Il sopravvenuto fallimento dell’agente non e’ sufficiente a scriminare il precedente omesso versamento delle ritenute, essendo obbligo del sostituto d’imposta quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere al proprio obbligo tributario, anche se cio’ comporta l’impossibilita’ di pagare i compensi nel loro intero ammontare.
Al fine di escludere la colpevolezza del soggetto agente, della crisi di liquidita’ del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta ovvero, in altre parole, ove non si dimostri che le difficolta’ finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.
E, in particolare con riferimento ai crediti verso terzi che non si sia riusciti ad esigere, si e’ sottolineato che il mancato pagamento di debiti rientra nel normale rischio d’impresaSentenza 25 gennaio 2018, n. 3658
Data udienza 7 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mari – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano in data 19/01/2017 di conferma della sentenza del Tribunale di Milano in data 03/04/2014 di condanna per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 bis, perche’, quale legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) s.r.l., non versava, entro il termine del 20/08/2010 previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per l’anno 2009 per l’ammontare di Euro 401.740,00.
2. Con un primo motivo di ricorso lamenta la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 bis, nonche’ totale mancanza di motivazione della sentenza, limitatasi ad un generico richiamo alla sentenza di primo grado, quanto alla censura svolta con l’atto di appello in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato inteso quale rimproverabilita’ del fatto all’imputato. Dopo avere premesso le linee di interpretazione della giurisprudenza in ordine alla rilevanza o meno della “crisi di liquidita’”, deduce che, pur non essendo normativamente prevista in modo espresso, va inclusa tra le cause di esclusione della colpevolezza, anche al fine di rispettare il principio di personalita’ del diritto penale ex articolo 27 Cost., nonche’ di assicurare la funzione rieducativa della pena, la non rimproverabilita’ del fatto all’imputato intesa quale inesigibilita’ di una condotta diversa, in relazione alle circostanze specifiche della vicenda. Nel caso di specie tale inesigibilita’ andrebbe tra l’altro dedotta, come emerso dalle deposizioni testimoniali dei professionisti (OMISSIS), curatore fallimentare, e (OMISSIS), redattore della domanda di concordato preventivo, dalla presentazione, da parte dell’imputato, non appena insorta la crisi aziendale, di un’istanza di concordato che prevedeva il pagamento integrale dei debiti all’Erario nonche’ la cessione di un ramo d’azienda, gia’ affittato dalla (OMISSIS), e la vendita dei suoi beni, dal riconoscimento, nell’ambito della procedura fallimentare, di numerosi crediti a favore della (OMISSIS) per una somma di ben 4 milioni di Euro, imprevedibilmente non potuti incassare, e dalla intervenuta prestazione da parte dello stesso imputato di garanzie e risorse personali. Si’ che, in definitiva, la societa’ si era trovata in un imprevedibile ed incolpevole stato di crisi di liquidita’ da un anno all’altro per una serie concomitante di fattori cui l’imputato aveva reagito tempestivamente senza esito favorevole.
3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 133 c.p., nonche’ mancanza di motivazione in punto di quantificazione della pena, commisurata partendo da una pena base superiore al minimo edittale e senza considerare l’eta’ avanzata dell’imputato nonche’ il merito dell’aver creato e mantenuto numerosi posti di lavoro con la sua attivita’ imprenditoriale che avrebbero imposto una pena coincidente con il minimo edittale tout court.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
segue pagina successiva in calce all’articolo
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