile del procedimento e’ applicabile (…) la sanzione dell’annullabilita’” (cosi’ sentenza impugnata, pag. 4), per altro verso, va condivisa la prospettazione della ricorrente a tenor della quale “prima dell’entrata in vigore delle (…) disposizioni del Decreto Legge n. 248 del 2007, la mancata indicazione del responsabile del procedimento (…) configurava (…) una mera irregolarita’” (cosi’ ricorso, pag. 9).

In accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza n. 39/29/10 del 4.7.2010 della commissione tributaria regionale del Veneto va cassata con rinvio alla stessa c.t.r. in diversa composizione.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, – del principio di diritto – al quale ci si dovra’ uniformare in sede di rinvio – puo’ farsi luogo per relationem, negli stessi termini espressi dalla massima desunta dall’insegnamento di questa Corte n. 332/2016 dapprima citato.

In sede di rinvio si provvedera’ alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, in tal guisa assorbita la disamina del primo; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza n. 39/29/10 del 4.7.2010 della commissione tributaria regionale del Veneto e rinvia alla stessa c.t.r. in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

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