Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 gennaio 2018, n. 1955. Non sono ‘beni paesaggisticì ai sensi dell’art. 134, d.lgs. n. 42 del 2004, gli immobili e le aree sottoposti a tutela dai piani paesaggistici ai sensi della lettera e) dell’art. 143, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004

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5.27. E’ pero’ necessario soffermarsi brevemente sulle ragioni delle modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 63 del 2008 che possono sin d’ora sintetizzarsi: a) nel primato dello Stato sulle Regioni a statuto ordinario in materia di tutela del paesaggio (attribuita alla competenza legislativa esclusiva del primo dall’articolo 117 Cost., comma 1, lettera s); b) nella concorrente necessita’ di adeguare la definizione di “paesaggio” a quella della Convenzione Europea del paesaggio fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con L. 09 gennaio 2006, n. 14.

5.28. La Corte costituzionale, con sentenza n. 367 del2007, vigenti le modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 157 del 2006, aveva espressamente affermato che: a) “Come si e’ venuto progressivamente chiarendo gia’ prima della riforma del Titolo 5 della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioe’ l’ambiente nel suo aspetto visivo. Ed e’ per questo che l’articolo 9 Cost. ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, e’ lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e’ di per se’ un valore costituzionale. Si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha gia’ da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l’ambiente (sentenza n. 641 del 1987). L’oggetto tutelato non e’ il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico”; b) “Sul territorio gravano piu’ interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni”; c) “La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni”; d) “Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell’articolo 118 Cost., proprio a forme di coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l’osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato”; e) “In particolare, il Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 143, novellato dal Decreto Legislativo n. 157 del 2006, articolo 13, ha previsto la possibilita’, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per “l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici”, precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso e’ poi “approvato con provvedimento regionale””; f) “In buona sostanza, la tutela del paesaggio, che e’ dettata dalle leggi dello Stato, trova poi la sua espressione nei piani territoriali, a valenza ambientale, o nei piani paesaggistici, redatti dalle Regioni”.

5.29. Il legislatore del 2008 ha inteso ribadire la potesta’ esclusiva dello Stato nella tutela del paesaggio, “quale limite all’esercizio delle attribuzioni delle regioni” ordinarie (cosi’ l’articolo 131, comma 3), incidendo, per quanto qui riguarda, da un lato sulla individuazione dei “beni paesaggistici” di cui all’articolo 134 (mediante l’eliminazione dell’avverbio “comunque” dalla lettera c), dall’altro sulle modalita’ di formazione dei “piani paesaggistici” di cui all’articolo 135 (dovendosi intendere per tali anche i “piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici”), la cui elaborazione deve avvenire congiuntamente tra Ministero e regioni quando riguarda i beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettera b), c) e d) (articolo 135, comma 1; con esclusione, dunque, di quelli di cui alla lettera e dell’articolo 143 stesso) con la possibilita’, per il Ministero, di approvare il piano in via sostitutiva limitatamente a detti beni (articolo 143, comma 2).

5.30. La eliminazione dell’avverbio “comunque” dall’articolo 134, lettera c), deve essere interpretata tenendo conto delle modifiche introdotte al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 143 e 146. L’articolo 143, come visto, ha graficamente collocato nella lettera e) del primo comma i contesti, eventuali e diversi da quelli indicati dall’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione. La Relazione di accompagnamento allo schema di decreto definisce i beni paesaggistici di cui alle lettera b), c) e d), come “beni paesaggistici in senso proprio”, per i quali il parere delsoprintendente nel procedimento autorizzatorio e’ obbligatorio e vincolante (articolo 143, comma 3, e articolo 146, comma 5). L’articolo 146, dal canto suo, innovando, come visto, rispetto alla precedente versione, impone l’autorizzazione solo per gli interventi da eseguire su immobili o aree di cui agli articoli 142, 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico), articolo 143, comma 1, lettera d) (ulteriori immobili od aree di notevole interesse pubblico individuati in sede di pianificazione paesaggistica).

5.31. Tale conclusione non solo non e’ smentita, ma e’ implicitamente avallata dalla sentenza di questa Corte, Sez. 3, n. 41078 del 20/09/2007, Simone, Rv. 238098, che ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di tutela del paesaggio, anche a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) l’individuazione dei beni paesaggistici spetta sia al Ministero dei beni culturali ed ambientali mediante appositi decreti ministeriali, sia alle Regioni mediante appositi atti amministrativi, leggi regionali ovvero mediante la compilazione dei piani urbanistici territoriali. Il Piano Urbanistico Territoriale Tematico della Regione Puglia, riconducibile alla categoria dei piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, costituisce un intervento di pianificazione a carattere generale efficace su tutto il territorio regionale, non limitato alle aree ed ai beni elencati dal Decreto delPresidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, comma 4, ovvero alle aree gia’ sottoposte ad uno specifico vincolo paesistico”. La sentenza e’ antecedente alle modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 63 del 2008 e proprio per questo e’ significativa perche’, prendendo in esame il Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 134, lettera c), ed, in particolare, la presenza dell’avverbio “comunque”, ne aveva tratto argomento che erano “beni paesaggistici” tutti quelli “comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici”. Si legge, infatti, in motivazione: “il Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 134 indica fra i “beni paesaggistici gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico, quelli tutelati per legge e quelli comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici. L’uso dell’avverbio “comunque” e’ emblematico dell’intento del legislatore di volere includere nel novero dei beni paesaggistici gli immobili e le aree per il solo fatto che lo strumento pianificatorio regionale abbia per essi previsto un qualche regime di tutela. La pianificazione, dunque, funge da meccanismo di individuazione di eventuali categorie di immobili e di aree, diversi da quelli indicati agli articoli 136 e 142, “da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione””. Vero e’ che nel caso scrutinato dalla sentenza gli immobili oggetto di intervento abusivo erano comunque vincolati ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 142; altrettanto vero, pero’, e’ che in quel caso, come in questo, gli immobili erano situati in zone “C”, definite dal piano: “ambiti territoriali estesi”. Ma quel che conta rilevare e’ che proprio dall’utilizzo dell’avverbio “comunque” la sentenza in questione ha tratto argomento per sostenere quel che la sua eliminazione oggi non consente piu’.

5.32. Altre sentenze di questa Corte hanno esaminato l’attitudine del Piano Urbanistico Territoriale della Regione Puglia ad imporre vincoli paesaggistici, ma nessuna di esse ha affrontato ex professo il problema oggetto dell’odierna regiudicanda; tra quelle, in particolare, che richiamano i principi affermati dalla sentenza Sez. 3, n. 41078 del 20/09/2007, Simone: a) Sez. 3, n. 5435 del 25/10/2016, n.m. (dep. 2017) ha solo condivisibilmente sostenuto la qualifica di piano paesaggistico del PUTT (qualificazione contestata dai ricorrenti); b) Sez. 3, n. 26960 del 15/05/2013, n.m., ha solo tralaticiamente richiamato il principio di diritto affermato dalla citata sentenza Simone per utilizzarlo in un contesto cautelare reale nel quale assorbente e prevalente era la natura abusiva, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, dell’insediamento realizzato; c) Sez. 3, n. 42916 del 30/09/2009, n.m., nel ribadire l’attitudine del PUTT a imporre vincoli paesaggistici ha comunque dato atto, nell’economia della motivazione, che sulla zona oggetto di intervento (la cd. “(OMISSIS)”) gravavano vincoli paesaggistici di fonte statale.

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